Storie originali > Noir
Ricorda la storia  |      
Autore: Lonely soul    31/08/2012    3 recensioni
Vivere in una continua stupida finta. Una continua recita. Questa era la sua vita?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Un finale per una grande recita            

 

Era stanca di tutto questo. Aveva passato la sua intera vita a fingere. Non aveva fatto altro. Era finto l’amore che provava per i suoi genitori, li odiava in realtà, ma erano loro che le pagavano qui bei vestitini firmati, quegli ombrellini, quei suoi studi, anche quello di pianoforte. Odiava quel suo “fidanzato” che era stato scelto al posto suo quale suo futuro sposo, che aveva qualche anno di troppo rispetto a lei, e che la guardava con quello sguardo da maiale. Odiava quelle sue “amiche” che le giravano attorno, con quella loro puzza sotto al naso. Odiava tutto di quella finta vita, ma doveva continuare a fingere, fingere per il suo bene. Che ne sarebbe stato di lei se i suoi non l’avessero più finanziata? Se non avesse trovato un marito? Se si fosse trovata sola?

Tutto era terribilmente finto. Tutto.

La sua felicità? Non lo sapeva nemmeno lei, cosa la rendeva felice? Anche suonare quello stupido strumento… non faceva proprio per lei…

Era finto persino il suo dolore. Quando era morto suo fratello aveva pianto, perché? Per decoro? Per impietosire? Quel maledetto, anche lui era un porco. E i suoi genitori, che sapevano quello che le faceva ma non dicevano nulla, per non infangare il loro stupidissimo nome.

Vivere in una continua stupida finta. Una continua recita. Questa era la sua vita?

Anche il suo sguardo era finto. Dicono che gli occhi siano lo specchio dell’anima, ma allora perché i suoi erano così azzurri? Così profondi ed intensi... La sua anima non era affatto così bella.

Accarezzò il peluche a forma di coniglio che aveva in braccio. Gli occhi, un tempo due bellissimi bottoni azzurri, erano stati amputati da lei stessa, in un eccesso d’ira. Avrebbe voluto cavare i suoi, all’ennesimo complimento ricevuto da quel maiale, ma sarebbe stato troppo doloroso e quindi li aveva tolti al suo piccolo Devil.

Pensare a quell’essere la faceva infuriare. Strappò un’orecchia al piccolo coniglietto. Quella rabbia almeno era vera. Era quanto di più vero avesse.  La faceva stare così bene, quella rabbia.

Si alzò di scatto dalla sua sontuosa sedia decorata, lasciando cadere ai suoi piedi il suo unico compagno. Mosse qualche passo verso la finestra, facendosi strada tra i cadaveri delle sue bambole. La aprì. Salì sopra di essa, prima un piede, poi l’altro. Scalciò, facendo volare entrambe le scarpette nere, prima una, poi l’altra. Aspettò che si infrangessero a terra, con un sonoro tonfo. Chiuse gli occhi, mentre il vento le agitava i biondi, lunghi capelli.

Aveva bisogno di provare qualcosa di vero, un dolore vero, una tristezza vera, una sensazione vera, qualcosa che la scuotesse seriamente.  

Il dolore vero arrivò, ma lei non era più cosciente per poterlo sentire.

 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Noir / Vai alla pagina dell'autore: Lonely soul