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Autore: ErikaSwan    01/09/2012    0 recensioni
[La Nona Porta]
Non ricordo molto di quella notte tranne che la tremenda esplosione e quegli occhi neri che mi guardavano con terrore mortale.
Tratto dal film La Nona Porta, questa è la storia di due ricercatori di libri antichi che durante la loro avventura si innamoreranno.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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Il mistero degli Alasthor

 

CAPITOLO 1

 
Non ricordo molto di quella notte tranne che la tremenda esplosione e quegli occhi neri che mi guardavano con terrore mortale.
 
 
-       DOVE LI HAI TROVATI?!
-       Non ricordo….dai non fare il guasta feste!! Quello che importa è che ora la nostra amata università ha nuovi libri rari di cui vantarsi.
-       Li hai rubati vero?
-       Chi? Io? Potrei mai rubare dei libri con la faccia d’angelo che mi ritrovo?
-       Il fatto che tu abbia capelli biondi e occhi verdi non è una scusante!!
-       Avanti Stan!!! Guardati attorno!! Siamo in una biblioteca, la più grossa dello stato! Credi che tutti questi libri siano stati comprati con soldi?
-       …
-       Appunto!! La maggior parte di questi fogli è stata “prelevata senza il consenso del proprietario”
-       adesso parli come il rettore…
-       al diavolo quello stupido maiale ciccione…
-       stai attenta a nominare il diavolo, potrebbe essere pericoloso!
-       Sì sì…me lo dicono in tanti!
-       Lo sai che circa mille anni fa avresti potuto essere bruciata viva solo per il tuo aspetto fisico? Le donne come te erano considerate servitrici del diavolo.
-       Lo sai che circa un secondo fa ti sei guadagnato un pugno in faccia dalla sottoscritta?
-       Nervosette sta sera vero?
-       Sì vero!! – posizionai i libri sulla scrivania, misi le chiavi di casa nella tasca della giacca e mi portai la borsa sulla spalla. Non avevo più voglia di continuare questa discussione, era tardi, volevo andare a casa – ora se permetti è tardi…vorrei ritornare a letto.
-       Puoi passare domani per la paga, credo che il rettore sarà felice di vederti. Lo sai che ha un debole per te…
-       Purtroppo lo so…ci vediamo domani Stan.
-       Ciao Keira.
 
Finalmente uscivo da quella dannata università. Avevo sperato di non ritornarci più dopo la laurea e invece il mio simpaticissimo rettore decide che io ho la stoffa adatta per intraprendere quelle che lui chiama “avventure” e che la mia laurea in Archeologia e le mia conoscenza delle lingue e degli usi e costumi dei popoli antichi mi poteva ritornare molto utile, o meglio GLI poteva ritornare molto utile. E così eccomi qui, Keira Shadow, ventisette anni, al servizio di uno stupido ciccione ricco sfondato. Dove erano finiti gli ideali che avevo da studentessa quando mi battevo perché le ragazze del college non venissero squadrate dagli occhi assetati di sesso dei ragazzi ogni volta che attraversavano un corridoio, dove erano finite le rivolte contro i potenti, dove era finita la libertà che tanto cercavo? Si era nascosta da qualche parte, sotto la scorza scontrosa di una ragazza che era rimasta ferita e sola, abbandonata da tutti.
 
Frugavo nelle tasche della mia vecchia giacca, era un miracolo se ancora non si erano rotte; cercavo le chiavi di casa; ecco, le avevo trovate. Le infilai nella toppa, tre giri e la porta si aprì. Casa dolce casa. Non era un grande appartamento, ma era mio, era casa. Buttai la mia borsa sulla poltrona e appoggiai la mia giacca sullo schienale del divano. Mi sedetti, accesi la tivù e sentii gli ultimi disastri che il mondo mi offriva. La replica delle tre di notte, sia benedetta. Non avevo voglia di dormire o meglio, non riuscivo a dormire. L’ennesimo attacco terroristico, le ennesime morti. Come è bello il mondo. Mi alzai e mi diressi verso la piccola credenza che avevo nella stanza, tirai fuori un bicchiere e mi versai un po’ di rum, il solito. Lo buttai giù tutto d’un fiato.
-       Che ore sono? – guardai il mio orologio – Cavoli le quattro!!! Forse è meglio se mi stendo un po’, anche se so che non riuscirò a dormire.
 
Misi via il bicchiere e la bottiglia, chiusi di nuovo la credenza, spensi il televisore e me ne andai in camera. Mi tolsi la camicia ed i jeans e mi infilai i miei pantaloncini neri e la mia canottiera azzurrina e poi, a letto, abbracciando il cuscino, un’abitudine che non avevo perso sin da quando ero bambina.
 
-       SII BEN SVEGLIATA NEW YORK!! SONO LE SETTE DEL MATTINO E IL SOLE SPLENDE ALTO NEL CIELO. LA TEMPERATURA è DI 25 GRADI QUESTA MATTINA! È ANCORA L’ESTATE CHE REGNA! FUORI LE CANOTTIERE, COMINCIA LA FES –
-       Ma stai zitto stupido Dj e comincia a lavorare come Dio comanda evitando di urlare! – spensi la sveglia con un pugno secco rischiando quasi di scassarla – Ben svegliata Keira, oggi si prospetta una giornata più lunga del solito, in questo favolosissimo mondo di cacca. – mi alzai, andai in bagno, cercai di ristrutturarmi in qualche modo il viso e poi infilai la camicia bianca che avevo comprato qualche giorno fa e i miei Jeans preferiti. – Coraggio Keira, è ora di andare dal ciccione.
 
Uscii di casa e mi diressi verso l’università; una miriade di studenti mi precedevano ma per fortuna i ricordi non assalirono la mia mente anche perché non sarebbero stati ricordi piacevoli. Salii la grande scala a chiocciola che portava all’ufficio del rettore e poi entrai. La segretaria, che non era cambiata da quando io frequentavo questo luogo come studentessa, se ne stava seduta alla sua scrivania, dietro al computer picchiettando velocemente sui tasti scrivendo chissà quale comunicazione per gli studenti. Quando mi vide fece un sorrisino ambiguo e la cosa cominciava già a preoccuparmi.
-       Salve signora Flinch!
-       Signorina…signorina Flinch!
-       Ehm... – oddio dopo tutti questi anni si fa ancora chiamare signorina? Hai la pelle raggrinzita vecchia! E le rughe ti pervadono ovunque! Non sarebbe il caso di realizzare e convincersi di essere zitella?!?!? - …si…signorina…Il…il rettore mi sta aspettando giusto?
-       Esatto Signorina Shadow. La sta aspettando e le conviene non farlo attendere molto, non è di buon umore oggi.
-       Ah sì? E…come mai? – la cosa si fa interessante.
-       Oh beh…la ex moglie gli sta succhiando anche l’anima, fra poco ci sarà da catalogare tutti i libri della biblioteca e inoltre sta disperatamente cercando qualcuno per una nuova ricerca!
-       Ricerca? Come? Di che cosa si trat…
-       Oh tranquilla Signorina Shadow – mi disse alzandosi e andando verso la porta – lo scoprirà presto. Venga, il retore la sta aspettando. – sospirai mentre la segretaria mi guidava all’interno dell’ufficio vero e proprio. Era molto grande, con diverse librerie di legno antico sulle pareti, due grandi finestre con accanto la grande scrivania. Il rettore sedeva sulla sua comoda e grande poltrona in pelle. In quell’ufficio tutto era grande, forse per compensare qualcos’altro!
-       Oh…Signorina Shadow, ben tornata. Mi fa molto piacere rivederla. Stavamo giusto parlando di lei con il mio collega.
-       Collega? –
 
 
CAPITOLO 2
 
Solo in quel momento notai l’uomo che era seduto sulla sedia in fronte alla scrivania. Capelli neri, corti, tenuti indietro con del gel; una giacca leggera grigia che lasciava intravedere il colletto della camicia nera. Ai piedi della poltrona sulla quale era seduto c’era una borsa verde militare dall’aria un po’ trasandata che sembrava aver attraversato mille continenti e aver portato mille cose al suo interno.
 
-       Sì, le presento il signor Corso. Dean ti presento la signorina Keira Shadow. – l’uomo si alzò; era poco più alto di me. Oltre alla camicia portava anche una cravatta dello stesso colore grigio della giacca. Indossava un paio d’occhiali dalla forma rettangolare la cui montatura era verdone scuro tendente al nero. Aveva il pizzetto e vedendolo così un’aria poco rassicurante; ma poi quando mi guardò negli occhi, sentii come un soffio percorrermi la schiena. Allungò la sua mano verso di me e io tentai di riprendermi cercando di mantenere un certo contegno e di rimettermi indosso la mia maschera che nessuno era riuscito a togliere. Strinsi la sua mano con decisione guardandolo negli occhi, cercando di evitare che la più remota parte di me uscisse impetuosamente.
-       Piacere, Keira Shadow.
-       Dean Corso. – si rivolse di nuovo al rettore grattandosi l’orecchio – Ehm…Rafferty, vedo che sei occupato; ne parliamo un altro giorno di quell’affare….
-       No no Corso, rimani pure. Ne parliamo subito. – il rettore tornò a sedersi dietro la scrivania pregando di accomodarmi sulla poltrona accanto a quella di Dean.
-       Sì ma… - Dean mi guardò con aria strana e con uno sguardo che diceva “E con lei come la mettiamo?”
-       Oh non ti preoccupare. Deve sentire anche lei! Dopo tutto state per lavorare insieme!
-       Cosa?! – dicemmo insieme.
-       Come scusa? – continuò lui.
-       Sì, mi hai detto che avevi bisogno di un esperto nell’antichità e io te l’ho trovato.
-       Rafferty, non ho bisogno di una ragazzina viziata e ricca che mi segua ovunque e che faccia finta di conoscere tutto quanto.
-       Ehy modera i termini. E tanto per metterti a conoscenza di certi particolari sono laureata in Archeologia e ho fatto un master in usi e costumi dei popoli antichi e ho ventisette anni anche se non li dimostro e….per favore portami rispetto. Non sono più vecchia di te è vero ma non per questo mi devi trattare come una poppante. – l’avevo detto tutto d’un fiato, non gli avevo lasciato il tempo di parlare e ora lui mi guardava in uno strano modo, ma si capiva che in qualche maniera l’avevo colpito, o in bene o in male.
-       Credo che vi troverete più che bene insieme!
-       Rafferty lo sai che lavoro da solo!
-       Rettore, mi vuole spiegare che cosa ci faccio in compagnia di un’incompetente.
-       Incompetente a me?! Ragazzina sai con chi stai parlando?
-       Sto parlando con un uomo che si crede sicuro su tutto quando in realtà non ha nessuna certezza se non quelle che trova nei libri che tanto ama quanto odia! – silenzio glaciale. Non si sentiva nemmeno una mosca volare. I nostri sguardi si incrociavano sotto gli occhi sorridenti del rettore che apriva  un cassetto tirando fuori due buste. Istintivamente entrambe posizionammo gli sguardi su quelle e poi su Rafferty.
-       Queste, signori miei, sono le vostre buste paga per gli ultimi lavori che avete svolto per me. E queste – ne tirò fuori altre due – contengono due assegni che saranno l’anticipo per la vostra prossima “missione”.
-       E chi ti ha detto che io accetterò? – disse Dean.
-       Perché credo che questa cosa possa interessarti. Devi ricercare un libro. Potrebbe interessare anche a te Keira…
-       Sto aspettando.
-       Si tratta del leggendario Angelus.
-       Come? E a cosa mi servirebbe lavorare con lei?
-       Ho un nome!!!
-       Calmatevi! Keira, è molto esperta negli usi e costumi del popolo che ha scritto questo libro più di duemila anni fa.
-       Ma non mi dire e su quale libro l’hai studiata la vita di questi popoli visto che praticamente impossibile trovare informazioni su…
-       Mia madre aveva il sangue di quel popolo come ce l’avevano mia nonna e mio nonno e come ce l’ho io. Ho studiato la loro storia sui libri di famiglia, ti basta questo o no? – ancora silenzio glaciale – oppure ti serve un diploma scritto per credermi o magari vuoi vedere la loro tomba per assicurati che appartenessero veramente a quel popolo perché come lei ben sa signor Corso, le tecniche di sepoltura degli Alasthor sono molto particolari. – stette un attimo in silenzio abbassando lo sguardo, poi si passò una mano fra i capelli scostando quelli che gli ricadevano sulla fronte e scacciando il nervosismo.
-       Scusa…io non potevo immaginare che…non sapevo…
-       Bene ora lo sai!
-       Perfetto ora che vi siete chiariti e schiariti le idee… - tirò fuori due biglietti aerei – questi sono due biglietti per il centro degli Stati uniti dove una volta risiedeva una grossa tribù degli Alasthor e dove tutt’oggi risiede una piccola parte di comunità. Credo che li potrete trovare informazioni utili riguardo al libro Angelus. – io presi il biglietto e Dean fece lo stesso infilandoselo nella tasca interna della giacca.
-       Bene, ora che abbiamo finito questa “riunione informativa a sorpresa”, io vi saluto e vado a prepararmi per la partenza. Arrivederci Rettore. Corso. – detto questo uscii dalla porta senza voltarmi indietro. Stavo già attraversando il cortile quando sentii una voce chiamare il mio nome; mi voltai e notai che Dean mi stava rincorrendo.
-       Allora il tuo cognome non è solo una coincidenza.
-       Ah ah ah, simpatica. – si fermò a riprendere fiato – Credo….credo che abbiamo cominciato con il piede sbagliato.
-       Dove vuoi arrivare?
-       Voglio dire che se dobbiamo lavorare insieme, sarebbe bello poter andare almeno d’accordo ed evitare di urlarci dietro ogni secondo. – non aveva tutti i torti.
-       Sappi però che non mi è piaciuto come mi hai trattata prima.
-       Scusa, è che ho avuto una brutta giornata e…
-       Quello era più di una brutta giornata!! Quello sapeva di cinico bastardo!!
-       Si…in effetti è così che spesso mi definiscono.
-       Beh io non credo che tu sia un cinico bastardo solo che…
-       …che?
-       …solo che non mi piace quando la gente mi tratta come una ragazzina, perché non lo sono. – spostai lo sguardo, sapevo che non avrei retto i suoi occhi. – Ora io.. vorrei andare a casa a prepararmi…
-       oh si…certo…
-       beh...io abito sulla 21esima strada
-       io sulla 22esima…mi sa che dovrai sopportarmi ancora per qualche minuto.
-       Basta che non cominci a fare di nuovo il cinico bastardo e a me va bene! – sorrise abbassando lo sguardo. Ancora quel soffio lungo la schiena, se in questo momento mi guardasse non credo che potrei sopravvivere, ma che mi succede?!
-       Ti senti bene?
-       Eh?…sì sì...sto bene…solo che si è annuvolato e…mi è venuto un brivido lungo la schiena…nulla di preoccup…– ma che fa? Si toglie la giacca….e me la mette sulle spalle!!! – Grazie….ma…non dovevi…. – a vederlo senza giacca sembrava ancora più magro e minuto di quanto non fosse. – così sentirai freddo tu.
-       Tranquilla…vogliamo andare? –
 
Ci incamminammo e lungo il tragitto parlammo un bel po’. Mentre parlavamo lui mi chiese se poteva fumare, io non avevo problemi. Prese una sigaretta dal pacchetto stropicciato che aveva in tasca, tentò di renderla più o meno dritta poi la appoggiò fra le labbra, estrasse l’accendino dalla tasca e si accese la sigaretta in un modo unico. Piegò la testa dal lato sinistro coprendo la fiamma con la mano e accendendo così la sigaretta.
Scoprii che era laureato in lettere antiche e moderne e che era un ricercatore di libri antichi. Il rettore Rafferty l’aveva ingaggiato qualche anno fa per dimostrare l’autenticità di un libro e da quel momento erano rimasti in contatto e il rettore aveva continuato ad offrigli del lavoro.
 
-       E di te che mi dici?
-       Io…niente…come ti ho gia detto mi sono laureata in Archeologia nell’università del Rettore. Da circa tre anni lavoro come ricercatrice di rare antichità. Mi è capitato di ricercare tazze vecchie di duemila anni, papiri egiziani e l’ultima ricerca si trattava di libri.
-       Ah mi vuoi rubare il lavoro!!
-       No era…la prima volta...avevo bisogno di soldi e…
-       Soldi? Credevo venissi da una famiglia ricca.
-       Ehm…si…i miei sono ricchi….ma io…li ho lasciati, me ne sono andata via di casa da quando ho cominciato a frequentare l’università e…cerco di…vivere insomma. – notai che eravamo arrivati davanti casa mia – ehm…siamo arrivati. - oddio….Keira lo stai fissando…lo stai…studiando a memoria!! Ripigliati…tu lo odi quest’uomo…ti ha trattato malissimo e tu….tu….ti stai perdendo in lui.
-       Già siamo arrivati…. – togliti la giacca…è sua….svegliati!!!
-       Ahm….questa è la tua giacca. Grazie…è…stato…molto gentile da parte…tua… - non sospirare…non sospirare….lo stai fissando…..svegliati!! Wake up!!! Distogli lo sguardo!! – ehm sì beh meglio che vada!!
-       Già…beh…allora ci vediamo domani…
-       ..sì….eh…ci vediamo in aeroporto…
-       Posso passare a prenderti io, tanto sei sulla strada per l’aeroporto. Prenoto un taxi e passo di qui.
-       …va…va bene….allora…a domani mattina. – mi voltai e mi avvicinai al portone del condominio – ah dimenticavo…io sono al 5/B…sai…nel caso...non mi svegliassi!!
-       Va bene  - sorrise, qualcosa che non avrebbe più dovuto fare se non avesse voluto la mia morte.
-       Lo vedi…quando non ti comporti da cinico bastardo potresti anche essere affascinante. – MA CHE COSA TI SALTA IN MENTE!!! KEIRA NON PUOI LASCIARE FUGGIRE COSì I TUOI PENSIERI DALLA BOCCA!!! Ora penserà che quello fosse un complimento….aspetta un momento…quello era un complimento….gli ho fatto un complimento…..e anche grosso –
-       Grazie….a domani Keira.
-       A domani…Dean.
 
CAPITOLO 3
 
-       SIII BEN SVEGLIATA NEW YORK!!! QUESTA SARà UN’ALTRA BELLISSIMA GIORNATA PER…
-       Sta zitto imbecille!! – tirai un altro cazzotto alla sveglia che, nonostante il mio vigore non si decideva a spegnersi.- HO DETTO STAI ZITTO!! – presi l’aggeggio e lo scaraventai contro al muro e lo vidi andare in mille pezzi – Oh oh……cacchio….era l’ultima sveglia che avevo…- mi alzai di malavoglia dal letto, raccolsi i mille pezzi e li buttai nel cestino – beh…dato che ormai sono sveglia…tanto vale sistemare un po’ tutto – cominciai a rifare il letto, a mettere in lavatrice i vestiti sporchi – fatto…ora colazione! – andai a preparare la mia solita tazza di cereali. Proprio mentre stavo versando il latte suonarono alla porta. Mi avvicinai con in mano la tazza allo spioncino e dietro al legno massiccio c’era Dean. - OH CAZZO!!!! COSA CI FA QUI??…aspetta………è oggi che….oh merda!!! -
-       Keira…sei in casa?
-       Ehm…..si!!!! – appoggiai….scaraventai la tazza sul tavolo rovesciandone tutto il contenuto e mi catapultai in camera - demente, idiota, cretina, come cavolo hai fatto a dimenticartene….dove hai la testa…nell’isola del cielo?!?!?! Misi la valigia sul letto e ci ficcai dentro metà armadio; non feci nemmeno caso agli abbinamenti fra i vestiti, non ne avevo il tempo. Poi presi la gonna me la infilai, la mia camicia e la giacchetta di Jeans. Corsi alla porta e passando davanti allo specchio notai i miei capelli che andavano per conto loro – OH MIO DIO!!!!!
-       Keira stai bene??
-       Ahmm…..siii vieni pure avanti è aperto!! – mi rifugiai in bagno, chiudendo prima la porta della cucina, e cercai di ristrutturarmi la faccia o almeno di non farmi sembrare un non morto.
-       Dove sei??
-       Ehm…in bagno scusa…per il disordine…arrivo subito – dove diavolo ho messo la matita….eccola!! Finii di sistemarmi il trucco, ficcai tutto nell’astuccio, mi sistemai i capelli legandoli con un mollettone e poi uscii – scusa…è che la sveglia…
-       Intendi quella che è nel cestino?
-       ..aehm… - bella figura di cacca – si….avevo momentaneamente dimenticato il nostro viaggio…. – misi l’astuccio nella valigia e la chiusi – dammi un secondo, prendo il pc e la borsa e sono pronta.
-       Si sì fai pure. – lui si guardava intorno con quel suo borsone sulla spalla che sembrava pesare il doppio di lui – scusa il disordine…
-       Tranquilla, casa mia è peggio!
-       È che ieri ho avuto un sacco di cose da fare e… - ritornai in sala e lo vidi stare li in piedi accanto al caminetto a guardare la foto della mia famiglia, stava straordinariamente bene in quel cappotto non c’erano dubbi e io…lo stavo fissando.
-       Oh scusa…magari non volevi che io guardassi le foto…
-       No no…tranquillo...stavo…pensando ad altro. Loro sono la mia famiglia. Mio padre mio fratello e la moglie di mio padre. – le mie parole non dovevano risuonare molto amorevoli.
-       Mi sembrava troppo giovane per essere tua madre!
-       Già! Ha 35 anni...vado abbastanza d’accordo con lei.
-       Abbastanza d’accordo… - evidentemente non dovevo risuonare molto convinta di ciò che dicevo - sembrano felici.
-       Già…beh...faccio un salto in cucina un secondo a ripulire la catastrofe che ho combinato prima e arrivo – dovevo dileguarmi; non avrei retto il suo sguardo. Pulii il tavolo e poi tornai di nuovo da lui – ok, sono pronta! – per la prima volta lui si voltò a guardarmi, io non ci feci troppo caso perché ero concentrata nel prendere la borsa e la valigia ma giurerei di aver sentito mormorare un “wow” e subito dopo un “scordatelo…lavorate insieme” – hai detto qualcosa Dean?
-       Ehm...si…il taxi per l’aeroporto ci aspetta qui sotto.
-       Oh…ok bene. Allora andiamo. – presi le chiavi di casa e uscimmo dalla porta. La macchina ci aspettava giusto davanti al portone del condominio. Mettemmo le valige nel bagagliaio e poi salimmo e il taxi partì.
 
-       Complimenti signore, davvero bella sua moglie!
-       Aahm…a dire il vero…non è mia moglie! – disse Dean imbarazzato.
-       Oh…resta il fatto che è davvero una bella donna!!
-       Grazie. – dissi io per mettere fine alla conversazione – Manca molto?
-       No signorina, siamo quasi arrivati.
-       Bene.
Passarono altri 20 minuti prima che arrivassimo. Non avevo mai visto le strade così piene di macchine, sembravano essersi date tutte appuntamento davanti a noi; che nervi quando succede così. Finalmente arrivammo, Dean, contro mia volontà pagò il taxi condannandosi ad una lunga serie di lamenti da parte mia per tutto il resto del viaggio. Salimmo sull’aereo e andammo ai nostri posti.
-       Prima classe…non credevo che il rettore potesse permettersi tanto.
-       Si vede che questa missione conta molto per lui…ah ecco i nostri posti.
 Dean mi lasciò il posto accanto al finestrino sedendosi accanto a me. Aspettammo il decollo poi lui si rivolse a me.
-       Allora, come hai intenzione di procedere.
-       Come?
-       Si, per la ricerca – non me l’aspettavo questa domanda.
-       Oh….beh……pensavo che prima avremmo potuto andare a visitare il piccolo villaggio di supersiti e vedere che se sono a conoscenza di qualcosa che riguardi questo libro, sperando che non sia nulla di strano.
-       Strano? Che cosa intendi tu per strano?
-       Beh…un antico testo per invocare chissà chi, per esempio. Era molto frequente nelle tribù Alasthor. Lo sciamano-stregone aveva molto potere all’interno di queste popolazioni. Non solo insegnava ai giovani uomini ma faceva veri e proprio riti magici…
-       Riti magici?
-       Si hai presente quelle cose che si fanno con polveri, fuoco e calderoni dove un tizio comincia ad avere delle strane visioni su future morti e guerre? Di quello sto parlando.
-       Veggenti?
-       Non solo. Gli sciamani avevano molte funzioni: insegnanti, veggenti, medici. Erano loro che curavano i bambini o i feriti di guerra ed erano loro stessi a dare protezione magica ai guerrieri.
-       Protezione magica ai guerrieri?
-       Sì. Hai intenzione di ripetere la fine di ogni mia frase per il resto del viaggio? – accennò un sorriso – protezione magica, hai sentito bene. Erano un popolo che oggi definiremmo molto superstizioso; ma non sono da sottovalutare queste leggende. Molte di esse potrebbero essere vere.
-       Quindi abbiamo a che fare con qualcosa di soprannaturale?
-       Potrebbe essere.
-       Fantastico.
 
Non sembrava molto contento di ciò a cui andavamo incontro.
 
CAPITOLO 4
 
-       Come puoi dire una cosa del genere!! Sei mia figlia!!!
-       Non mi convince lei papà, non mi ha mai convinto!! Sono sicura che ci nasconde qualcosa e…
-       Shelly non ci nasconde niente e…
-       Shelly?? SHELLY?? Ora la chiami per nome??
-       Ormai è in casa da tanto ha aiutato la mamma e...
-       Aiutato?? Papà ma sei cieco?? Non hai notato che da quando lei è arrivata la mamma non ha fatto altro che aggravarsi??
-       La malattia della mamma era incurabile e non poteva migliorare e…
-       Non mi interessa se non poteva migliorare!!! Prima che arrivasse Shelly poteva almeno parlare!!!
 
-       ….Keira…Keira svegliati.
-       Ehm…cosa?
-       Parlavi nel sonno.
-       Ah…sì? E cosa dicevo?
-       Le ultime parole erano “Poteva almeno parlare” e poi dicevi di una certa Shelly…stai bene?
-       Oh..sì ….Solo un incubo. – cercai di sorridere in qualche modo – Manca molto?
-       No, il comandante ha detto che stiamo per atterrare, ti ho svegliata anche per questo.
-       Oh bene! – mi strofinai gli occhi con le mani guardando fuori dal finestrino.La terra si stava avvicinando di nuovo. Grandi distese si trovavano sotto di noi dominate dai colori ocra e verde. Mi riallacciai la cintura di sicurezza e attesi il completamento dell’atterraggio. Continuavo a ripensare al sogno che avevo fatto; a volte mi capitava di sognare e rivivere parti della mia vita, come un lungo déjà vu; quando i ricordi erano felici era anche bello riviverli, ma quando erano tristi era straziante rivedere ogni secondo di quei momenti.
-       Sicura di stare bene? Sembri strana.
-       Tranquillo…solo un brutto sogno, niente di più.
 
-       Arrivederci signori e grazie per aver viaggiato con la nostra compagnia aerea. – entrambe facemmo un finto sorriso per soddisfare l’hostess e scendemmo dall’aereo.
-       Dobbiamo prendere un taxi; l’albergo si trova a circa 15 minuti da qui.
-       E tu come fai a saperlo Corso? Hai fatto ricerche anche sul nostro Hotel?
-       No! Non è la prima volta che alloggio in quell’hotel. Il tizio che lavora alla reception è un mio...amico.
-       Amico? Credevo che Dean Corso lavorasse da solo.
-       Infatti è così. Il punto è, Shadow, che viaggio molto e alloggio solo negli alberghi dalle quattro stelle in su.
-       Oh ecco il motivo della prima classe e dell’hotel cinque stelle. Sei tu! Mi sembrava strano che uno tirchio e avaro come Rafferty potesse offrire così tanto lusso solo per due ricercatori. – io salii sul taxi – evidentemente, tu non sei un ricercatore qualunque!
-       Vedo che finalmente il cervello di cui mi hanno detto sei dotata comincia a lavorare.
-       Di cui ti hanno detto? Con chi hai parlato? Che cosa sai su di me??
-       Oh beh sai…quello Stan…sapevi che è facilmente corruttibile?
-       Tu….Brutto cinico bastardo!
-       Ehm dove vi porto signori?
-       All’hotel Belvedere, qui c’è l’indirizzo – lui allungò un foglietto al tassista poi mi guardò di nuovo – ho solo chiesto qualche informazione su di te e sul tuo modo di lavorare.
-       Potevi chiederle a me!! Ti avrei detto ciò che volevi sapere! Non mi sorprende che tu abbia pochi amici Corso, se li tratti tutti così?!
-       La mia vita sociale non è affar tuo ragazzi…
-       Non chiamarmi ragazzina!! So tante cose quante ne sai tu e sono importante per questa missione quanto te! Anzi forse lo sono di più! Ricordati che senza di me non riusciresti mai a trovare il villaggio e a parlare con i sopravvissuti!! Sono fondamentale per te!
-       Beh io potrei trovare un traduttore del posto, dovrei pagarlo è vero ma non sarei costretto a sopportare te!
-       Non lo faresti! Sei troppo attaccato ai soldi! Sei un mercenario ecco cosa sei. Ho visto come tenevi in mano la busta paga di Rafferty e come l’hai messa via nella tasca interna della tua giacca. Sei un mercenario che passa da un ricco ad un altro.
-       Senti chi parla! Sbaglio o la famiglia Shadow è una delle più ricce di tutta New York e sbaglio o anche tu hai cominciato a lavorare con il rettore a causa dei soldi?
-       E con questo cosa vorresti dire? Credi che l’università e gli esami che ho fatto…credi che li abbia comprati con i soldi??
-       Ehm...signori siamo arrivati – disse il tassista
-       LEI STIA ZITTO!!! – urlammo noi
-       Credi che io abbia corrotto i miei insegnanti?
-       No…non tu…magari tuo padre!
-       Come osi?! Beh io con mio padre non ci parlo più da quando ho finito il liceo. L’università l’ho pagata con i miei soldi ed è per questo che ora ho un disperato bisogno di denaro, per vivere per recuperare tutto ciò che ho speso per la scuola!
-       Oh e che fine ha fatto papà e l’aiuto economico.
-       Papà ha sposato quella puttana della mia matrigna e si è dimenticato di mia madre! Ecco che cosa ha fatto! Ora se non ti dispiace, vorrei andare a prendere la mia camera d’albergo.
 
CAPITOLO 5
 
-       Preferisci la stanza 309 o 310?
-       Ma che gentile che sei, mi lasci anche decidere la stanza! – afferrai con violenza la chiave della 310
-       Deduco310.
-       Wow come siamo perspicaci Corso! Questa cos’è un’altra delle tue solite brutte giornate?
-       Cosa?!
-       Beh vedi di fartela passare la brutta giornata Corso!
-       Io sto benissimo!! Guarda che sei tu che hai cominciato chiamandomi cinico bastardo….
-       Tu hai cominciato prima di me, indagando sul mio conto senza farmelo sapere!
-       Avrei preferito chiederlo a te credimi, ma dopo il nostro primo incontro credevo di non avere speranze di potere andare d’accordo con te! Cosa ne potevo sapere io?
-       Uomini! Tutti uguali – sospirai andando verso la mia porta.
-       Ehy aspetta!!! Non abbiamo ancora finito il discorso!
-       Per me la questione è chiusa. – aprii la porta – Ci vediamo fra mezzora nella hall dell’albergo.
-       Come? Perché?
-       Andiamo in paese a cercare delle informazioni. Bye Bye Corso, a dopo. – gli chiusi la porta in faccia, ma non mi allontanai. Appoggiai l’orecchio al legno, lo sentivo, lui era ancora lì. Ascoltai attentamente nella speranza di catturare anche un suo minimo movimento e finalmente lo sentii sospirare e mormorare “ le donne…valle a capire!”
 
-       Merda merda merda…sono in ritardo!! Se arrivo tardi chissà quello cosa pensa! Già non andiamo molto d’accordo…figurati se arrivo tardi!!…le scarpe...le scarpe!! - mi infilai una scarpa e l’altra la infilai mentre correvo verso l’ascensore; ci entrai e schiacciai il pulsante della Hall. - Ok ora dovrei essere al sicuro!
 
Quando arrivai nella hall mi guardai intorno alla ricerca di Dean e finalmente lo trovai. Se ne stava appena fuori dall’hotel che si stava fumando una sigaretta. Era di spalle e si teneva stretto la sua borsa. Io attraversai la sala sentendomi gli occhi di tutti addosso, probabilmente avevano notato il mio bracciale, ma non me ne importava nulla e lo raggiunsi.
 
-       Sempre con la sigaretta in bocca Corso?
-       Ah…sei tu
-       Si purtroppo per te non sono una modella con un corpo favoloso e tanti soldi in tasca e vestiti che fanno girare la testa, sono solo io!
-       Credo che basti e avanzi – era un complimento? Sta arrossendo???? Naaa Keira…sei tu che hai le visioni e poi come può un uomo come lui guardare te…..ma scusa…lui non ti piace! Perché dovresti preoccuparti?…lui non ti piace, tanto!! Non provi il minimo interesse per lui…lo odi, lo disprezzi…non lo sopporti!…Mi sta guardando?? No mi sta scrutando è diverso!!
-       C’è qualcosa che non va??
-       No, guardavo quel coso che hai sul braccio.
-       Si chiama bracciale! Ed è molto importante per tua informazione!
-       Ah sì? E che cos’è una chiave magica che ci farà entrare immediatamente in possesso del libro?
-       Ah-ah-ah che simpatico! È un gioiello Alasthor; era di mia madre. È una cosa che si tramanda da madre a figlia, a quanto mi ha detto. Dice che lo aveva consegnato un antico sciamano della tribù alla mia bis bis bis bis nonna…o…qualcosa di simile.
-       Ti sei anche cambiata.
-       Si beh…non era il caso di andare in giro per la città in minigonna allora mi sono messa i jeans, tutto qui. Bene, vogliamo andare?
-       Dove hai intenzione di andare? Consci per caso la città?
-       ……….In effetti si; ho vissuto qui fino a 17 anni. Poi mio padre ha voluto trasferirsi e….
-       e….?
-       …..e se non ci muoviamo facciamo tardi, Corso. – non doveva sapere tutta la verità, non ancora.
 
Stavamo camminando per le vie del paese da più di venti minuti ormai e stranamente eravamo tranquilli.
-       Strano che non abbiamo ancora litigato per qualcosa.
-       Già…strano.
-       Uhhh guarda!!! C’è il mercatino!!!
-       No scordatelo! Non ci pensare nemmeno!
-       Dai Corso, solo un giretto…e poi magari ci troviamo qualcuno di interessante! – gli feci quegli occhi dolci da bambina a cui nessuno fino a quel momento era riuscito a resistere.
-       E va bene. Ma non compriamo niente! Solo un giro!
-       Uh! Grazie! Andiamo. – gli afferrai la mano senza pensarci e lo tirai costringendolo a seguirmi.
Girovagammo fra le bancarelle e io cercavo di nascondere e non fargli capire ciò che era successo anni fa in queste stesse vie. Cercavo di distrarlo in tutti i modi facendogli vedere la mercanzia che i commercianti ci offrivano.
-       Avevi detto che non compravi niente! – mi disse lui un po’ arrabbiato.
-       Eddai Corso, ho preso solo questo! È solo un coltello niente di più!
-       E cosa te ne fai di un pugnale?
-       Non si sa mai – dissi io infilandolo della cintura – il diavolo è sempre in agguato!
-       Cosa?
-       Eh?
-       Cosa hai detto?
-       Ho detto che non si sa mai…
-       Dopo…
-       Il diavolo è sempre in agguato?
-       Non nominare il diavolo.
-       Era solo un modo di dire…
-       Non è mai un modo di dire!
-       Corso che ti prende?
-       Niente – si girò di spalle e accese un’altra sigaretta in quel suo modo speciale – niente. Ascolta…non è che per caso conosci una tavola calda o qualcosa del genere? Mi sta venendo fame.
-       Sì, ce n’è una laggiù.
-       Scommetto che ci andavi quando vivevi qui.
-       Si ma dubito che il padrone possa riconoscermi. – entrammo in quella tavola calda, ci sedemmo al bancone e spulciammo l’unico menu rimasto – credo che prenderò un panino.
-       Già, credo anche io; gli altri cibi non sembrano particolarmente interessanti.
-       Dimenticavo che per un palato a cinque stelle come il tuo…
-       Vuoi dirmi che cosa ti da tanto fastidio di me?
-       Curioso stavo per farti la stessa domanda! – mi voltai verso di lui e lo guardai con l’aria di una che stava per attendere una risposta ed era pronta a ribattere.
-       Volete ordinare?
-       Ehm…si..
-       Prendiamo due panini.
-       E da bere? Abbiamo coca cola, birra, gin, acqua.
-       Gin. – disse lui.
-       Io solo un po’ d’acqua grazie
-       Bene. Arrivo subito.
-       Credevo che una come te avrebbe potuto prendere che ne so, rum puro.
-       No, bevo solo se sono realmente depressa e ultimamente, grazie al cielo, non capita spesso. Mi ubriaco solo se la situazione è disastragica!
-       Disastragica? O è disastrosa o tragica.
-       Beh, questo è un mio termine un insieme tra disastrosa e tragica; il che vuol dire che devo essere proprio a terra per ubriacarmi. – sorrise.
-       Ecco a voi. – la cameriera arrivò con le ordinazioni
-       Grazie - dissi io.
-       Disastragica dicevi eh?
-       Smettila! Hai intenzione di rinfacciarmelo per tutta la giornata?
-       Ok la pianto. –
-       Dean…dov’è la tua borsa – ci guardammo intorno e vedemmo una ragazzina scappare fuori dal locale con la borsa.
-       Oh merd… – si alzò di scatto mollando giù il panino e corse dietro alla ragazza. Io lasciai sul bancone i soldi e corsi dietro a lui.
Quella ragazzina ci stava facendo ripercorrere tutte le viuzze del mercatino; era astuta e agile e noi dovevamo districarci fra l’immensa massa di persone che riempivano le strade. Non la perdevamo di vista e questo era strano, avrebbe potuto correre più velocemente o forse voleva che la seguissimo. Continuavamo a starle dietro fino a che lei non ci portò in un vicolo scuro.
 
-       Questo vicolo non ispira niente di buono, Corso.
-       Devo riprendere la mia borsa!
-       Che cosa c’è lì dentro di tanto importante?
-       Per cominciare i nostri biglietti aerei!
-       Cooooosaaaaaa?! – non so da dove mi uscì quello scatto feroce che feci. In circa tre secondi avevo sorpassato Dean e mi ero buttata sulla bambina, mancandola di poco. Ero a faccia a terra e dovevo anche aver picchiato il gomito perché cominciava a farmi male. Dean si avvicinò a me aiutandomi ad alzarmi e quando fui in piedi ci trovammo, inaspettatamente, faccia a faccia con un vecchio signore.
-       Ti stavo aspettando giovane ombra.
 
CAPITOLO 6
 
-       Ehm…stava aspettando me?
-       Sì giovane ombra, stavo aspettando te – poi disse qualcosa in una lingua strana e veloce; immediatamente la ragazzina restituì la borsa a Dean e poi scomparì dietro alla porta di una casa lì accanto, che non avevamo notato.
-       Grazie! – disse amaro Dean – potrei denunciarti per furto sai? – io gli tirai una gomitata sul petto col braccio sano – ahia! Che ho fatto?
-       Sta zitto!
-       Ci risiamo! Non darmi ordini, te l'ho già detto che…
-       Non hai sentito in che lingua parla?
-       …
-       Alasthor – sussurraiio.
-       Oh
-       Volete seguirmi? – ci disse il vecchio. Sembrava uno sciamano e dalle piume e ossa che decoravano il suo bastone dedussi che doveva essere anche molto importante. Ci faceva strada all’interno della casa; si sorreggeva il bastone, doveva essere molto vecchio anche se in viso non sembrava dimostrare più di 75 anni.
-       E così sei ritornata, finalmente. – si sedette su una poltrona e ci fece cenno di accomodarci sulle sedie accanto al tavolo, dove si trovava una tazza di caffè fumante. La ragazzina di prima ci osservava seduta per terra, stringendo una bambola dai capelli neri – Shanna, credo che servirà una tazza di caffè in più per il nostro ospite. Avrei dovuto prevederlo, in fondo i lupi docili hanno sempre preferito l’ombra; gli da sicurezza. – quell’uomo guardava Dean dritto negli occhi, come se stesse cercando di parlargli col pensiero. Lui si sedette accanto a me, tenendosi stretto la borsa e accettando, con un po’ di freddezza, il caffè offertogli dalla ragazzina. – Lei è Shanna, mia nipote. Mi scuso per il finto furto ma era l’unico modo che avevo per attirare la vostra attenzione. Io sono un antico sciamano Alasthor, sono sicuro che sapete di che cosa sto parlando. – sorrise soddisfatto nel vederci annuire. Il mio nome è Hantis Cosciman Alaraoo, significa colui che vede nel futuro e aiuta il popolo, ma voi potete chiamarmi solo Han
-       Ehm…Han…perché ci hai voluto qui?
-       Nel tuo destino, le stelle hanno scritto molte cose, l’una più bella dell’altra
-       Davvero?…non si direbbe…
-       La morte di tua madre è stata voluta dagli dei; non devi fartene una colpa giovane ombra.
-       Siamo qui per parlare del mio passato o del mio futuro?? – sapevo che Dean mi stava fissando; sentivo i suoi occhi neri sul collo, quegli stessi occhi che mi davano sicurezza e mi intimidivano allo stesso tempo.
-       Siamo qui per parlare del tuo presente.
-       Sai qualcosa riguardo al libro?
-       State cercando L’angelus; compito molto difficile il vostro.
-       Dove possiamo trovarlo? – disse Dean.
-       In questo, aiutarvi non posso.
-       Dannazione.
-       Calmati Dean.
-       Non posso dirvi dove trovare il libro, ma posso indicarvi il luogo dove le ultime persone a conoscenza dell’oggetto vivevano.
-       Davvero?
-       Certo – il vecchio bevve un po’ del suo caffè guardandomi negli occhi e sorridendo. Non so perché, ma in alcuni momenti sembrava conoscermi da anni. Quando finì di raccontarci ciò che sapeva, sia io che Dean eravamo piacevolmente sorpresi; ci aveva dato più informazioni di quante speravamo.
-       Io dovrei andare in bagno.
-       Shanna, falle vedere dov’è – la bambina obbedì e lasciammo Dean e Han da soli. Dopo qualche minuto di silenzio, il vecchio parlò. – Con troppa luce, la giovane ombra può morire, ma con troppo poca, si trasforma in buio ignoto e mistero pericoloso, caro lupo. – quando ritornai nella stanza, Dean si alzò pronto per andare. Io mi avvicinai al vecchio per salutarlo e lui mi sussurrò queste parole all’orecchio: “Possiamo aspettarci grandi cose da te, il tuo bracciale ne è la prova. Il destino ti ha riservato molte difficoltà, ma alla fine troverai ciò che stai cercando.”
-       Vuol dire che troverò il libro? – sussurrai io in risposta.
-       Non mi riferivo a quello! – mi disse con sguardo divertito mentre accanto a lui Shanna rideva.
 
-       Cosa ti ha detto il vecchio?
-       Che troverò quello che sto cercando
-       Significa che troverai il libro. Non mi sembra una brutta predizione!
-       Già. Si sta facendo buio. Forse dovremmo ritornare in Hotel.
-       Sì. Keira stai bene?
-       Eh…sì sì…benissimo, tranquillo
-       Sicura?
-       Sì, non ti preoccupare, sono solo stanca. E poi stavo pensando a quello che ci ha detto Han
-       Già, domani ci aspetta una lunga giornata.
-       Sì, possiamo noleggiare una macchina per andare al villaggio. È piuttosto lontano da raggiungere a piedi e gli autobus non ci sono di domenica.
-       Ok, per me va bene; tanto paga Rafferty. – disse accendendosi un’altra sigaretta mentre camminavamo verso l’hotel.
-       Drogato! – gli dissi io ridendo. Lui mi bloccò mettendosi davanti a me a guardandomi negli occhi. Alzò il viso lasciando uscire il fumo e poi ritornò a fissarmi con quel suo sguardo magnetico.
-       Devo prenderlo come un complimento?
-       …Non montarti la testa Corso e poi…..Non farlo mai più! – riuscii a sbloccarmi e ripresi a camminare
-       Cosa non devo rifare? – disse bloccandomi ancora e voltandomi verso di lui.
-       Questo!
-       Cosa? Bloccarti mentre cammini? – si muoveva verso di me costringendomi ad indietreggiare.
-       Esatto! Ora è tardi…dobbiamo andare in Hotel a cenare.
-       Non tentare di sviare dal discorso!
-       Non sto sviando nulla Corso; ho solo voglia di andare a mangiare!
-       Tu hai un problema lo sai?
-       Se c’è qualcuno che ha dei problemi qui sei tu!
-       Io non scappo come stai cercando di fare tu! Qualsiasi cosa ti abbia spaventato o turbato in passato devi affrontarla! – mi passò accanto senza guardarmi e tenendo il viso basso – Se qualcuno ti ha fatto soffrire – disse di spalle sottolineando la parola qualcuno – devi superarlo. Smettila di guardare al passato e affronta il futuro.
 
CAPITOLO 7
 
Entrai in Hotel senza guardarlo e mi diressi spedita verso l’ascensore che portava alle camere. Arrivai alla mia stanza, entrai e mi buttai sul letto. Il soffitto era diventato tutto d’un tratto la cosa più interessante da fare. Stringevo il cuscino fra le mia braccia con la grande tentazione di metterlo sulla mia faccia e soffocarmi perché sapevo che Dean aveva dannatamente ragione sul mio stato d’animo. Non so come diavolo facesse, ma riusciva a leggermi dentro; riusciva distruggere la mia maschera e guardarmi per quella che sono e la cosa mi faceva tanto paura quanto mi affascinava. In quel momento però il mio cervello era troppo stanco e troppo colmo di notizie stressanti acquisite tutte in un giorno e mi addormentai.
La notte passò velocemente e quando mi svegliai, il sole filtrava fra le finestre aperte e la brezza mattutina smuoveva dolcemente le tende. Mi alzai e decisi di vestirmi, la sera prima ero talmente stravolta che mi ero dimenticata di cambiarmi. Tirai fuori dall’armadio una semplice maglietta e un paio di jeans, rimisi il mio bracciale ed ero pronta per uscire.
Attesi per qualche interminabile minuto nel corridoio, ma di Dean nemmeno l’ombra. Dopo la discussione che avevamo avuto, avevo un certo si può dire timore ad avvicinarmi alla sua camera. Non ero ancora pronta ad affrontare di nuovo i suoi occhi, le sue parole e il suo giudizio, ma di sicuro non potevo starmene rintanata in un angolo per tutta la giornata; dovevo farmi coraggio. Mi avvicinai alla porta e bussai. Lo sentii muoversi all’interno e pochi secondi dopo la porta si aprì rivelandomi Dean con la camicia nera aperta e i capelli spettinati. Quell’uomo non può presentarsi così…io rischio…..la morte…oddio!!!
-       ehm…ciao…
-       Dammi due secondi.
-       Sì, ti aspetto qui – mi misi accanto alla porta, appoggiandomi con la schiena al muro del corridoio; sentivo le guance bollire e quando uscì dalla camera era ancora peggio.
-       Scusa, la sveglia non ha suonato.
-       Fa…niente – reagisci non balbettare! – Ehm...vogliamo andare a fare colazione?
-       Si e poi la macchina.
-       Esatto.
Dopo aver mangiato tornai in stanza per prendere la mia borsa e la mappa del villaggio. Quando tornai nella hall, Dean mi stava aspettando e stava stranamente sorridendo e la cosa turbava molto la mia personalità più profonda e sconosciuta. Andammo al noleggio d’auto accanto all’hotel, prendemmo una macchina e cominciammo ad avviarci al villaggio. Come avevo previsto, la strada non era affatto facile e comoda. La cittadella si trovava su un’alta collina ed essendo ritenuta dagli abitanti “civilizzati” maledetta, non solo il tragitto era cosparso di segnali che avvertivano dell’imminente pericolo a chi si avvicinava in città, ma non era nemmeno asfaltata e non c’erano le normali protezioni. Avevo lo sguardo fisso nel vuoto, lo sapevo, ma non riuscivo a distoglierlo.
-       Ehy stai bene?
-       Eh?…Sì…
-       Sei strana!
-       Strana? In che senso scusa?
-       Ne senso che da quando abbiamo parlato con quel vecchio…
-       Han…
-       Da quando abbiamo parlato con Han tendi a perderti nei tuoi pensieri e ad avere lo sguardo fisso nel vuoto. – non risposi, sapevo che aveva ragione, ma non volevo ammetterlo – C’è qualcosa di positivo però.
-       sì?
-       Non litighiamo da ieri sera! – questa affermazione riuscì a farmi sorridere. – Riesco anche a farti sorridere. Potresti persino trovare un ragazzo se sorridessi più spesso.
-       Naah, io ho chiuso con gli uomini. Sono stufa di soffrire.
-       E se ti trovassi davanti l’uomo che tu sai essere quello giusto, cosa faresti?
-       Beh…in quel caso discuterei con me stessa fino a diventare pazza.
-       Più pazza di così?
-       Prospettiva interessante non credi?
-       Molto interessante. Voglio essere presente quando accadrà!
Percorremmo altri chilometri pieni di tornanti fino a che non arrivammo alla piccola città. Lasciammo la macchina all’inizio del centro abitato in un piccolo parcheggio. Tutti e due eravamo concordi sul fatto che sarebbe stato meglio camminare per le vie della città. Avremmo dato molto meno nell’occhio.
-       Allora, hai qualche idea?
-       Sì. Prima di tutto dobbiamo andare in un negozio di souvenir.
-       Souvenir?
-       Sta tranquillo. Non voglio prendermi un ricordino e non voglio nemmeno fare shopping. Non fare quella faccia Corso, ho detto che non facciamo shopping!
-       Sto solo dicendo che non penso che troveremo qualcosa di interessante in un negozio di souvenir. – mi bloccai e mi voltai verso di lui, guardandolo deciso negli occhi.
-       Per una volta, dico per una sola volta nella tua vita, fidati di me! – non so come cavolo io abbia fatto a resistere a quello sguardo per così lungo tempo, ma forse fu proprio la mia determinazione a convincerlo, o forse non aveva voglia di litigare ancora. Sta di fatto che entrambe entrammo nel negozietto li vicino. Non era molto grande, C’erano ampi scaffali che ospitavano vari oggetti da tazzine di ceramica decorate a mano a vecchi libri impolverati. Io e Dean ci scambiammo un’occhiata acuta e subito dopo lui si diresse verso lo scaffale colmo di libri. Io mi avvicinai al bancone dove trovai altre mensole ricoperte da strani oggetti e riviste. Una cosa in particolare aveva attirato la mia attenzione: una vecchia pipa di legno, tutta lavorata nei minimi dettagli. Nel legno c’era scolpita un aquila che volava verso una vecchia casa. Non riuscivo a staccare gli occhi da quel oggetto.
-       Lei ha buon gusto signorina! Quella è una pipa molto antica lavorata a mano dai nostri cittadini.
-       Oh…salve! – la padrona del negozio, una signora che ad occhio e croce poteva pesare 70 chili mi guardava da dietro al bancone – Sì, è molto bella! Dove l’avete trovata?
-       Pensi, non siamo nemmeno dovuti andare tanto lontana perché un vecchio oggetto che si trovava in una vecchia villa del paese.
-       Davvero?
-       Sì, ma non le consiglio di andare a vederla. È stregata!
-       Stregata? – Dean si era avvicinato, quatto quatto, nascondendosi dietro ad uno scaffale facendo finta di leggere, ma io sapevo bene che stava ascoltando tutto.
-       Si, stregata! Ne parlano tutti qui in paese. Si dice ci sia una maledizione e che i fantasmi dei vecchi proprietari di notte vaghino per i corridoi. E, se la luna piena è alta nel cielo notturno, si sente un pianoforte suonare una melodia.
-       Che tipo di melodia è?
-       la Sonata al chiaro di Luna; ma ormai sono diversi anni che non si sente più, per fortuna.
-       Per Fortuna?
-       Sì. Gli anni passati, ogni volta che la notte si sentiva la Sonata, la mattina seguente veniva scoperto un cadavere davanti al muro di quella villa.
-       Cosa?
-       Sì, per questo si dice che sia maledetta.
-       Mi potrebbe descrivere quel muro?
-       Perché le interessa così tanto?
-       Eh…no no..così sono solo curiosa!
-       Ora che ci penso, non mi ha detto come si chiama e perché si trova qui.
-       Eh….io…..
-       Keira, tesoro! – è Dean che parla?? Ha bevuto?…mi..mi ha chiamata per nome…aggiungendo un Tesoro?….e…e ora non è lui quello che mi sta abbracciando vero. –  Oh salve!
-       Salve! – disse un po’ diffidente la signora.
-       Io sono Dean Corso e questa è la mia fidanzata Keira. – fidanzata? Secondo me la polvere dei libri gli fa male!
-       Oh bene!! Dei piccioncini! Abbiamo proprio la soluzione per voi!  Possiamo offrirvi una settimana di cure termali nella zona – la donna sparì nel retro del negozio sempre parlando a voce alta descrivendoci quanto fossero belle le terme, mentre io mi voltai verso Dean.
-       Fidanzata? Rinfrescami la memoria, quand’è che ci saremmo fidanzati?
-       Da un anno, e ci siamo conosciuti una conferenza; abbiamo cominciato a frequentarci; è sbocciato l’amore e fra due mesi ci sposiamo.
-       Come scusa? Io che sposo te?! Forse in…
-       Ma allora state per sposarvi!!!
-       ….fra due mesi! – come ho fatto a dirlo….giuro che questa me la paga.
 
CAPITOLO 8
 
-       Bene!! Allora vi lascio questo! – afferrò una rivista e la diede in mano a me.
-       Ma…è …una rivista di…abiti da sposa…
-       Certo che si! – io mi voltai verso Dean con una faccia che diceva “Bravo visto in cosa ci siamo ficcati? Questa me la paghi…e anche cara!” – Cosa pensavi ragazza!
-       No…nulla
-       Inoltre qui ci sono un sacco di negozi per i giovani sposi!
-       Noi a dir la verità saremmo interessati a vedere quella casa di cui parlava.
-       Cosa? La casa stregata? Non vorrete mica comprarla?! Quella casa è maledetta credetemi.
-       No vede, noi siamo dei ricercatori…
-       Archeologi! – mi affrettai a correggerlo io – E pare che sotto quella casa ci sia un antico cimitero del 1500 avanti Cristo di una grossa famiglia, molto ricca e il nostro capo e un erede di quella famiglie  vuole scoprire maggiori informazioni e…detto fra noi…è disposto a ricompensare molto bene chiunque ci aiuti.
-       Ricompensa eh?
-       Sì e anche molto grossa.
-       Molto bene….beh se avete qualche domanda sono a vostra completa disposizione.
-       Può descrivermi quel muro?
-       Beh è un muro! L’unica cosa stramba è che ci sono delle scritte incise sopra che nessuno del paese è stato in grado di decifrare tranne la vecchia.
-       La vecchia? – chiese Dean.
-       Si, una vecchia pazza che però non vuole dire a nessuno che cosa ci sia scritto sopra. Tanto nessuno le crederebbe.
-       Dove abita?
-       Abita ai piedi della collina, proprio sotto alla villa.
-       Dobbiamo andare a trovarla – dissi io rivolta a Dean.
-       È inutile! Non vi lascerebbe entrare! È una vecchia bisbetica! Non sopporta i giovani, gli intrusi, i turisti e i bianchi quindi nel vostro caso, vi prenderebbe a bastonate in testa perché voi siete la rappresentazione di tutto ciò che odia.
-       Non può essere così cattiva! – disse Dean.
-       Credetemi, statele alla larga. Quando sono andata a prendere quella pipa lei l’aveva trovata prima di me e se non gliel’avessi portata via velocemente mi avrebbe tirato il bastone addosso.
-       Gliel’ha rubata?! Ma è scorretto! – inveii io.
-       Non è rubare…è…prendere in prestito senza permesso!
-       Beh ma una cosa presa in prestito va restituita…non rivenduta come souvenir!
-       ….beh se volete la vendo a voi!
-       Quanto costa?
-       100 dollari.
-       100 Dollari?!?!? – esclamammo io e Dean insieme – Ma è una follia!
-       Ehy, quest’oggetto vale più di quanto pensiate! 100 dollari vanno benissimo e vi ho già fatto uno sconto!
-       Direi che per qualcosa di rubato 100 dollari sono esagerati! – continuai io cominciando ad arrabbiarmi.
-       Come osi ragazzina che…
-       Gliene offriamo 40 – ci interruppe Dean
-       70!
-       50! – ribatte lui
-       60!
-       55!
-       Uff…affare fatto – disse la signora contro voglia – Ma non ritornate a lamentarvi se la vecchia vi prenda a bastonate.
Uscimmo dal negozio con la pipa nella borsa di Dean e io ero abbastanza nervosa dopo quell’incontro.
-       Ti rendi conto?! “non l’ho rubato…l’ho solo preso in prestito senza permesso!” – dissi scimmiottandola – era solo una povera vecchietta, che cosa le aveva fatto di male?
-       Scusa ma sbaglio o anche tu hai preso i tuoi ultimi libri in prestito senza chiedere il permesso?
-       Si ma io sono un caso a parte! E poi scusa…come lo sai???
-       Beh…
-       Ah già…Stan…dimenticavo.
-       Dai…l’importante è che ce l’abbia venduta.
-       Già…scusa ma come ti è saltato in mente di dire che siamo fidanzati? Spiegami un po’ sta storia.
-       Io...beh…è la prima cosa che mi è venuta in mente…e poi vuoi dirmi che ti dispiacerebbe.
-       No….cioè….sì……cioè……. – perché sorride?…perché ho detto no?…dannata linguaccia!– Ahhh basta! – mi allontanai da lui per evitare di far vedere la mia faccia che era diventata bordeaux – siamo in ritardo Corso. Muoviti.
-       Aspetta dove stiamo andando? – disse lui correndomi dietro.
-       Dalla vecchia. Ho dei sospetti che devono essere confermati.
-       O contraddetti!
-       No Corso, questa volta non mi sbaglio
-       E cosa te lo fa dire.
-       È il mio sesto senso che me lo dice!
-       E da quando hai un sesto senso?
-       Da un bel po’ diciamo. Ora muoviamoci.
-       Più ti conosco e più mi sembri strana – gli lanciai uno sguardo di fuoco – in senso buono…ovviamente.
-       Pensa che ancora non hai conosciuto la parte più pazza e più nascosta di me.
-       Ce n’è una peggiore? – altro sguardo – scherzavo!
-       Che simpatico! Ci siamo alzati con la luna buona oggi eh?
-       Ah ah ah…che c’è perché ti sei bloccata?
-       Credo che la casa sia quella. – Una piccola casetta, più simile ad una baracca fatiscente che ad un’abitazione stava a pochi metri da noi, ai piedi della collina sulla quale si ergeva la grande villa scura. Il tetto sembrava cadere a pezzi ma le mura erano fatte con mattoni massicci – Allora, andiamo.
-       Andiamo.
 
 
CAPITOLO 9
 
Bussammo alla porta della vecchia e attendemmo qualche minuto ma di persone all’interno dell’abitazione nemmeno un segno.
-       Niente.
-       Visto, te l’avevo detto che il tuo sesto senso si sbagliava.
-       Ah sì? E cosa dice il tuo di sesto senso?
-       Dice che dovremmo trovare almeno una piccola locanda in cui stare perché non ho voglia di rifarmi tutta la strada domani mattina.
-       Sfaticato!
-       Ragazzina!
-       Come mi hai chiamata?
-       Scusate stavate cercando qualcuno? – una ragazza sui vent’anni, con i capelli neri e gli occhi verdi e profondi si era avvicinata alla casa. Aveva in mano una cesta con dentro dei vestiti bagnati. Dean si voltò verso di lei rimanendo immobile a guardarla; sembrava come incantato da quegli occhi e da quello sguardo. La ragazza sorrise a Dean e io sentii ribollirmi le budella – Siete dei turisti vero? – Dean balbettò qualcosa come un si e la ragazza rise – si vede lontano un miglio che non siete di qui. – si avvicinò a Dean con fare evidentemente alquanto ammaliante per lui perché non le staccava gli occhi di dosso. – Io sono Anya, piacere di conoscervi. – Dean continuava a fissarla; ci mancava poco che sbavasse e la cosa mi dava alquanto fastidio. Decisi di prendere in mano la situazione
-       Piacere – dissi stringendo la mano della ragazza – Io sono Keira Shadow e lui è Dean Corso – le mi strinse la mano velocemente e poi la strinse a Dean sorridendo e guardandolo negli occhi per lunghi secondi in cui la rabbia mi salì al cervello.
-       Come mai siete qui? – disse lei rivolta a Dean.
-       Beh stavamo cercand…
-       L’ho chiesto a lui se non ti dispiace! – mi interruppe. Io tentai di ribattere ma lei porse la domanda a Dean di nuovo e lui rispose.
-       Stavamo cercando la signora anziana che vive in questa casa. Puoi aiutarci per caso?
-       Certo che sì! Lei è mia nonna! Pensavo foste in viaggio di nozze o qualcosa del genere!
-       Chi io e lei? – disse lui quasi scandalizzato indicando me e la cosa mi fece arrabbiare molto  - nooo siamo solo colleghi di lavoro! Non siamo nemmeno fidanzati.
-       Non ci eravamo fidanzati da un anno e dovevamo sposarci fra due mesi io e te? – lo interruppi io con un sorrisino beffardo incrociando le braccia con aria inquisitoria.
-       Sta zitta Shadow.
-       Allora siete o non siete fidanzati?
-       No! – ride? Che fa gli da corda? Non ci credo… – Stava scherzando vero Keira?
-       ….si…stavo scherzando – dissi di malavoglia io. Il fatto era che non solo mi dava fastidio che Dean si comportasse così e che quella gattamorta gli mettesse le sue mani addosso, ma non stavo scherzando e cominciavo a trovare il comportamento di Dean alquanto strano, non sembrava più lui. Aveva cominciato a parlare e a sorridere più frequentemente di quanto avesse mai fatto e la cosa mi dava molto fastidio. Entrammo in casa e loro due andarono in cucina io mi sedetti su una poltrona a braccia incrociate fissando il tavolino cercando di farmi passare la rabbia che ormai mi scoppiava nella testa. Muovevo nervosamente la gamba e cercavo di non sentire le risate e l’amabile conversazione che proveniva dall’altra stanza.
-       Ti piace lui, vero?
-       Cosa? Chi ha parlato? – una vecchia donna stava seduta sul divano poco distante da me; non l’avevo notata prima e la cosa era alquanto strana. Indossava una lungo vestito ricoperto da un poncho fatto a mano i capelli grigi e fini erano raccolti in una treccia che portava appoggia sulla spalla destra e mi guardava sorridendo – quell’uomo, ti piace vero?
-       Chi Dean? Naah…lui è…solo un collega…
-       Un collega molto sexy però! – sentii le mie guance andare in fiamme all’improvviso. – Perché non ti fai avanti?
-       Perché non guarderebbe mai una come me, perché non sono il suo tipo e perché lui non mi interessa.
-       Lo sai, si può mentire con le parole ma non con gli occhi e cosa più importante, non si può mentire a se stessi col cuore. – quella frase mi aveva colpita tanto che non riuscivo a distogliere lo sguardo da quegli occhi castani pieni di saggezza e tristezza – Come ti chiami giovane ragazza?
-       ...Keira Shadow.
-       Puoi chiamarmi Lucia e sappi una cosa – mi fece segno di avvicinarsi e poi mi sussurrò – Neanche a me sta simpatica.
-       Chi?
-       Anya…
-       Ma è sua nipote.
-       Lei non ha ereditato nulla dello spirito della nostra famiglia. Non ha ereditato nulla da mio figlio; ha preso tutto da quella stupida di sua madre – non riuscii a trattenere la risata – lo vedi? – mi volta verso la cucina e la vidi fare la smorfiosa con Dean – è inutile arrabbiarsi, tanto il meglio che può dare è solo una notte! Poi le persone si accorgono che non va oltre. – sorrisi.
-       Giù in paese mi avevano detto che lei era una vecchia pazza, ma a me non sembra.
-       Vuoi dirmi che tu ascolti quello che i paesani dicono?
-       Non li ho mai ascoltati…anche perché se l’avessi fatto non so se ora sarei qui. – giocherellavo con i laccetti della borsa di Dean che lui mi aveva amabilmente abbandonato sulle gambe.
-       Perché questa tristezza nei tuoi occhi giovane ombra? – come mi ha chiamata?
-       Lo sa, lei è la seconda persona che mi chiama così!
-       Beh il tuo cognome non è molto usuale! Ma non stavamo parlando di questo, perché quella tristezza? Brutti ricordi?
-       Orribili.
-       Riguardanti qualcuno che amavi davvero!
-       Si…ma…lei come lo sa?
-       Dai tuoi occhi traspaiono molte più cose di quante tu credi, piccola mia.
-       Si vede tanto?
-       Per uno che sa leggere sì.
-       Devo sbrigarmi a trovare questo dannato libro. Prima trovo il libro, prima me ne andrò e prima smetterò di vedere Corso.
-       Di che libro stai parlando?
-       Oh giusto!! Io ero venuta qui per cercare lei! Volevamo sapere che cosa c’era scritto sul muro di quella villa in pese ci hanno detto che…
-       Uscite di qui!
-       Che lei...come?
-       Uscite di qui! Non siete degni di sapere i segreti più profondi del mio popolo – si era alzata in piedi e aveva attirato l’attenzione della smorfiosa dalla cucina. – Fuori!
-       Nonna…che succede? Che le hai fatto stupida ragazza?
-       Cosa? Niente non l’ho nemmeno toccata! – Si avvicinò a me e cominciò a spingermi e ad attaccarmi.
-       Non hai un po’ di rispetto per le persone più anziane di te, stupida ragazza di città? Chi ti credi di essere?
-       Chi ti credi di essere tu! Credi di potermi trattare così solo perché tua nonna mi ha detto di andarmene? Che cavolo vuoi dalla mia vita? Torna pure a fare la smorfiosa con lui! – dissi indicando Dean.
-       Oh ora capisco, ti da fastidio che io gli faccia la corte!
-       Cosa? Non mi da alcun fastidio! Io sono venuta qui per lavoro e non per trovare un uomo! Sono venuta qui per sapere di più sul Muro della Luna e su cosa ci sia scritto sopra ma se non volete aiutarmi fate pure! Me la caverò da sola! So decifrare l’antico Alasthor senza l’aiuto di una gatta morta come te! – presi la mia borsa e la pipa da quella di Dean, li guardai per un ultima volta e uscii di casa con passo deciso, dirigendomi in cima alla collina, verso il Muro della Luna.
 
CAPITOLO 10
 
-       Ma guarda te cosa mi tocca stare a sentire! Io che sarei gelosa di Corso! Tsè…in un'altra vita forse e su un altro pianeta! Se vuole farsi quella gatta morta che faccia pure! La vita è la sua ed è grande abbastanza da decidere autonomamente. Che faccia quello che vuole, non mi interessa!….Ma allora perché mi arrabbio tanto? Basta! Non devo pensare a lui! Devo riuscire a trovare il muro…vediamo quale potrebbe essere? – continuai a seguire le mura che circondavano la villa con una mano appoggiata ai mattoni per sentire se col tatto riuscivo a trovare le incisioni che stavo cercando, il sole era stranamente sparito da quando avevo raggiunto la cima della collina e gli alti alberi ostacolavano anche la poca luce c’e cera impedendomi di vedere distintamente i mattoni fino a che non sentii uno strano pezzo di parete tutto ruvido e umido - ecco ci siamo! – tirai fuori dalla borsa la mia penna e la torcia e illuminai danti a me. Il muro era ricoperto di muschio, dovevo trovarmi a nord anche se a giudicare dalla vegetazione non sembrava che il sole filtrasse molto. Cercai di togliere il muschio ma gran parte dovetti raschiarlo via con il coltellino svizzero cercando di non rovinare la parete. Degli strani simboli comparvero davanti ai miei occhi e se venivano illuminati cominciavano a scintillare. – Chiunque avesse scritto questa roba aveva pensato a renderla visibile di notte – mi avvicinai e notai che in ogni simbolo c’era un filetto d’argento che rifletteva la luce – molto ingegnoso! – estrassi il blocco per gli appunti, infilai la torcia in bocca e cominciai a copiare ciò che c’era scritto sul muro. Avevo quasi finito quando sentii dei passi avvicinarsi. Cercai di copiare più in fretta che potevo le ultime parole ma non ci riuscii perché fui costretta a nascondermi in un cespuglio li accanto.
-       È questo il muro! La vecchia del negozio di souvenir ha detto che due tizi oggi volevano vederlo. – disse una voce da uomo – che cosa ci troveranno di così speciale? È solo un ammasso di segni! Ehy…lo distruggiamo?
-       Cosa? Ma sei pazzo? – disse una voce più giovane ma sempre da maschio.
-       Che c’è hai forse paura? Credi che vengano i fantasmi o gli spiritelli? Sono solo storie per tenere lontani da qui i bambini! Non dirmi che ci credi!
-       Io non scherzo con gli spiriti. Se vuoi spaccarlo fallo pure, ma fallo quando non ci sono io. Ora continuiamo a dare la caccia alla lepre che stavamo cercando.
-       Come vuoi tu fifone!
-       Finiscila! – le due voci si stavano allontanando e io uscii piano piano dal cespuglio un po’ spaventata.
Copiai velocemente l’ultima parte e mi affrettai a ritornare da Dean, ma prima scattai un paio di foto alla parete, presi dei rami e il muschio rimanente coprendo le incisioni in modo che nessun’altro le notasse. Scesi tutta la collina correndo, con la borsa che pesava sulla spalla e rimbalzava sulle mie gambe. Quando arrivai davanti alla casa della vecchia avevo il fiatone e fui costretta a sedermi per non cadere. L’erba era fresca, il cielo azzurro e il sole era ritornato ad accarezzare la mia pelle. Mi misi supina e tirai fuori il blocco su cui avevo trascritto l’incisione per provare a studiarla e mi accorsi che non era affatto facile come pensavo. Riuscii a tradurre l’inizio e la parte finale ma tutta la parte centrale era molto contorta e sembrava essere scritta in un dialetto speciale di quella lingua.
-       Colui che ha il sigillo romperà la maledizione…sarà la centesima volte che lo rileggo….il problema è capire cos’è questo sigillo e che cosa mi rappresenta! Allora…la prima parte dice: “lo straniero venuto da lontano ha trovato la sciamana; insieme hanno generato il sigillo per cancellare la maledizione; con la scomparsa del sigillo la maledizione si è liberata; il prescelto la scioglierà rinunciando a ciò che più ama”. Bene ora devo solo tradurre la parte centra che presumo sia quella più importante. – mi concentrai al massimo e dopo venti minuti ero riuscita a tradurre qualche parola ed avevo intuito che in quella parte si descriveva l’effetto della maledizione e dovevo, volevo assolutamente scoprire di più. Dopo un’ora di full immersion in Alasthor antico, riuscii a capire il senso di tutta la maledizione e, sorpresa delle sorprese, si trattava della storia che la negoziante ci aveva raccontato. Una cosa che mi aveva colpito era stata la frase di chiusura “L’angelus ritornerà, il sigillo sarà chiuso e la maledizione sciolta.” – L’Angelus…il libro…devo dirlo a Dean – improvvisamente delle risate uscirono dalla finestra sotto cui ero sdraiata e sapevo che si trattavano di Dean è Anya – ah…già…sta civettando…uomini…appena trovano un paio di curve ben assestate ti mollano da sola…tutti uguali – tornai a studiare il mio blocco appunti senza curarmi di ciò che potesse accadere dietro a quei vetri ma nonostante la mia buona volontà, le mie orecchie sembravano molto interessate a ciò che si stava svolgendo in quella casa.
-       Non dirai sul serio? Tua madre è di New York? Anche io e Keira veniamo da lì.
-       Sì! Come è piccolo il mondo! E dimmi una cosa…che cosa c’è esattamente fra te e Keira?
-       Siamo colleghi di lavoro; stiamo svolgendo una ricerca su un libro. Tranquilla non c’è niente fra noi, anzi direi che non le vado esattamente a genio.
-       Non le vai a genio? E da quando le persone che non ti piacciono le guardi come lei guardava te?
-       Davvero, siamo solo due persone che lavorano insieme. Lo dice anche lei, non potrà mai esserci niente fra noi, è solo una mia collega. – quelle parole mi bucarono lo stomaco più di una palla di cannone e non ne capivo il perché. Raccolsi le mie cose, le ficcai nella borsa, mi alzai e mi avviai verso il paese velocemente e silenziosamente.
-       Ehy ma quella non è la tua collega? – disse Anya.
-       Chi? – Dean notò la mia sagoma allontanarsi dalla casa – Cristo ma dove va? – corse fuori dalla cucina e mi rincorse – EHY KEIRA!! – io ero determinata a non voltarmi – RAGAZZINA!!!
-       TI HO DETTO DI NON CHIMARMI RAGAZZINA! – mi ero voltata.
-       Dove…dove stai andando così di fretta?
-       Dove mi pare va bene? Ritorna pure dalla brunetta!
-       Si può sapere che ti prende? E soprattutto da dove sbuchi?
-       Sono andata sulla collina. Ho scoperto un sacco di cose sai? Ma tanto a te non interessano perché sono solo una tua stupida collega vero? Sono solo quello ecco che mi prende! – La vecchia signora e la ragazza ci stavano guardando dalla porta – Ora se vuoi scusarmi Corso, non ti costringo più a rincorrermi. Vado ad analizzare le foto che ho scattato e a comparare le scritte del muro con quelle della pipa! Adieu!
-       Cosa?! Aspetta, aspetta – Mi blocco tenendomi per le spalle e guardandomi negli occhi – mi stai dicendo che hai decifrato tutto ciò che c’era scritto sul muro?
-       Vedo che oggi siamo lenti nei ragionamenti! Sai credo che percorrere le curve ti faccia male!
-       Cosa vuoi dire con questo?
-       Lo vedi? Non capisci nemmeno le battute!
-       Non era divertente! Ma che cavolo ti prende? Sei gelosa?
-       Chi io? Moi? Gelosa di un paio di occhi? Ma non farmi ridere.
-       E allora si può sapere che ti prende?
-       Niente lascia stare…- sospirai in rassegnazione – Vado in paese. Non credo che tornerò all’Hotel. Ho bisogno di fermarmi qui per analizzare altre cose.
-       E dove vorresti dormire questa notte, in strada?
-       Ti ho detto che ho vissuto qui fino a 17 anni. Non abbiamo venduto la casa. Andrò li a dormire.
-       Hai una casa qui?
-       Sì, la vedi? – indicai dalla parte opposta della vecchia villa, su un’altra collina si erigeva una piccola villetta con i muri ricoperti d’edera e le persiane Verde scuro, in tinta con il tetto.
-       Quella è casa tua?
-       Era di mia madre; me l’ha lasciata in eredità quindi…si è casa mia.
-       Vengo con te aspettami.
-       Non devi venire con me perché ti senti obbligato, non ho due anni; posso farcela anche da sola.
-       Se voglio venire è perché voglio venire con te. Quindi finiscila di fare storie. Aspettami qui, vado a prendere la borsa. – Dean si avviò velocemente verso la casetta e dopo qualche istante uscì con la borsa sulla spalla fermandosi a salutare la vecchia e la sua amichetta.
-       Ehy Dean che succede?
-       Nulla di grave. Io e Keira andiamo a cercare una locanda dove poter passare la notte.
-       Non tornate al vostro Hotel in città?
-       No, Keira vuole rimanere qui per poter decifrare meglio le scritte sul muro.
-       Non mi dire che ci ha capito qualcosa di quello che c’è inciso!
-       Si. L’ha tradotto tutto – disse Dean  un po’ seccato – Ma vuole rimanere vicino all’originale per sicurezza quindi…
-       Quindi ve ne andate in paese. Beh ci si vede in giro, Dean.
-       Ciao Anya. Signora Lucia, è stato un piacere conoscerla – detto questo si voltò e ritornò da me ed insieme andammo in paese.
 
CAPITOLO 11
 
Stavamo scendendo lungo la strada senza parlare l’uno con l’altra, senza guardarci. I tenevo gli occhi fisi sul terreno, mai stato più interessante e credo che Dean stesse facendo altrettanto. Eravamo praticamente arrivati sulla via principale del paese quando a Dean saltò in mente di farmi una domanda
-       Perché ti sei arrabbiata tanto?
-       Come? – dissi io senza badarci continuando a camminare.
-       Perché ti sei arrabbiata quando sono andato di là con Anya.
-       Devi avere preso un’insolazione Corso perché non capisco di cosa tu stia parlando.
-       Sai benissimo di cosa sto parlando solo che fai finta non capire.
-       … - aveva ragione – Dobbiamo muoverci Corso non credo che la casa sia in condizioni impeccabili.
-       Smettila di trovare scuse, non mi interessa se il salotto è incasinato o se sulle mensole c’è polvere
-       Non mi preoccupavo del salotto o della polvere, ma del fatto che sta venendo un temporale e non ho voglia di bagnarmi.
-       Non ti credevo una persona schizzinosa che ha paura di un po’ d’acqua!
-       Non lo sono infatti.
-       E allora fermati un momento, voltati e guardami! Chiariamo subito!
-       Non c’è niente da chiarire Corso.
-       Sì invece! Keira, non puoi negare che ti ha fatto arrabbiare che io sia andato di là con Anya! – stavamo litigando in mezzo alla strada e tutto il paese era uscito di casa o affacciato alle finestre a guardarci.
-       Mi mancava la litigata oggi sai? Davv..
-       Keira? – io mi voltai. Conoscevo quella voce ma non potevo credere che fosse veramente lui.
-       …….Luke…….
-       Dio Keira! Quanto tempo!!! Come stai? Cosa ci fai qui? Pensavo ti fossi trasferita a New York!
-       Sì, sono qui per lavoro. Io sto bene….e….tu come stai? Come mai sei qui?
-       Oh io sto bene! Sono il medico legale di questo paese mentre mia moglie dirige la locanda!
-       Tua….moglie?
-       Si Jenny te la ricordi? Era una tua amica.– Sì, me la ricordo  e diciamo che amica non è la parola giusta per una che ti ha sempre tirato i capelli e a 18 anni ti ha rubato il ragazzo della tua vita.
-       Si…me la ricordo….sono….contenta che…vi siate sposati…
-       Si e stiamo anche per avere un altro figlio. – in quel momento il mondo mi era letteralmente crollato addosso. Lui, il mio primo amore, l’unico fino a quel momento stava per avere un figlio; stava vivendo la vita che avevo sempre sognato per noi, ma con un’altra donna. E come se non bastasse me lo aveva detto col sorriso sulle labbra e di fronte a Dean.
-       Oh…sono…sono felice…per te.
-       Beh non mi presenti il tuo amico?
-       Eh…oh…lui è Dean Corso. Dean, Luke – si strinsero la mano mentre Dean lo guardava in cagnesco.
-       Keira ora dobbiamo andare, abbiamo un sacco di cose da fare, ricordi? La casa….presente?
-       Si…beh…Luke…ci …si vede in giro.
-       Ciao. Mi ha fatto piacere incontrarti! – Dean ci stava guardando male, ma io non riuscivo a staccare gli occhi da Luke e non riuscivo a muovermi; ero bloccata, scioccata. Per portarmi via Dean dovette trascinarmi per il polso.
-       Ehy…Stai bene? – mi disse con la faccia preoccupata e tenendo mi le spalle.
-       Eh?..sì sì...tranquillo.
-       Chi era quello?
-       Chi?
-       Il medico so-tutto-io-sarò-un-perfetto-padre….
-       Lui…è….quel qualcuno che mi ha fatto soffrire ed è quel passato da cui mi devo allontanare. – stavo facendo uno sforzo immane per trattenere le lacrime, non volevo scoppiare a piangere davanti a Dean o lui avrebbe avuto la prova della mia fragilità.
-       Lascialo perdere…non ti merita! Tu devi trovare uno che sia come te. Che abbia i tuoi interessi e che non ti tratti come una bambolina da mettere in mostra. – le sue parole mi avevano risollevato il morale.
-       Grazie….. – abbassai lo sguardo perché sentivo di stare arrossendo e la cosa non mi piaceva molto. - Ora andiamo che se il frigo è vuoto dovremo pur riempirlo in qualche modo per mangiare. – sorrise e ci avviammo verso casa.
Quando arrivammo davanti al cancello nero c’era un lucchetto; io lo tolsi con molta facilità, percorremmo il giardino che stava di fronte alla casa ed entrammo. I mobili non erano stati spostati, erano ancora quelli di una volta ed erano coperti da lenzuola bianche per evitare che prendessero la polvere.
-       Ok… - dissi io togliendo il telo dal divano – fai come se fossi a casa tua, se vuoi sederti siediti. Io torno subito. – andai sul balcone ad attivare il contatore della luce; quando ritornai in salotto Dean stava ancora osservando la stanza e le vecchie fotografie impolverate sul camino – mio dio! Sono ancora lì quelle mostruosità?
-       Mostruosità? Perché? Sono foto! Chi le ha scattate?
-       Le ho scattate io quando avevo 16 anni. – appoggiai la mia borsa sul divano e mi avvicinai – dammi la giacca.  – fece come gli chiedevo e poi tornò a fissare le immagini.
-       Sono davvero belle! Sei brava!
-       Grazie – dissi io appoggiando il cappotto sul divano sopra la mia borsa.
-       Chi è quella donna dai capelli castani?
-       Mia madre – risposi io senza guardare la foto – pochi mesi prima che scoprissimo la sua malattia.
-       Oh scusa io non…
-       Cancro. I dottori le avevano dato 10 mesi di vita. È morta dopo 4.
-       Mi dispiace. È per questo che vi siete trasferiti?
-       Non esattamente…
-       Ah...lasciami indovinare…la Shelly di cui parlavi nel sonno c’entra qualcosa.
-       Non solo c’entra, ma è lei la causa di tutto. Ora…ti faccio vedere dov’è la tua camera. – salimmo le scale e io gli feci vedere la vecchia camera da letto di mia madre e mio padre – dormirai qui. Era dei miei, nell’armadio dovrebbero esserci ancora le lenzuola pulite. Comunque…il frigo è praticamente vuoto, a meno che tu non voglia bere una bottiglia di rum vecchia di 10 anni…quindi…dammi 10 minuti; faccio un salto al minimarket qui vicino; prendo da mangiare e i detersivi per pulire il bagno…almeno do una parvenza di decenza a questa casa. Tu intanto guarda pure la camera e il resto. Se vuoi farti il letto fai pure altrimenti lo farò io quando torno.
-       E tu dove dormirai?
-       Nella mia vecchia camera, sempre che io ci stia ancora nel letto. – scesi le scale e afferrai il portafoglio – non ci metterò tanto, ci vediamo fra dieci minuti. – detto questo uscii di casa.
-       Tu non me la racconti giusta Keira.
 
CAPITOLO 12
 
-       Eccomi…scusa se ci ho messo un po’ di più ma alla cassa c’era coda. – Dean si avvicinò per aiutarmi con le borse – grazie. Allora…qui ci sono le cose da mettere in frigo e qui….Quelle per il bagno. –
-       Lascia faccio io – mi prese il mangiare dalle mani e mise tutto in frigo e io rimasi molto sorpresa. – Che c’è?
-       No niente è che…nessuno uomo che ho conosciuto mi ha mai aiutata con la spesa…
-       Indovina un po’? – si mise davanti a me e mi guardò con quegli occhi neri che mi facevano impazzire – non sono come gli altri uomini che tu conosci.
-       …si…me…me ne sto accorgendo….beh  - afferrai i detersivi – vado ad improvvisarmi massaia. Poi quando ho finito cucino qualcosa…
-       Facciamo così…tu ti improvvisi massaia e io preparo la cena…..
-       ………ok mi hai decisamente spiazzata con questo. – ridemmo entrambi – affare fatto.
 
Circa tre ore dopo ero seduta davanti al caminetto in salotto cercando di tirare le somme sul lavoro della giornata.
-       Che dice?
-       Mh? Oh sei tu! – Dean mi aveva raggiunta in salotto e si era seduto accanto a me. – ricordi quello che la donna ci aveva detto al negozio?
-       Che la casa era stregata? Si me lo ricordo; tutte superstizioni popolari.
-       Io non credo; leggi qui – gli porsi il mio blocco – Questo è in Alasthor e qui sotto c’è la traduzione. –
-       Avanti, vuoi dirmi che gli omicidi sono legato ad una maledizione vera? – disse dopo aver letto – non mi dire che credi a queste cose!
-       Tu credi nel diavolo perché io non posso credere nelle maledizioni?
-       Io non credo nel diavolo.
-       Però credi nella sua esistenza!
-       Ho i miei motivi per crederci!
-       E io ho i miei motivi per credere in ciò che c’è scritto sul muro! Devo solo capire che cosa può centrare con il libro.
-       Qui dice “l’Angelus ritornerà, il sigillo sarà chiuso e la maledizione si scioglierà.” Quindi…per trovare il libro dobbiamo chiudere il sigillo?
-       Io non credo che sia così; piuttosto basandomi sulla parte precedente mi vene da pensare che dobbiamo trovare prima il libro e poi questo ci porterà al sigillo.
-       Noi siamo pagati per trovare e autenticare quel libro, non per chiudere sigilli e sciogliere maledizioni come qui dice.
-       Calmati Corso; nessuno ti obbliga a fare degli straordinari. Io voglio eliminare questa maledizione quindi, quando avremo trovato il libro e l’avrai autenticato, sarai libero di ritornare a New York, consegnare il libro e prendere il tuo assegno a 6 o più zeri. E vivremo tutti felici e contenti!
-       Come vuoi tu.
-       Beh…si è fatto tardi….io vado a dormire… - mi stavo letteralmente eclissando – buona notte ci vediamo domani.
-       Keira asp… – troppo tardi; ero già corsa di sopra e mi ero già chiusa in camera.
Non era vero che era tardi e non avevo per niente sonno, ma non ce la facevo più a fare il finto sorriso. La verità era che da quando avevo rivisto Luke, non ero più io, o meglio ero io ma mi nascondevo, avevo rinforzato la mia maschera felice ma ora non reggevo più. Sapere che Jenny, una delle persone che non sopportavo di più al mondo, stava vivendo la vita che avrebbe dovuto essere stata mia, stava vivendo l’uomo che era mio, mi stava uccidendo dentro. Sentii dei passi, Dean stava andando a letto e io potevo sgattaiolare fuori dalla mia camera e catapultarmi in cucina. Scesi le scale silenziosamente con passo felpato, aprii il frigorifero e tirai fuori la bottiglia di rum ed un bicchiere; riaccesi il fuoco e cominciai ad affogare i miei dispiaceri nell’alcool.
Dopo circa tre quarti d’ora la bottiglie era quasi vuota e io ero ubriaca. Ero passata dalla fase del caldo acuto a quella della ridarella acuta; ora parlavo con il fuoco nel camino e ridevo da sola solo che dovevo farlo a voce molto alta perché se no non si spiegherebbe come mai Dean scese in salotto da me.
-       Che stai facendo? Perché non sei a dormire in camera tua?
-       Uhhh….sei tuuuuuu! Il mio letto era troppo piccolo! Sono cresciuta tanto!!! – dissi io ridendo come una scema – vieni vieni...c’è posto anche per te.....signor divano vero che non ti dispiace se Corso si mette qui accanto a me vero??
-       Keira ma che stai dicendo? – si avvicinò a me mentre io ridevo – Sei…ubriaca!!
-       Chi? Io? Moi? Ubriaca?? Noooo è solo una tua impressione Deanuccio! – mi alzai e lo abbracciai – lo sai..dovresti vestirti…non sei molto presentabile in boxer! Cosa penseranno i miei ospiti?
-       Tu sei ubriaca fradicia! Questa la prendo io! – disse prendendomi la bottiglia.
-       Cosa fai?? Ridammela…non ho ancora finito di bere! – lui cercò di allontanare la bottiglia da me – dai dammela!!!
-       No…ne hai già bevuto troppo senza motivo!
-       Non è vero io ce l’ho il motivo! Ne ho migliaia di motivi! Dammi la bottiglia.
-       La Keira che conosco non beve mai alcolici!
-       A meno che la situazione non sia disastragica e ora lo è!  Dammi!!! Voglio la bottiglia!
-       Si? vuoi la bottiglia? E poi cosa voi ancora? Vuoi finire in ospedale per una trapianto di stomaco e fegato?
-       No voglio che quella tolga le mani dal mio ragazzo!
-       Quella chi? – io mi sprofondai sul divano mentre Dean riponeva la bottiglia sullo scaffale più alto della cucina – parli di Jenny?
-       Quella putt..
-       ..ana. Lo so…che ti ha fatto di male?
-       Mi ha fregato il ragazzo e la mia vita! Quella dovevo essere io! Dovevamo sposarci….poi lei è andata a letto con lui…e lui è andato a letto con lei…e lei è rimasta incinta…e così lui mi ha mollata.
-       Cristo…ti sei ubriacata per un uomo?
-       Che cosa vuol dire….c’è gente che si ubriaca per divertimento…. – mi alzai velocemente e barcollai pericolosamente addosso a Dean abbracciandolo – Meno male che ci sei tu! Perché anche se hai sbavato sul quella moretta là….
-       Anya…
-       Si lei….io lo so che anche se hai sbavato su di lei tutto il pomeriggio…io lo so che in fondo tu mi vuoi bene! Però…. – mi tolsi dall’abbraccio e barcollando mi diressi verso la cucina, ma ero troppo ubriaca e finii per appoggiarmi al muro - …voglio lo stesso la bottiglia…..- mi lasciai scivolare lungo il muro con la schiena sedendomi per terra - …e voglio anche un uomo! – Dean si avvicinò e si sedette di fronte a me – Perché nessuno mi vuole Corso….faccio così schifo? – avevo cominciato a piangere.
-       Non fai schifo – disse lui asciugandomi le lacrime – sei una donna bellissima e sei intelligente, solo che certe persone non se ne accorgono perché sono tropo prese da sé e dai loro pensieri. – mi stava ancora accarezzando il viso poi mi alzò e mi accompagnò in camera sua; mi fece sdraiare e mi copri.
-       È strano che tu non sappia leggere Corso, tu che lavori con i libri.
-       Infatti so leggere….sei davvero ubriaca… - mi alzò e mi accompagnò in camera sua
-       No non sai leggere! La vecchia….Lucia…ha detto che una persona che sa leggere avrebbe capito subito dai miei occhi che tu mi piaci veramente!
-       …. – non parlò per qualche secondo ma rimase li a guardarmi – ora dormi. E domani mattina vediamo…
-       Cosa, se sai leggere?
-       Anche quello.
 
CAPITOLO 13
 
La mattina seguente fu il mal di testa a svegliarmi e la sensazione che un cannone mi avesse sparato nelle budella. Quando aprii gli occhi Dean stava seduto di fronte a me su una poltrona con una tazza in mano mentre sorrideva.
-       Buon giorno.
-       ……mmmhhh….cos’è successo?….perché sono in camera tua? – un pensiero mi passò per la testa – non…non ho fatto niente di cui pentirmi vero? – Dean si avvicinò al mio viso sorridendo.
-       È stata la notte più bella della mia vita. Sei stata fantastica quando perdi il controllo. Non  mi sono mai sentito così con un’altra donna…
-       COSA??????
-       Scherzavo tranquilla! – scoppiò a ridere.
-       Non era divertente….e abbassa la voce la testa mi sta scoppiando…..
-       Bevi questo – mi porse un’altra tazza che si trovava sul comodino.
-       Bleah…che roba è? Puzza!
-       Bevilo senza fare storie…. – feci come lui diceva.
-       Comunque non hai risposto alla mia domanda….cosa ci faccio qui?
-       Te l’ho detto…
-       Seriamente, per favore.
-       Ti sei ubriacata ieri sera, hai perso il controllo; dovevi pur dormire da qualche parte visto che nel tuo letto non ci stavi hai dormito qui con me.
-       Come facevi a sapere che non ci stavo?
-       Parole tue.
-       Cos’altro ho detto di interessante? – Dean mi fissò per un momento in silenzio e poi parlò.
-       …hai…hai solo parlato di Luke e di Jenny.
-       Oh….così…così ora sai tutto.
-       Già. – sorseggiò il caffè – Beh credo che oggi sarai fuori gioco. Quindi dovremmo concentrarci su altre cose…
-       No, no, ce la posso fare….riesco a stare in piedi – mi alzai di scatto e la stanza cominciò a girare – oh….forse è meglio di no…. – Dean si alzò e, vedendomi instabile, venne vicino a me prendendomi per le spalle.
-       Te l’avevo detto che non ce la facevi. – mi reggevo a lui e la testa continuava a girare e a farmi male – dopo quello che ti sei bevuta.
-       Lasciami indovinare…la bottiglia di rum in frigo?
-       Bingo.
-       Quanta?
-       Tutta.
-       TUTTA??? – mi agitai un po’ troppo ed entrambe perdemmo l’equilibrio finendo sdraiati sul letto uno sopra all’altra. Inevitabilmente ci guardammo negli occhi in quegli istanti che sembravano non terminare mai. Volevo togliermi da quell’imbarazantissima posizione ma non ci riuscivo, non perché non ne avessi la possibilità, ma perché quello sguardo mi disarmava. Ero divisa, avrei voluto liberarmi da quell’abbraccio ma allo stesso tempo avrei voluto rimanere così per sempre e lui sembrava pensare la stessa cosa. – Forse avevi ragione tu…
-       Su cosa?
-       Sul fatto che non sono in grado di rimanere in piedi da sola.
-       Non sei sola, ci sono io. – quelle parole mi avevano lasciata di stucco. Ora non solo non volevo più muovermi da li ma sentivo l’irrefrenabile impulso di baciarlo, ma farlo ora voleva dire mettere in gioco tutta l’immagine che mi ero creata in questi anni e soprattutto voleva dire riprendere ad avere fiducia nelle persone, cosa che avevo smesso di fare da molto tempo ormai.
-       In…in tal caso…allora credo sia meglio prepararci e…andare a fare domande in paese e magari….
-       …Scoprire di più sulla maledizione.
-       Che fai…leggi nel pensiero ora? – sorrise e si alzò aiutandomi a rimettermi in piedi delicatamente. – Grazie. – poi mi avviai verso il bagno tenendo una mano appoggiata al muro per evitare di cadere. Appena fuori dalla camera mi voltai di nuovo verso Dean – Sicuro che io non ho detto o fatto nulla di male o di cui io possa pentirmi?
-       Sicuro. – disse sorridendo – non scendere le scale da sola. Non mi fido!
-       Simpatico.
Dopo dieci minuti ero seduta sulle scale con la schiena appoggiata al muro ad aspettare che Dean uscisse dalla sua stanza e così fu.
-       Mi stai aspettando?
-       Ho fatto la brava hai visto? Ti ho aspettato qui come tu mi hai detto – si avvicinò a me sorridendo.
-       Non mi dire che ora fai quello che ti ordinerò di fare?
-       Non montarti la testa Corso! – dissi io alzandomi tenendo una mano appoggiata al muro per sicurezza e cominciando a scendere ma lui mi prese per le spalle e mi fece appoggiare la schiena contro la parete guardandomi dritto negli occhi.
-       Dean! Il mio nome è Dean, smettila di chiamarmi Corso. – la cosa mi aveva lasciata alquanto sorpresa, nessuno prima d’ora si era mai lamentato perché lo chiamavo per cognome; solo in quel momento capii che lui non era nessuno, lui era veramente speciale per me, troppo.
 
CAPITOLO 14
 
Dopo aver fatto colazione uscimmo alla ricerca di altri indizi riguardanti il libro. Ovviamente avevamo bisogno di chiedere a più persone possibile che cosa ne sapevano di questa maledizione o, più precisamente, cosa ne sapevano di questi omicidi. Ci domandammo chi potevano essere le persone più adatte a parlare e arrivammo a dire che la persona che poteva sicuramente sapere tutto di tutti era sicuramente il prete del paese.
-       Perché proprio il prete? – mi chiese lui.
-       Perché le persone dei piccoli paesi di solito sono tutte bigotte e tutte le vecchiette bigotte vanno a confessarsi ogni giorno o al massimo un giorno si e uno no e tutte le vecchiette bigotte di un paese piccolo sanno tutto di tutti e quindi anche tutto quello che succede. Capisci?
-       Capisco. Quindi tu sei convinta che se andassimo a parlare col prete, scopriremmo più cose sugli omicidi e di conseguenza sul libro?
-       Esatto. La cosa si fa interessante no? – sorrise – e nel frattempo potremmo prenotare la data delle nozze…sai noi dobbiamo sempre sposarci fra due mesi! L’hai detto tu!
-       Ti dispiacerebbe?
-       ……….. – non l’ha detto davvero…non l’ha detto davvero – ehm…uhh guarda siamo arrivati! – entrai in chiesa senza guardarlo. Dovevo evitare i momenti imbarazzanti dato che non ricordavo che cosa avessi fatto di preciso la notte passata, e la cosa mi metteva alquanto a disagio essendo che mi ero risvegliata nel suo letto.
-       Posso aiutarvi? – un giovane ragazzo, alto con i capelli castani e il pizzetto si avvicinò a noi
-       Ehm…si salve. Noi volevamo parlare di ciò che è successo in città qualche tempo fa.
-       State dicendo gli omicidi?
-       Ehm...si esatto…
-       Allora dovete parlare con il mio superiore; io sono appena arrivato in città e non ne so molto di questa storia.
-       Dove possiamo trovarlo?
-       Venite vi accompagno. – attraversammo tutti e tre la navata centrale della chiesa, che per essere il luogo sacro di un piccolo villaggio era parecchio grande – Sono sicuro che padre Thomas saprà aiutarvi!
-       Padre….Thomas?
-       Che c’è lo conosci Keira? – mi sussurrò Dean
-       Spero solo che sia un altro padre Thomas. E non quello che mi ha battezzata, dato la comunione e la cresima e che dentro di sé spera tanto di poter celebrare la messa delle mie nozze.
-       Keira Shadow?! Sei proprio tu??
-       Eh…Salve come sta? – un ometto mezzo calvo e grassottello si avvicinò a me e mi abbracciò.
-       Sono felice di vederti qui! Quando sei ritornata? Non ti vedo da…saranno 10 anni!
-       Ehm…si…sono tornata ieri, per lavoro e…
-       Ma lui chi è? – disse indicando curioso Dean.
-       Oh…lui è…Dean Corso… - dissi io un po’ imbarazzata – un mio …amico!
-       Molto piacere.
-       Il piacere è mio! Gli amici di Keira sono sempre i benvenuti, soprattutto se sono speciali.
-       È un amico e basta, padre…
-       Oh si…dicevi così anche di Luke! L’hai già incontrato?
-       ……si…..ci…ci siamo già visti.
-       Ancora non capisco perché non abbia voluto sposarti…tu sei e saresti stata mille volte meglio di quella sgualdri..
-       Volevo parlarle di lavoro, padre, se non le dispiace… - lo interruppi io; non volevo sentirmi ulteriormente in imbarazzo; non ne avevo voglia, anche perché Dean mi stava guardando.
-       Oh si, Jack mi ha spiegato tutta la situazione. Volete parlare degli omicidi vero?
-       Esatto. Siamo sulle tracce di un libro che, a quanto pare, è collegato agli omicidi alla villa.
-       Interessante!
-       Sì…e noi volevamo sapere se lei ha qualche informazione da darci. – disse Dean
-       Che tipo di informazione?
-       Beh per esempio se i cadaveri avevano qualcosa di…particolare – continuai io – come degli oggetti abbandonati vicino al loro corpo o non so, gli occhi aperti o chiusi o…
-       Il terrore.
-       Come?
-       Avevano il terrore sulla faccia, come se avessero visto il diavolo in persona.
-       Cominciamo bene – disse Dean.
-       Niente di particolare sul loro corpo? Non so, segni di tortura, lividi…qualsiasi cosa.
-       Questo non lo so. Dovreste chiedere al medico legale in paese. È lui che ha analizzato i corpi. Dovrebbe aver tenuto ancora i rapporti…
-       Benissimo…..beh..grazie padre, ora dobbiamo andare.
-       Keira Keira…lo sai che voglio ancora celebrare il tuo matrimonio!
-       Prima devo trovare un uomo! – lui guardò Dean sorridendo.
-       Mi sembra che tu sia sulla buona strada! – io mi sentii avvampare le guance e quella sensazione di disagio che mi percorreva da quando mi ero svegliata aumentò drasticamente.
-       Speriamo sia come dice lei! – l’ho detto seriamente? – beh ora dobbiamo andare….a presto, padre.
-       A presto. –
Uscimmo dalla chiesa e avevo la netta sensazione che Dean non solo mi stesse osservando ma moriva dalla voglia di farmi delle domande.
-       Che c’è?
-       Cosa?
-       So che vuoi farmi delle domande! Falle.
-       Sbaglio o il medico legale è Luke?
-       Non sbagli Dean.
-       Come hai intenzione di comportarti?
-       Facendo finta che non sia successo nulla fra me e lui.
-       Ma vi stavate per sposare!!! Come fa a non essere successo nulla fra voi due! Cristo uno non si sposa così per gioco!
-       È passato ormai. L’hai detto tu che devo guardare avanti no?
-       Si ma…ci devi lavorare insieme
-       Per questo cercherò di trattarlo più civilmente che posso senza picchiarlo o insultarlo!
-       Credi di potercela fare? – mi chiese quando arrivammo davanti all’ambulatorio.
-       Sì…. – abbassai lo sguardo- ….se tu mi stai vicino. – lui si avvicinò e mi prese per mano, stringendola intensamente e io sentii il mio cuore palpitare più che mai – grazie. – lui mi sorrise e io sentivo di affezionarmi sempre di più a quest’uomo, nonostante il fatto che lui per me fosse poco più che uno sconosciuto. Di lui sapevo solo che era laureato in lettere e che lavoro faceva; mi stavo innamorando di lui o forse lo ero già?
 
CAPITOLO 15
 
Passammo tutto il resto della giornata nell’obitorio, fra i rapporti sui cadaveri e fra le foto dei corpi che non erano per niente un bello spettacolo. L’espressione di terrore sui loro visi lasciava presagire qualcosa di veramente grande, forse al di sopra delle nostre forze, ma né io né Dean riuscivamo a credere che questa cosa potesse essere fatta da qualcosa di mistico. Gli omicidi erano pur sempre di mano umana. Sul corpo delle vittime c’erano degli strani segni, a detta di Luke, ma quando io e Dean analizzammo le fotografie, capimmo all’istante che quei segni non erano altro che parole scritte in Alasthor. Chiedemmo il permesso a Luke di lasciarci le foto per analizzarle e lui acconsentì così ora ci trovavamo a cenare in un’osteria e a parlare di quelle foto.
-       Pensi di riuscire a tradurre quello che hanno scritto sui corpi?
-       Si, mi serve solo una lente d’ingrandimento…mi presti gli occhiali?
-       Ah-ah-ah…..simpatica! Dopo tutto quello che ho fatto per te mi tratti così?
-       Dai…stavo…stavo scherzando…ti sei offeso?
-       No, volevo solo vedere la tua reazione!
-       Grazie! Adesso mi fai anche sentire in colpa per finta!
-       Ma non mi dire! Guarda guarda chi sbuca dall’ombra! – io tenevo il mio sguardo fisso su quello di Dean.
-       Ti prego, non mi dire che una tipa stralunata con i capelli rossi è qui in piedi dietro alle mie spalle. – Dean fece una strana smorfia di confusione e poi annuì.
-       Io sarei stralunata? Grazie per il complimento amica! Non ti fai sentire da 10 anni e mi riempi di complimenti come questo?! – mi alzai di scatto e l’abbracciai stretta – Dio! Che cosa ci fai qui? È un’eternità che non ti vedo!
-       Sono qui per lavoro!
-       Brutta ladra! Allora ti sei laureata in archeologia! E non me lo hai detto! E chi è lui? – si sporse un po’ di lato per guardare Dean e poi ritornò di fronte a me – gran pezzo di gnocco! È il tuo fidanzato?
-       Sam! Ma che ti salta in mente?! – ormai le brutte figure avevano raggiunto il culmine – Lui è Dean Corso, il mio collega di lavoro. Dean lei è Samantha, la mia migliore amica.
-       Piacere, Dean. – le strinse la mano.
-       Sam. – poi guardò me – Comunque anche se non è il tuo fidanzato, sempre gran tocco di gnocco rimane!
-       Dov’è Don?
-       È di sopra in casa! Sta tranquilla, non te lo rubo mica il tuo ‘amico’ – disse mimando due virgolette con le mani accanto alle sue tempie. – parlando di cose più serie. Cosa vi porto da mangiare?
-       Ehm…il solito.
-       Anche per lui?
-       Si, mi fido dei gusti di Keira.
-       Ah sì? E da quando, di grazia?
-       Ok. E da bere?
-       Per me…
-       Per lei acqua. Per me Gin.
-       Acqua? Keira, credevo ti trovassi in una situazione disastragica!
-       Cosa vorresti dire?
-       In paese non parlano d’altro!
-       Cioè?
-       Massì, tu che sei ritornata e incontri il tuo ex e lavori con lui cercando di risolvere gli omicidi.
-       Cosa sai degli omicidi?!
-       Calma calma…. – si guardò intorno preoccupata – non è l’orario per parlarne questo. – aggiunse a bassa voce e poi continuò come se nulla fosse – allora vi porto da mangiare più acqua e gin! Corso, è stato un piacere conoscerti. – io mi risedetti davanti a Dean un po’ imbarazzata.
-       Simpatica. Strana e un po’ pazza, ma molto simpatica.
-       Non l’hai conosciuta prima che si sposasse o non l’avresti definita ‘solo un po’ pazza’!
-       Era ancora più lunatica di così?
-       Sembrava un cartone animato!
-       Era così comica?
-       È una donna che sapeva trasformare il serio nel comico. Lei fa tanto la lunatica ma in realtà è molto seria e se dopo a veramente intenzione di dirci tutto ciò che sa te ne accorgerai.
-       Non ne ho dubbi; se è la tua migliore amica ci sarà una buona ragione.
Dopo aver mangiato aspettammo che il locale si svuotasse e rimanessero solo i più assidui frequentatori, sempre troppo ubriachi per capire qualcosa o comporre una frase con senso logico. Quando Sam venne a sedersi accanto a me era appena passata la mezzanotte
 
-       Mi spieghi come fai a tirare tutte le sere le due di notte? Io diventerei pazza.
-       Dopo un po’ ti ci fai l’abitudine e poi, detto tra noi, quando sei sposata con Don ti ci devi per forza abituare, non so se mi spiego – ammiccò ridendo.
-       Quanto sei scema!
-       Dai stavo scherzando!
-       Davvero? – le dissi io incredula.
-       No – concluse lei ridendo.
-       Lo sapevo. – poi mi feci seria – ora basta scherzare, dicci quello che sai sugli omicidi. – si fece seria anche lei all’improvviso e fu come se fosse diventata un’altra persona e la cosa stupì alquanto Dean.
-       Bene. Qui tutti dicono si tratti di una mente malata, un pazzo serial killer o le menti più superstiziose dicono si tratti di una maledizione divina, ma io non ne sono convinta.
-       Che cosa vuoi dire?
-       Ricordi quando eravamo piccoline che andavamo a giocare sulla collina, prima che costruissero quell’enorme villa? – io annuii – ti ricordi che abbiamo sempre visto un vecchio? Con i capelli lunghi e quel grande bastone? – annuii di nuovo – se ne stava seduto li sulla veranda della sua piccola casetta ai piedi della collina e ci guardava e non appena ci avvicinavamo un po’ troppo alla vetta della collina cominciava a piovere e noi scappavamo a casa.
-       È vero…
-       Beh la cosa non ti sembra un po’ strana?
-       Ha guardarla ora sì! E molto anche soprattutto perché…
-       …ora in quella casa ci abita la vecchia Lucia.
-       Tu credi che…che lei c’entri qualcosa con il vecchio? – Dean ci osservava stupito da questa nostra particolare intesa.
-       Io credo che lei appartenga alla stessa famiglia del vecchio e che quella famiglia fosse la guardiana di qualcosa. Qualcosa di molto importante che non può essere scoperto.
-       …il sigillo… – mormorammo insieme io e Dean e Sam ci guardò stupita.
-       Bene…siete sinergici…questo è un buon segno!!
-       Sinergici? – ripeté lui.
-       Telepatici - gli spiegai io.
-       Un altro termine come disastragica? – chiese.
-       Più o meno – gli risposi io ridendo – tu cosa consigli di fare?
-       La verità? Scappate finché siete in tempo. Non addentratevi troppo in questa storia o non riuscirete più ad uscirne
-       Mi sa che ormai…
-       ..sia troppo tardi – concluse Dean per me.
-       Ahw…. – disse Sam con una dolcissima espressione, come se ciò che avevamo detto non la turbasse affatto – che teneri che siete…finite le frasi insieme…. Mi sorprende che non siate ancora andati a letto insieme – per poco il gin che Dean stava bevendo non gli andò di traverso e la stessa cosa era capitata a me con l’acqua.
-       Sam!! Ma che dici?
-       Sta tranquilla! Credimi io ti voglio bene e ti conosco bene! Tu hai bisogno di una storia seria e tu hai bisogno di qualcuno che ti ami – disse rivolta a Dean che era visibilmente arrossito – Quindi posso concludere dicendo che avete la mia benedizione!
 
CAPITOLO 16
 
Dopo l’ultima fantastica uscita di Sam ce ne tornammo a casa; era stata una lunga giornata ed eravamo entrambe esausti, così sprofondammo nel divano davanti al camino.
-       Ho fatto arrivare le nostre valige dall’hotel – disse lui.
-       Oh…hai fatto bene! Mi sa che resteremo qui ancora per un po’. Voglio risolverlo questo mistero.
-       Il mistero degli Alasthor… - disse lui sorridendo.
-       Potresti scriverci un libro!
-       No, io i libri li cerco non li scrivo. Dovresti saperlo..
-       È qui che ti sbagli. Io di te so poco e niente. Tu sai molte più cose su di me anche perché quando mi ubriaco ho la tendenza a parlare troppo e chissà che cosa ti avrò detto – ridemmo – io di te invece so solo che lavoro fai, ma non so come sei finito a lavorare per Rafferty, non so perché credi così fermamente nell’esistenza del diavolo…
-       È una storia lunga, non voglio tediarti troppo…
-       Il tempo ce l’abbiamo e poi sono una buona ascoltatrice! – non so come feci, ma riuscii a convincerlo e mi raccontò la sua storia. Sospirò passandosi una mano fra i capelli, gesto che avevo imparato a decifrare come nervosismo acuto.
-       Non molto tempo fa, accettai un lavoro per un tizio; Boris Balkan mi chiese di provare l’autenticità di un libro che aveva tre copia esistenti al mondo stampate nel 1666 avanti Cristo. Le uniche tre copie. Durante le ricerche scoprii che tutti e tre i libri erano in un loro modo autentici. Essi contenevano delle incisioni e tre incisioni di ogni libro erano autentiche le altre false. Raccogliendo queste incisioni si poteva… - sospirò e le sue mani si chiusero a pugno mentre il suo sguardo si perdeva nel fuoco del camino - …si poteva evocare il diavolo.
-       Oh….
-       Già…portai le incisioni a Balkan, lui ci provò ma non funzionò.
-       Lasciami indovinare, una delle incisioni era falsa ma riprodotta molto bene.
-       Esatto…poi…c’era una ragazza e…
-       Oh…ecco che arriva la ragazza! Lasciami indovinare: bel fisico, misteriosa, una che ti catturava con un solo sguardo…
-       Più o meno – sorrise – troppo misteriosa per i miei gusti. Insomma grazie a lei ho trovato l’ultima incisione. Sono finito a lavorare per Rafferty principalmente per soldi, un po’ come te…Così ora sai tutto di me! – concluse lui mentre io mi sedevo sul pavimento per ravvivare il fuocherello che avevo acceso. Faceva alquanto fresco per essere ai primi di settembre
-       Wow…devi avere avuto paura…cioè non è che sto insinuando che tu sia un fifone però se io fossi stata in te, non ce l’avrei fatta da sola.
-       Già…
-       E poi ora…deve essere stato difficile per te ricominciare
-       Beh ma ora è diverso. – si sedette di fronte a me sul pavimento e mi guardava dritta negli occhi. Io avrei voluto distogliere lo sguardo, ma non ci riuscivo; mi aveva catturata, sin dal primo momento e anche se mi ostinavo a negarlo, sapevo che ero irrimediabilmente innamorata di lui.
-       Perché…ora sarebbe…diverso? – dissi io cercando di stare calma mentre lui mi accarezzava il viso.
-       …perché ci sei tu con me. – si avvicinò a me e le sue labbra divennero un tutt’uno con le mie e io non opposi alcuna resistenza. Il mio cuore batteva come se volesse balzare fuori impetuosamente dal mio petto, non avevo mai provato una sensazione così bella. Cosa avrei potuto desiderare di più meraviglioso? Non credevo che stesse succedendo davvero a me; l’uomo di cui ero innamorata, un uomo che aveva saputo catturarmi con un solo sguardo, come nessuno aveva mai saputo fare, era qui davanti a me e mi stava donando il bacio più bello della mia vita. Le sue labbra stavano torturando dolcemente le mie, le sue mani percorrevano il mio corpo mentre si coricava su di me. Tremavo abbracciata a lui che, stringendomi a sé tentava di calmarmi; lui non avrebbe mai potuto immaginare che per me era la prima volta, ma sembrava che lo sapesse. Mi accarezzava il viso e mi guardava negli occhi; quella luce speciale che non avevo mai visto…stavano brillando. Tremavo senza rendermene conto, quel timore misto ad emozione mi aveva pervasa fino in fondo; non riuscii a trattenere le lacrime e lui se ne accorse. “Non piangere” mi sussurrò, ma non potevo, non ci sarei comunque riuscita. L’uomo che amavo; lo avevo, finalmente. Mi persi completamente in lui, nella sua voce soffusa, nel suo respiro, nei suoi baci, nel suo lungo e sospirato abbraccio.
 
Quando poche ore dopo mi svegliai ero abbracciata a lui, la mia testa sul suo petto che si alzava lentamente e dolcemente; il suo cuore che batteva sotto il mio orecchio, era così bello stare lì con lui sentire la sua mano attorno alla vita mi dava sicurezza, avrei voluto stare così per sempre, abbracciata lui. Sollevai la testa lentamente per non svegliarlo; sembrava un angelo, l’opposto di quel cinico bastardo che avevo incontrato nell’ufficio di Rafferty. Quando riaprì gli occhi e mi sorrise fu come il sole che rientrava nella mia vita dopo anni di oscuro buio.
-       Buon giorno – mi sussurrò sulle labbra.
-       Buon giorno – dissi io senza poter fare a meno di sorridere, ma una domanda mi tormentava la mente da quando mi aveva baciata – Dean…
-       Vuoi sapere perché ti ho baciata e perché abbiamo fatto l’amore vero? – io annuì arrossendo molto visibilmente e lui sorrise baciandomi dolcemente in fronte – Forse, quella che non sa leggere gli sguardi sei tu e non io.
-       ……ecco che cosa ti avevo detto quando mi sono ubriacata – sorrise – ma…vuoi dire che…che ti piacevo io sin dall’inizio e hai spiccionato con Anya solo per farmi…ingelosire?
-       Volevo vedere se anche tu tenevi a me quanto io tengo a te.
-       Potevi chiedermelo.
-       Col rischio di prendermi un ceffone? No, grazie – intrecciò la sua mano con la mia guardandomi – come ti senti? – io sorrisi.
-       In paradiso è dire poco.
-       Credevo non…..
-       Credevi non cosa?
-       Credevo che dopo ciò che ti ho raccontato non mi avresti più rivolto la parola.
-       Tutti facciamo degli errori, Dean. Abbiamo il resto della nostra vita per riparare ai nostri sbagli non per essere puniti per ciò che di errato abbiamo fatto. – lui sorrise e poi mi tirò a sé bacandomi ancora una volta.
-       Sai, sono contento che Luke ti abbia tradito…
-       Ah sì??
-       Sì, altrimenti non ti avrei mai incontrata e non avrei mai scoperto che cosa si prova ad essere felice.
 
CAPITOLO 17
 
Quello che mi aveva detto quella mattina aveva cambiato tutto il mio mondo; nessuno aveva mai nemmeno pensato certe cose e ciò mi sconvolgeva tanto quanto mi invadeva. Dopo aver fatto colazione ci mettemmo ad analizzare le foto dell’obitorio con la lente d’ingrandimento e notammo che ciò che c’era bestialmente scritto sui corpi era Alasthor. Dopo averlo tradotto scoprimmo molte più cose sulla maledizione e sul libro. Venimmo a conoscenza di un fatto molto importante: il colpevole non solo aveva trascritto quale era la funzione del libro per gli Alasthor, ma ci aveva anche fornito un’accurata descrizione fisica del libro. Ora sapevamo cosa cercare.
 
-       Senza contare che Sam ieri ha detto che secondo lei la vecchia sta proteggendo qualcosa.
-       Già – continuai io infilandomi la camicia – e credimi, quando Sam ha un presentimento non sbaglia mai e le prove ci sono. – arrossii visibilmente – comunque…
-       Quindi tu vuoi tornare dalla vecchia.
-       Sì…
-       Ti prenderà a bastonate lo sai?
-       Non questa volta. Ho trovato una soluzione! So cosa mostrarle per farle cambiare idea!
-       La traduzione?
-       Non solo… - mi sedetti accanto a  lui mangiando bevendo il caffè – ti ricordi…quel bracciale che avevo l’altro giorno? – lui annuì – è Alasthor ed era di mia madre e sono pronta a scommettere che lei lo consoce! Non mi fermerà! – mi alzai, misi la tazza nel lavandino e poi presi la mia borsa.
-       E se lei invece stesse cercando di tenerti lontana dalla villa per proteggerti?
-       Proteggere me? Ma nemmeno mi conosce!
-       Keira ci sono stati degli omicidi lassù e piuttosto violenti direi!
-       Non mi interessa io voglio saperne di più…devo!
-       Devi? – mi voltò appena fuori dalla porta – Che cosa mi nascondi?
-       …. – presi un grande sospiro – quei segni…sul corpo dell’ultima vittima…ricordi?
-       Quelle specie di strani marchi a forma di spirale?
-       Li aveva anche mia madre. E sono convinta che quella vecchia sa qualcosa. E poi non dovevamo trovare questo dannato libro a tutti i costi?
-       Beh dipende dal costo! – sorrisi ed anche lui lo fece, avevo capito che cosa intendeva dire. Ci dirigemmo verso la casetta ancora una volta, questa volta ero però pronta a difendermi, non me ne sarei andata fino a che Lucia non mi avesse detto tutta la verità. Lungo il tragitto verso la vecchia casa non parlammo; io ero troppo in ansia e continuavo a torturarmi le dita quando, a pochi metri dall’abitazione, Dean mi fermò, mi prese le mani fra le sue e poi mi accarezzò il viso.
-       Andrà tutto bene, stai tranquilla.
-       Lo so – sorrisi – ci sei tu.
-       Oh guarda chi si rivede! Dean!
-       …Anya… - gli saltò al collo facendomi cadere a terra –
-       Che bello vederti Dean! Non te ne sei andato alla fine! – io mi rialzai da sola, togliendomi la polvere della terra dai jeans -  La nonna vuole parlarti vieni – disse lei tirandolo verso l’entrata.
-       Ehy aspettatemi! – li rincorsi io ma Anya mi fermò
-       Tu no! Solo Dean.
-       Cosa? Ma io…perchè solo lui?
-       Perché di sì! – lo spinse dentro e mi chiuse la porta in faccia e riuscì a vedere per un istante la faccia di Dean che implorava perdono ai miei occhi.
-       Dannazione! – tirai un calcio all’aria anche se non servi affatto a sfogarmi ma nel girarmi notai la villa e sentii un’irrefrenabile forza che mi attirava verso l’edificio.
Misi la mia borsa in spalla e cominciai a correre verso il cancello. Quando fui a pochi passi sentii dei rumori provenire dal Muro leggendario e subito mi diressi velocemente a controllare ciò che stava accadendo. Non appena arrivai sul posto sentii delle strane voci, erano gli stessi uomini che avevo sentito la prima volta. Me ne stetti buona buona nascosta, senza farmi sentire né vedere e ascoltai la loro conversazione.
-       Credi che dovremmo farlo? – (fare cosa?)
-       Ci paga per farlo! – (chi?)
-       Si ma…voglio dire…questa è una cosa grande…potrebbe rimanere ferito qualcuno…. – (ferire? Ma che cavolo…)
-       Ma chi vuoi che venga quassù? – (io per esempio)
-       Mi hanno detto che hanno visto una ragazza venirci spesso ultimamente…una straniera – (esatto!)
-       Beh…spero per lei che oggi sia rimasta a casa! – (speri male idiota)
-       Dai Tom e se fosse qui ora? – (oh cazzo) – o se venisse più tardi…rimarrebbe coinvolta… - (coinvolta in cosa?)
-       Smettila…quella tipa ci ha promesso un bel gruzzolo per far saltare in aria questo muro! – (tipa chi?)
-       Ma perché?
-       Vuole un libro! Dice che si nasconde qui! Valle a capire le donne.
-       E noi dobbiamo creare un’esplosione per un fottutissimo libro? Dobbiamo rischiare la nostra vita per un libro? – (potete andarvene se volete…il libro lo prendo io) – e poi dai…nemmeno la conosciamo bene “la tipa”...come la chiami tu! – si stavano allontanando e questo era il momento buono per agire. Uscii allo scoperto senza farmi sentire, avvicinai al muro e notai che avevano piazzato del esplosivo….molto esplosivo.
-       Avevano detto che il libro si trovava dentro qui…ma come fare ad aprire…se usano l’esplosivo danneggeranno anche il libro… - tastavo il muro nella speranza di trovare qualche pulsante segreto che non avevo visto l’ultima volta e che mi aprisse un passaggio segreto – Keira…queste cose succedono solo nei cartoni animati e nei….film….cazzo! L’ho trovato! – era uno strano buco, aveva una forma inusuale ma molto simile a qualcosa che avevo gia visto – aspetta un secondo….questa forma….il bracciale…. – mi tolsi il bracciale e lo infilai nel foro. E fu come se un meccanismo si azionasse.
-       Keira!
-       Dean! – saltai io – Cristo non farlo mai più!
-       Dobbiamo andarcene muoviti.
-       Non ora, l’ho trovato!
-       Hai trovato cosa? – lo guardai come per dire “ci sei o ci fai?” – Il libro?! – annuii – Non mi interessa…dobbiamo andarcene.
-       Smettila. Io non mollo….siamo così vicini a risolvere tutto…
-       Non mi interessa più!
-       Smettila…lo so che ti interessa…
-       No tu non capisci! – mi ero già addentrata nella porta che si era aperta nel muro e a Dean non restava altro che seguirmi.
 
CAPITOLO 18
 
-       Keira, non credo sia una buona idea! – mi voltai di scatto e gli tappo la bocca con una mano facendolo abbassare; poi gli faccio cenno di stare zitto e di ascoltare. Si sentivano delle voci.
-       Allora avete sistemato tutto? – disse una voce femminile
-       Si capo.
-       Bene, il libro?
-       Eccolo capo. In perfette condizioni.
-       Finalmente! Erano più di dieci anni che lo cercavo! Dopo la morte di quella stupida donna il mio piano è andato alla perfezione e nessuno riuscirà a fermarmi. Gli infusi che do a mia nonna hanno contribuito a farla agitare e lei ha contribuito a cacciare quella stupida Keira e a farle perdere ogni speranza riguardante il libro – non riuscii più a trattenermi. Mi alzai lentamente cercando di non farmi scoprire e mi avvicinai al buco da dove provenivano quelle parole. Era grande abbastanza per lasciarmi passare e guardare attraverso, così notai che la donna che stava parlando era Anya e anche Dean poteva vederla; aveva appena appoggiato il libro su un tavolino. Io uscii silenziosamente dal buco e notai i due omoni che avevo incontrato qualche sera prima, mi stavano dando le spalle e anche lei sembrava essersi volatilizzata. Mi avvicinai al tavolino, allungai la mano, stavo quasi per prenderlo quando mi sentii una pistola alla tempia. – Bene bene, ma guarda chi abbiamo qui – mi bloccai all’istante – la piccola erede! Ti stavo giusto aspettando sai?
-       Oh si certo! Ci credo brutta bugiarda. Scommetto che il libro è scritto in Alasthor e tu non conosci nemmeno una parola di questa lingua. – caricò il colpo.
-       Stai attenta a come parli ragazzina, potrebbe essere pericoloso per te!
-       Oh davvero cosa vuoi fare? Ammazzarmi? E poi chi ti traduce il libro…
-       E tu credi che mia nonna non potrebbe farlo?
-       E tu credi che tua nonna riesca ancora a vedere bene quelle parole? Faccio fatica a leggerle io e tua nonna non ha più la vista di quando ero piccola!
-       Come fai a sapere…
-       Sorpresa? Mio nonno conosceva tua nonna e direi piuttosto bene anche! Forse non hai analizzato abbastanza bene il passato Anya! O dovrei dire Summer.
-       Non può essere!
-       Tu non sei Anya! Sei solo una che le assomiglia. L’altra sera sono andata a fare un giro alla sede del quotidiano locale e pare che da quando me ne sono andata 10 anni fa, una ragazza scomparve e pare che questa ragazza fosse Anya, la nipote della vecchia sciamana che abitava alle pendici della collina maledetta. Si credeva fosse una vendetta degli dei ma poi, dopo un giorno, la ragazza ricomparve alla porta di casa, dicendo che si era persa nei boschi a nord. Nessuno sospettò di lei, nessuno avrebbe potuto mai immaginare che la ragazza avesse una gemella, di nome Summer, adottata appena nata da una famiglia di New York. Questa ragazza, aveva ucciso i suoi genitori adottivi e aveva deciso di tornare al suo paesino natale e chi incontra, la sua sorellina, felice; ammazza anche lei solo per vendicarsi dei suoi genitori biologici che scoprì essere morti; morti come? Assassinati da chi? Ma dalla maledizione che incombe sulla villa, proprio davanti al bosco dove la ragazza diceva di essersi persa. Bella storia non è vero?
-       E hai trovato tutto ciò nella minuscola redazione locale? Non farmi ridere!
-       Oh no…certo che no ma sai anche io ho i miei informatori! Cosa vuoi? Perché vuoi la vendetta? Tutti quei poveri innocenti che ti avevano fatto di male?
-       Innanzi tutto hanno aiutato mia madre a partorire e poi a vendermi a quei deficienti di città!
-       Non ti hanno venduta!
-       Venduta, adottata…è uguale in questo caso! Ho passato un’infanzia di inferno, maltrattata da tutti; uno schifo ed ora sto per compiere la mia vendetta! E tu mi aiuterai.
-       Oh si certo! Scordatelo, non lo farò mai!
-       Oh certo che lo farai; ti ho in pugno. – i due omoni portarono davanti ai miei occhi Dean, anche lui aveva una pistola puntata alla testa.
-       Cosa vuoi che faccia?
-       Così ragioniamo, Keira – mi aveva veramente in pugno.
 
CAPITOLO 19
 
-       Voglio che tu mi dica che cosa c’è scritto li dentro; ma soprattutto voglio che tu mi dica come aumentare il potere della maledizione.
-       Cosa vuoi fare? Hai avuto la tua vendetta!
-       No qui ti sbagli…finche quella vecchia è ancora in vita, la mia vendetta non sarà mai compiuta! Voglio che analizzi il libro!
-       Devo prima provarne l’autenticità e quindi mi serve l’aiuto di D…Corso.
-       Vi metterò anche a disposizione tutto ciò di cui avete bisogno, anche la camera se volete.
-       Simpatica! – sorrise malignamente e poi rinchiuse me e Dean in una stanza al piano di sopra della villa, lasciando di guardia un uomo. – Stai bene? – dissi io voltandomi preoccupata verso di lui.
-       Si, tu?
-       Sto.
-       Dobbiamo trovare un modo per scappare.
-       No…se scappiamo quella ci ammazza in poco tempo. È pieno di uomini la fuori e non credo che né tu né io possiamo affrontarli. Senza offesa ma io sono una ragazza e non posso competere con uno di quei mostri e a giudicare dalla tua corporatura nemmeno tu puoi; ti butterebbero a terra con un soffio.
-       E allora cosa dovremmo fare? Stare qui, aspettare che ci ammazzino? Dobbiamo fare la parte di quelli inutili?
-       No! Stai calmo! Per prima cosa, devi valutare il libro. Stimare se è quello reale o una copia e poi… - sospirai.
-       Poi?
-       Ci sto pensando! Tu mettiti al lavoro per favore! – fece come gli chiesi, o ordinai, dipende dai punti di vista. Dopo un’ora decretò che il libro era reale, originale e in ottima salute.
-       Ora che facciamo?
-       Lo traduciamo. – dopo un’ora e mezza la porta si spalancò ed entrò Anya.
-       Allora? Non avete ancora finito o avete sprecato il tempo a fare altro?!
-       Adesso basta! – mi alzai e la sbattei contro il muro tenendo la per il colletto – FINISCILA! Se non ti fosse chiaro, tu di quella lingua non sai nulla! Se vuoi sapere quello che c’è scritto su quelle pagine devi lasciarci lavorare e devi stare zitta!
-       Altrimenti cos mi fai Keira?
-       Potrei sempre non tradurti ciò che ti interessa. – la lasciai.
-       E io potrei sempre ammazzare il tuo uomo; anzi sai che faccio? – schioccò le dita e due gorilla presero Dean per le braccia impedendogli ogni movimento e lo portarono via – Lo porto via con me e vedi di fare in fretta a tradurre ciò che mi interessa, perché ogni quarto d’ora che passa, il tuo amichetto riceverà qualcosa che potrebbe fargli male, come un cazzotto o una pallottola.
-       Se lo ammazzi giuro che non saprai mai cosa c’è scritto in quel libro.
-       Se non mi farai sapere cosa c’è scritto in quel libro entro un’ora; lo ammazzo. Hai un’ora di tempo giovane ombra, vedi di farla fruttare. – se ne andò chiudendomi in quella stanza. Io cercai di analizzare e tradurre il libro più in fretta che potevo ma la cosa mi preoccupava alquanto, non perché non riuscissi a tradurre ma perché ciò che c’era scritto non mi diceva nulla di nuovo. Continuava a ripetere quello che già sapevo sulla maledizione e sul sigillo. Qui nel libro avevo trovato una descrizione più dettagliata sul lavoro e sul significato del sigillo in questa storia, ma non c’era traccia di come trovarlo. L’ora stava quasi scadendo quando mi decisi a chiedere al cane da guardia che Anya mi aveva mollato davanti alla porta di portarmi dal suo capo. – Oh, giusto in tempo cara Keira. Dean pare che lei ci tenga alla tua pelle; come darle torto? – si avvicinò alla sedia sulla quale aveva legato ed imbavagliato Dean – Una pelle molto sexy.
-       Ho quello che cercavi. Lascialo andare. Lui non c’entra più nulla.
-       Oh si certo. Così lui può correre dalla polizia! No, No bella. Lui viene con noi.
-       Lascialo andare che ti costa! Non  andrà alla polizia! E anche se ci andasse cosa racconterebbe? Che la dolce nipotina della vecchia ai piedi della collina è in realtà un Serial Killer venuto da New York e che è stata lei a compiere tutti quegli omicidi solo per vendetta? Non gli crederanno mai!
-       Se vuoi posso lasciarlo andare, ma dovrei rompergli le gambe così non potrebbe camminare e raggiungere nessun luogo. – fece quel sorrisino a metà fra il pazzoide cinico e l’assassino spietato; io incrociai lo sguardo supplicante di Dean – ora, dimmi che cosa hai scoperto. – sospirai mentre lei si sedeva accarezzando con la pistola la coscia di Dean.
-       Nulla di più di quello che già sapevo. Pare che qualcuno abbia scatenato una specie di maledizione con tutte queste morti, ma sappiamo che in realtà queste morti erano tutte opera tua; per fermare la maledizione il Sigillo deve rinunciare alla cosa più cara che ha al mondo, ma dato che non c’è nessuna maledizione dubito che ci sia un sigillo da rompere o sigillare.
-       E cosa dice riguardo all’oro, l’argento e il platino.
-       Non dice nulla. Non una parola sull’oro o sul platino.
-       Cosa? – si alzò venendo minacciosamente verso di me – vuoi dire…niente oro? Niente soldi?
-       Che palle! Tutti fissati con i soldi siete? NON C’è NESSUNA RICCHEZZA NASCOSTA QUI DENTRO! – buttai il libro per terra, in mezzo ai suoi piedi e vidi la faccia di Dean che sembrava dirmi “Idiota quel coso avrà più di mille anni! Fai piano!”.
-       Vuoi dirmi che non c’è nulla di nulla?
-       Nulla, nada, nisba, rien, nothing in che lingua vuoi che te lo dica?! – ripresi il controllo di me stessa – Ora lasciaci andare.
-       Ovvio che no – due tizi alti due metri e larghi tre mi presero per le braccia bloccandomi – Non posso lasciarvi andare per lo stesso motivo di prima! – i due mi fecero sedere, o meglio, mi buttarono su una sedia e mi legarono alle spalle di Dean e poi gli tolsero il bavaglio – Bene…ora vi lascio.
-       Se credi che non riusciremo a liberarci, ti sbagli!
-       Oh non ne dubito Dean caro ma vedi – si avvicinò al suo viso al suo, tenendogli il mento con una mano, sino a trovarsi a pochi millimetri – dubito che voi sopravvivrete. Qui ci sarà una bella…possiamo definirla festa, con tanto di fuochi d’artificio. – sorrise malignamente e poi lo baciò appassionatamente – l’altra sera è stato bello, bye bye Corso. Keira. – detto questo se ne andò e il silenzio piombò nella camera. Pochi secondi dopo notammo che uno strano ticchettio interrompeva l’atmosfera.
-       Che cos’è questo rumore? – chiese lui.
-       Una bomba. – risposi io fredda.
-       COSA?
-       UNA BOMBA! B-O-M-B-A! BOMBA!
-       AVEVO CAPITO LA PRIMA VOLTA, GRAZIE! – disse lui scorbutico – Cosa hai in mente di fare?
-       Io assolutamente niente.
-       Vuoi morire?
-       Che cosa me ne importa di vivere quando scopro che l’unica persona che credevo mi fosse vicina, l’unica persona che in questo momento amavo ha fatto l’amore con me dopo essere andato a letto con un’altra, come se fosse un gioco!
-       Keira, non è come sembra.
-       Oh non è come sembra? Vuoi dirmi che non ci sei andato a letto? O che è stata lei a stuprarti ma tu ci godevi? – non rispose – che cosa ha fatto Dean eh? Ha dato un sonnifero alla nonna e poi ti ha ipnotizzato e ti è saltata addosso?
-       Per favore…non mi sembra il momento di parlarne!
-       No parliamone ora! Tanto cosa abbiamo da perdere?
-       La vita? – non risposi – Facciamo così…ci liberiamo, scappiamo e poi ti do il permesso di prendermi a pugni e dirmi tutto quello che vuoi. – non risposi; lo sentii abbassare il viso – Lo so che sono un cinico bastardo; avevi ragione tu sin dall’inizio ma non pensavo che i tuoi effetti su di me potessero essere così forti. Non pensavo di potermi innamorare di nuovo. Mi sento un verme te lo giuro, ma non voglio che ti accada nulla e per questo dobbiamo liberarci. – stetti in silenzio per qualche secondo e i miei pensieri erano accompagnati dal ticchettio.
-       Riesci ad arrivare alla mia tasca dei pantaloni? Quella posteriore. C’è un coltello svizzero – ci provò e riuscì ad arrivarci – ora passalo a me – me lo passò con difficoltà a causa delle nostre mani legate. Io lo aprii e riuscii a tagliare le corde che mi imprigionavano, poi mi alzai e andai a liberare Dean. – ora sei libero. Puoi andare.
-       Tu vieni con me! – lanciò un’occhiata alle sue spalle per vedere il contatore della bomba, poi prese la sua borsa, ci mise il libro dentro e scendemmo di nuovo lungo il tunnel per il quale eravamo entrati.
-       Perché mi hai portato con te? Perché non te ne sei tornato da solo da lei!
-       Lo sai perché!
-       No non lo so! Credevo di saperlo, credevo di conoscerti ma evidentemente mi sbagliavo. – cominciai a correre lungo la collina e sentivo i passi di Dean che mi inseguivano, la sua mano che mi afferrava, lui che mi abbracciava chiedendomi scusa. Io me ne stavo li immobile fra le sue braccia, quando mi sentii morire. Alle sue spalle c’era Anya e ci puntava la pistola addosso. Non sarebbe riuscita a togliermi l’unica persona al mondo che amavo, la cosa che contava di più per me, la cosa a cui tenevo di più al mondo. Lo voltai e mi misi davanti a lui, prendendo il colpo al suo posto. Subito dopo, una grossa esplosione e gli occhi di Dean, quegli occhi neri che mi guardavano con terrore mortale.
 
CAPITOLO 20
 
-       Non può finire così! Non può finire così!
-       Dean calmati… - disse Sam
-       No Sam non mi calmo cazzo! È colpa mia!
-       Se c’è qualcuno che ha una colpa quella è Anya ed ha già pagato! Ora non ti disturberà più, è morta, sei metri sotto terra, finita!
-       Ma il prezzo? Quello non lo conti? Guarda Keira! Sta lottando fra la vita e la morte per proteggere un cinico bastardo come me! È colpa mia.
-       Non è colpa tua Corso – disse la vecchia Lucia entrando lentamente nella stanza accompagnata da un’infermiera – era il suo destino. Il sigillo avrebbe dovuto rinunciare alla cosa a cui più teneva al mondo per rompere la maledizione.
-       Continuo a non capire…
-       Dean – disse Sam – lei era il sigillo, ha rinunciato alla cosa che teneva di più al mondo…ha rinunciato a te. – cadde nella poltrona accanto al mio letto di ospedale; nessuno poteva capirlo in quel momento, l’unica persona che poteva immaginare come si sentisse, giaceva senza sensi accanto a lui; era stata operata, era l’unico modo per salvarla; a detta dei dottori ora non rimaneva altro che aspettare.
Passarono le ore senza che Keira si svegliasse e Dean aveva perso ormai le speranze, ma non aveva mai lasciato il bordo del letto; non era da lui restare accanto ad una persona anche solo per tenerle la mano, ma lui era rimasto lì, ad incrociare la mano nella sua, solo per farle sapere che c’era e che l’aspettava.
Quattro ore dopo, quando ormai stava nascendo l’alba, le dita che Dean aveva vegliato tutta notte, stavano stringendo le sue in una sottile e dolce morsa. Immediatamente l’uomo si svegliò e riprese a guardare il viso di Keira.
-       Ciao…. – disse tentando di sembrare forte.
-       Ciao – sussurrò lei.
-       Credevo mi avessi abbandonato.
-       Non sopravviveresti un secondo senza di me – sorrisi sentendomi tutta dolorante ma la sua mano nella mia mi dava forza – e ora cosa succede? – gli chiesi trattenendo le lacrime.
-       Ora viviamo…insieme.
 
FINE
  
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