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Autore: Emerlith    01/09/2012    10 recensioni
Ma io sono quella delle soluzioni. Io una soluzione la trovo sempre. Datemi i libri, e state certi che io una soluzione la troverò. Una soluzione i libri la portano sempre.
Helena non è quella delle soluzioni. Helena è quella delle cose impossibili.
Helena crede nel bene, nelle favole, nei sogni, nei desideri davanti alle candeline. In tutto quello che la ragione e la fredda logica non accettano.
Helena non cerca di capire, Helena immagina.
È Helena, che ha continuamente immaginato un irrealizzabile futuro tra me e te.
È Helena, che ha sognato mille risvegli fra le tue braccia.
È Helena, che ha guardato il tramonto dalla torre più alta, fino a consumarsi gli occhi, cantando a squarciagola per proteggere un amore senza un nome.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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   '' Helena e Ladone.
   Non Draco ed Hermione.''

 
A Manu.
(Con la consapevolezza d’aver sbagliato tutto nelle nostre vite :-D)
Buon Compleanno

 
’… I don't wanna close my eyes
I don't wanna fall asleep
'Cause I'd miss you, babe
And I don't wanna miss a thing
'Cause even when I dream of you
The sweetest dream will never do
I'd still miss you, babe
And I don't wanna miss a thing … ‘’

 
Aerosmith- I don’t want to miss a thing.
 

Hermione.
A me, il mio nome non è mai piaciuto.
Davvero.
Qui, nessuno l’ha mai detto apertamente, ma io so che in molti lo considerano ridicolo. Non dico orribile, ma quantomeno ridicolo.
Passi Jean.
Passi Granger.
Ma Hermione, difficilmente passa.
Soprattutto a tre anni, quando è il giorno del tuo compleanno e la cosa che temi di più è il "Tanti auguri" urlato a squarciagola dai tuoi compagni d’asilo. Perché hai la certezza che tutti ci incespicheranno sopra, nessuno ci passerà liscio. Vuoi perché la metà di loro a malapena riesce a parlare. Vuoi perché tua madre ha avuto la brillante idea di chiamarti Hermione.
Di compleanni, ne sono passati ben sedici. Ed io, ad ogni anno che passa, brillo meno.
 
Se non fosse illegale e se non fossi dotata d’una straordinaria coscienza, una Cruciatus a tutti quelli che mi cantano ancora oggi la canzoncina, sono sicura che la scaglierei.
Ma io canto da mattina a sera, se non è il mio compleanno.
Perciò, questo, nessuno lo sospetterebbe mai.
Figurarsi tu, che non mi conosci, ma che comunque non perdi mai l’occasione di ricordarmi che se quelli come me non fossero mai nati, il mondo sarebbe decisamente un posto migliore.
 
Mia madre ama le favole, la poesia, la natura incontaminata, l’arte e l’Italia.
Il viaggio di nozze dei miei genitori è stata una combinazione di questi tre elementi.
Musei, quadri. Lunghissime passeggiate, escursioni mano nella mano, libri. Poesie interminabili. Una in particolare, che parlava dello stesso poeta che veniva sorpreso dalla pioggia in un bosco, e correva a cercare riparo con la sua amata. Indovinate il nome di quest’ultima. Hermione. Nella versione originale, non aveva l’Acca iniziale. Chiaramente, mia madre non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere, era estremamente romantico. Mia madre aveva trovato la sua favola, con tanto di principe azzurro. Ora, anch’ io amo immensamente  i libri, perché sono figlia di mia madre, perché da quando conosco questa storia, riconosco d’essere il frutto d’un grande amore degno d’un romanzo, e per altre centinaia di nobili ragioni. Ma di certo, non amo i libri perché mi chiamo Hermione.
 
Una delle favole preferite di mia madre, era proprio quella della letterina Acca. Aveva imparato l’italiano, e me lo stava insegnando. Mi sfugge un sorriso al ricordo della sua voce dolce, mentre mi alzo dal letto e scosto le tende alla finestra per scorgere i timidi raggi d’una nostalgica mattinata di Settembre.
 
‘’ Un giorno, quattro bambine,  Ci, Ce, Gi e Ge andarono a giocare in spiaggia. Si tuffarono in acqua e incontrarono la regina Acca che stava sola , triste e senza voce sul suo trono in fondo al mare, imprigionata in un palazzo di cristallo.
Le quattro amiche, invitarono allora la regina a giocare con loro. La regina per la gioia ritrovò la voce e si mise a cantare, una melodia bellissima, talmente struggente che poco a poco il palazzo riuscì a frantumarsi e lei poté finalmente tornare libera. Per ringraziarle, ed essendo molto triste, perché doveva lasciare che le bambine tornassero sulla terra, la regina decise di donare alle quattro nuovi nomi. Fu cosi che nacquero Chi, Che, Ghi e Ghe. In questo modo, le bambine avrebbero conservato per sempre una parte di lei, una parte invisibile, un punto di forza, una lettera muta da sola, ma in grado di legarne altre due e tenerle ancorate per sempre, come gli accordi di una canzone."
 
"Nomina sunt consequentia rerum" Diceva inoltre mia madre, e dicevano i Latini.
I nomi sono appropriati alle cose a cui appartengono.
 
La storia della letterina acca mi piaceva. Ma c’era ancora qualcosa che non mi andava giù.
Per appagare il mio senso d’inadeguatezza, e per cercare di scoprire a cosa realmente appartenessi io, quale fosse il destino del mio nome, alle elementari iniziai fare ulteriori ricerche e a mettere il naso nei libri di storia, nelle enciclopedie che avevamo in casa. Fu così, che scoprii che anche una ragazza greca aveva portato il mio nome, la figlia di un certo Menelao e di una certa Elena. Di questa Ermione però, nel libro, non c’era neppure un disegno, e ne rimasi molto delusa. Invece, ve n'erano molti di questa famosa Elena. Stando al libro, Elena era la donna più bella del mondo, talmente bella che un principe, Paride, l’aveva persino rubata al suo sposo e portata via con sé, dall'altra parte del mare.
L’intera vicenda della guerra di Troia mi risultò un tantino complessa. In fondo avevo solo otto anni.
Quando però mio padre venne a richiamarmi, mi alzai sorridente.
Avrei sfidato io il destino, avrei cambiato nome.
Elena, come la stupenda donna del ritratto.
Elena, perché volevo essere talmente bella e preziosa che avrebbero dovuto scatenare una guerra per avermi.
Elena, perché era molto più semplice di Hermione.
Uscii dallo studio contenta. Poi però vidi mia madre intenta a sbrigare le sue faccende.
E pensai che forse avrei potuto causarle un dispiacere.
Volevo bene a mia madre, anche se il mio nome non mi piaceva.
Così, Elena divenne Helena.
Per un po’, i miei amichetti stettero al gioco, e funzionò.
 
Mi specchio e tento di dare l’ennesima sistemata ai capelli che ovviamente, proprio oggi, sono più crespi e più ingovernabili che mai. Sbuffo, mandando a quel paese la mia tanto decantata maturità.
Mi riscuoto e torno al presente. Le mie compagne sono già tutte scese per la colazione.
Non sono mai diventata Helena, nessuno combatterà una qualche guerra per me.
Certo, la guerra scoppierà comunque.
E la combatteremo entrambi, su fronti opposti.
Ma non ne sono io la causa, e non siamo in un romanzo, dove correrai a trarmi in salvo.
Io, nel mondo che tu vuoi, non posso esistere.
Figurarsi, se posso appartenerci.
No, non mi trarrai in salvo. Proverai a distruggermi.
Tanto, Draco, lo stai già facendo.
Giorno dopo giorno, compleanno o no.
 
 Draco.
A me, il mio nome è sempre piaciuto.
Anche quando, da piccolo, qualche imbecille senza cervello provava a ridermi in faccia. Ora non capita più. Finalmente, l’hanno imparato.
Io sono Draco Malfoy. Se alla gente suona male, non è un mio problema.
È solo invidia.
Perché il mio nome è un lasciapassare.
Spalanca tutte le porte.
Persino mentre scendo a fare colazione, i comuni mortali si scansano.
E io sorrido.
 
Mia madre ama i fiori. I colori, i profumi. Me, ovviamente, e soprattutto le stelle.
Mia madre ha scelto il mio nome mentre guardava il cielo, in una tersa notte d’inverno.
La costellazione del Dragone è una delle più grandi e delle più importanti dell’intera volta celeste. Ed io dovevo essere importante. Se c’è una materia un filino interessante in questa scuola che va a scatafascio, è l’Astronomia.
 
Il drago della costellazione da cui prendo il nome, raccontava mia madre, si chiamava Ladone.
Viveva in un giardino, che si trovava all’estremo Occidente della terra. Era il giardino delle Esperidi, figlie di Atlante e di Espero. In questo luogo meraviglioso, era sempre primavera . È per questo che mio padre ha fatto edificare per mia madre un altro giardino, quando sono nato io. Perché io ero importante. Mia madre lo chiama ‘’ Il giardino segreto.’’ È stato lì che ho mosso i miei primi passi, ed è lì che ogni tanto mi rifugio, proprio sotto un albero, per sentire mia madre che canta. Quando mia madre canta, i fiori di quel giardino sbocciano.
 
Ladone era il guardiano dell’albero delle mele d’oro, che Ercole aveva avuto ordine di rubare, perché erano il frutto della conoscenza. Che cosa ci fosse poi da conoscere, io non lo so. Fatto sta che Ercole raggiunse la sua meta e vi trovò Atlante, che sorreggeva l’intero globo sulle spalle. Gli espose lealmente il desiderio di avere i frutti d'oro del suo giardino; Atlante acconsentì facendogli però notare che i frutti poteva coglierli soltanto lui, e quindi si poneva il problema su chi avesse sorretto il mondo al posto suo. Quindi li avrebbe raccolti solo se Ercole avesse ucciso Ladone e se avesse retto il mondo al suo posto. Ercole allora scagliò una freccia oltre il muro di cinta ed uccise il drago, mentre Atlante andò a cogliere i frutti.

Quando sentii per la prima volta questa storia, mi dispiacque che Ladone fosse morto, e mi arrabbiai moltissimo. Mi misi a scalciare nel letto.
Mia madre, allora, si chinò sul mio orecchio, mi prese le mani e mi svelò il segreto:
Ladone non era morto, era stato trasformato in una fulgida costellazione di stelle e adagiato a riposare in cielo, prendendo il nome di Draco.
"Draco dormiens nunquam titillandus", diceva mia madre, e dicevano i Latini.
Non stuzzicare il drago che dorme.
Ogni notte, mi baciava e mi ricordava perché brillassi.
Io avrei brillato sempre, perché appartenevo alle stelle.
A volte insisteva per leggermi un altro libro, con un'altra storia. Ma io ero irremovibile. Nei libri c’erano scritte solo fesserie, io avevo la mia storia personale. Detestavo i libri, avevo orecchie solo per la storia di Ladone e quelle delle stelle, immutabili ed eterne.
 
 
Hermione.
Ho quasi raggiunto la sala grande, quando vengo assalita da un terribile presentimento. Mi fermo, stringendo la borsa con i libri al petto e finalmente decido di mettere in moto gli ingranaggi del mio cervello, che da stamattina si rifiutano di funzionare. Solo ora noto che nessuno, ma proprio nessuno ,
si è fermato per darmi gli auguri. Non che la cosa mi provochi un dispiacere immenso, sia chiaro. Ma sono sei anni che frequento Hogwarts, e che condivido una stanza con altre quattro ragazze. Mi giro circospetta verso le scale. Un gruppetto di Tassorosso mi oltrepassa ridacchiando. Deglutisco, ora ho la bocca secca.
E mi accorgo che nemmeno voi due, mi avete dato gli auguri stamattina.
Voi due, i miei migliori amici, non mi avete aspettata in Sala Comune.
Un piccolo brivido corre dietro la mia schiena, mentre rimango ferma nell'atrio circolare, e non ho il coraggio di fare un altro passo.
Voi due, i miei migliori amici, stamattina, non mi avete neppure salutata.
Neppure le mie compagne mi hanno salutata.
Stamattina, hanno tutti fatto finta di non vedermi.
 
La testa mi gira per un attimo, e devo mettermi seduta sull'ultimo gradino della scalinata. Ho le mani sudate, cerco freneticamente di asciugarle sulle pieghe della gonna.
No, non può essere. Ve l’avevo ribadito più volte, niente scherzi. Niente di niente.
Dopo tutti questi anni, dopo tutto quanto, dovreste aver imparato a darmi ascolto.
Dovreste aver imparato a rispettare i miei desideri, a capirmi.
Ma giustamente, solo perché leggo e sono un’inguaribile secchiona, si da per scontato che anche il ruolo di quella comprensiva , spetti sempre e comunque a me.
-Signorina Granger, si sente bene?-
Mi riscuoto, qualcosa di freddo e pungente mi sfiora la spalla.
È Nick-quasi-senza-testa, il nostro fantasma. Mi sorride gentilmente.
-Sì, sì, grazie Nick.-
-Se potessi, le darei una mano.- Me la porge comunque. Io traballo e mi lascio andare ad un sorrisetto nervoso, apprezzando il gesto cortese. Quant'è vero che la cavalleria è morta.
-Ha qualche problema? È quasi più pallida di me. -
-Oh no, Nick, grazie … solo un lieve capogiro. Stavo andando a fare colazione.-
-Vuole che la scorti, signorina Granger?-
-No, grazie Nick … - Scuoto la testa più del necessario , e con un ultimo saluto, mi dirigo a passi rigidi verso la Sala Grande. E spero, con tutto il cuore, che il mio cervello abbia continuato a non funzionare.
 
Draco.
Questa mattina, mi fa male la testa.
Il che, risulta davvero molto fastidioso, perché a me la testa non fa male quasi mai.
Quando a me fa male la testa, so che è perché sta per succedere qualcosa, qualcosa di spiacevole. È sempre stato così. Questa cosa, mi irrita. Mi irrita davvero molto, perché a me piace avere la vita facile. Non lo nascondo, è così. La vita facile la vogliono tutti. Che poi tutti lo neghino, è un altro paio di maniche.
Il formicolio alla base della mia nuca aumenta. C’è decisamente qualcosa che non va, stamattina.
Tiger e Goyle borbottano qualcosa, ma io non ascolto. Perché se c’è qualcosa che non va, io devo essere il primo a saperlo. Poi possono anche risolverla gli altri, l’importante è che io lo sappia.
Mi allento il nodo della cravatta, sbuffo e slaccio il primo bottone della camicia.
Quanto odio questa maledetta divisa.
Poi lo sento.
Il prurito si diffonde anche lì.
Mi fermo, pietrificato.
Ho le mani sudate.
Cerco freneticamente di asciugarle sulle pieghe dei pantaloni.
-Draco, va tutto bene?-
-Andate ad ingozzarvi, idioti.-
Loro eseguono. Io mi appoggio alla parete. Per un attimo ho temuto il peggio, ma no.
Non brucia, è solo un fastidioso prurito.
Getto un’occhiata furtiva alle mie spalle. Poi sollevo la manica quel tanto che basta.
Sfrego la mia pelle.
Lo sfregio nero mi disturba così tanto che ogni volta devo distoglierne gli occhi.
Le fitte alle mie tempie aumentano.
Poi mi torna in mente quello che so.
E quello che devo fare.
E che dovrò essere io a farlo, nessuno si sacrificherà al mio posto, stavolta.
Deglutisco pesantemente. Mi ricompongo.
Con una leggera stirata di spalle, continuo a camminare verso la sala Grande.
 
Hermione.
La porta è spalancata come al solito, come ogni giorno.
Tiro un sospiro di sollievo.
Eccoli lì, parlottano tra loro come sempre.
Mi lascio andare ad un sorriso sincero.
Come al solito, il mio cervello ha lavorato troppo .
Avanzo contenta verso il tavolo, tutto sommato, penso, è venerdì.
Poi, però, ecco che Ginny mi vede. Alza di scatto la testa e bisbiglia qualcosa proprio nell'orecchio di Ron.
Un secondo, e tutto il tavolo dei Grifondoro è voltato verso di me.
È tutto talmente veloce che non ho neanche ben il tempo di razionalizzare l’accaduto.
So solo che un coro di "Tanti auguri " si alza imperioso.
Che dei fuochi d’artificio colorano il soffitto.
Che una torta corredata con candeline che sparano scintille plana veloce verso di me.
E che io scappo nella direzione opposta.
Sarebbe davvero comico, se non andassi a sbattere proprio addosso a te.
 
Draco.
Che in questa scuola fossero quasi tutti impazziti, lo sapevo da tempo.
Ma oggi, proprio non ho voglia di sopportare tutte le loro stronzate.
Oggi non voglio neppure andare a lezione.
Oggi non voglio parlare con nessuno.
È per questo, che quando sento il coro che canta, impreco.
Che diavolo avranno mai da cantare, come un branco di idioti?
Hanno portato anche i fuochi d’artificio.
Sono i Grifondoro. Ma certo.
Chi vuoi si metta a fare festa anche con la guerra? Stupidi filantropi Mezzobabbani.
Adesso Crucio il primo che passa. Sì, lo faccio. Non m’interessa se vengo espulso.
Tanto me ne andrò comunque.
Ora ne scelgo uno a caso dal gruppo…
Poi ti vedo.
Tutte le urla nella mia testa cessano.
Stai scappando.
Il mio primo pensiero, è cercare di capire da chi. Non sono i tuoi amici, quelli?
Il secondo, è che finalmente stai facendo la cosa giusta.
Mi stordisce talmente tanto pensarlo che rimango impalato.
Stai piangendo e stai incespicando, nemmeno guardi dove vai.
E infatti, finisci dritta su di me.
Mi spingi all’indietro, con un urto violento.
Sgrano gli occhi, mentre scivolo .
Tutto si muove al rallentatore.
Tutti i momenti in cui ci siamo parlati, ci siamo urlati in faccia . Quanto ti ho detestata, Granger.
Ogni giorno, ti detestavo di più.
Poi mi hai tirato un pugno. Me lo ricordo bene. Perché ho sentito il tuo profumo e le tue mani addosso a me.
E per anni, negandolo perfino a me stesso, ho aspettato.
Ho aspettato, sperato, bramato, agognato e desiderato sfiorarti di nuovo con ogni fibra del mio essere.
Ho ripetuto il tuo nome in continuazione, come una nuova formula magica, Hermione.
Distruggendomi.
 
Hermione.
Quanto ho sognato di ritrovarmi fra le tue braccia, neppure io lo so .
Ormai si misura tutto. Peso, velocità, spazio, tempo. Soprattutto, il tempo.
Però, nessuno ha inventato un’unità di misura per i sogni.
Nessuno ci ha mai pensato.
Eppure, sogniamo veramente tanto.
Sogniamo anche senza accorgercene.
Io non so da quanto sogno le tue braccia.
So che però, adesso, devo alzarmi e correre via.
Perché se mi fermo a guardarti, anche solo per un attimo, sono perduta.
Ho bisogno di un posto in cui rifugiarmi.
Ho bisogno di sognare, Draco. E se ti guardo, e tu mi ridi in faccia, i miei sogni si frantumano tutti.
 
Draco.
Ti sollevi così in fretta che quasi mi sfondi il torace con una ginocchiata.
Qualcosa cade a terra, vicino alla mia testa. È il mio orologio da taschino.
L’hai rotto.
È proprio qui, sul pavimento, frantumato in mille minuscoli pezzi.
Da quando ho memoria d’averlo, ha scandito ogni giorno e ogni ora della mia vita.
È stato il mio conforto, il mio migliore amico.
So che è ridicolo pensare questa cosa di un oggetto.
Ma io non ho mai avuto veri amici.
Io forse non ho mai avuto niente.
Non so cosa mi stia succedendo.
Non so se sia a causa dell’orologio.
So solo che non riesco a trattenerti, le mie dita si chiudono attorno al niente invece che al tuo mantello.
Stai scappando.
E io sono in piedi.
E ti sto seguendo.
 
Helena.
Se c’è una cosa in cui sono sempre stata brava, senza bisogno di studiare, è correre.
Perché poi, quando i miei genitori hanno capito che giocavo troppo di fantasia e che mi ero cambiata il nome, hanno detto che dovevo mantenere i piedi per terra. È stato allora che ho cominciato a correre, mi aiutava a pensare meno. C’è poi da dire che tutte le corse per scampare alla morte negli ultimi anni hanno sicuramente aiutato. Correre non è un problema, ma non è neppure la soluzione.
Ma io sono quella delle soluzioni. Io una soluzione la trovo sempre. Datemi i libri, e state certi che io una soluzione la troverò. Una soluzione i libri la portano sempre.
Helena non è quella delle soluzioni. Helena è quella delle cose impossibili.
Helena crede nel bene, nelle favole, nei sogni, nei desideri davanti alle candeline. In tutto quello che la ragione e la fredda logica non accettano.
Helena non cerca di capire, Helena immagina.
È Helena, che ha continuamente immaginato un irrealizzabile futuro tra me e te.
È Helena, che ha sognato mille risvegli fra le tue braccia.
È Helena, che ha guardato il tramonto dalla torre più alta, fino a consumarsi gli occhi, cantando a squarciagola per proteggere un amore senza un nome.
 
Ladone.
Io non ho mai corso, mai in tutta la vita. Perché, se volevo qualcosa, c’era sempre qualcuno a disposizione per portarmela, qualsiasi cosa chiedessi.
Quando mi sono accorto di volere te, ho creduto d’essere impazzito.
Il solo permettere ai miei pensieri di indugiare su di te, è pericoloso.
Questo mondo, non è un mondo per noi. Né mai lo sarà.
Essere obbligato a nascondere ciò che sentivo crescere e scalciare nel mio petto con prepotenza, è stato uno sforzo sovrumano. Talmente tanto che non sono stato neppure io a farlo, è stato Ladone.
Non Draco, che riposa placidamente tra le stelle.
È stato Ladone, che faceva da guardia all'albero.
Se solo potessi prenderti, adesso, ti stringerei e ti porterei in quel giardino.
Dov'è sempre primavera.
Perché anche il tuo nome, Hermione, sa di Primavera.
Ti proteggerei da tutti i mali del mondo. Ti cullerei, ti bacerei come si baciano i petali delle rose.
Ma non posso farlo.
Perché non posso correre.
Perché io, Draco, faccio parte di quella metà che sono i mali del mondo.
Il mio nome, è un lasciapassare per l’inferno.
Mi fa schifo.
 
Helena e Ladone.
È per questo, Hermione, che devo lasciarti tra le mura di quel giardino, e devo lasciare che mi uccidano.
Perché mi uccideranno,  presto o tardi. Qualcuno di loro, uno qualunque, non ha importanza.
Ma lo faranno.
Probabilmente, sarà quasi un sollievo. Perché non posso più restare a guardare questo mondo, e pensare che non lo conoscerò mai per davvero. Non posso pensare che non conoscerò mai il sapore delle tue labbra. Non posso pensare, che c'erano davvero tante, ma tante favole che valesse la pena di ascoltare.
Ora l’ho capito, l’ho capito tardi.
Poggio la mano al freddo muro di pietra, l'altra sul fianco dolorante.
Poi sgrano gli occhi. Se quando mia madre cantava sbocciavano i fiori, quando lo fai tu si capovolge il mondo. Ed io, in un soffio, sono libero. Non ho più niente sulle spalle.
 
Non piove. Vorrei che piovesse, quando piove, è tutto molto più semplice.
Come nella mia poesia.
Quando piove tutto cambia.
Ogni cosa attorno a te parla, ogni colore mostra le sue sfumature nascoste.
Anche fingere d’essere una principessa, su questa torre, è sempre stato più facile.
Oggi non lo è. Credo sia scaduto il tempo per i voli di fantasia. Credo sia davvero l’ora di svegliarsi.
Alzo la testa verso il cielo. Asciugo via le lacrime. Ma continuo a cantare. Non so neppure cosa io stia cantando, non faccio neanche caso alle parole. Canto e basta. Se non posso più sognare e non ho le tue braccia, non ho altro posto dove rifugiarmi. Sono sola. E se non canto, tutto questo dolore mi renderà anche muta. Come nella favola di mia madre. Avrei dovuto ascoltarne meno, di favole.
La tua mano sul mio fianco, la sto immaginando.
Sì, la sto davvero immaginando.
Non può essere, io non ti ho sentito arrivare.
Il cuore mi si ferma. Si ferma il mio respiro, si ferma il mondo, si ferma l’intero sistema solare.
Non esiste più la gravità.
Svenire è così.
 
Draco ed Hermione.
Mi stai svenendo fra le braccia, forse?
Oh, no. Non potrei davvero sopportare d’esser la causa anche di questo. Seppure un semplice svenimento sia un’inezia in confronto a quello che deve ancora arrivare, non riuscirei proprio a sopportarlo.
-Non voglio farti del male.- Riesco perciò a dirti, sorreggendoti la schiena, inebriandomi dell’odore di muschio bianco dei tuoi capelli.
Sento che t'irrigidisci, ma non mi scansi. Per fortuna, non mi scansi. Nemmeno ti volti. Rimango così, con la punta del naso a sfiorare i tuoi ricci.
-Non voglio farti del male, davvero.-
Lentamente annuisci.
Poi mi prendi le braccia. E me le metti attorno alla tua vita.
Io potrei morire anche adesso.
Non me ne importa più nulla, della mia vita. Se non ci sei tu, è immensamente buia questa vita.
 
Siamo sospesi.
-Non voglio farti del male.- Mi dici.
E sono le parole più belle mai pronunciate.
Ci credo, ciecamente, a dispetto di quello in cui ho creduto per anni.
Sorrido, fra le lacrime.  Sorrido, e so per certo che, ammettendo che sopravvivrò a tutto questo, il mio volto non conoscerà mai un altro sorriso come questo. Sento il tuo calore . Il tuo respiro ancora affannato contro la mia nuca. È talmente bello che se solo potessi, rivivrei quest’istante in eterno. Non farei nient’altro. Non vorrei vivere nient'altro che te.
Oso fare quello che ho sognato per tutto questo tempo.
Oso infrangere i confini tra i miei sogni e la realtà.
Prendo le tue braccia e le poso attorno a me.
Conosco la tua costellazione a memoria. Ho unito quei punti lucenti fino a comporre il disegno finale.
Siamo uniti. Siamo come l'esplosione di una stella.
Mentre mi volti, so già che finirà.
Troppo presto. Appena il tempo di crederci.
 
Sei così bella, che davvero mi chiedo come farò a resistere senza poter mai toccare ancora il tuo viso.
Ti trema il labbro, gli occhi castani sono ancora lucidi di pianto. Talmente struggenti da incutermi terrore. Perché ora che mi ci sono specchiato, so che non me ne libererò mai più.
-Buon compleanno, Hermione .-
-Grazie.- Lo sussurri appena.
Stai fissando tramortita le mie labbra.
Se adesso non lo faccio, avrò davvero vissuto invano.
Sposto le mani un po’ più in giù. Ti sorrido, ti scosto una ciocca di capelli.
Ti accarezzo una guancia, che si colora leggermente di rosso.
Sembri un frutto vellutato, ed improvvisamente capisco.
Era questo tutto quello che dovevo conoscere.
Poi bacio le tue labbra e sparisco.
Dicono che non si può essere in due posti contemporaneamente, ma non è vero.
Io ci sono adesso.
Tra cielo e terra, sono dov'era quel giardino, sono dove il sole non tramonta mai, sono all'estremo Occidente. Sono sulla linea che congiunge le tue labbra dischiuse. Sono un puntino all'orizzonte. Sono il nulla, sono il tutto. Sono Draco e Ladone, sono la luce di una stella che arriva qui solo dopo migliaia di anni di cammino.
E devo lasciarti andare.
La mamma mi ha detto una bugia.
Tutte le stelle che vediamo, sono già morte.
Brillano, sì.
Ma di luce non vera.
 
Dicono che si nasce e si muore, in quest’ordine.
E soprattutto, che si nasce una volta sola.
Ho sempre creduto di sapere molte cose. Che le parole fossero la più grande risorsa dell’umanità. Che la mia voce avesse il potere di trarmi comunque in salvo, se mi perdevo. Ora l’ho capito. Non devo più scappare.
Mentre assaggio le tue labbra, mi perdo per l'ultima volta, e l’accetto.
Ho capito. Ho capito qual è il mio posto, dov'è che devo stare.
Mia madre mi ha detto la verità.
La regina Acca aveva un grande potere. Il potere di donare la voce agli altri.
Il potere d’unire, il potere di rafforzare i deboli.
Harry e Ron non lo sanno.
Ma senza di me, sono loro ad essere perduti.
Sono io il ponte. Sono io il punto d'unione. Insieme, noi tre, porremo fine a tutto questo. È questo il mio destino. È questa la muta e invisibile forza dell’iniziale del mio nome. Qualunque esso sia.
 
Mi baci ancora. Ti bacio ancora.
Ti passo la mano fra i capelli, biondi e liscissimi.
È impossibile lasciarti andare, perciò aspetto che sia tu a porre fine a quest’incanto.
So, che nel momento esatto in cui le nostre labbra si separeranno, noi saremo destinati ad essere solo un ricordo. Ma sarà un ricordo di luce. Brillerai sempre, per me.
 
Mi artigli la camicia.
Sei così tenera e fragile, che ho paura di spezzarti.
È il tuo compleanno e non posso regalarti nulla.
Lentamente, ti prendo le mani e ti scanso da me.
 
Se solo qualcuno adesso potesse scattarci una stramaledetta fotografia.
Si scattano sempre inutili e stupide fotografie.
Non c’è nessuno per scattarci una fotografia.
La rabbia che s'impossessa di me è così violenta e cruda che devo allontanarmi e scendere di corsa le scale di questa torre. Senza voltarmi. Sapendo che non mi seguirai.
Il mio nome si prende gioco di me fino all’ultimo.
Il nome di una costellazione.
Le costellazioni.
Inutili ammassi, inutili fotografie di migliaia di anni fa.


Note:
1-La poesia cui fa riferimento Hermione, è ''La pioggia nel pineto'' di G. D'Annunzio.
2-Elena e Menelao ovviamente sono presi dall'Iliade di Omero
3-Il mito di cui parla Draco, è quello dei pomi delle Esperidi, unito a quello della costellazione del Dragone (ma ce ne sono diversi)
4-La favola della lettera Acca risale alla mia prima elementare, con delle modifiche attuali ì. Un omaggio alla maestra che mi ha insegnato a scrivere.

Detto ciò, perdonatemi se vi ho sconvolto e se è venuta fuori una roba Nonsense XD ma non sapevo proprio da dove iniziare con una Dramione!!!
  
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