Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Berenike    02/09/2012    6 recensioni
Questo è un esperimento per vedere se la trama e i personaggi piacciono ai lettori, come in principio hanno affascinato me.
La protagonista della storia è Emma Potter, la gemella di Harry Potter, rapita subito dopo la morte di Lily e James e tenuta segregata dai rapitori per quindici lunghi anni. La storia che segue sono i suoi primi giorni ad Hogwarts.
Non mi sono soffermata troppo sui dettagli, quali il rapimento o la fuga. Ho approfondito piuttosto il rapporto con Severus Piton, una figura non più severa ma paterna, nei confronti della figlia della donna che ha sempre amato.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter, Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Qualche premessa prima di iniziare


Questo è un esperimento per vedere se la trama e i personaggi piacciono ai lettori, come in principio hanno affascinato me. La protagonista della storia è Emma Potter, la gemella di Harry Potter, rapita subito dopo la morte di Lily e James e tenuta segregata dai rapitori per quindici lunghi anni. La storia che segue sono i suoi primi giorni ad Hogwarts.
Non mi sono soffermata troppo sui dettagli, quali il rapimento o la fuga. Ho approfondito piuttosto il rapporto con Severus Piton, una figura non più severa ma paterna, nei confronti della figlia della donna che ha sempre amato.
In caso questo esperimento continuasse, anticipo che non sarà comunque costituito da veri e propri capitoli, ma piuttosto da episodi, non necessariamente collegati tra loro.
(Devo chiedere scusa al lettore per un particolare anti sonante con la saga di Harry Potter. In questa storia infatti Piton porta gli occhiali da lettura – perdonatemi, non ho saputo resistere.)

Berenike



Finalmente a casa


La notte in cui io arrivai ad Hogwarts pioveva e si vedeva a mala pena la via per arrivare alla scuola di magia. Non arrivai in treno insieme a tutti gli altri, ma in macchina privata, sola, come sempre ero stata fino a quel giorno. Ero impaziente di iniziare una nuova vita, di conoscere il mio gemello ma, soprattutto, di sentirmi a casa. Non sapevo ancora se fossi stata smistata di fronte a tutti, come solitamente capitava al primo anno, o se avessi “deciso” il mio destino nell’ufficio del preside; sapevo solo che il mio gemello era un Grifondoro e che probabilmente non saremmo mai stati nella stessa casa. Il mio cuore sussultava ogni volta che sentiva la parola Serpeverde, il mio cuore ribolliva e le mie gambe iniziavano a tremare. Nonostante la mia famiglia provenisse da Grifondoro, e nonostante i miei rapitori ed aggressori, che mi avevano tenuta rinchiusa fino a quel momento, fossero Serpeverde, io sentivo di appartenere a quel mondo fin dalla nascita, come fosse stato destino.
Arrivai il primo settembre di quello che sarebbe dovuto essere il mio quarto anno. I miei rapitori mi avevano tenuta segregata fino al momento della loro morte, ed ora ero, finalmente, sola al mondo, ma soprattutto, padrona del mio destino. Avevo così scritto a Silente il mese precedente all’inizio della scuola; il preside aveva accettato di farmi partire come una normale studentessa, a patto che superassi tutti gli esami che si sarebbero tenuti privatamente il giorno dopo al mio arrivo ad Hogwarts. Acconsentii, timorosa ma anche determinata ad ottenere quello che da sempre mi apparteneva. Quando finalmente scesi dalla macchina e dopo aver congedato l’autista, mi feci scortare fin da Silente, che mi diede subito udienza. Insieme a lui c’erano tutti i professori di Hogwarts, la cena d’arrivo doveva essere appena finita.
-E’ un piacere conoscerti Emma – disse il preside, guardandomi dall’alto dei suoi occhiali a mezzaluna.
-Saltiamo i convenevoli, preside, se non le dispiace. – Tutti i professori mi guardarono con disprezzo a quelle parole, incapaci di controbattere.
-Ma certo – disse l’anziano mago, guardandosi attorno e sorridendo, come se non avesse neanche sentito. Contai i professori attorno a me, e notai che doveva mancarne uno. Immagino che il giorno seguente li avrei conosciuti tutti comunque.
-Domani si terranno i tuoi esami privati, a seconda dell’esito degli stessi ti verrà assegnata una classe. –
-Quindi se il mio livello dovesse essere superiore potrei iniziare direttamente dagli ultimi anni? – Su questo Silente fu inflessibile:
-No, temo che il quarto anno sia il massimo a cui tu possa aspirare. – I professori si guardarono tra loro e poi guardarono me, chiaramente perplessi.
-Il livello d’insegnamento qui ad Hogwarts è molto alto, Emma – intervenne la professoressa alla destra del preside – quindi non rimanere delusa se non accederai che al primo o al massimo al secondo anno. – Io annuii, fingendo rassegnazione.
-Ora seguirai la professoressa McGranitt nella torre di Grifondoro. – disse gentilmente il preside, quasi fosse una cosa scontata, e la donna che aveva parlato prima partì come se fosse naturale per me seguirla. Io però non mi mossi, e accigliandomi dissi rivolta a tutti:
-La mia cerimonia di smistamento non si è ancora tenuta. Non è mio diritto essere smistata come tutti gli altri? – Ed enfatizzai l’ultima parola.
-Purtroppo per questa speciale occasione cambieremo le regole. Verrai affidata a Grifondoro, come il tuo gemello, e lì rimarrai fino a che non finirai i tuoi anni ad Hogwarts. –
Io lo guardai con disgusto, ed ancora non mi mossi.
-Non bisognerebbe considerare Hogwarts la propria casa? Come posso io considerarla la mia casa se non posso neanche scegliere la mia CASA? – Il tono della mia voce si alzò considerevolmente, e delle grosse lacrime calde scesero sulle mie guance arrossate.
-Mi dispiace, su questo punto sono fermo. – Tutti mi guardavano, aspettando la mia prossima mossa. Io iniziai a seguire la professoressa McGranitt, ma quando arrivai alla porta mi girai verso tutti i professori ed urlai:
-Non mi aspettavo certo che qualcuno lottasse per me. Nessuno lo hai mai fatto. Mi avete lasciata marcire con i miei rapitori per quindici anni, come ho potuto anche solo pensare che qualcuno sarebbe stato dalla mia parte finalmente! – E così uscii dall’ufficio, in lacrime e stravolta dopo che tutti i miei sogni si erano infranti. Mi aspettavo affetto, ed avevo trovato sospetto e riguardo, mi aspettavo rispetto ed avevo trovato durezza.
La professoressa che mi accompagnò in stanza non mi rivolse mai la parola, anche se notai che più di una volta tentò di parlarmi. Quando arrivammo davanti alla mia camera (per quella notte infatti sarei stata in camera da sola, in attesa di sapere il mio anno di corso) la donna mi guardò in profondità, come a voler leggere la mia anima, ed io distolsi lo sguardo, ancora offesa dal loro comportamento inspiegabile. Quasi a voler rispondere alle mie lacrime mi disse:
-Il professor Silente ti ha cercata per anni, ha ribaltato tutto il mondo magico per trovarti, e quando tu gli scrivesti il mese scorso per poco non faceva un infarto. Non avercela con lui, quello che ti è capitato è orribile, ma non è colpa di nessuno. – Io feci per replicare, ma non ne ebbi il tempo perché quando aprii bocca, la donna era già lontana.
Una volta in stanza mi guardai intorno: tutto era decorato rosso ed oro, c’era una gran luce riflessa dalla luna e dalle stelle, e tutto il lago si ergeva ai piedi della mia finestra.
Il lago… era proprio li sotto che si trovava la casa di Serpeverde, con le sue luci verdi e soffuse, la muffa e l’odore di… casa. Decisi di non rimanere li un secondo di più, mi cambiai indossando nient’altro che la mia camicia da notte ed uscii alla scoperta del castello. Se c’era una cosa di cui ero assolutamente certa era che qualunque cosa io avessi mai combinato, mai e poi mai avrebbero potuto espellermi. Il mondo magico mi aveva abbandonata con degli sconosciuti che mi avevano rapita e cresciuta in un sotterraneo tra torture e solitudine. Mi dovevano quindici anni della mia vita, e questo mi permetteva di uscire di notte quanto volevo.
Mi diressi immediatamente verso i sotterranei del castello, verso la mia vera casa, che trovai senza nessuna difficoltà. Il quadro che avrebbe dovuto chiedermi la parola d’ordine mi lasciò passare senza farmi nessuna domanda. Evidentemente il senso di colpa non apparteneva solo agli umani. Sorrisi al ritratto, sentendomi finalmente a casa e proseguii per il corridoio. Mi sarei fermata solo nella sala comune, dove avrei potuto riposarmi fino al mattino seguente. I miei piani vennero però fermati. A metà corridoio si aprì una porta e sicura di me come mi sentivo in quel momento, non mi passò nemmeno per la testa di nascondermi. Uscì un uomo con capelli ed occhi neri come la pece, in vestaglia grigia e gli occhiali da lettura. Ci guardammo per un secondo e mentre io non lo riconobbi e sperai di passare come una nuova studentessa di Serpeverde, lui mi guardò come se avesse visto un fantasma e non mi tolse gli occhi di dosso fino a che non gli parli io per prima.
-Mi scusi, si sente bene? – Lui, perso il contegno, si riprese e si legò meglio la vestaglia. -Ho sentito dei rumori e sono uscito a controllare. – disse quasi scusandosi. Poi tossì, come per rendere più severa la propria voce e mi disse, senza pormi nessuna domanda:
-Tu non sei di Serpeverde. –
-Lo sono dalla nascita – risposi io noncurante.
Lui mi scrutò, ed in quel momento mi pentii di non aver indossato qualcosa di più appropriato.
-Sei fuori dalla tua stanza. –
-Vuole sbattermi fuori dalla scuola? – Mi guardò con severità, ma subito si intenerì.
-Entra. – Mi aprì la porta del suo ufficio o camera che fosse ed io entrai senza fare domande. Dall’ufficio capii subito che quello doveva essere il professore di pozioni. Senza rivolgermi la parola mi diede una vestaglia come la sua, grigio perla, ed io la indossai volentieri. Era calda e profumata, e per la prima volta da quando ero arrivata li mi senti meglio.
Il professore si sedette alla sua scrivania, quasi volesse interrogarmi, ed io mi sedetti su una delle due sedie di fronte a lui, come una normale studentessa.
-Non l’ho vista questa sera dal preside. – chiesi io, senza fare nessuna vera domanda. Avevo capito a cosa stavamo giocando, e decisi di giocare.
-Ho avuto un problema qui con dei ragazzi. – si giustificò, ed io lo apprezzai. Sembrava non sapere più cosa dire, così continuai io.
-Il professor Silente non mi ha dato scelta, devo essere una Grifondoro. –
-Lo so, me lo aveva annunciato – disse lui – e mi aveva anche detto che probabilmente saresti venuta qui. –
-Le ha anche detto che verrò tutte le notti e tutti i giorni fino a che non sarò una Serpeverde? –
Lui annuì, senza dare una vera risposta.
-Il problema non è cosa fai… è sapere che sei dei Serpeverde. – Io lo guardai enigmatica, facendogli capire di non aver afferrato il concetto.
-Ora che tutti sanno dove sei stata negli ultimi quindici anni, molti si chiedono da che parte starai. Silente non vuole che si pensi che tu stia dalla parte dei mangiamorte, come i tuoi rapitori. – Io lo guardai, finalmente cosciente dei piani del preside.
-E questo le sembra giusto? -
-E a te sembra giusto? – Io mi abbracciai alla vestaglia e mi feci prendere dalla tristezza. Mi capitava spesso, ma poi mi guardai intorno e mi sentii a casa. Ero cresciuta da sola, al buio, al freddo… Ora la sola vista del sole mi spaventava, il caldo mi infastidiva e non potevo sopportare tante persone tutte insieme. Il professore mi guardò ancora come se avesse visto un fantasma, e poi si alzò senza dir nulla. Prese delle coperte e le mise senza troppi complimenti sul divano nero di pelle che c’era poco lontano. Mi fece cenno di raggiungerlo ed insieme preparammo un letto.
-Puoi dormire qui, se vuoi. Solo per questa notte. –
-Se lo viene a scoprire la McGranitt fa un infarto! – scherzai io, ed il professore di pozioni sorrise all’idea. –Non posso assicurale di non tornare più. Ma se lascia la porta aperta e le coperte sul divano non si accorgerà mai di me. Arriverò quando già dormirà ed uscirò prima del suo risveglio. – Lui mi guardò come se fossi matta, ma notando che ero serissima mi rispose:
-Vedremo. – Sembrava incapace di dirmi di no.
Si incamminò su per le scale della sua stanza senza dirmi nulla, solo quando spense la luce rispose al mio “Buonanotte” con un “Sogni d’oro” a bassa voce.
Io chiusi gli occhi e piansi fino ad addormentarmi. Al buio mi sembrava di essere ancora nel mio sotterraneo segreto, e quando mi addormentai vidi, come ogni notte, il viso dei miei rapitori.
-Emma, Emma! – mi svegliai di colpo, sudata ed agitata. Ero nell’ufficio del professore di pozioni, tremavo e sudavo, e dovevo aver urlato perché avevo la gola secca. L’uomo che mi aveva svegliato aveva la vestaglia aperta, come se se la fosse messa in velocità, e la porta della sua camera era aperta. Ci guardammo, e lui capì senza bisogno di dirgli niente. Io lo abbracciai senza pensare ad altro che al sentirmi al sicuro, e lui per qualche attimo mi ricambiò. Poi mi chiese se stavo bene, io annuii e mi rimisi a letto. Sussurrai un – mi dispiace – ma non so se lo sentii.
La mattina dopo, quando mi svegliai, Severus Piton – come poi scoprii che si chiamava – mi stava guardando dalla sua scrivania, da dietro al giornale “La gazzetta del profeta”. Io non feci difficoltà ad alzarmi, lo guardai a mia volta e ridendo chiesi:
-Novità nel mondo della magia? – Lui arrossì, rendendosi conto di averlo solo aperto il giornale. Lo chiuse e venne da me con un bicchiere di latte.
Io lo bevvi ed una volta finito gli chiesi debolmente: - Come posso uscire da qui?
Come sempre lui mi guardò profondamente, poi mi indicò la sua libreria.
-C’è un passaggio segreto che dalla mia libreria conduce alla torre di Grifondoro. – Io sorrisi. -Questo non me lo doveva dire, lo sa? – scherzai. La mattina ero molto più cordiale che non di notte.
-Funziona solo da un verso, per cui per venire dovrai comunque attraversare tutto il castello.
–Intanto mi basta. – Ancora con il bicchiere di latte in mano attraversai la libreria e mi ritrovai nella torre di Grifondoro. Dovevano essere ancora tutti a letto, perché nella sala comune non c’era nessuno. Mi preparai elegantemente (io non avevo infatti l’obbligo di indossare la divisa) e scesi pronta per i miei esami. Trovai in sala professori tutti i miei esaminatori, compreso il professor Piton, che non mi degnò di uno sguardo. Iniziai così i miei esami, sotto gli occhi di tutti gli adulti della sala, che non solo non sapevano cosa aspettarsi da una ragazza che non aveva parlato con nessuno nei primi quindici anni della sua vita, ma soprattutto che non aveva mai visto un libro. O almeno così loro pensavano.
Man mano che facevo gli esami nelle varie materie, i professori divennero più tranquilli, sorridenti e soddisfatti, alcuni perfino si congratularono con me e mi strinsero la mano. Perfino la professoressa McGranitt fu colpita dalla mia preparazione, mentre il professor Piton mi fece più domande di tutti e alla fine mi sorrise soddisfatto. Quando notò che i colleghi lo stavano guardando stupito, tornò serio e concluse l’esame. Mangiai con i professori nella sala d’esame e dopo pranzo venne il professor Silente con gli esiti degli esami scritti ed orali.
-Devo ammettere che nessuno si sarebbe mai aspettato un risultato tanto positivo. – I professori intorno a lui annuirono soddisfatti.
-Arriverò subito al punto. Emma, il tuo livello è lo stesso livello di uno studente del sesto anno, a volte perfino superiore. Ci aspettiamo grandi cose da te, nonostante, come ben tu saprai, non puoi che frequentare le lezioni dal quarto anno. –
Io sorrisi compiaciuta, nonostante quella non fosse una sorpresa per me.
-Hai qualcosa da aggiungere? – mi chiese cordialmente.
-Vorrei dormire dove ho dormito questa notte per tutti gli anni a venire. – dissi io con naturalezza, cercando di non guardare il professor Piton che era tornato al suo tono serio.
Silente mi guardò come se si aspettasse quella domanda.
-Non è a me che devi chiederlo. – Sia io che il professor Piton ci guardammo colpevoli, ed io mi pentii di aver fatto quella domanda.
-Professoressa McGranitt, per lei va bene se Emma dorme nella stanza singola? – La professoressa mi guardò qualche attimo, ma ancora soddisfatta dai punteggi, mi diede la sua approvazione ed uscì dalla stanza. Silente mi fece l’occhiolino ed uscì a sua volta. Piton fu l’ultimo ad uscire, e mi sorrise quasi a dire “Ci vediamo questa sera”. Non capivo se era contento per la nuova coinquilina o perché Silente non ci avesse mascherati.
Quando uscii mi decisi ad andare alla mia nuova ufficiale casa comune. Mi aspettava il compito più difficile, molto peggio degli esami: conoscere il mio gemello. Harry Potter.
Non lo avevo ancora incontrato, nonostante tutte le sue richieste, perché avevo paura. Avevo paura di incolparlo per quello che mi era successo, avevo paura di perdere quel poco di durezza che mi era rimasta, avevo paura di scoprire che persona sarei diventata se anche io fossi stata mandata dagli zii londinesi, tirchi ma innocui. Nonostante questo mi feci coraggio ed entrai nella sala comune, dove tutti iniziarono a fissarmi e a stringermi la mano, come se mi stessero aspettando da tutta la vita. Io sorrisi quanto più potei, ma iniziai a sentirmi nervosa e desiderai di poter scappare il più lontano possibile. Infine, lo vidi. Vidi il mio gemello, il ragazzo che in tutti quegli anni mi aveva tenuto in vita. Avevo sempre desiderato rincontrarlo, e guardando lui avrei rivisto i miei genitori. Lui mi abbracciò, senza troppe parole, e non mi lasciò fino a che non fui io a sciogliere l’abbraccio. Con le lacrime agli occhi gli dissi che dovevo fare una cosa, e uscii dalla sala comune praticamente correndo. Lasciandomi i Grifondoro dietro di me, vidi un ragazzo alto con i capelli rossi mettere una mano nella spalla di Harry e dirgli:
-Lasciala andare amico. Ne ha passate tante, deve solo abituarsi. –
Abituarsi. Mi sarei mai abituata a tutto questo? Alla vita? Alla fiducia? All’amore? Corsi fino a quando non entrai dentro al ritratto di Serpeverde, e mi fermai solo quando entrai nell’ufficio di Piton. L’ufficio era vuoto, così mi sedetti per terra con la schiena sul divano e piansi con il viso nascosto tra le braccia. Vedere Harry era stato come sentire la lontananza che ci aveva segnato per tutti questi anni in un colpo solo. Era stato come rendersi conto che la mia vita poteva essere completamente diversa, ed invece era andata nel peggiore dei modi.
Improvvisamente qualcuno aprì la porta, chiedendo: “Professor Piton è permesso?” era una voce maschile, ed io mi spaventai appena perché non mi aspettavo nessuno.
Era la voce di un ragazzo. Lo guardai da dove ero seduta, mentre mi asciugavo le lacrime con le maniche. Lui mi sorrise appena, e si chinò verso di me, per vedere come stavo.
-Ci sono solo io qui. – dissi, ancora scossa dai singhiozzi, e lui mi fece cenno di non parlare.
Mi abbracciò ed io affondai il mio viso nella sua divisa perfetta di Serpeverde. La prima cosa che notai di lui è che aveva un profumo buonissimo, ma non un profumo commerciale, era il profumo della sua pelle. Mi scostai appena e notai che aveva i capelli biondi e gli occhi dell’azzurro più azzurro che io avessi mai visto. Sentivo le sue grandi mani calde sulla mia schiena, che mi dondolavano e mi calmavano dolcemente.
-Mi dispiace – dissi in un sussurro, asciugandomi le lacrime. –Non sono sempre così- aggiunsi, come per giustificarmi. Il ragazzo non sembrava affatto dispiaciuto, anzi mi mise a sedere sul divano e fece accomodare anche me.
Asciugandomi una lacrima sulla guancia e guardandomi negli occhi mi disse:
-Sempre a disposizione di una ragazza rapita e sola in difficoltà. – Io sorrisi, e mi ripresi un po’.
-Per tua sfortuna, solo la sua sola ragazza rapita e sola in circolazione. – Lo provocai.
-Sfortuna? – mi chiese, malizioso. La sua risata mi riscaldò il cuore.
Per la seconda volta sobbalzai all’apertura della porta. Questa volta era Piton. Guardò me, in lacrime, e poi guardò Draco e tornò subito serio.
-Cos’è successo? – gli chiese. Ma senza dargli il tempo di rispondere si rivolse a me:
-Ti stava importunando? – Io feci di no con la testa, e mi strinsi al suo braccio che era ancora avvolto dietro alla mia schiena.
Il ragazzo biondo srotolò un foglio dalla tasca e lo diede a Piton.
-Ero solo passato a darle questo. – Piton prese il foglio e il ragazzo se ne andò. Chiudendo la porta mi salutò dicendo “A presto ragazza rapita e sola. Sempre a tua disposizione”.
Quando Piton mi guardò e vide che stavo sorridendo, si calmò e andò alla sua scrivania.
-Mi dispiace di essere entrata nel suo ufficio senza il suo permesso. – Mi sedetti nella stessa sedia della sera prima.
-Ormai puoi considerarti a casa qui. – Poi analizzò il foglio del ragazzo, ed io mi misi ad esaminarlo insieme a lui, senza chiedere il permesso.
Alla destra del foglio c’era scritto: “Draco Malfoy presidente del club di invenzione di nuovi incantesimi”. Sotto c’era la lista dei presunti nuovi incantesimi. Li lessi tutti e risi un po’ troppo ad alta voce.
-Questi incantesimi sono sbagliati. – Il professore mi guardò stupito. Mi spiegai meglio.
-Non funzioneranno mai. – Mi feci passare il foglio, scrissi alcune annotazioni, e glielo ridiedi.
-Ora funzionano. – Il professore si alzò, uscì dalla stanza e mi lasciò la sola.
Dopo qualche minuto tornò, ma non era solo. Con lui c’era il ragazzo, Draco, che mi aveva consolato poco prima, solo che ora aveva un espressione molto più perplessa rispetto a prima. Nessuno dei due mi spiegò molto, si limitarono a fissarmi e a pormi brevi domande.
Il primo a parlare fu Draco:
-Sei stata tu? – disse semplicemente, mostrandomi il foglio.
-Professore… - risposi io, cercando aiuto in Piton.
-Davanti ai miei occhi. –
Entrambi mi guardarono.
-Era settimane che cercavo di far quadrare questi incantesimi… Li avevi mai visti prima d’ora?– Lo guardai sorridente. Questa era facile…
-Ma non sono incantesimi nuovi? –
Piton guardò Draco con sarcasmo. Avevo colpito nel segno. Poi entrambi annuirono e tornarono a guardarmi.
-State cercando di dirmi qualcosa? –
-Io… - Draco guardò prima me poi le note sul foglio che teneva ancora in mano – ti andrebbe ti far parte del club per inventare nuovi incantesimi? –
Io risi finalmente, e fui contenta di poter essere parte di qualcosa.
-Ma certo! Quando iniziamo? – Piton annuì di nuovo silenziosamente.
-Ci vediamo qui questa sera. Poi ti spiego. – Io annuii e chiesi:
-Chi fa parte di questo club? –
-Solo noi. E solo noi siamo al corrente della sua esistenza. Riuscirai a tenere la cosa segreta? – Io pensai a tutti i segreti che tenevo ogni giorno, e annui con convinzione. Quello non sarebbe stato un problema.
Piton ci fece uscire entrambi dallo studio, per non permettere a Draco di pensare che io vivessi li. Il ragazzo si congedò da me tutto soddisfatto ed io attesi la sera girovagando per il castello. Non me la sentivo di rivedere Harry e così passai le ore ad ambientarmi, visto che il giorno seguente avrei iniziato le lezioni del quarto anno (di cui evidentemente non dovevo preoccuparmi). Cercai le aule che mi erano state assegnate per le lezioni, capii quali erano le strade più brevi da percorrere e presi in prestito un paio di libri avanzati di magia in biblioteca. Arrivò così la sera ed io mi recai puntale da Piton. Quando entrai erano già entrambi pronti, e mi stavano aspettando. Leggevano con attenzione i miei appunti e cercavano di trarne il meglio. Io sorrisi ed attesi che finissero. Poi uscimmo dall’ufficio del professore per dirigerci ai sotterranei segreti del castello. I miei rapitori me ne avevano parlato qualche volta. Queste enormi sale erano come ampi corridoi usati per allenamento. Il corridoio in particolare in cui ci dirigemmo era pieno di porte, una dietro l’altra.
-Ora voglio che tu le apra. – Mi disse semplicemente Piton. Io immaginai che non fossero protette da semplici incantesimi e così tentai con gli incantesimi che sapevo e lungo la strada ne inventai di nuovi. Piton e Draco prendevano appunti all’impazzata: il primo scriveva ogni mia mossa ed incantesimo, il secondo scriveva le tecniche che mi erano servite per spezzare gli incantesimi che, come scoprii più tardi, aveva inventato lui stesso.
Nel giro di un’ora spezzai tutti gli incantesimi tranne l’ultimo, e lasciai i due uomini che mi seguivano a bocca aperta. Ero così soddisfatta di me stessa che quasi dimenticai chi fossi, e cosa mi aveva portato a quel successo così sudato.
-Non ci posso credere, sono anni che lavoro a questi incantesimi! –
-Non preoccuparti Draco, sono certo che non tutti possiedano queste capacità. – Lo confortò Piton, poco convinto.
-Nei prossimi giorni lavorerete ad un nuovo incantesimo di chiusura e protezione insieme, e poi io proverò a spezzarlo. Poi inizieremo con qualcosa di più interessante. -
Piton e Draco erano un’ottima compagnia, mi consideravano preziosa ed io potevo con loro dimenticare ogni mia preoccupazione che qualche volta mi occupava la mente. Trascorrevo tutto il mio tempo insieme a loro, o almeno uno di loro. Il pomeriggio mi “allenavo” (così dicevamo per non destare sospetti) con Draco, e raggiungemmo così buoni risultati in poco tempo che Piton non riusciva quasi più a starci dietro. La sera invece aiutavo Severus (ormai potevo chiamarlo così) a correggere i compiti, e poi leggevo letture che mi aveva consigliato il professore in persona. Vedevo Harry e gli altri Grifondoro a lezione, e grazie alle mie nuove conoscenze di Serpeverde potevo sopportare meglio anche le mie relazioni con loro. Un pomeriggio la professoressa McGranitt sorprese me e Severus a conversare sull’ultimo libro che avevo letto quando la donna si rivolse al professore dicendo:
-Piton, ho notato che Emma passa un po’ troppo tempo con te, relazione non consona tra alunno e professore non credi? – Severus non sapeva cosa rispondere, io quasi iniziai a piangere e dissi alla professoressa:
-Professoressa, la prego non giudichi il professor Piton così malignamente. Mi sta aiutando in un momento molto difficile della mia vita, con lui riesco a parlare di ciò che… Mi è successo. – La donna sbiancò e lasciò cadere il discorso, stringendo la mano al professore. Questo mi guardò arcigno ed io alzai le spalle.
-Cosa? Ci cascano sempre tutti! –
-Cascano? – disse semplicemente lui, guardandomi negli occhi come spesso faceva.
-Certo, non le ho mai detto niente. –
-E vorresti? –
-Mai. –
-Perché? – avrei preferito non iniziare mai quella conversazione.
-Ciò che è accaduto è accaduto. Non ha più importanza. – Severus non continuò, ma sapevo sarebbe tornato presto alla carica.
Da quando ero “tornata” nel mondo magico, visto che ormai mi avevano data per morta da 15 anni, i giornalisti e gli scrittori avevano assediato la locanda in cui mi ero stabilita per l’estate in cerca di notizie, fatti e storie da raccontare al mondo magico. Di me si sapeva solo chi ero, con chi avevo vissuto e che era riuscita nella mia fuga dopo che i rapinatori erano morti di una malattia rarissima. Tutto il resto non erano che dicerie e voci non confermate.
Quella sera stessa Severus si sedette accanto a me e mi disse dolcemente:
-La notte sento che piangi. – Io non alzai gli occhi dal libro.
-Te l’ho detto mille volte di chiudere la porta, Severus. Così non ti disturbo più.- La sera, quando eravamo soli, il nostro tono si addolciva ed io potevo dare del tu al professore.
Nonostante non avessi ancora capito come mai mi venisse offerta una tale occasione dal professore, che era solitamente così distaccato e severo, era l’unica persona di cui mi fidassi completamente. Nel mio intimo sapevo che in qualche modo centrava mia madre, anche se ancora non sapevo in che modo.
Lui mi prese il mio libro dalle mani e lo chiuse davanti a me.
-Lo sai che non è questione di disturbo. Sono preoccupato per te. – Io iniziavo a sentire il cuore che mi bolliva.
-Sei un po’ in ritardo per questo. Siete tutti in ritardo. – Il rancore che c’era nel mio cuore non se ne sarebbe andato mai del tutto. Era arrabbiata con il mondo intero perché nessuno era venuto a salvarmi.
Piton abbassò gli occhi, colpevole.
-Mi dispiace. Ma non è colpa del mondo. Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno. Lo sai questo vero? –
-Certo che lo so. Avevo solo… -
-Cosa? –
-Avevo solo bisogno che qualcuno mi venisse a salvare. – dissi io, urlando. Severus mi prese tra le sue forti braccia ma io lo scostai. Ero così arrabbiata che avrei potuto ucciderlo, e con lui tutto l’intero universo.
-Credi che io non lo sappia? Sto cercando di fare ciò che posso adesso… Ogni giorno sono tormentato da quello che ti hanno fatto… -
-E cosa mi avrebbero fatto esattamente? – chiesi io, peggiorando la situazione.
-Non lo so, e il non sapere mi uccide perché immagino solo che il peggio. Se solo tua madre sapesse che non ti ho trovata… -
-Mia madre è morta, insieme a mio padre e al mio animo. Si Severus io sono morta con loro quella notte. Posso essere felice, per un po’, ma è solo finzione. Gli incubi mi perseguiteranno per tutta la vita. Lo sai questo. –
-Certo che lo so. Per questo ti trovi bene, qui, con me. –
-Allora non possiamo semplicemente fingere? Fingere che vada tutto bene? –
Severus si riprese appena, e parlò con maggior vigore.
-No, non possiamo. Perché per te c’è ancora speranza. A me nessuno è venuto a salvare, Emma, mai! Nessuno… Tua madre forse, prima di conoscere Potter… Ma nessuno si è preso cura di me. Ora io voglio prendermi cura di te, così che tu non sia perduta… del tutto. –
Io rimasi in silenzio, allo stesso tempo offesa e lusingata.
-Io non posso raccontarti cos’è successo. Non ce la faccio. – Gli dissi sottovoce, aggrappandomi a lui.
-Va bene, ma quando te la sentirai io sarò qui va bene? –
Io lo guardai, ancora arrabbiata, ancora delusa, ancora sfiduciata.
-E quando tu mi lascerai Severus? –
-Perché dovrei farlo? –
-Tutti lo fanno. – dissi io disperata. Aveva toccato un tasto dolente, ed ora non c’era più via d’uscita.
-Vedi Severus – continuai io – io sono come un cane abbandonato. Nessuno lo vuole. E’ carino ma è stato troppo tempo lontano dalla società, potrebbe avere delle malattie, potrebbe mordere, oppure potrebbe fare cose senza senso. Come me. Nessuno mi vuole. –
-Io ti voglio. – mi disse infine, e ci cullò fino a che non mi addormentai, in lacrime.


   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Berenike