Dragon Ball, 'In her shoes' di hibou su EFP Fanfiction

427 parole.
Ringrazio ancora i giudici e voi per l'attenzione che dedicherete alla mia storia.
Un saluto,
hibou.

In her shoes

Si lisciò i capelli con una mano, ammirando la loro forma meravigliosa e il colore talmente chiaro da sembrare bianco. Lanciò sguardi ammiccanti alla sua immagine riflessa, lambendosi le labbra con la lingua e rimirandosi da ogni lato. Esaminò la sua pelle perfetta, profumata, le mani piccole e sinuose, soffermandosi infine sui seni sodi e prorompenti che fuoriuscivano dalla canottiera attillata.
Li soppesò e li tastò, ringraziando le grandi divinità che regnavano tutti i cieli per quell’inaspettata sorpresa.
Si accarezzò i fianchi fino a scendere sul proprio posteriore, sentendo le natiche forti e piene sotto il tocco deciso della propria mano. Gli uscì un rivoletto di sangue dal naso mentre, con sguardo sognante, si rimirava e palpeggiava ogni parte del corpo.
Altro che quegli stupidi giornalini, altro che Bulma, Chichi, C18 o qualsiasi altra donna che conosceva. Questa era una vera femmina, con le curve al posto giusto!
“E’ il giorno più bello di tutta la mia vita! Come sono bella!” gridò entusiasta, volteggiando su se stessa.
Afferrò gli occhiali da sole dalla montatura rossa che era solito portare e li indossò immediatamente, immaginandosi le facce che avrebbero fatto Crillin e gli altri quando sarebbe scesa al piano inferiore.
“Come sono bella! Come sono bella! Come sono...”

“...bella! Sono bellissima!” gracchiò la sua voce, prorompendo in una risata stridula.
Sentì il proprio corpo oscillare e una voce graffiante urlargli nelle orecchie, costringendolo ad aprire gli occhi. Si ritrovò faccia a faccia con Tartaruga, che lo studiava affannato e confuso.
Si tirò velocemente a sedere al centro del letto, guardandosi attorno e tastandosi convulsamente il corpo.
“Ma, ma! Dove sono finiti?” chiedeva senza sosta, toccandosi i pettorali scolpiti e scorrendo le mani lungo i fianchi, sotto lo sguardo bieco dell’amico centenario.
“Muten cosa stai farneticando? Era solo un sogno, rilassati” spiegò pacato l’animale.
Il vecchio saggio lo guardò disperato, massaggiandosi il capo pelato e lisciandosi la barba con gesti frettolosi e disperati.
“No, no! Non può essere! I miei seni, i miei bellissimi seni!” pianse l’amara realtà, mentre un scia di sangue raffermo, unico ricordo della sua avventura notturna, percorreva il suo viso dal naso al mento.
Nessuna folta chioma gli copriva il capo, nessuna curva adornava il suo corpo anziano e fragile.
Rimase così a disperarsi sotto lo sguardo sbigottito dell’amico, con il volto poggiato al cuscino e le ginocchia piegate al petto, lo sguardo rivolto al cielo azzurro e rosa dell’alba, mentre cercava conforto nel pensiero che, se non altro, la donna che per una notte aveva amato e bramato, sarebbe vissuta per sempre in lui.