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Autore: Trick    18/03/2007    21 recensioni
AGGIORNATO IL SESSANTOTTESIMO CAPITOLO
Infiltrato nel clan di Fenrir Greyback, Remus Lupin finirà per scontrarsi con quella realtà dalla quale ha sempre tentato di sfuggire. Nel frattempo, a Londra, Tonks non può far altro che cercare di sopravvivere alla guerra che imperversa per la città. Una storia fra umani e licantropi, fra amicizie improbabili e segreti dimenticati, per decidere se sia più forte il richiamo del sangue o quello del cuore.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Diario di un Lupo

in un Branco di Lupi

(Versione riveduta, corretta e ampliata causa insoddisfazione dell'autrice)

PROLOGO

°°°°°°°






Se all'albeggiare di quell'uggiosa domenica di giugno aveste attraversato il parco che circondava l'imponente cattedrale di St. Paul, gigante fra i giganti di Londra, avreste avuto anche voi la possibilità di vedere Remus Lupin, che seduto su una delle fredde panchine di cemento del giardino, fissava il vivace zampillare delle fontane, perso fra l'oscurità dei propri pensieri.

Come aveva potuto essere così sconsiderato? Come aveva potuto permettere al suo desiderio di soffocare tutti i suoi più fermi e radicati principi per un'unica e infinita notte di carezze? Eppure, aveva ceduto al sorriso malizioso di Tonks, alle sue mani che sembravano voler marchiare a fuoco la sua pelle ad ogni tocco, alle sue labbra di whisky che gridavano tutta la passione che erano state costrette a ingoiare negli ultimi mesi.

Socchiuse gli occhi ambrati e trasse un profondo respiro. Sirius era morto da tredici giorni. Tredici precisi, sì. Remus li aveva contati, se li era sentiti scorrere nella carne e nell'anima, pesanti e assassini come gli anni che aveva trascorso in completa solitudine. Sirius era stato il suo migliore amico. Era stato una delle poche persone che lo avevano sempre sostenuto e accettato, nonostante fosse a conoscenza della sua delicata condizione. Fin dai primi anni di scuola, la sconsiderata esuberanza di Sirius Black aveva sempre compensato la calma e pacata razionalità di Remus Lupin, dando origine a un'amicizia che fuorviava dalla normalità, certo, ma che era stata in grado di resistere alle più forti tempeste.

Sirius era stata l'unica spalla su cui Remus avesse mai pianto, e lo rimase per anni. Né James, né tanto meno Peter, ebbero mai l'occasione di assistere alle sue lacrime. Non vi fu nessun motivo logico a definire questa scelta, semplicemente il destino fece in modo che Sirius fosse sempre presente quando Remus ne aveva più bisogno.

Come avrebbe dovuto sentirsi, ora, Remus Lupin? Come avrebbe dovuto reagire alla prospettiva di una vita senza l'ilarità e senza l'incoerenza dell'amico, senza la spensieratezza di trovarselo accanto nei momenti meno opportuni, senza il suo modo di essere così... così, come? Era una domanda che l'aveva sempre tormentato, eppure, dopo quasi trent'anni, non era ancora capace di definire a parole quello che sostanzialmente era Sirius Black.

Avrebbe dovuto sentirsi abbattuto, frustrato, angosciato? Be', probabilmente...

Avrebbe dovuto perdere ogni speranza per il futuro? Be', quella l'aveva persa da tempo incalcolabile, ormai...

Avrebbe dovuto sentirsi colpevole, impotente e abbandonato? Be', forse...

E invece, no. Ripensando all'amico, Remus Lupin si sentiva soltanto un grande infame. Mentre vedeva Sirius scivolare con grazia oltre al velo nero che aveva nuovamente distrutto la loro amicizia, mentre la parte razionale della sua mente assimilava in un lampo l'insopportabile verità di quella perdita, il suo cuore, quello che avrebbe dovuto realmente piangere per Sirius, era ostinatamente concentrato su Tonks, riversa col volto a terra ai piedi della scalinata di marmo.

E meno di dieci ore prima, a dodici giorni e dieci ore dalla morte del suo migliore amico, Remus Lupin aveva osato dimenticarsi di lui.

Mentre la passione esplodeva fra le lenzuola umide, si era scordato di Sirius.

E si era scordato di essere vecchio.

E di essere povero.

Si era scordato di essere un lupo mannaro.

Per un'unica, infinita notte di carezze, era stato semplicemente un uomo innamorato.

°°°°°°°

L'aroma inebriante del caffè risalì lentamente le scale di Grimmauld Place e si soffermò pensieroso davanti alla grande porta di frassino in fondo al corridoio.

L'aroma inebriante del caffè pensò che forse non era il caso di disturbare l'inquilina della stanza, strappandola così al dolce abbraccio del sogno.

Purtroppo per lei, il caffè non si soffermava mai troppo a pensare. Scivolò sotto la porta e circondò lentamente la stanza, avvicinandosi sempre di più alla ragazza addormentata fra le lenzuola.

Mmm...” mugugnò, captando la presenza del caffè con l'olfatto.

Ninfadora Tonks sorrise placidamente nel dormiveglia, improvvisamente colpita da un'ondata di immane felicità.

Quanto aveva desiderato sentire le mani di Remus scorrerle sul corpo? Quanto aveva sognato di poter assaporare quelle labbra sottili?

Si voltò su un fianco, stringendosi nelle lenzuola, e quando si decise ad aprire gli occhi, sussultò.

Si rizzò a sedere, lasciandosi sfuggire un gemito. I Guaritori le avevano detto che si era perfettamente ripresa dalla battaglia nell'Ufficio Mistero, ma di tanto in tanto, il ventre le si riaccendeva di lancinanti fitte.

Fissò sconvolta il posto vuoto accanto a lei per diversi minuti. La metà del letto dove avrebbe dovuto trovarsi lui, era perfettamente sistemata, copriletto compreso. Ninfadora Tonks non poteva credere ai suoi occhi; quell'uomo era così preciso da rifare addirittura la sua metà del letto, (in maniera perfetta e impeccabile, oltretutto), mentre lei era beatamente addormentata!

Ispezionò con lo sguardo il resto della stanza: i suoi vestiti erano finiti in posti impensabili, ma gli indumenti di Remus erano spariti con il proprietario.

L'aroma inebriante del caffè rise di gusto fissando l'espressione offesa sul volto pallido di Tonks, mentre afferrava la propria biancheria e con un gesto spazientito si rivestiva.

°°°°°°°

Qualcuno sa dov'è andato Remus?” chiese Molly Weasley mentre versava il caffè ancora bollente nella tazza del marito, completamente eclissato dalla Gazzetta del Profeta. “Di solito è il primo a svegliarsi”.

L'ho visto uscire presto, stamattina” rispose suo figlio Bill. “Saranno state le cinque, forse sei...”

Povero Re-” si bloccò, lanciandogli improvvisamente un'occhiata sospettosa. “Ma che ci facevi in piedi alle cinque-forse-sei?”

Ehm... mi stavo vestendo” balbettò Bill. ”Devo andare alla Gringott, e... “

Di domenica, Bill?” chiese a bruciapelo la madre.

Be', sì... ti ricordi di Fleur Delacour? La ragazza di Beauxbatons che partecipò al Torneo Tremaghi con Harry? Ecco, ora lavora alla Gringott, ma ha problemi con l'inglese, perciò...” infilò tutto quello che rimaneva della brioche in bocca.

Percò lelo inseno ioconcluse, sputacchiando briciole sulla tavola candida.

Bill Weasley! Non parlare con la bocca piena! Non è buona educazione!”

Buongiorno a tutti... “

Molly Weasley staccò lentamente gli occhi dal figlio per guardare Tonks.

Buongiorno, Tonks, cara. Dormito bene? Preferisci pancetta, bacon, frittelle o brioches?”

Tonks ci pensò un istante. “Mmm... frittelle!”

Molly sorrise deliziata e riprese a destreggiarsi con i fornelli.

Avete visto Remus, questa mattina?” chiese Tonks, mentre afferrava al volo la sedia che aveva urtato nel pericoloso tentativo di sedersi. Sperava con tutta sé stessa che la sua voce non tradisse nulla.

Bill l'ha visto uscire presto, questa mattina” rispose Arthur, di cui Tonks riusciva a vedere solo i capelli rossi oltre la prima pagina della Gazzetta.

Bill Weasley lanciò un'occhiatina furba in direzione della vecchia compagna di scuola. “Perché ti interessa?”

Tonks intravvedette con la coda dell'occhio un ciocca di capelli farsi più rossa. La afferrò con un gesto deciso e sorrise nervosamente. Era consapevole che se Molly Weasley fosse venuta a conoscenza di quello che aveva fatto con Remus, a poche stanze dalle camere dei figli minorenni, né lei, né tanto meno il suo amante, sarebbero vissuti a lungo per raccontarlo.

Facevo per parlare, Bill, tutto qui...” rispose, con il suo migliore tono da "niente di che". Peccato non sembrasse sortire l'effetto desiderato. Bill la guardò di sottecchi per tutta la durata della colazione, sogghignando di tanto in tanto e facendo gesti ambigui tutte le volte che Molly si voltava verso i fornelli.

Bill...” sussurrò Tonks all'orecchio dell'amico, in modo che nessuno potesse sentirla, “come fa la francesina a sopportarti?”

Lui la guardò terrorizzato, si picchiò la fronte e gridò, alzandosi di scatto: “Fleur! Merlino, mi sono dimenticato di Fleur!”

Afferrò un'ultima brioches - la quinta, per l'esattezza - e si precipitò verso la porta, salutando con un gesto i genitori.

L'ho visto andare verso la cattedrale di St.Paul“ mormorò Bill a Tonks, con un sorriso affettuoso, prima di sparire con un fruscio del mantello.

°°°°°°°

Se in quell'uggiosa domenica di giugno aveste attraversato il parco che circondava l'imponente cattedrale di St. Paul, gigante fra i giganti di Londra, avreste avuto anche voi la possibilità di vedere Ninfadora Tonks, mentre cercava con lo sguardo Remus Lupin. Lo intravide in pochi minuti, seduto su una panchina, intento a fissare il vivace zampillare delle fontane.

Si avvicinò lentamente a lui, cercando di riordinare mentalmente le parole più adatte "da dire o non dire" in una simile situazione. Aveva già fatto molti progressi, quando lui alzò lo sguardo e la vide. Il cuore di Remus Lupin fece un salto.

Ciao” mormorò Tonks, non appena si fu avvicinata abbastanza. “Posso sedermi?”

Lui la guardò un attimo, apparentemente perso nelle sue parole e fece un cenno col capo.

Rimasero in silenzio diversi minuti. Lui, con gli occhi ancora incollati al danzare dell'acqua, e lei, intenta a fissarsi imbarazzata le ciabatte.

Le ciabatte!?

Non è possibile!” strillò improvvisamente.

Remus sobbalzò e si voltò rapido verso di lei. Voleva dirle qualcosa, qualsiasi cosa, ma sembrava che la sua bocca si fosse tramutata in granito.

I capelli di Tonks iniziarono a farsi più ardenti. “Mi sono dimenticata le scarpe...“ grugnì con un buffa smorfia, squadrandosi abbattuta le ciabattine rosa shocking.

Remus non avrebbe dovuto ridere. Non avrebbe dovuto, e non avrebbe voluto. Non in quel momento, almeno, ma quella ragazza era incredibile. Nonostante il suo autocontrollo e la sua razionalità ce la mettessero tutta, lei faceva o diceva sempre qualcosa che accendeva in lui una scintilla di pazzia, una sorta di varco nella sua anima che solo lei riusciva ad aprire, un varco che Remus, da solo, non sarebbe mai riuscito ad attraversare.

Tonks scoppiò a ridere a sua volta, e Remus desiderò immensamente che non smettesse mai. Un silenzio nervoso aleggiò fra di loro per i minuti successivi. Tutte le frasi più adatte "da dire o non dire" che Tonks si era preparata, sembravano essere fuggite dalla sua mente, nel momento stesso in cui si era seduta accanto a lui. Alzò gli occhi, e lo trovò ancora concentrato sulla fontana. Guardò le sue labbra, e chiuse gli occhi per evitare di saltargli addosso.

Per tutte le Banshee, ti voglio!

Ninfadora, dobbiamo parlare” disse, improvvisamente.

Lei riaprì gli occhi e poté incrociare quelli ambrati di lui. Respirò profondamente, cercando di mantenere la calma.

Remus, se non ti bacio ora, credo che impazzirò” proruppe lei, senza riuscire a fermarsi. Le loro labbra si sfiorano per un brevissimo, intenso attimo, nel quale Tonks poté perdersi nel profumo dell'uomo.

Ninfadora, ti prego... devi ascoltarmi”.

Tonks sgranò gli occhi. Remus la stava supplicando.

Remus, cosa c'è?”

Lui abbassò gli occhi, appellandosi al Grifondoro assopito dentro di lui.

Non posso”.

La giovane lo fissò senza capire. “Non puoi... fare cosa? “domandò, chiedendosi se davvero voleva conoscere la risposta.

Non posso permetterti di amarmi”.

La forza di quelle parole la investì in pieno, e Tonks sentì il suo cuore strizzarsi come uno strofinaccio usato.

Che significa che non puoi permetterlo?”chiese. “Non è il tuo permesso che voglio “.

Remus si decise a guardarla, gli occhi che luccicavano di una fiera determinazione.

Ninfadora, sono vecchio e povero. E malato. Non posso lasciarti sprecare la tua vita con uno come me”.

L'espressione che comparve sul volto di Tonks non avrebbe potuto essere più chiara. Era completamente incredula.

E questo sarebbe il problema?” domandò, divertita. “Tutto qui?”

Lui la fulminò con un'occhiata, e lei trasalì.

Remus, non riesco a capire dove tu veda il problema” sbottò.

Sono vecchio, Ninfadora...”

Non lo sembravi, questa notte!”

E povero...”

E credi davvero che a importi?”

Ninfadora, dannazione! Sono un lupo mannaro!”

E a me non importa un accidente, Remus!” strillò la ragazza, ormai al colmo della sopportazione.

Remus sorrise malinconico. “So che non riesci a capire, ma credimi. È meglio per entrambi”-

È meglio... per entrambi...“ ripeté Tonks, fissando sconvolta il vuoto. “No, Merlino, non è meglio per entrambi! Non è meglio per nessuno!” esclamo tutto d'un tratto, alzandosi in piedi e fissando Remus furibonda.

Cos'è stato per te questa notte, Remus? Guardami negli occhi, e dimmi cos'è stato per te!” aggiunse, afferrandolo per il bavero della giacca.

Remus rimase spiazzato. È vero... cos'aveva significato per lui quella notte?

La debolezza di un momento? Il piacere del divertimento? Cos'era stato?

È stato un errore, Ninfadora. Soltanto un errore” mormorò con voce roca, senza sapere se credeva o meno alla risposta che aveva dato.

La presa di lei si allentò improvvisamente, le braccia cadettero lungo i fianchi, le labbra si strinsero in una sottile linea di rabbia, e gli occhi si riempirono di lacrime di furia.

Tirò sul con naso, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. “Stai mentendo, Remus Lupin. Te lo leggo in faccia”.

Le sue parole furono accompagnate dall'eco di un tuono lontano, mentre lentamente, iniziò a piovigginare.

Io ti amo. E nulla in questa vita potrà impedirmi di amarti, Remus”.

Ninfadora Tonks si voltò, e se Remus Lupin non fosse stato intento a maledire tutti gli angeli del Creato, si sarebbe certamente accorto che la pioggia, scivolando fra i capelli di lei, li aveva tinti di grigio.

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