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Autore: Coglilarosa    03/09/2012    1 recensioni
La mia prima one shot, spero non sia un completo distastro.
E' abbastanza complessa, quasi filosofica.
"Solo pochi passi, Harry. Io e te. Solo pochi passi."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Giorgia Romani, cosi risulta all’anagrafe. Ma lei preferisce essere chiamata Aurora, come l’aurora boreale, formata da archi e brillanti raggi di luce che iniziano a 100 km sopra la superficie terrestre e si estendono verso l'alto lungo il campo magnetico, per centinaia di chilometri.
Ha i capelli marroni, color cacca, che lega sempre in una coda alta e ordinata. Le piace avere tutto sotto controllo, anche se non riesce a controllare nemmeno l’acqua che bolle sul fuoco.
Nel suo futuro si vede con capelli ramati splendenti e lisci come la seta, con 10 centimetri in più e una pancia piatta come una tavola da surf.
Odia le giostre allestite sempre sulla breccia calda dell’estate e la polvere che si infila tra le infradito nere di gomma.
Odia anche il compagno di sua madre, i film delle sere d’estate, il gelato al caffè, le persone depresse e il latte che ogni mattina la sorella sorseggia provocando rumori gutturali che le fanno storcere il naso e corrugare la fronte.
Ama il mare, soprattutto quello della Sardegna, dove sogna di vedere ragazzi in costume come quelli californiani dei film e raccogliere le stelle marine nell’acqua cristallina.
E’ proprio per quel motivo che ha convinto il suo fidanzato e l’amico ad andare con lei in costa Smeralda, dopo aver messo i soldi da parte per un anno intero, smettendo addirittura di fumare.
Arriva in un hotel a tre stelle, ritrovandosi a dover condividere una stanza con i due ragazzi che si è portata appresso. Indossa un costume verde scuro, come i suoi occhi, che mette continuamente in risalto con una matita nera. Sistema la mutanda in modo che dia effetto brasiliana e afferra la borsa, malamente adagiata sul letto, dove Mattia, il suo ragazzo, sta tranquillamente disteso da più di due ore.
“Matti, ma non le dici niente? Quel costume è talmente striminzito che chiunque potrebbe spacciarsi per il suo ginecologo.”
La ragazza stringe i pugni, voltando il suo sguardo verso il riccio che ha appena parlato e che evidentemente vuole morire.
“Fatti i cazzi tuoi.” Non è mai stata una ragazza fine. Abituata da sempre a doversi difendere con gli artigli.
“Vedo che qui la finezza si spreca.” Commenta semplicemente Harry, che di bello ha solo il nome, oltre ad un fisico asciutto e un viso che farebbe invidia anche a Brad Pitt. Ma lei non l’avrebbe mai ammesso, troppo abituata a litigarci e a trovare stupidi aggettivi per offenderlo.
Apre la porta scattante, per poi uscire da quella stanza impregnata di cose non dette e sigarette lasciate a metà.
Trova un ombrellone libero sulla spiaggia e decide che quello ormai è suo. Decisa a prendere il sole, si spalma per bene l’olio sulla pelle ancora troppo bianca e si distende, stando ben attenta a trovare la posizione e l’angolazione giusta.
Dopo un po’ si gira e lo vede passare : capelli ricci color cioccolato sua e occhi azzurri come il mare in tempesta che travolge il prato più verde che esista.
Lo vede andare via : troppo istantanea per divenire un’immagine indelebile,
ma troppo addosso per non farti voltare.
Solo pochi passi, Harry. Io e te. Solo pochi passi.
La moretta si alza in piedi, quasi fosse una tossicodipendente che non si fa di droga da un giorno.
Lui si gira spaventato, per la sdraio che Aurora ha fatto rivoltare troppo rumorosamente.
La guarda, per poi andare via.
La vuoi la mia vita, Harry?
La vuoi la mia favola, Harry?
Esistevano quelle giornate in cui non accadeva assolutamente nulla. Giornate che poi dimenticava di aver vissuto, attimi senza forma che passavano nell’apatia dei minuti.
Momenti come quelli, raccolti nella speranza di essere notata da lui.
Momenti in cui avrebbe preferito essere sulla terrazza di casa sua, abbandonata all’aria fresca che soffia di sera. E’ lì che lo ha visto per la prima volta, è lì che la sua storia è cambiata.
Sin dal primo momento, si girò verso di lui, senza sapere da dove provenisse quella scia fatta di bar della domenica, sigarette francesi e scarpe mai allacciate.
Quei sorrisi lanciati di sfuggita, la consapevolezza che era l’amico del suo fidanzato. Era tardi, forse troppo.
Tre ore dopo lei torna in camera, con una pelle leggermente più abbronzata e il trucco ormai calato per il troppo caldo.
Tutto è ancora lì come l’aveva lasciato. Mattia ancora addormentato sul letto ormai sgualcito. Il posacenere azzurro sul tavolino di vetro vicino l’armadio e la maglietta di Harry buttata su una sedia stracolma di roba.
La afferra e ne aspira il profumo, come se fosse l’odore più buono mai sentito.
E proprio in quel momento entra lui, che la guarda con uno sguardo stralunato, confuso, quasi disgustato.
Lei scappa umiliata, ferita, delusa.
Corre, ignorando le occhiate dei passanti e il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli.
Corre fino a quando qualcosa, o meglio qualcuno, la blocca.
Lei sa già chi è, avverte le sue mani forte e il calore che esse emanano. Ma non sa perché lui sia lì.
Si ferma, ma senza girarsi. Lui le va davanti, guardandola e basta. Non un movimento del viso, né una smorfia della bocca. La guarda e basta.
Se solo tu sapessi leggere i miei silenzi, per capire la tempesta che c’è in me ogni volta che ti guardo, ogni volta che ti sento.
E lei scoppia.
Questo calcio è per le volte che sei scappato da me.
Questo pugno è per tutte le ragazze che ti sei portato a letto.
Questo schiaffo è per la tua famiglia borghese, che tu stimi e riesci ad apprezzare.
Questo graffio è per la tua ragazza intellettuale, che tu sai come amare.
Questo sputo è perché, nonostante tutto, tu non sei Mattia.
Lui sorride quasi in un ghigno e si abbassa di quei dieci centimetri che li dividono, affonda la lingua tra le sue labbra ancora chiuse. Non si perde in convenevoli, non si avvicina con circospezione. Va a fondo. Entra senza chiedere il permesso, come un colpo allo stomaco. Si inabissa in lei rapidamente toccando il silenzio della sua lingua, il fremito della sua bocca.
Lei non riesce a respirare, ma non sembra volerlo fare.
Quel profumo le piace da morire.
Si alza sulle infradito nere, circondandogli il collo con le sue braccia che sanno di olio al cocco.
Alzano lo sguardo verso il cielo, quasi contemporaneamente. Ci sono stelle splendenti nell’oscurità di quella serata completamente diversa dalle altre. Ma ce n’è una che brilla più delle altre.
La vuoi la mia stella, Harry?
Sei quella stella, Giorgia.
La stella più luminosa di questo cielo scuro.
Il mio cuore sparpagliato tra le nebulose oscure.
 


 

  
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