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Autore: Beetlegeuse    03/09/2012    6 recensioni
I sessantottesimi Hunger Games stanno per iniziare e Johanna Mason è stata estratta alla Mietitura.
Sarà lei la vincitrice dei giochi, ma ci sono 23 tributi sulla strada per raggiungere il suo traguardo.
Questa è la storia delle sue sofferenze, delle sue fatiche e della sua vittoria.
Non si vince provando compassione.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Johanna Mason, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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"D'accordo, per stamattina può bastare così!" gridò Glitch. "Pausa pranzo. Ma voglio tutti qui fra un'ora, non sono ammessi fannulloni qui al cortile."

Da che pulpito, pensò amaramente Johanna. Tirò forte l'ascia che le era rimasta incastrata nel pezzo di acero che stava facendo a pezzi, ma quella non sembrava volersi muovere. Diede un altro strattone più forte e finalmente la liberò. Andò a depositarla assieme a tutti gli altri attrezzi, sotto la tettoia del cortile, e si concesse un po' di stretching ai muscoli delle braccia indolenzite.

Non le piaceva lavorare al cortile, specialmente sotto la gestione di Glitch, quello sfaticato che godeva della sua carica di responsabile dei lavori. Si era sempre chiesta in quale modo fosse riuscito a guadagnarsi le grazie del sindaco e ad accaparrarsi quella mansione prestigiosa. Non doveva tagliare legna, non doveva occuparsi della manutenzione degli attrezzi, non doveva riordinare tutto alla fine della giornata lavorativa. Doveva solo alzare le sue chiappe dal letto un po' prima di tutti gli altri, per arrivare al cortile sufficientemente presto da poter organizzare il lavoro e assegnare a ciascuno il proprio compito, cosa che comunque decideva al momento e gli occupava sì e no due secondi a testa.

Johanna aspettò accanto agli attrezzi per un paio di minuti, prima che suo padre arrivasse. Quella settimana l'avevano assegnato lì al cantiere, il posto dove la legna fresca veniva raccolta dopo essere stata trasportata dai boschi e tagliata in pezzi più piccoli, che venivano poi destinati a un'ulteriore lavorazione oppure diventavano legna da ardere da portare fuori dal distretto. Johanna, in quanto diciassettenne e dunque minorenne, se voleva lavorare doveva farlo accompagnando un genitore. Sua madre lavorava in un laboratorio di mobilio e lì non c'era spazio per mani inesperte, perciò seguiva il padre. A spaccar legna non ci voleva molta esperienza.

"Hai fame?" chiese suo padre con un sorriso affettuoso. "Non particolarmente" rispose lei. Lui le diede una pacca sulla spalla e insieme si diressero verso l'uscita, su una strada di terra battuta che collegava i boschi con il centro abitato.

Aspettarono un altro quarto d'ora, fino a quando non si videro i carri dei taglialegna tornare dai boschi. Lenna, la sorella di Johanna, per quella settimana era stata assegnata ai boschi. Lei aveva compiuto 19 anni il mese precedente e quindi poteva lavorare senza accompagnare un genitore già da più un anno. I lavoratori maggiorenni guadagnavano di più di quelli minorenni, sempre che quella miseria di stipendio potesse essere definita "guadagno". La famiglia Mason, che poteva contare ben tre lavoratori maggiorenni, non era povera ma nemmeno ricca. Nel distretto 7 non essere poveri significava solamente avere un paio di pagnotte al giorno assicurate per tutta la famiglia. Niente di eccezionale, ma era quel che bastava per andare avanti.

Johanna e suo padre salutarono Lenna, che sedeva sul secondo carro, e si unirono a lei lungo la strada verso il paese. Arrivati in centro passarono davanti al laboratorio della madre di Johanna.

Entrarono per la porta sul retro e si fecero strada fra pialle, lamette e vernici maleodoranti.

"Mamma!" chiamò Johanna. "Siamo arrivati". La signora Mason fece capolino da una porta in fondo alla stanza. "Non vi avevo sentiti arrivare. Com'è andata la mattinata?" chiese, passandosi un braccio sulla fronte per asciugare il sudore.

Johanna scrollò le spalle. Suo padre le lanciò uno sguardo divertito e rispose "Non male. Johanna come al solito non va molto d'accordo con il cortile, ma non è certo una novità."

La signora Mason ridacchiò fra sé, sebbene non fosse particolarmente divertita dall'attitudine della figlia. Per Johanna socializzare era sempre stato un problema. Lei preferiva stare da sola e gli altri ragazzini del distretto sembravano fargliene una colpa, guardandola di sottecchi e chiamandola "la Svitata". A Johanna non poteva importare meno, ma sua madre sembrava soffrirne.

"Cerca di sorridere un po' almeno stasera, d'accordo? Chissà, magari qualche telecamera ti inquadrerà per qualche istante mentre sei fra la folla".

Sì, stasera… pensò Johanna. Quella sera, prima di cena, ci sarebbe stata l'annuale cerimonia di Mietitura. "Cosa credi che importi alla gente di Capitol City se la Svitata in mezzo alla folla non sta sorridendo?" chiese con tono scocciato. "A meno che non venga estratto il mio nome, non…"

"Non dire così!" la interruppe sua madre. "Le probabilità non sono così tante ed è inutile porsi problemi prima che effettivamente ce ne siano." L'argomento Hunger Games l'aveva messa di cattivo umore.

Lenna sospirò. Lei era stata abbastanza fortunata da non essere mai estratta per i giochi, sebbene qualche anno avesse fatto richiesta per le tessere aggiuntive. Johanna invece non ne aveva mai richieste, dato che da quando sua sorella aveva iniziato a lavorare non ce n'era stato bisogno. "Allora, andiamo a pranzo? Devo essere nei boschi fra poco più di mezz'ora e non voglio fare tardi" disse poi.

"Oh" esclamò la signora Mason, "andate pure senza di me, ho del lavoro da finire qui. Ci vedremo stasera…"

Così non passarono nemmeno per casa, ma solo dal fornaio per comprare il pranzo. Lenna mangiò in fretta e poi si avviò per prima verso la strada che portava ai boschi, poiché il cantiere era più vicino al paese. Allontanandosi lanciò uno sguardo preoccupato alla sorella Johanna, che fece finta di non notarlo.

Tutti erano sempre preoccupati il giorno della Mietitura. Anche lei lo era, ma cercava di non mostrarlo. Era il suo modo per tenere testa a Capitol City. Suo padre le mise un braccio intorno al collo mentre facevano ritorno a lavoro.

Quel pomeriggio fu tremendamente lungo per Johanna, sebbene tutti furono mandati a casa un paio d'ore prima del solito. Bisognava prepararsi per la serata.

Quando lei e suo padre arrivarono a casa, sua madre era già arrivata e stava sistemando gli abiti da festa. Dopo qualche minuto arrivò anche Lenna. E così tutti si prepararono per la Mietitura, senza parlare o incrociare gli sguardi.

L'ora di uscire arrivò fin troppo in fretta, a dispetto del resto del pomeriggio. La signora Mason finì di pettinare i capelli a Johanna. "Sei bellissima" disse. Johanna fissò la propria immagine allo specchio e "bellissima" era l'ultima parola che le sarebbe passata di mente. Non che fosse brutta, ma non si era mai piaciuta fisicamente. Non che le interessasse granché, ma come al solito la cosa sembrava importare molto di più alla madre.

La loro casa non distava molto dalla piazza davanti al Palazzo di Giustizia, perciò non ci misero molto a raggiungerla. "Andrà tutto bene, vedrai" disse la signora Mason abbracciando la figlia. Johanna rispose all'abbraccio un po' più energicamente di quel che avrebbe voluto. "Ci rivediamo dopo" disse il padre. Lenna si limitò a sorridere e a scambiare un veloce abbraccio con la sorella, non trovando parole per attenuare quell'ansia che anche lei aveva provato più volte, fino all'anno precedente. Poi i tre si avviarono dietro le transenne riservate agli adulti, lasciando Johanna da sola a camminare verso il resto dei giovani del distretto.

Si mise in coda per la verifica delle presenze quando un gruppo di tre ragazzi suoi coetanei si posizionò subito dopo di lei. "Hey Svitata" le disse il più alto dei tre. "Taci, Robb" lo anticipò lei, prima che potesse aggiungere qualsiasi altra cosa. "Scommetto che te la stai facendo sotto dalla paura!" disse lui ignorandola. Gli altri due ragazzi ridacchiarono a quella battuta, mostrando però dei sorrisi che assomigliavano più a degli spasmi muscolari.

Johanna si limitò a fulminare i tre con lo sguardo. Mai quanto voi pensò. Trovava ridicolo e inconcepibile che perfino al momento della Mietitura avessero voglia di continuare con queste stupide battute infantili.

Una volta lasciato il campione di sangue, lasciò i tre alle sue spalle per dirigersi nella metà della piazza destinata alle ragazze. Entro pochi minuti erano tutti pronti e le porte del Palazzo di Giustizia si spalancarono, facendo uscire quattro persone che si accomodarono sul palco allestito per l'occasione. Primo fra tutti c'era il sindaco, un uomo piuttosto basso non molto amato fra la gente del distretto. A seguire c'erano gli unici due vincitori che il distretto 7 era riuscito ad avere nel corso degli anni: Lorens e Blight. Johanna non ne ricordava i cognomi. L'ultima persona era la donna più piccola che Johanna avesse mai visto. Il suo nome era Efelia e seguiva i tributi del distretto 7 fino a Capitol City da qualche anno ormai. La sua faccia era completamente coperta da uno strato di trucco di color rosa shocking e portava una parrucca di un argento brillante.

Efelia si avvicinò al microfono. "Benvenuti alla sessantottesima edizione degli Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!" strillò battendo le mani a un ritmo frenetico. Nessuno dei presenti la imitò, a parte il sindaco che applaudì svogliatamente. Nei teleschermi partì l'inno a tutto volume, seguito dalla solita narrazione dei Giorni Bui e della nascita degli Hunger Games. Non appena lo schermò tornò nero, la paura prese lo stomaco di Johanna facendole salire la nausea.

"Ed ora" annunciò Efelia "vediamo chi saranno i fortunati tributi per quest'anno! Prima le signore."

Zoppicando su quei tacchi ridicolmente alti, si avvicinò alla boccia piena di bigliettini alla sua destra, vi infilò una mano dentro, mescolò qualche secondo e pescò un bigliettino.

Johanna chiuse gli occhi, cercando di controllare la respirazione. Dicevano servisse a controllare l'ansia.

Efelia aprì il bigliettino, lo lesse e annunciò a gran voce: "Johanna Mason!"

Johanna riaprì gli occhi. Li richiuse per qualche secondo, poi li aprì di nuovo. No, aveva sentito male. E allora perché tutti intorno a lei la stavano guardando? Poteva leggerlo nelle loro facce. Poteva vedere la loro soddisfazione, il loro sollievo che fosse la Svitata ad andare al macello e non loro. Da sopra al palco Efelia la indicò: "Sei tu, cara?"

Johanna non rispose, né si mosse fino a quando qualcuno da dietro non le diede una spinta che la fece sobbalzare. Un paio di Pacificatori arrivò per scortarla fin sopra al palco, lei non oppose resistenza. Non riusciva nemmeno a crederci. Dal palco vide sua madre trattenere le lacrime, abbracciata a suo padre. Sua sorella era seria, scura in volto. Cercò di tenere una postura diritta, un po' di dignità.

Nel frattempo Efelia aveva pescato il secondo nome. Johanna notò il ragazzo che l'aveva infastidita poco prima lanciarle uno sguardo maligno. Sperò che il nome fosse il suo.

"Hans Greenwood" chiamò la donna.

Quasi pensò Johanna. Il sorriso di Robb svanì poco alla volta, mentre uno dei suoi due amici veniva scortato dai Pacificatori sopra al palco.

"Bene, questo è tutto!" strillò Efelia. Il sindaco si alzò in piedi mentre l'inno ripartiva a tutto volume.

Johanna lanciò un ultimo sguardo alla sua famiglia e poi lei e il ragazzo vennero scortati nel Palazzo di Giustizia.

 

 

 

 Spazio autore:

Benvenuti nella mia fanfiction! E' la prima che scrivo, quindi non ho ancora molta esperienza e sono disponibile ad accettare qualunque consiglio da voi per aiutarmi a migliorare! Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e spero che continuerete a seguirmi (: Per adesso non posso che salutarvi, sperando di rivedervi nei prossimi capitoli, e chiedervi di lasciare una recensione alla storia. Mi aiuta molto a motivarmi per scrivere i capitoli successivi, quindi se siete impazienti di leggere come proseguirà la storia, recensite! Bene, grazie a tutti e a presto!

  
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