Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Artemisia17    04/09/2012    1 recensioni
Ovvero quando Khal Drogo incontra il dottor Mark Sloan al Community General Hospital, per farsi curare quella tremenda ferita che, nei Sette regni, lo porterebbe alla morte. Aggiungete Danaerys che partorisce prima del tempo e un patologo in piena crisi di nervi. Attenzione: non adatto per i deboli di cuore e i pappamolla che piangono subito. Non lasciatevi trarre in inganno, ha un lieto fine. E non è poi così male.
...
Anche se è stata scritta da due pazze furiose.
Genere: Angst, Comico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il corridoio del pronto soccorso risuonava del solito caos ospedaliero. Un vecchio dottore guardava quel caos scorrergli davanti agli occhi come se ne fosse impermeabile. Poi, tra i tanti rumori, il suono dell’altoparlante, che a lui ricordava tanto quello di un aeroporto, invece di dire ‘volo 212 per New York’ disse ‘Dottor Sloan al pronto soccorso! Dottor Sloan al pronto soccorso!’. Quest'ultimo appoggiò la tazza di cioccolata su un tavolino della sala dottori e uscì nel caos.
Un giovane specializzando, che stava scappando trafelato e terrorizzato dal pronto soccorso, lo guardò sollevato e felice, come un agnellino sperduto che ha trovato il pastore dopo una tempesta.
“Dottore! Dottore! Grazie al cielo l’ho trovata.” A giudicare dall’espressione trasognata lo era davvero.
“Sono qui, come vedi,” rispose il primario nascondendo un sorriso sotto i baffi bianchi. “Da chi scappi? Si è imbizzarrito Quincy? O Norman?” Si corresse, quando realizzò che se fosse stata l’ira del coroner ad atterrire Alex l’aspirante medico avrebbe avuto un arto in meno o come minimo il camice bruciacchiato; il dottor Quincy quando si arrabbiava era temibile quanto (se non più) di un drago infuriato.
Il novizio dissentì, con uno sguardo da pazzo appena rinchiuso in manicomio, e, con il braccio che tremava vistosamente, indicò una piccola famigliola felice che aspettava nell’atrio. A dire il vero, definirla una famigliola qualunque non era esattamente adeguato. L’uomo era gigantesco, con una carnagione bronzea, la pelle solcata da strane cicatrici e il dottore capì subito che era stato proprio lui a terrorizzare Alex. Doveva essere il marito della giovane donna, fin troppo giovane per i gusti di Mark, con dei lunghi e setosi capelli argentei che attiravano gli sguardi di tutti i presenti. Gli occhi viola ferivano chiunque si avvicinasse troppo a loro benché fosse evidente che il marito necessitava di cure mediche. L’altra cosa molto evidente era, oltre alla gelosia dell’uomo, l’avanzata gravidanza della fanciulla. Mark sospettava sempre di più che fosse minorenne.    
Leggermente sovrappensiero si incamminò nella loro direzione, afferrando mentre passava una penna dal bancone circolare al centro della sala (lui se le dimenticava sempre in giro, ma quel giorno Delores era in ferie e non poteva inseguirlo per l’ospedale con le cose che aveva perso o dimenticato), e un’infermiera lo ricambiò con un’occhiata fulminante. Senza farci caso Sloan raggiunse la coppia.
“Buongiorno” salutò in tono neutro. Gli occhi azzurri saettarono dall’omone alla sua consorte e poi di nuovo al colosso, in attesa. Il nudo petto erculeo del gigante era solcato da una vistosa ferita e coperto di sangue rappreso. Sorvolando sull’abbigliamento poco adatto a un luogo pubblico, Mark osservò automaticamente che si trattava di una ferita superficiale, ma che aveva già perso molto sangue e che doveva essere ricucita per farla rimarginare; non aveva dubbi che l’omone avesse sangue da vendere, ma non gli era mai piaciuto lasciare pazienti morire dissanguati nel suo ospedale.
Mark Sloan si aggiustò lo stetoscopio e incrociò le braccia: “Bisogna mettere dei punti a quella ferita. Si accomodi in quella stanza laggiù.”
Il gigante lo guardò con un’aria di sufficienza come un bisonte osserva la vita di un moscerino, ma la ragazza gli toccò teneramente il braccio. Il viso scontroso dell’uomo sembrò trasformarsi, da segnato e stanco, a accondiscendente e amorevole. La giovane si voltò verso il primario, ringraziandolo con gli occhi.
“Io sono Daenerys Targaryen,” dal tono con cui lo disse, Mark capì che si reputava un persona importante : “ … e lui è mio marito Drogo. Si è ferito durante…una…discussione.”
Il dottore non espresse i suoi dubbi sul fatto che si trattasse solo di una discussione, come non disse che non aveva mai sentito un nome del genere. Dopo aver fatto il medico per più di quarant’anni riusciva ancora a stupirsi, ma quel po’ di saggezza che aveva guadagnato gli suggerì di evitare commenti di sorta. Perciò si limitò a presentarsi: “ Dottor Mark Sloan.” Sorrise cordialmente “Non si preoccupi signora, non è niente di grave.”.
Indicò di nuovo la porta della stanza vuota. “Accomodatevi. Susan!” Aggiunse chiamando un’infermiera di passaggio e chiedendole di portargli il necessario per disinfettare e suturare la ferita.
L’uomo si alzò titubante e lasciò, non senza qualche rimpianto, la scomoda sedia del corridoio. La moglie lo seguì premurosa. Mark entrò per ultimo con il kit da sutura e chiuse la porta dietro di sé, lasciandosi alle spalle il caos. Al chiuso, Drogo sembrava ancora più grosso, il che non gli sembrava possibile. Quest’ultimo si sedette riluttante sul lettino, sempre con la moglie accanto a tenergli la mano. Sembrava un grande bambino cresciuto. Molto cresciuto.
Il dottor Sloan si lavò le mani e si infilò un paio di guanti di plastica. Poi, canticchiando una vecchia canzone che gli era venuta in mente senza motivo, cominciò a pulire e a disinfettare la ferita con la pazienza e l’attenzione di un chirurgo esperto. Poi, siccome non gli piaceva lavorare in silenzio, almeno non quando si trattava di medicazioni semplici, provò a rompere la barriera che lo separava dai due sposi:“…there are things, half in shadow, and halfway in light…Allora, sarà maschio o femmina?”  additando al pancione della giovane.
Dany accarezzò protettiva il pancione e Mark notò che anche il viso del bambinone si era notevolmente addolcito a quelle parole.
“ Non lo sappiamo…ma…speriamo in un maschietto.” Sussurrò appena la giovane guardando il volto del marito. Prima che il primario potesse dire alcunché, i due cominciarono a baciarsi. Era uno di quei baci focosi e nello stesso tempo teneri, dolci e corposi. Drogo sfiorò con la punta delle dita la guancia della giovane. Mark sollevò le sopracciglia e distolse lo sguardo, a metà tra il divertito e l’intenerito.
“Devo farvi le mie scuse, non pensavo che foste una così bella coppia. E’ il vostro primo figlio?” Domandò appoggiando un momento la garza e il flacone di disinfettante. Dany si liberò a fatica dalla presa del marito e, leggermente imbarazzata, assentì.
“Dovete essere al settimo cielo. Il giorno in cui mia moglie Katherine mi venne a dire che era incinta sarei corso lungo tutta la spiaggia di Malibu per far sapere quanto ero felice e fortunato” sorrise sognante a quel dolce ricordo.
Gli bastò guardare il volto raggiante dell’uomo per capire che per lui era la stessa cosa.
“L’ho già annunciato a tutto il Khalasar. Gli auspici hanno proclamato che sarà un grande guerriero, Il Cavallo Che Monta il Mondo.”. Da come scandì lentamente e pomposamente l’ultimo periodo, Mark evitò di fare commento anche se pensò che era decisamente troppo per un neonato. Lui aveva dato la notizia solo in famiglia e in ospedale. Ok, e alla centrale dove lavorava suo padre, e al bar vicino all’ospedale, e ai frequentatori abituali della su zona di spiaggia, e al meccanico e a…
Non notando lo scetticismo del medico, cominciò a baciare nuovamente la moglie. Il corpo grosso e muscoloso del guerriero era estremamente delicato con lei, come se si trattasse di un prezioso vaso di cristallo.   
Drogo le sfiorò nuovamente le guance rosa e le sussurrò: “Sei adorabile con le guance rosse.”. Il risultato fu che il viso si imporporò ancora di più.
Dany rise maliziosa e si avviò verso la porta mentre chiedeva al gigante se voleva una tazza di caffè. L’omone assentì brevemente e Mark ricominciò la medicazione, questa volta con più delicatezza. Rimasero lì diversi minuti e il dottore si accorse che benché l’uomo fosse grande e grosso aveva una paura folle degli aghi. Sloan, malgrado la sua risaputa saggezza e esperienza come primario, non riusciva a capire che genere d’uomo fosse. La corporatura, il temperamento e gli abiti erano adatti a un guerriero sanguinario più che a un marito. Ma era rimasto sbalordito quando Drogo aveva trattato così delicatamente Dany. Riusciva a scorgere, sotto quella untuosa patina di forza e violenza, un cuore e un animo buono e gentile, ma non ne era certo. Si domandò quale sarebbe stata la reazione del Khal se fosse nata una femmina, dato che era così sicuro e orgoglioso che fosse un maschio.
Ad un tratto un urlo femminile ruppe la relativa pace che si era instaurata nella piccola stanza. Prima che Mark potesse anche solo girarsi, Drogo era saltato giù dal lettino, aveva aperto la porta ed era sparito nel caos. Il primario si lanciò all’inseguimento. Quando uscì, vide una scena infernale. Danaerys era al centro del grande salone, piegata e dolorante, mentre uno strano liquido le colava dalle cosce. Mark, con occhio clinico ed esperto, capì che le si erano rotte le acque. Lo capì anche un altro dottore, che si affrettò ad aiutarla. Prima che il primario potesse anche solo avvertirlo di non farlo, un massa scura simile a un panzer caricò il povero medico. Il dottor Jesse Travis, che stava palpando l’addome dell’adolescente, non si accorse di niente fin quando un pugno per poco non gli frantumò la mascella. Il primario notò con orrore che il dottore rimase fermo per diversi secondi prima di cadere sul pavimento con un sonoro : “ciaaff”. Prima che qualcuno potesse anche solo muovere un muscolo, Drogo stava già prendendo la moglie in braccio per portarla via. Ricorrendo a tutti i suoi riflessi e ai suoi polmoni, Sloan urlò: “ Fermatelo! ”; poi, con uno scatto impressionante per i suoi settant’anni suonati, corse ad accertarsi delle condizioni di Jesse. La bolla di sapone si ruppe, pluff, e si scatenò il putiferio. Un armata di dottori si scagliò contro il gigante, ma finì prontamente a terra. Il dottore notò con orrore che nonostante la mole immensa, Drogo era agile e silenzioso come un fantasma. Come per magia comparvero due addetti della sicurezza, Mark sentì una ventata di speranza rianimarlo, ma l’uomo appoggiò delicatamente la moglie per terra e si lanciò all’assalto.   Inutile dire che anche per i poveri agenti non ci fu speranza. Mark contemplò l’idea di affrontarlo lui stesso, per quanto scontato fosse il risultato, ma in quel momento le porte dell’ascensore si aprirono, e un  alto poliziotto in borghese fece il suo ingresso.
“Steve!” Fece il dottor Sloan, a metà tra l’atterrito e il sollevato.
Il detective Sloan non perse tempo: si lanciò contro il gigante, ma fu rispedito indietro con forza. Senza scomporsi Steve si rialzò, un’espressione fredda e determinata negli occhi azzurri come quelli del padre, e sfoderò la pistola d’ordinanza, tenendola ben salda nella mano sinistra, col braccio teso in direzione dell’omone: “ Non manco mai un bersaglio da questa distanza, ed è puntata dritta alla tua fronte.”
Drogo, senza farsi troppi problemi, gli saltò addosso. Questa volta i due rimasero avvinghiati per molto più tempo. Poi il gigante lanciò di nuovo il poliziotto lontano; Steve si puntellò sui gomiti, ma era troppo intontito per rialzarsi e Mark corse preoccupato verso il figlio: solo qualche livido ed escoriazione, ma se c’era qualcosa in grado di far arrabbiare il dottor Mark Sloan era che qualcuno facesse del male al suo coraggioso bambino con gli occhi azzurri. Improvvisamente, però, un altro medico, palesemente infuriato, uscì sbattendo la porta.
“Ma insomma, è possibile che in questo ospedale non si riesca mai a lavorare?!!!??? Ho per le mani un caso difficile, che richiede un’autopsia accurata! Oh, ma a voialtri cosa ne potrebbe importare? Rimarrebbe solo una donna violentata e strangolata e una bestia assassina in libertà, a chi interessa?” Esclamò arrabbiato il suddetto medico, che aveva ancora un paio di occhiali da laboratorio appesi al taschino del camice e si stava togliendo brutalmente i guanti di gomma.
Steve recuperò a fatica la pistola, puntandola nuovamente su Drogo, anche se sapeva che non avrebbe sparato. Odiava il suono dello sparo che risuonava ancora e ancora nelle orecchie dopo aver premuto il grilletto, odiava l’odore acre della polvere da sparo che ricopriva ogni cosa, lui compreso e odiava la consapevolezza di aver deliberatamente ferito qualcuno, anche se legittimamente. Nonostante ciò, prese la mira da terra, la mano del padre ancora sulla spalla; Danaerys, troppo dolorante per preoccuparsi d’altro, continuò ad avere contrazioni sul pavimento freddo. Mark e Drogo, invece guardarono attoniti il patologo. Mark si mise una mano nei capelli bianchi: perché il dottor Robin Quincy sceglieva sempre i momenti meno opportuni per entrare nella modalità ‘drago sputafuoco’? E, nonostante la mole del gigante, il dottor Sloan aveva i suoi dubbi che avrebbe avuto la meglio sull’ira del medico legale; a sostegno della sua tesi, invece di scattare come aveva fatto con tutti gli altri che aveva trovato sul suo cammino, Drogo rimase come paralizzato, a cercare di capire chi era quell’uomo arrabbiato che urlava a più non posso e non sembrava minimamente intimidito dalla sua enorme massa o dal suo aspetto feroce. Al contrario, quando lo vide, prese ad inveire nuovamente, questa volta contro di lui.
“E’ lei che fa tutto ‘sto casino? Grandioso, sì. Ha steso tutti, il fenomeno, e guardalo, guarda com’è conciato! E’ il modo di presentarsi in un ospedale questo? Bene, si sente soddisfatto ora che ha sbandierato i pettorali e fracassato teste? E’ contento di sé? Qui c’è gente che lavora, e badi che se non vuole essere il prossimo cadavere che esaminerò …”
“ Quince, guarda che…” tentò di metterlo in guardia Mark.
Istantaneamente la furia di Quincy cambiò bersaglio: “Ed ecco il grand’uomo, l’eroe! Scommetto che c’entri anche tu con questo macello, Sloan! E per onore della medicina, curerà anche quel pazzo una volta placati gli animi…hai davvero una curiosa etica professionale Sloan!”
Drogo continuò a osservare stranito l’uomo. Gli sembrava una strana bestia paranormale catapultata nel suo mondo. Ad un tratto un urlo più lungo e prolungato, ma soprattutto rabbioso richiamò i presenti.
“Khal Drogo, vieni immediatamente qui! Sto per partorire nostro figlio e non ho la minima intenzione di stare a sentire i vostri litigi.”. Mark non avrebbe mai immaginato una simile furia nel corpicino dell’adolescente. Ma quella aveva gli occhi che sputavano fiamme. Con uno sguardo fulminante zittì il patologo, che la guardò torvo ma si limitò a borbottare sottovoce qualcosa come “rispetto”, “violentata” e “giustizia”. Il dottor Sloan era sorpreso. “Adesso calmatevi tutti! Ho ancora abbastanza forze da alzarmi e darvele di santa ragione.” Mark le credette sulla parola. “aaahhh…quasi dimenticavo, Drogo! Non azzardarti più a prendere a pugni i dottori, è chiaro?” Il marito abbassò il capo mogio, ma per niente pentito, e corse a tenere la mano alla moglie. Il dottor Sloan non perse altro tempo: “Susan, prendimi i guanti e la mascherina. Jesse…Jesse, stai bene? Vai a preparare la sala parto. Steve…”
“Papà…” cominciò Steve, risentito.
“Stephen James Sloan, adesso tu vai a cercare tua sorella, le dici di prepararsi per un parto e la porti qui. Anzi, la porti nella sala dove sta andando Jesse. Riesci a correre? Bene, fai in fretta. “
Drogo lo fermò con aria nervosa: “Non riesco proprio a sopportare l’idea che mia moglie…da quel dottor Travis…”
“Oh, d’accordo,” commentò Mark roteando gli occhi. “Quince…Quince, non ricominciare a brontolare. Vai chiamare Amanda. Subito!”
Mark si alzò e si guardò intorno; recuperò una barella e la spinse rapidamente accanto a Danaerys. Il marito della ragazza fece per sollevarla, ma l’anziano medico lo fermò: “Piano, così le farà male. Con delicatezza, ecco, la prenda dalle spalle…piano” I due uomini spostarono Dany sul lettino con la massima dolcezza, poi Jesse fece un cenno da una porta e il dottor Sloan ci si precipitò dentro, cercando di non sbatacchiare troppo la partoriente. Una volta dentro, il dottor Sloan sorrise a Dany con aria rassicurante e le accarezzò i capelli: “Dica al suo piccolino di avere ancora un attimo di pazienza, andrà tutto bene.” “ ha solo sette mesi, è troppo piccolo, è troppo piccolo.” Ribatté la giovane, con una nota di panico nella voce.
“Andrà tutto bene,” ripeté Mark dolcemente.
“Ascolti,” disse poi a Drogo mentre si disinfettava le mani e indossava guanti e mascherina “suppongo che non abbia intenzione di aspettare fuori. Se mi promette di non svenire durante il parto può stare accanto a sua moglie e asciugarle il sudore.”
La faccia perplessa di khal Drogo sottolineava che quest’ultimo non capiva perché qualcuno dovesse parlargli di svenire; era perfettamente abituato alla vista del sangue, soprattutto perché era lui a provocare le ferite. Prima che potesse replicare, però, una dottoressa di colore sui trent’anni fece il suo ingresso nella sala e salutò affettuosamente Mark. Si chiamava Amanda Bentley e neanche lei sembrava turbata dalla mole del quasi-papà.
“Non faccia quella faccia,” lo apostrofò con la schiettezza tipica delle donne abituate a lottare contro pregiudizi e barriere sociali, mentre si infilava a sua volta guanti e mascherina. “ Il 99% degli uomini che assiste al parto della compagna sviene entro i primi cinque minuti. Mi creda, ho visto gente più minacciosa di lei cadere giù come pere mature. Comunque, decida lei”
Drogo guardò risentito la dottoressa e bofonchiando strappò dalle mani di  un’infermiera un paio di guanti e mascherina. Lui era un uomo, per Dio. Un ennesimo urlo lo pietrificò ma cercò di darsi un contegno. La dottoressa cominciò a ormeggiare sul ventre della moglie. Drogo, insolitamente nervoso, cominciò a percorre l’intera sala operatoria a grandi passi. Appariva davvero piccola in confronto a lui. Uno, due, tre, uno, due, tre. Sarebbe stato un buon padre. Di certo avrebbe insegnato al piccolo molte cose: come procurare una ferita mortale, pestare un ragazzo più grosso (anche se dubitava fortemente che sarebbe stato gracile o piccolo) e, naturalmente, a cavalcare. Non era sicuro che Dany sarebbe stata completamente d’accordo, ma era lui il padre. Rinfrancato nello spirito, buttò un occhio sulla scena e notò che c’era qualcosa che non andava. Mark si girò e gli urlò: “C’è un emorragia in corso, dobbiamo tirarlo fuori subito.”. Drogo corse vicino al dottore: “Cosa sta succedendo? Dany? Il bambino?”. Sloan stressato e confuso gli urlò in faccia: “Lasciaci fare il nostro lavoro. Tua moglie ha un’emorragia interna, tireremo fuori il bambino. Stalle vicino, tienile la mano…non capisci che ha bisogno di te?”  Quasi come per dargli ragione la dottoressa Bentley estrasse un forma sanguinolenta dal ventre e la portò velocemente su una barella più piccola. Drogo, dilaniato dal voler stare con due delle persone che amava di più nella vita, rimase confuso nel mezzo esatto della sala. Ma il bimbo non doveva piangere? I bimbi non devono piangere se va tutto bene? Il bimbo? L’uomo guardò il viso sedato e bellissimo della moglie. Perdonami amore mio, so che faresti la stessa cosa. Si slanciò verso suo figlio.
“Bisogna fargli il massaggio cardiaco.”, “ 5 grammi di morfina”, “ Dannazione c’è una perdita.”
Drogo era estremamente confuso, tra tutti quei tubi e mani accanititi sul piccolo corpo non riusciva a capire se stesse bene. Se fosse vivo. Quando Mark incominciò il massaggio cardiaco sul piccolo cuore, l’uomo si scoprì a contare con lui. Uno, due, tre. Uno, due, tre.
Il cuore, che organo affascinante. Ci accompagna per tutta la nostra vita, con i nostri sbalzi, con i nostri amori e dolori. È sempre lì, come un leale amico che ti rassicura. Sei vivo. Vivrai ancora. Potrai ancora correre, soffrire e respirare. Nei momenti più dolorosi della tua vita e quelli più trionfali e felici. È lì con te. Sempre lì. Quasi ti dimentichi della sua presenza. Solo quando smette, quando perde un colpo ti accorgi di tutto quello che stai per lasciare, la vita che hai vissuto o che devi vivere. I momenti di amore caldo e passionale, di sconfitta cocente e di semplice e ricercata pace. Drogo non si era mai reso conto di essere così fortunato. Aveva tutto. Tutto quello che un uomo può desiderare. Ma tra un momento avrebbe potuto non averlo più. E non era il suo cuore a perdere un battito. Era quello delle persone che amava. Che aveva dato per scontato. Aveva dato per scontato che sua moglie partorisse e che entrambi sarebbero venuti da lui, incolumi. Ma ora mentre il cuore di sua moglie e di suo figlio avevano smesso di battere nello stesso momento, quell’omone grande e grosso, capace di spaccare la testa di un uomo con una mano, capì che non era niente. Lui non era niente. Le sue conoscenza, le sue abilità erano niente. Perché non era in grado di salvare chi amava. Di sostituire il suo cuore buono e grande con il loro. Avrebbe voluto dire loro che li amava, che li aveva sempre amati. Ma non poteva. Non più. Drogo si accasciò sul pavimento freddo dell’ospedale. Sembrò quasi rialzarsi, ma alla fine desistette, sconfitto. Al limite dell’incoscienza, si accorse di non aver chiesto se era maschio o femmina, se era forte e grande o gracile e macilento. Queste sono le prime domande che un padre dothraki fa alla moglie. Ma cosa importava? Lui non era un qualunque dothraki, era Khal Drogo, e lei non era una moglie, era sua moglie, Dany. E quello era il loro figlio, il loro bambino. Rhaego.    
Si accorse che l’altro dottore, quel biondo Travis, lo stava portando via. L’uomo si girò e vide il volto della moglie. Pallido, esangue. Le labbra un tempo seducenti e rosse erano viola e screpolate. Sentì due voci, quella del primario e quella dell’altra dottoressa: “Amanda?”
“Mark,” un sospiro stanco. “Sono riuscita ad arginare l’emorragia, ma ha perso tanto sangue…troppo sangue.”
Le sopracciglia del dottor Sloan sottolineavano la gravità delle parole che Amanda Bentley aveva appena pronunciato: “Che gruppo sanguigno ha?”
“Zero negativo”
Zero negativo, ripeté tra sé Mark Sloan. Lo stesso della sua defunta moglie, lo stesso di suo figlio Steve.
“Papà, le scorte di sangue zero negativo sono finite!” Esclamò preoccupata la seconda infermiera, una ragazza bionda con gli occhi azzurro chiaro, molto bella.
“E’ sotto shock,” mormorò Amanda indicando Drogo “pensi che si ricordi il suo gruppo sanguigno?”
“Se anche lo sapesse, a cosa servirebbe? Quell’emorragia è stata causata dal sangue del bambino. Perciò anche l’rh del padre è positivo.”
L’infermiera bionda, che si chiamava Carol, si rifiutò di arrendersi: “Papà, vado a chiamare Steve.”
“Drogo l’ha malmenato, pensi davvero che accetterà di donare il suo sangue per una donna che neanche conosce?”
Lei sorrise: “Certo papà. E’ tuo figlio, no?”
Il suo fratellino non più tanto piccolo misurava a grandi passi il corridoio, guardandosi distrattamente intorno. Aveva passato moltissimo tempo in quell’ospedale, da quando sua madre si era ammalata; prima, per venirla a trovare e poi, per stare con suo padre. Era cresciuto tra i medici e nonostante amasse molto suo padre, Amanda e Jesse si era promesso che non avrebbe mai e poi mai sposato una dottoressa. Sua sorella lo raggiunse trafelata: “Steve, ascolta…”
“La ragazza ha partorito?”
Carol si sfregò le mani nervosa: “Sì, ma ha avuto un’emorragia interna e ha perso moltissimo sangue…”
“Che gruppo sanguigno ha?” Chiese Steve anche se sapeva già la risposta.
“Zero negativo.” Appunto.
Il poliziotto si diresse verso la sala parto: “Che aspetti? Quanto ne serve?”
Perché Carol conosceva il suo fratellino e sapeva che non l’avrebbe mai delusa.
Più Dany perdeva colore, più il cuore di khal Drogo sembrava frantumarsi i migliaia e migliaia di minuscoli frammenti, ognuno andava alla deriva in un mare nero e denso, chiamando disperatamente i suoi fratelli. Non fece neanche caso all’ingresso dell’uomo che aveva picchiato poco prima, che si tirò su la manica destra della polo. Mark guardò con orgoglio suo figlio e spiegò ad un agonizzante Drogo che dandole del nuovo sangue Danaerys avrebbe ripreso le forze.
Drogo alzò lo sguardo sul tutore dell’ordine in una muta richiesta. Non gli importava più niente di qualsiasi cosa non fosse Dany; era come se solo ora si rendesse conto che l’amava più della sua stessa vita. Salvala, pregava il gigante. Salvala. È l’unica cosa che mi è rimasta.
La rossa linfa vitale scorreva nel corpo di sua moglie, ridandogli colore. Drogo non aveva mai notato che il suo viso fosse così meravigliosamente bello.
Sereno, serafico, in pace. I dottori le tolsero le flebo e portarono via le macchine.
 
Il cuore dell’uomo rimbombò nel petto del gigante, quasi per ricordargli, in una diabolica ninnananna: sei vivo, sei vivo. Drogo percepiva ogni muscolo o tendine del suo corpo; Il dolore passava come una scarica elettrica da una cellula all’altra, polverizzandole. Con un singulto si avvicinò alla barella bianca. Accarezzò delicatamente le guance, le labbra, la fronte. Poi le sfiorò le labbra. Non fu un vero bacio, ma Drogo non riusciva a smettere di pensare a tutti i momenti passati insieme: la loro prima notte insieme, le lunghe cavalcate sulla prateria, le cene e i combattimenti.
 
Si rese conto che non sarebbe sopravvissuto a Dany e a suo figlio. Questo lo tranquillizzava. Il dolore era troppo forte per sopravvivere. Loro erano complementari, fusi, uniti. Erano una famiglia. Avrebbe voluto dire qualcosa, per esternare i suoi sentimenti, per cercare di definire quello strazio al petto o il tempo passato con lei, con loro. Alla fine, capì che non sarebbe servito. Poche parole per un grande amore.        
Mia luna e mie stelle. Cuore mio. Amore mio.
 
  
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