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Autore: yeahitsmarts    05/09/2012    1 recensioni
Watertown, Dakota del Sud.
La villa di Nils Strömvik spicca maestosa tra tutte le altre ma la gente del posto, a parte questo, sa ben poco su di lui. C' è chi giura di non averlo mai visto in giro, chi invece sostiene che esca solo di notte e che osservi silenzioso nelle case degli altri. Ma la verità è che nessuno sa con esattezza da quanto si sia trasferito lì e che tipo di vita conduca. I ragazzi più coraggiosi hanno provato diverse volte a scavalcare l' enorme staccionata per dare un' occhiata all' interno della casa ma hanno tutti fallito miseramente. Quelle statue in giardino poi mettono i brividi.
Dall' altra parte della città il Shaun Wise, durante il periodo estivo, ospita i ragazzi affetti da disturbi psicologici di qualsiasi tipo cercando di aiutarli. Tra i loro pazienti c'è Rebecca Sullivan, una diciassettenne taciturna che soffre di misantropia. Lei, assieme alle sue nuove compagne di stanza, avrà la fortuna di incontrare di persona Nils Strömvik. Riusciranno a scavare nel passato dell' uomo?
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando lasciò cadere le due pesanti valigie nel cortile d' ingresso, proprio accanto ad una jeep bianca parcheggiata lì, ripensò a come e perchè era finita in un posto simile. Si voltò a controllare se i suoi fossero ancora fuori al cancello ad osservarla o meno ma, oltre la ringhiera verde scrostata, non vide nessuno.
Era consapevole del fatto di non essere matta, forse solo un po' strana, ma matta no. Ma i suoi genitori avevano iniziato a farglielo credere soprattutto dopo l' incidente in auto. Le avevano sopportate tutte, da quando si era tagliata i polsi perchè il ragazzo che le piaceva le aveva detto di essere brutta a quando aveva preso a pugni sua cugina più grande per una semplice battuta di troppo. La goccia che però aveva fatto traboccare il vaso era stata una cretinata messa a confronto con i suoi precedenti. Si accese una sigaretta e sedendosi a terra cercò di svuotare la testa. «Hai intenzione di rimanere lì per molto?» una voce alle sue spalle la fece sobbalzare, quando si voltò si trovò davanti gli occhi una bambinetta di circa quattordici anni. Non disse nulla, la sua risposta fu quella di prendere le valigie e dirigersi verso l' entrata, non aveva più scelte.
Per un attimo tentennò, qualsiasi posto sarebbe stato meglio di quello.
Quando si ritrovò nell' atrio principale non si aspettava un ricevimento in grande stile, niente feste di benvenuto o un' accoglienza calorosa, ma mai avrebbe immaginato la vera e propria desolazione. I ragazzi sembravano abbandonati a se stessi: alcuni girovagavano per la struttura senza meta, altri se ne stavano sdraiati a terra a fumare e una coppia se ne stava sul divanetto a scambiarsi effusioni noncuranti di un uomo sulla quarantina che disgustato li fissava.
Un' enorme bacheca di sughero con su scritto 'Avvisi' catturò l' attenzione di Rebecca. Sulla sinistra c' era affisso l' elenco di tutti i ragazzi rinchiusi in quel manicomio da quattro soldi, sulla destra invece il regolamento che la ragazza non si sprecò nemmeno di leggere. Lei era la numero 34 e la camera che le era stata data era la 4, al primo piano. Salì velocemente le scale e si ritrovò davanti una porta semichiusa, dall' interno provenivano schiamazzi ed urla e Rebecca per la seconda volta soffocò a fatica l' impulso di scappare e andarsene via. Ma prima che potesse muovere qualsiasi muscolo la porta si spalancò sotto i suoi occhi increduli e una mano la strattonò all' interno. «Pensavi di andartene via?» chiese una prima voce «Beh Hope, credo che quello l' abbiano pensato un po' tutti la prima volta che sono arrivati qui» ridacchiò una seconda voce. Rebecca era ancora stordita e vedeva solo macchie sfuocate. «Tutto bene?» domandò una terza voce che la ragazza riconobbe all' istante: la bambinetta al cortile d'ingresso. Si voltò e finalmente la visuale iniziò a farsi più chiara e i contorni nitidi. Rebecca non aveva voglia di chiacchierare con quelle ragazze strane così prese la valigia e cominciò a sistemare i vestiti nell' armadio. «No mi dispiace, quello è già occupato, l'unico letto libero con il suo relativo armadio è quello» esclamò la ragazza più bassina indicando quello sotto la finestra «Mi dispiace, ma chi tardi arriva male alloggia» e così dicendo si dileguò in bagno.
La ragazza dai capelli castani scosse la testa e sorrise «Hope è un po' stravagante ma credimi, è simpatica e un' ottima amica» Amica? Ma di cosa stavano parlando? Rebecca non aveva bisogno di amiche. Si strinse nelle spalle e con un' espressione disgustata gettò la sua roba sul suo nuovo letto. «Io comunque sono Maya e lei, la più piccola, si chiama Demetria» la bambinetta le fece un cenno con la testa e si voltò a sistemare un paio di orribile mutandine verdi a pois fucsia in un cassetto. «Figo» sentenziò Rebecca per concludere lì il discorso ma Maya non sembrava essere della stessa opinione. Si sedette a gambe incrociate a terra, frugò nella sua borsa e le allungò qualcosa. «Questo è il tuo mazzo di chiavi. Tu sei...?» «Rebecca» rispose secca infilandosi le chiavi in tasca «Rebecca» ripetè Maya «Bello» Sì come ti pare, pensò la ragazza, ora lasciami in pace, per favore.
Quando Rebecca finì di sistemare l' ultimo paio di jeans sulla stampella per un momento si sentì a casa. Bene, si sentì bene, non a casa. Scosse immediatamente la testa stupita da ciò che aveva pensato. Rebecca Sullivan non aveva una casa, non aveva un posto dove sentirsi se stessa e stare bene con gli altri. Rebecca Sullivan era stata condannata ad una vita di solitudine e monotonia. Non poteva amare, non poteva avere amici, non poteva essere amata. Non doveva. Si guardò attorno e fissò una per una le sue nuove compagne di camere alle prese con le loro faccende. Non poteva amarle. E non aveva nemmeno più voglia di ascoltare i loro brusii di sottofondo.

Hope si avvicinò con passo felpato verso Rebecca che era caduta in un sonno profondo. Si era addormentata mentre ascoltava l' iPod infischiandosene alla grande che le altre tre ragazze stessero cercando di rendere partecipe anche lei alla conversazione. Ora avevano fatto la conta per decidere chi la doveva andare a svegliare e Hope aveva perso. Con grande paura la scrollò un poco sfilandole una cuffia dall' orecchio. Gettò una veloce occhiata al display dell' iPod 'Brendan's Death Song'. Mai sentita. «Reb» la chiamò «Reb svegliati, è ora del pranzo» quella mugugnò qualcosa sottovoce «Vuoi rimanere qui a dormire?» annuì «Perfetto però dopo c'è l' ora d'aria... Passerò a prenderti» e la stessa Hope si sorprese delle parole pronunciate. Rebecca non rispose nemmeno, si voltò dall' altra parte e riprese ad ascoltare la musica. Quando fu certa di stare da sola in camera potè finalmente tirare fuori il suo diario. Il fatto di averne uno all' età di diciassette anni la rendeva ridicola ma quella era l' unica opzione per parlare dei suoi problemi a qualcuno.
Caro Diario,
sono finalmente arrivata a quel camp estivo del quale i miei genitori tanto parlavano. Io sapevo che non era una cosa come un' altra ma mia madre insisteva tanto sul fatto che mi sarei divertita e che forse sarei guarita. Ma guarita da cosa? Lei crede che io non sia normale, che abbia problemi e disturbi psicologici. Per questo ora mi ritrovo qui con altri ragazzi che più o meno hanno i miei sintomi. Il fatto è che io non mi sento una psicopatica, mi reputo una persona normale. Lei sostiene che io soffri di una cosa chiamata 'misantropia' ma non capisce che per me non amare le persone è una sorta di protezione per loro...
Le mie compagne di camera sono tre, hanno l' aria simpatica ma non ho voglia di legare con loro. Una si chiama Demetria, è strana, ha tutti segni sul braccio ma non le chiederei mai e poi mai per quale motivo se li è procurati. A parte lei Hope e Maya, le altre due, sembrano tranquille e al momento non ho notato nulla di strano o preoccupante sul loro corpo. Il pensiero di dormire con delle sconosciute mi disturba perchè dove abito ho una camera tutta per me. Qui non posso di certo avere una certa privacy! Inoltre poco fa mi è arrivato un messaggio della mamma, blaterava sul fatto di farmi sentire qualche volta e suoi ragazzi che ci sono. La odio! In un momento come questo si preoccupa se la propria figlia riuscirà o no a trovare un "fidanzatino".
Vado a farmi una doccia, ci si sente.

 Reb.


Ripose accuratamente il quadernetto dalla copertina rossa in fondo al cassetto e si chiuse in bagno canticchiando allegramente 'Scar Tissue'. Fra quanto avevano detto che ci sarebbe stata l' ora d' aria?

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Angolo autrice: salve ragazzi, qui è la Marts che vi parla. Come avrete notato (?) ho preferito cancellare tre storie per concentrarmi su di questa che, a parer mio, risulta molto più carina. Presto creerò un forum dove posterò le schede dei personaggi, la trama, le cose in più da sapere e beh, altre cose che momentaneamente non mi vengono in mente.  Bene, ora vi lascio!
Grazie per l' attenzione,
Marts.
  
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