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Autore: Ronnie02    05/09/2012    5 recensioni
I fratelli Leto hanno paura dell'amore, ormai è chiaro. Ma se fosse per precedenti e struggenti esperienze? Chi sono le ragazze che li hanno incantati? Che cosa è successo?
E se tornassero nella loro vita, riportando quella brama di desiderio puro in loro, invece che solita voglia di una botta e via?
Spero di avervi incuriosito!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'One Day Maybe We'll Meet Again'
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 Echelon miei cari.... oddio devo per forza aggiornare?! Vi prego, no, vi prego!!! 

Ok, la smetto di dire idiozie ma cavolo, è stato un viaggio, una cosa che non dimenticherò in fretta e grazie a voi che mi siete stati vicini. Come ho già detto questa non è la fine, manca ancora l'epilogo e il sequel, ma sarà breve quindi è come se fosse un extra. 
La storia, la storia vera, finisce qui, e santo Signore che mi sostiene, mi mancherà da morire.
Intanto vorrei ringraziarvi tutti, dal primo all'ultimo, recensioni e non, tutti voi lettori. Perchè siete la mia forza, qualunque sia il vostro nome, la vostra età o il vostro paese. GRAZIE!
Ci vediamo sotto, buona lettura.



 Capitolo 39. The beating of our heart

 



Jared
 
“Ragazzi!”, ci salutò Solon abbracciandoci sorridente dopo circa sette mesi di lontananza. 
“Solon! Dio, se mi sei mancato! Come stai? Los Angeles ti fa ancora dannare?”, disse Ronnie buttandosi nelle sue braccia velocemente mentre io andavo a sistemare le borse nel bagagliaio dell'auto che guidava Solon. 
“Non è Los Angeles che mi fa impazzire, tesoro", ridacchiò l' ex chitarrista facendo ridere Ronnie.
Capivo perché: prima di tutto Andy e Shannon erano tornati a casa dopo il film, ad agosto, e solo Dio sa cosa già loro da soli potessero combinare. Erano delle bombe in movimento, non sapevano stare fermi e avranno obbligato il poverino a sopportarli in quei giorni.
Da fratello, sapevo che Shannon era una botta di vita che ti travolge anche quando tu avresti preferito buttarti a dormire sul divano. 
In più Vicky aveva partorito da due giorni, il 9 di settembre, niente di meno che due gemelli e per questo Ronnie si era decisa a non rimanere on the road solo come turista ancora a lungo.
Così, finito l'ultimo spettacolo, avevamo preso il primo volo disponibile per Los Angeles. Eravamo curiosi di sapere come stavano Tomo e Vicky e magari aiutarli con le pesti.
Non sapevamo ancora i nomi, quando Tomo ci aveva chiamato dopo il parto era riuscito solo a dire che Vicky era stanca morta e che erano tutti sani. Avevamo preferito non parlare molto, ma lasciarli riposare un po’ dopo un esperienza del genere, visto che comunque con i piccoli le ore di sonno si sarebbero ridotte parecchio. 
Così avevamo passato le ore in aereo cercando di non pensare ai gemelli, o Ronnie sarebbe stata capace di entrare nella cabina del pilota, sebbene non fosse nemmeno legale, per urlargli di muoversi ed arrivare prima.
Era veramente felice per la sua amica e nemmeno troppo sconvolta dal parto che lei per ora non avrebbe avuto. 
Ma alla fine avrei dovuto capirlo: lei evitava sempre di pensare a se stessa o ai suoi problemi per aiutare gli altri, per essere felice con gli altri. Ed era la migliore proprio per quello.
Infatti non vedevamo l'ora di vedere i piccolini. Saranno stati scalmanati, piagnucoloni, già pazzi e completamente innamorati della loro mamma. 
Chissà se Tomo si era già ingelosito dei nuovi arrivati! A volte lo prendevamo in giro, dicendo che Vicky si sarebbe dimenticata di lui, così presa dai bambini. Che lui sarebbe stato solo il povero uomo che la sopportava dopo la depressione post parto che la rendeva nervosa. Ma sapevamo che Vicky non ne avrebbe sofferto, non era il tipo. 
Però erano loro il vero problema di Solon, che di sicuro doveva rassicurare Tomo dalla sorpresa della nuova vita. 
“Come stanno?”, chiese Ronnie curiosa ed eccitata. Mi sorprendeva ancora ma ero felice per lei. 
“Oggi tornano dall'ospedale, Andy e Shannon sono già andati a trovarlo ieri. Mi hanno detto che sono tenerissimi”, peggiorò la situazione.
Ronnie scoppiò in un gridolino di gioia ed entrò veloce in macchina, prendendo la mia camicia e spingendomi di fianco a lei, per farmi muovere. Non voleva perdere tempo, anche se comunque oggi non saremmo potuti andarli a trovare.
Io e Solon ci mettemmo a ridere e andammo in macchina. Solon si sedette al posto di guida mentre io andai ad abbracciare Ronnie. 
Il viaggio fu simile a quello in aereo, ma fortunatamente fu più veloce. 
“Cos'ha Solon?”, mi chiese ad un tratto la mia ragazza. Mi stupii, visto che non avevo notato nulla. 
“Solon?”, domandai curioso.
Lei guardò il guidatore e si accorse che era al telefono. Sorrise e mi sussurrò: “Sì, è strano, come se mi nascondesse qualcosa. Lo conosco meglio di chiunque, sono certa che con gli altri ha combinato uno dei loro guai”.
Scoppiai a ridere, completamente d'accordo. Avevano di certo preparato qualcosa, o non sarebbero stati loro. 
“Sì, probabilmente hai ragione”, risi scuotendo la testa. 
Solon poi mise via il telefono e così Ronnie finì di parlare di lui. 
L'abbracciai e la lasciai dormicchiare un po', visto che la notte passata in viaggio non aveva fatto altro che messaggiare con Vicky o sopportare il jet lag. 
Ma dopo una decina di minuti Solon svoltò verso casa nostra con uno strano sorrisino. Ronnie aveva ragione, ma preferivo concentrarmi sull'edificio che mi era mancato di più in questi giorni. Casa. 
“Ehy Ron”, la chiamai dandole un bacio sui capelli rossi, legati in una grande e folta treccia di lato. “Siamo arrivati a casa”.
Lei stropicciò gli occhi e si svegliò svogliatamente. Solon spense l'auto, dopo averla parcheggiata davanti al portone d'ingresso. 
“Lasciala dormire”, mi sussurrò mentre Ronnie ricadeva nel dormiveglia. Era stravolta, non riusciva a lasciare gli occhi aperti per più di due secondi. 
Io annuii, scendendo dall'auto e prendendo i bagagli e portandoli nel nostro salotto. Li poggiai all'entrata, senza nemmeno avere la forza di guardarla. 
Tornai alla macchina e vidi Ronnie, addormentata come quando l'aveva lasciata pochi secondi prima. 
Ci pensai un secondo, storcendo le labbra per decidere, e poi mi incurvai nell'auto e la sollevai di peso. Non era pesante, magra com'era, così la portai fuori, lasciando a Solon la sua auto. 
Lo salutai con un sorriso e lo lasciai andare a casa sua. Ci aveva già fatto un enorme favore a venirci a prendere. Lo vidi ridere mentre se ne andava e io ricambiai con un sorriso, trascinandomi verso l'ingresso con Ronnie. 
Presi le chiavi dalla tasca dei jeans e le misi nella serratura, facendo scattare il meccanismo. Le rimisi in tasca e aprii la porta con il piede, entrando nel salone. 
La casa era... Non c'erano aggettivi adatti per descriverla. Ebbi paura di aver sbagliato porta per qualche secondo; ma no, era quella giusta ed era casa mia. 
Ronnie ci aveva visto giusto. 
Quei disgraziati avevano cambiato un bel po' di mobili e avevano spostato i pochi rimasti. In più avevano ripitturato la nostra stanza di un violetto che di certo avevo scelto Andy. 
E, sempre nella nostra stanza, appoggiato ad una parete, c'era un grande baldacchino sul classico, con anche le tendine, al quale era attaccato un biglietto. Congratulazioni ragazzi! Vi vogliamo bene
Accanto al biglietto c'era un piccolo ciondolo... No, era un ciuccio. 
Opera di Vicky, non c'erano dubbi, per farla impazzire ancora di più forse. 
Sorrisi e poggiai finalmente Ronnie sulle coperte, coprendola e lasciandola dormire. Poi sistemai il biglietto e il ciuccio sul comò. 
Quando ebbi finito di sistemare anche i bagagli tornai da Ronnie e cominciai a guardarla. 
Alla fine sorrisi e mi sistemai sul letto di fianco a lei, sentendo il suo profumo e il suono del suo respiro. 
“Tu non sai quanto tempo ho atteso questo momento”, sussurrai toccandole l'anello che le avevo regalato e ricordando quella festa di Halloween di tanti anni fa.
Lei... Stupenda nel suo vestito da sposa vampira che Vicky le aveva fatto. 
“Da quando ho visto i tuoi occhi sorridere e brillare”, mi rispose girandosi e attaccandosi a me in un abbraccio. La strinsi ancora più forte e sperai di non lasciarla mai.
“Tu sei parte di me”, dissi nei suoi capelli. 
“E io ho bisogno di te”, mi rispose sorridendo. 
 
“Eccolo qui il mio ragazzo!”, mi abbracciò Tomo quando arrivammo a casa loro. 
Come con casa nostra, avevano risistemato tutto il mobilio e ora la sala principale era un parco divertimenti per neonati, con culla, fasciatoio e seggiolone incluso. 
“Hey papà, come va la vita?”, dissi sentendomi felice per lui, ma anche completamente fuori posto e svuotato da dentro. 
In fondo se nessuno ci avrebbe quasi ucciso, beccandosi un ergastolo per omicidio, omissione di soccorso e guida in stato di ebbrezza da alcol e droga, ora anche io e Ronnie saremmo stati in quella situazione. 
La guardai salutare felice Vicky con uno dei suoi abbracci strangolatori, eccitata per i gemelli, ma nel suo sguardo capivo che qualcosa non andava.
Forse stava sprofondando di nuovo e di nascosto in quella pozza di dolore e ricordi che la perseguitava da tutta una vita. 
Ma appena si cominciarono a parlare se ne andarono per i fatti loro, congedandosi senza un motivo preciso. 'Cose da ragazze', pensai senza darci troppo peso. 
Così Tomo mi portò in cucina, dove su un piccolo tappetino colorato e pieno di giochi si stavano divertendo due bimbi.
Erano bellissimi: due gocce d'acqua, tranne per il sesso. Il maschietto vestito con una tutina bluastra e la bambina con una di colore verde e rosa. 
Erano diversi fisicamente solo per un piccolo particolare: una voglia. 
La bambina aveva una macchiolina a forma di pianeta color caffè sulla parte bassa della guancia destra, mentre suo fratello ne aveva una più sul rossiccia a forma di ellisse sul polso sinistro. 
“Vicky ha fatto un bel lavoro”, scherzai facendolo scoppiare a ridere.
Lui si sedette sul tappetino con i bambini, mentre loro si voltavano e ridacchiavano. 
Era bello vederlo giocare con dei piccoli marmocchi. L'avevo sempre visto come papà. 
“Sai, prima pensavo che tutto sarebbe cambiato; ma a parte qualche alzataccia notturna, è stato il miglior regalo di compleanno di sempre”, sorrise, sperando di non farmi intristire. Era vero, lui aveva compiuto 33 anni il 3 di settembre, mentre loro erano nati il 9. “Mi dispiace per quello che ti è successo ma devo parlarne con qualcuno e so che Shannon la metterebbe solo sul ridere. Non dico che non sia un ottimo amico, ma non è adatto a questa situazione”.
“Quale situazione?”, chiesi sospettoso. 
“Che sono... totalmente preso da questi due. Voglio dire, l'amore per Vicky è eccitante, avventuriero, vivace... Con loro invece provo un amore paterno così dolce che non posso descriverlo. Aspettarli è stato bello, ma averli è... stupefacente”.
“Lo capisco. Cioè no, ora non lo posso capire ma ci sono quasi arrivato e mi aspettavo tutto questo”, dissi, cercando di non scoppiare. 
“Non è stata colpa tua, Jared. Sono sicuro che ci riuscirete di nuovo e così avrete il tempo di fare tutto con calma con il matrimonio”, mi consolò, sapendo che non era facile. 
“Sono bellissimi”, cambiai discorso voltandomi e guardando gli occhi dei piccoli. Non erano particolari, ma erano pozze di cioccolato così dolci da farti sciogliere. 
“Grazie”, sorrise Tomo, giustamente fiero del suo lavoro. Poi scoppiò a ridere e cambiò di nuovo discorso. “E tu? Come stai dopo la faticaccia del tour di Ronnie?”. 
“Contro ogni previsione di qualche anni fa... Mi sto per sposare”, ridacchiai. 
“Oh già. Fossi in te comincerei ad avere paura. Vicky sta già organizzando la cosa, Andy sta già decidendo gli invitati e Shannon sta guardando i vari posti”, m'informò. Non era una sorpresa a dirla tutta. “Secondo me verso gennaio sarai sposato. Vicky vuole la neve, come contrasto con il nostro sole. Se Shannon decidesse di chiederlo a Andy chissà quale altra stagione cercheranno”.
“Bè non mi faccio problemi se c'è poco tempo”, scoppiai a ridere. 
“Già, non riuscirai mai a stare all'oscuro di tutto per tanto tempo come me”, mi prese in giro. “Ti immagini già Ronnie con un vestito bianco?”. 
“Oh, non faccio così fatica”, lo sorpresi ridendo. Lui fece una faccia curiosa e così cominciai a spiegargli. “Quando festeggiammo Halloween a Bossier City, Vicky la vestì da sposa vampira. Già ai tempi le dissi che l'avrei sposata”.
“Prima di conoscere Ronnie faticavo a immaginarti nei ricordi romanticosi che mi raccontavi tu o Shannon quando pensavi a lei”, mi confessò prendendo in braccio la piccola e giocando un po’ con lei, mentre il ragazzino su avvicinò a me. Mi guardava con quei suoi due grandi occhioni marroni e sorrisi a vederlo. Lo feci ridere un po’ e mi sembrò di rinascere nella sua risata. “Ma poi Vicky me la presentò e, sebbene lei fosse arrabbiata con te, vedevo che era una persona stupenda. E che prima o poi ti avrebbe perdonato, solo doveva trovare il suo tempo”.
“E alla fine l'ha fatto”, sorrisi fiero. 
“E ora vi sposate”, aggiunse guardando la bimba cercare di gattonare verso il fratello e alla fine spingerlo lontano da me. Mi guardò sorridente e mi allungò la sua manina. La presi e lei allungò anche l'altra. 
“Vuole che la prendi in braccio. Sai, a Shannon non si sono avvicinati così in fretta. Vuol dire che stai loro molto simpatico”, scoppiò a ridere Tomo mentre prendevo la bimba in braccio e lei mi abbracciava di scatto, con le sue braccine minuscole. Aveva solo una settimana, ma sapeva già fare molte cose. 
“Oh signorina, anche lei mi sta molto simpatica”, le toccai la testolina con pochi capelli scuri. Suo fratello spostò la testa di lato e io scoppiai a ridere. “Oh non si preoccupi, my lord, pure lei ha un certo carisma”. 
Tomo mi seguì ridendo e cominciò a far giocare i piccoli. La bimba si staccò da me e mi guardò con in suoi occhioni, perfettamente identici a quelli di suo fratello. Sì, non ero padre, ma con Shannon sarei stato lo zio più figo del mondo. 
 
 
Ronnie
 
Quando notai Jared andare con Tomo dai piccoli mi venne un crampo allo stomaco. 
Andammo nel bagno della sua stanza, tutto in ordine e pulito. Vicky si poggiò sul lavandino, per niente stanca, mentre io mi sedetti sul bordo della vasca da bagno. 
“Allora come stai?”, chiesi sorridente. Ero davvero felice per lei,
anche se un po’ mi faceva male. Ma questo era il suo momento e i miei problemi non erano inclusi. 
“Stanca morta”, scoppiò a ridere sebbene non lo sembrasse affatto da come si presentava. “Sono delle pesti! Si svegliano in continuazione, mangiano in continuazione, piangono in continuazione, devi cambiarli in continuazione...”. 
“Ma...?”, chiesi ridendo. Sapevo che mi parlava solo della parte negativa per farmi stare meglio, ma io stavo già meglio. E una grande parte era dovuta al nuovo anello che occupava il mio anulare. 
“Ma sono bellissimi”, rise capendo che ora poteva parlare liberamente. “Sono sì delle pesti ma quando ti fanno quella loro risata dopo averli fatti giocare o quando ti guardano con quegli occhioni mi passa tutto. Due sono tanti da gestire, ma ho sopportato la band e i loro problemi fino ad ora... due gemelli sono una passeggiata”.
Scoppiai a ridere per il paragone e per qualche secondo la conversazione cadde lì. Qualche secondo in cui Vicky capì abbastanza di quello che mi passava per la testa in quei giorni. 
“Parla”, mi scoprì infatti guardandomi curiosa. 
“Cosa? No, sono solo nervosa... Sai il matrimonio è stato una sorpresa”.
Ma le mie speranze in cui Vicky ci cascasse erano basse e cedettero all'istante. In fondo era una delle mie due migliori amiche e se lei non mi capiva mi sarei dovuta preoccupare. 
“Parla”, mi disse infatti sapendo che non era quello il problema. Per di più era una scusa stupida, visto che per il matrimonio avrei dovuto solo occuparmi dei vestiti perché per il resto avrebbero fatto tutto i ragazzi, a parte Jared ovviamente. 
Vicky avrebbe preferito ricambiare il favore che le avevo fatto per il suo matrimonio, ma poi avevamo deciso che almeno i vestiti volevo disegnarli io. Per il resto avrebbero avuto completa carta bianca e, se per ora andava bene, sapevo che presto me ne sarei pentita amaramente. 
“Vicky sul serio...”, cercai di deviare ancora il discorso sebbene avessi la necessità di dirlo a qualcuno. 
“Sul serio Ronnie, parla”, sbuffò ridendo, mentre io feci un respiro forte, decidendo cosa fare. 
“Ok... Non mi sento molto bene”, sputai il rospo guardando in basso e aspettando che capisse. “E no, non ho la febbre”.
Lei rimase un po’ interdetta per qualche secondo cercando di comprendere cosa volessi dire, ma poi il suo cervello cominciò a ragionare. 
“O mio dio! O mio dio!”, urlò saltellando sul posto e facendomi spaventare; ma subito la zittii per evitare che venissero da noi Tomo e Jared. 
“Non urlare!”, sussurrai vedendola muoversi le mani davanti alla faccia per prendere aria. Che attrice! 
“E’ che sono contenta!”, gracchiò senza urlare. “Ma lui lo sa? Voglio dire glielo hai detto, no?”. 
“Ecco... Io non ne sono così sicura, sto solo un po’ male. Se avessi cercato di capire qualcosa di più, lui se ne sarebbe accorto", dissi timidamente. 
“Ringrazia il Signore che io ne abbia ancora perfino due, così siamo sicure al cento per cento”, mi rispose frugando in un cassetto. Prese una borsa colorata e ne estrasse quello che ci serviva. 
Stavo male al pensiero di quello che avrebbe potuto significare. Avevo paura che qualcosa potesse andare ancora storto. Avevo però anche paura di essermi sbagliata e aver avuto speranze vane. 
“Coraggio”, mi abbracciò Vicky con un sorriso. “Vado a vedere se miei bambini sono ancora vivi con quei due, così ti lascio fare”.
“Ho paura”.
“Andrà tutto bene, qualunque cosa ti dica”, mi sussurrò facendomi l'occhiolino e uscendo dal suo bagno. Sentii i passi andare verso la cucina e la sentii ridere. Aveva raggiunto i piccoli, forse li stava facendo giocare con Tomo e Jared. 
Jared... Cosa poteva succedere? Sapevo che in caso l'avrebbe presa bene oppure non glielo avrei detto, evitando la mia stessa delusione. In fondo ero io che non funzionavo più tanto bene da quell'incidente. 
“Non fare la stupida Ronnie!”, mi dissi guardando ciò che mi aveva dato Vicky. “Tu non sei una vigliacca, chiaro. Ora muovi il culo e fai quello che devi fare”. 
Respirai forte e mi decisi. Qualche minuto e tutto sarebbe finito... forse. 

“Ronnie?”, mi chiamò Vicky da fuori la porta, dopo qualche minuto da quando avevo finito. “Sono Vicky, posso entrare?”.
“Sì certo”, mi limitai a dire a bassa voce, sperando che sentisse. 
La maniglia cominciò a girare e, dopo quella che per me sembrò un eternità, notai la sua faccina entrare nella stanza. 
“Come stai?”, mi chiese un po’ preoccupata. 
Ero in piedi, davanti allo specchio, con le mani poggiate sul lavandino per reggere il peso del mio corpo, la testa piegata in giù. Sembrava stessi per vomitare, ma dentro il lavandino non c'era nulla, tranne che quelle due stecchette che parlavano da sole.
“Cosa dicono?”, chiese ancora preoccupata. Di questo passo le sarebbe venuto un infarto, ne ero certa. 
“Guarda te”, dissi con gli occhi chiusi, senza avere il coraggio di aprirli. 
“Oddio potevi chiamarmi prima! Sei stata qui dieci minuti solo per cercare di vedere qualcosa?”, mi prese un po’ in giro. Sorrisi e aprii gli occhi, deviando però la vista solo su Vicky. 
Lei scosse la testa e si fece spazio, mentre io mi risedevo sul bordo della vasca, in attesa del risultato. 
“Sei sicura di aver fatto tutto bene?”, chiese mettendomi ansia. 
“Sì Vicky, non è la prima volta che lo faccio, dai!”, risposi nervosa. 
“Bè perché hai fatto cento”, mi disse. Ovvero entrambi avevano lo stesso risultato, cinquanta percento di probabilità da uno e cinquanta percento dell'altro. Cento per cento di sicurezza. Ma sicurezza su cosa?
E i suoi occhi mi fecero capire la risposta. 
 
“Com'è che siete state tutto il giorno a farvi gli affaracci vostri, tu e Vicky?”, mi chiese Jared quella sera. 
“Voleva dirmi delle cose sul matrimonio; sai che tu non puoi sentire”, mentii spudoratamente. 
“Ah. E i vestiti? Riesci a disegnarli? Sei sicura di non volerli comprare?”, mi chiese cascandoci. Wow, stavo migliorando. Di solito mentire a lui era una faticaccia. 
“Prima di tutto voglio un vestito completamente mio, non uno che altre migliaia di ragazze potrebbero avere”, specificai facendolo sorridere. “In più non potrei dare soldi ad un negozio così che tu possa andare a sbirciare il versamento e capire il vestito che ho comprato. No, ragazzo mio, non lo vedrai fino a quel momento”. 
“Spero che arrivi prestissimo, allora”, mi baciò dietro l'orecchio, come sempre, mentre mi stavo pettinando, in camera nostra. “La mia futura signora Veronica Leto”. 
“Sai non suona molto bene, secondo me non ti dovrei nemmeno sposare, il tuo cognome non mi si addice”, scherzai mentre lui faceva l'offeso e mi tirava una cuscinata in testa, rovinando la treccia che stavo facendo. 
“Ma come osi?”, mi finsi arrabbiata prendendo il mio cuscino e tirandolo verso di lui, beccandogli la spalla destra. 
“Se ti prendo finisci male!”, mi minacciò lasciando il cuscino e preparandosi a scattare. 
“Prima però devi riuscire a prendermi!”, risi cominciando a scappare ovunque mentre lui mi inseguiva. 
Mi sembrava di essere tornata al Caddo Lake nei primi giorni in cui ci eravamo conosciuti. Era strano, ogni cosa che accadeva mi ricordava quella giornata. Forse era stata molto più importante di quello che pensavo quando avevo accettato di andare con loro. 
E ad un certo punto della corsa.. Bum!
“Ahia”, borbottai trovandomi spiaccicata sul divano nuovo della nostra sala dopo esserci volata sopra. Non l'avevo visto, persa com'ero nei ricordi, ed ero inciampata sul lungo schienale per poi ribaltarmi dall'altra parte. 
Dietro di me sentii Jared scoppiare a ridere fino a star male, ma appena provai ad alzarmi per ricominciare l'inseguimento, mi placcò, buttandomi indietro e facendomi il solletico. 
“Presa, piccola distratta!”, mi prese in giro mentre si avvicinava per baciarmi. 
Mossa sbagliata; il mio stomaco, o forse non propriamente lui, non approvò e di corsa scansai Jared, facendolo cadere per terra, e corsi in bagno. 
“Ronnie?! Ronnie che succede?”, mi chiese da fuori la porta mentre svuotavo me stessa nel modo peggiore che l'essere umano conosca. Dio, se odiavo rimettere!
“Ronnie?”, continuò quando aprii la porta e mi guardò sconvolto. Non dovevo essere molto carina in quel momento.
“Non è niente, tranquillo”, dissi senza convincerlo. “Avrò mangiato qualcosa di avariato”.
“O forse non hai proprio mangiato”, sottolineò. 
“Se così fosse non riuscirei a rimettere", ribattei per non tornare sull'argomento. 
“Come stai ora?”, mi chiese quando ebbi finito. Mi aiutò ad alzarmi e mi sedetti sul gabinetto. Però, che posto romantico!
“Meglio grazie”, sussurrai un po’ stordita. 
“Vuoi andare dal dottore?”, mi chiese preoccupato. 
“No!”, esclamai preoccupata. No, andare in ospedale era la scelta peggiore che potessi fare. “Sono sicura che se ci dormo sopra starò benissimo fidati”.
“Come vuoi", mi diede un bacio sulla fronte, aiutandomi ad andare in camera nostra. 
Andammo a dormire e io mi appiccicai a lui per tutta la notte. Non volevo lasciarlo andare, non volevo perderlo. 
La mattina dopo però, dopo la colazione, stetti ancora male, ma per fortuna Jared era andato da Shannon dopo una sua telefonata. A quanto pare Constance non si era sentita molto bene e volevano decidere cosa fare. 
Pregai che non fosse niente di male e, appena Jared tornò a casa stravolto, mi tranquillizzai. 
Erano andati all'ospedale e i dottori avevano detto che andava tutto bene. Stava invecchiando e il suo corpo non era più lo stesso, ma non rischiava nulla. 
“Va tutto bene, Jay, sta tranquillo”, gli dissi prima di andare a dormire. Lui annuì, sorridente ma ancora un po’ teso. Lo abbracciai e restammo così fino a che entrambi non cademmo nel mondo dei sogni, dove tutto andava bene.
Ma il mattino dopo i problemi tornarono, complicandomi l’esistenza.
“Basta, ora ti porto dal dottore!”, disse Jared quando dopo la colazione mi ritrovai di nuovo in bagno. 
“No! No, ti prego Jared, sto bene”, cercai di dirgli alzandomi e barcollando verso di lui. “Per favore”.
“Dimmi cos'hai, Ronnie”, mi pregò lui abbracciandomi e stringendomi contro di lui. Sentii il suo respiro tra i miei capelli, come amava fare, e capii che gli faceva male non sapere. “Io non ce la faccio a vederti stare male, non posso stare solo a guadare. Già con mamma io...”. 
“Jared sto bene”, lo strinsi ancora di più. “Non è niente di grave”.
“Allora perché vomiti?”, chiese toccando i miei capelli e restando così. 
Era ora. 
“Perche non sono sola”, dissi prendendo una sua mano e, guardando il suo viso un po’ lacrimante, la poggiai sulla mia pancia, diventando rossa d'imbarazzo. 
“Sei... sei incinta?”, mi chiese stupito asciugandosi gli occhi con l'altra mano e facendo comparire un sorrisone sul suo viso. Mi alzò il volto e mi fece capire che non dovevo vergognarmi.
“Tu… tu sei incinta!”, urlò ricominciando a piangere, anche se di felicità ora. Si vedeva che era stato stressato in questi giorni, era un continuo piangere. 
“Già, sono incinta”, sussurrai prima che mi baciò felice e mi tirò su di peso. Gli circondai il collo con le braccia e lo strinsi ancora di più a me, continuando a baciarlo. 
“Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo!”, continuò a dire quando ci staccammo e mi rimise per terra, a tempo dei veloci battiti dei nostri cuori. “Anzi, vi amo!”.
Sorrisi e lo baciai di nuovo. “Anche io ti amo, Jared. E lo farò per sempre”.
 
 
 ....
Note dell'autrice:
Sì, lo so sono cattiva e sono perfida, sto piangendo anche io come una disperata. I nomi e tutto li scoprirete settimana prossima con l'epilogo *che vi permetterà di capire bene anche la modalità con cui ho affrontato il seguel*.
Il sequel avrà come titolo "I Will Never Regret" sempre da Closer To The Edge e verrà pubblicato la settimana dopo l'epilogo e chi vorrà riceverà la solita email di aggiornamento anche per quello.
Ora, non credo ci sia molto da dire.
Innanzitutto il rompicapo di cui vi avevo parlato nel capitolo 9 *oddio epoche fa!* era che ogni capitolo contenente il numero 9 ha una frase di Vox Populi e sono praticamente due frasi mette insieme. In pù i capitoli contenenti il 9 sono i più importanti: si mettono insieme, si lasciano, figlio e altro figlio.
Ogni numero di questa storia ritorna al nove, come delle camere d'albergo (quella di Lucy e Ronnie all'ospedale) ecc. Insomma, TUTTA la storia è basata sul nove ;) 

E detto questo vorrei solo... RINGRAZIARVI. Di tutto, come sempre. Perchè siete stupendi, siete fantastici e senza di voi sarei una povera pazza che scrivere per un signor nessuno. Grazie  Grazie Grazie GRAZIE!
Vi amo tutti ragazzi, dal primo all'ultimo.
 Ronnie02 
   
 
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