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Autore: Insecurity    05/09/2012    0 recensioni
questa storia è nata per puro caso, ma mi ci sto affezionando e spero di trarne qualcosa di buono.
Si tratta solo di una ragazza che ha bisogno di ricominciare e finalmente ha l'occasione per farlo.
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alya e il bambino si scambiarono un occhiata. Il bambinetto era cicciottello, con guance rosse e occhi scuri. Aveva la bocca contratta in una smorfia che lo faceva sembrare un criceto; con vocina irritata, disse:
-  Scusami, signora, sei in mezzo alla strada!
Alya si guardò intorno, poi si girò nuovamente verso il bambino che si appoggiava con aria orgogliosa al suo monopattino. Doveva essere nuovo di zecca e molto costoso.
-  Oh, mi dispiace, ora mi sposto. - In realtà, la strada era abbastanza grande perché lui potesse passare, ma Alya preferì non contraddirlo.
Il bambino la guardò bene in faccia e, con aria preoccupata chiese: - Oh, ma sei triste signora? È per colpa mia? Vieni con me, signora, mi farò perdonare! -.
Le prese la mano e la strinse alla sua, fresca e morbida e iniziò a trascinarla attraverso il parco.
-  Oh no piccolo, davvero non è colpa tua, non c’è bisogno di..
Ma il bimbo la interruppe:
-  Io comunque sono Artie e ho quasi sei anni. - Fece un piccolo sorrisino, fiero della sua età. - E tu signora?
-  Il mio nome è Alya e.. lo sai che i gentiluomini non chiedono l’età alle femmine?
-  Allora vuol dire che sei vecchia, sennò mi rispondevi.
-  Ok, ne ho 26!
-  Sì, sei vecchia. Però sei tanto bella!
Alya si fermò di colpo, stupita dalle parole del bambino. Si era dimenticata di quanto i bambini fossero schietti e spesso… sinceri.
Arrivarono vicino ad un grosso albero. Addossato al tronco c’era una scala bianca. Il bambino era già salito e si era già messo a cavalcioni su uno dei rami più bassi.
-  Vieni, non c’è paura, sali!
Sconcertata, Alya obbedì a quel bambino così strano. Si sedette di fronte a lui e strinse le gambe intorno al ramo.
-  Ma lo sai che è pericoloso arrampicarsi qua su? Potresti farti davvero male! E dove sono i tuoi genitori?
-  Oh io ci vengo sempre qui, è il mio posto segreto segretissimo. Promettimi che non lo dici a nessuno, nessuno!
-  Va bene, prometto, ma..
-  Croce sul cuore?
-  Sì, sì. Croce..
Non la lasciò finire che cambiò discorso:
-  Vengo qui con la mia tata, ma è antipatica e cattiva, non mi compra mai il gelato. Va sempre a sedersi davanti all’edicola. Credo gli piaccia il giornalaio..
-  E tu come fai a saperlo? Come fai a sapere certe cose, sei ancora piccolo!
Artie cambiò nuovamente discorso:
-  Mia mamma non c’è più da quando ero piccolo così. – alzo la mano, distese il pollice e l’indice per farmi capire. – E mio papà è sempre via, non mi vede mai.
-  Oh, mi dispiace per tua mamma..
-  Ma non è mica morta! È solo andata via. Ma non so cosa è successo, nessuno me lo dice, sono “troppo piccolo”. Si affrettò a rispondere, facendo una smorfia irritata.
-  Sai, anche io non ho mai conosciuto realmente mio padre.. e mia madre.. per quanto le possa volere bene, non mi ha mai capita realmente.
-  Papà quando è a casa si chiude nel suo studio a lavorare. Che noia! Non gioca mai con me e non mi parla, mi guarda sempre in modo strano.
-  Oh, sono sicura che non sia così, molto probabilmente è impegnato… ma che ore sono? Le 11! Ma tu non dovresti andare a scuola, o qualcosa del genere?
-  No, io studio a casa. Il maestro viene per me e mi insegna tutto. Ma è barbone, non mi fa mai giocare…
-  Vuoi dire.. barboso?
-  Sì sì, quella cosa lì!
-  Vieni, scendiamo e andiamo a cercare la tua tata.
Girarono per tutto il parco, ma non la videro da nessuna parte.
-  Artie, sai la strada per tornare a casa? Ti accompagno io, visto che la tata si è dileguata…
-  Vieni, da questa parte, così ti faccio vedere i miei giochi!
Iniziò a correre con le sue gambette corte e Alya dovette raggiungerlo in fretta e prenderlo per mano, per evitare che si facesse male.
Dopo un pezzo, si fermarono davanti ad un enorme casa in stile vittoriano: un grande portone era preceduto da una scalinata in marmo, il palazzo era altissimo, enfatizzato dai pinnacoli sul tetto. Le finestre erano alte e strette, chiuse e coperte all’interno da spessi tendoni.
-  Artie, ma.. tuo papà cosa fa esattamente?
-  Beh, lui.. non lo so, però so che è ricco, tanto! Vieni, entra, andiamo a fare colazione!
Così Alya venne nuovamente trascinata dentro quell’enorme palazzo da un uragano di nome Artie.
E per tutta la mattina non aveva pensato a Sam.
                                                                                              ***
Il suo viso rifletteva il suo immenso stupore, quando entrò in casa di Artie. Il suo piccolo appartamento sembrava uno sgabuzzino al confronto. La sala principale era non grande, era davvero gigantesca. Rimase per qualche minuto con il naso all'insù, come i bambini che guardano verso le nuvole; un ricco lampadario di cristallo pendeva dal soffitto, davanti a Alya possenti scale in marmo portavano al piano di sopra. Al salone d'entrata, di forma circolare, erano connesse la sala da pranzo, la cucina, il salotto e quello più sfarzoso per i ricevimenti e sulle pareti erano appesi quadri famosi... Alya non era nemmeno convinta che fossero solo riproduzioni, dalla casa, sicuramente il padrone avrebbe avuto i soldi per comprarsi un quadro originale!
Si avvicinò ad un dipinto, I papaveri di Monet. Era il suo artista preferito, adorava i giochi di luce nelle sue rappresentazioni.. Tutto è differente sotto una luce diversa.
- Signora Alya, vieni ti faccio vedere la mia stanza! - Urlò Artie e proprio mentre stava per salire sul primo gradino, una voce rimbombò nel salone:
- Arthur, si può sapere cosa stai facendo?
La voce era profonda, come solo quella di un uomo poteva essere. E...veniva proprio da dietro di lei. Si girò lentamente e si trovò davanti quello che le parve essere un leone. L'uomo che la stava fissando con intensità  aveva i capelli piuttosto lunghi, arrivavano fino al colletto della camicia perfettamente inamidata. Non riusciva a vederlo bene perché era in penombra, ma Alya riusciva a sentire la forza che emanava: la sua figura, piuttosto minacciosa dominava la sala. Non poteva che essere il padre di Artie. Quando le si avvicino non se sentì altro che il rumore delle sue costose scarpe in cuoio.
- Ora porti anche delle sconosciute in casa, figliolo? - parlò al figlio, anche se stava ancora guardando Alya
Il bambino, che era rimasto paralizzato su quello scalino provò a parlare, ma Alya lo anticipò:
- Mi dispiace signore, è colpa mia. Suo figlio non c'entra. - Allungando la mano verso di lui si presentò: - Immagino che lei sia il padre di Artie, piacere di conoscerla. Il mio nome è Alya -.
L’uomo la guardo con aria interrogativa; facevano tutti così sentendo il suo nome. Ricambiò la stretta; la sua mano era forte e calda e strinse con decisione quella di Alya. Lei odiava le persone che davano una stretta di mano molle e debole, secondo lei era sintomo di mancanza di carattere.. cosa che sicuramente non mancava al padrone di casa. Non che avesse avuto bisogno della stretta di mano per conoscerlo. Le mani ancora intrecciate, quando si guardarono negli occhi Alya sentì il suo cuore farsi più pesante e lo stomaco... lo stomaco brontolare.
Ritirando la mano, abbozzò un sorriso e si scusò:
- Mi dispiace, non ho fatto colazione stamattina, nemmeno un goccio di caffè.
Ignorandola, continuò:
- non avete ancora risposto alla mia domanda. Che ci fa lei qui, signorina?
- Beh, stavo passeggiando nel parco e.. - il viso rabbuiò improvvisamente, distolse gli occhi dall'uomo - .. per sbaglio sono inciampata e Artie mi ha dato una mano. Non siamo riusciti a trovare la tata, così l'ho accompagnato a casa, non volevo lasciarlo lì su quell'alb... lì da solo.
L'uomo alzò il mento per capire se stesse dicendo la verità. Poi con un sospiro disse:
- La ringrazio per il suo aiuto, signorina. Artie è a casa ora, può andarsene.
Artie, sperando di poter stare ancora un po' con la sua nuova amica, corse davanti al padre:
- Ma papà, non può rimanere a fare colazione almeno? Non l'hai sentita la sua pancia?
Alya fu grata alla penombra della sala, sperava davvero che l'uomo non vedesse che era arrossita.
- ... E va bene, andiamo tutti a fare colazione! CARLA! - urlò - Dove sei?
- SONO QUI SIGNORE... STO.. ARRIVANDO!
Una donna bassina e tonda entrò di corsa, senza respiro.
- Mi dica signore
- Prepara la tavola per favore. E apparecchia per tre, oggi abbiamo un'ospite.
Guardando dalla mia parte, la donna sorrise: - Bene signore, due minuti ed è tutto a posto! parlò con una vocina stridulo.
Annuendo, l'uomo si girò verso Alya e Artie e con un cenno ci indicò di seguirlo.
Aveva una camminata aggraziata, per essere un uomo, ma faceva dei passi davvero lunghi! Rincorrendolo, Alya gli si avvicinò:
- Grazie per l'ospitalità, ma non mi ha ancora detto il suo nome, insomma mi sembra buona educaz...
- Mi chiamo Klaus, Alya.
Ora riusciva a scorgere un lato del suo viso. E il cuore le si fece ancora più pesante.
 
  
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