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Autore: Morbid DramaQueen10    06/09/2012    2 recensioni
Non l’aveva notato all’inizio, le tempeste che sembravano seguirla attraverso la nazione, attraverso il mondo. Ma è tempo per Jane Foster di affrontate i fatti e avere la resa dei conti con un certo principe di Asgard.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jane Foster, Thor
Note: Movieverse, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Tuono rombante


Non l’aveva notato all’inizio. Questo era un comportamento tipico di Jane perché, come avrebbe detto Darcy, lei pensava  ai suoi affari così tanto da non accorgersi di quello che le accadeva intorno.
Così quando una serie di temporali cominciarono nell’area sud-ovest, Jane non se ne curò particolarmente. Il ponte, i suoi calcoli e le sue ricerche prendevano la maggior parte della sua attenzione. Qualche goccia di pioggia non era niente per lei. Infatti non ci fece caso.
Poi Eric cominciò a fare una media di quei  temporali. E Darcy guardò i telegiornali e si accorse che il meteorologo era sempre più preoccupato per “l’anomalo aumento delle piogge estive”. Entrambi cominciarono a commentare la singolarità di quell’evento.
Malgrado i suoi cinque anni trascorsi nel deserto, Jane semplicemente non aveva notato il tempo strano.
Neanche le sere che aveva trascorso in pausa, quando, sorseggiando un tiepido e cremoso caffè davanti alla finestra e stringendo il suo maglioncino attorno le spalle, con Eric e Darcy accovacciati davanti alla tv una stanza più in là per guardare la Ruota della Fortuna tra le luci tremolanti e vicine a un black-out, Jane osservava il fragore del cielo e gli alberi abbattuti, ascoltava il tuono, guardava i lampi di elettricità bianca. Lei si soffermò unicamente su quell’evento, la magnificente gloria del cielo in tumulto.  Ma non vedeva, oltre la natura, la potenziale magia. I suoi pensieri erano focalizzati sul ponte. Sul suo cammino verso Thor.
Il dio aveva occupato i suoi pensieri così tanto nei mesi che seguirono l’Evento. Tutto il suo lavoro e la sua attenzione si erano focalizzati sul trovarlo, trovare quel ponte. Lui non era ancora ritornato. Jane non sapeva cosa significasse. Ma dopo una considerevole dose di riflessione, decise che Thor non poteva essere l’unico con l’abilità di attraversare i regni. Inoltre lui non poteva aspettarsi semplicemente che lei attendesse il suo ritorno. Non era nello stile di Jane.
Perciò lei aveva lavorato. E di conseguenza ignorato il tempo strano.
Ma questo non poteva essere ignorato ulteriormente quando lei sobbalzava al supermercato, nel corridoio dei cereali a causa della minaccia di forti temporali che incombevano sull’unico Walmart della città. Non poteva essere negato quando il suo volo per Dallas fu ritardato per tre ore a causa di un paio di tornado apparsi improvvisamente appena fuori Baltimora. E non fu respinto quando la sua conferenza a Ginevra fu sorpresa da una grandinata di una magnitudine che non si era vista nella nazione per diversi decenni.
Questa era la situazione quando lei realizzò che, probabilmente, la tempesta stava seguendo lei.
Era una teoria ridicola. Una senza alcun fondamento scientifico. Forse lei aveva semplicemente un orribile destino legato al tempo. Anche se, quando il tuo ragazzo è il dio del tuono, è un po’ sciocco scartare l’idea che potenziali tempeste stiano inseguendo proprio te.
Ma a Ginevra dovette affrontare questa possibilità. I colleghi notarono le insolite circostanze, osservando dal ponte di vetro che collegava la sala conferenza agli uffici del direttore e del consiglio. Jane, la più giovane fra tutti loro, ascoltò vagamente il francese non appena osservò nuvole nero-bluastre arrivare sopra le colline. Trattenne il fiato per vedere i fitti scrosci di pioggia e ghiaccio, il colore dell’acciaio che sovrastava il paesaggio.
“E’ insolito. - fece notare un dottore, raggiungendola e appoggiandosi contro la sbarra – Avere un tempo come questo.”
“Dovremmo… - balbettò Jane, mentre guardava impotente gli altri -…cercare un riparo?”
Non uno dei suoi colleghi apparve interessato. Deman, un fisico originario del Belgio, scosse il capo con allegre guance rosse.
“Staremo bene, dottoressa Foster. Il CERN ha affrontato di peggio.”
Maurice, un chimico e biologo che veniva dalla Danimarca, diede una  pacca sulla spalla alla giovane donna.
“Potremmo continuare la nostra conversazione sui meriti dell’energia nucleare? Deman ci ha interrotti durante il pranzo e lei stava dicendo qualcosa di abbastanza curioso sui recenti sviluppi  riguardo le disposizioni dell’ NRC (1)…”
Lei si lasciò portare via, voltandosi indietro una volta per guardare il crepitio dell’elettricità bianca ardere in lontananza attraverso le nuvole. Jane rabbrividì. I suoi colleghi non notarono nulla.
Più tardi, in serata, il notiziario fu abbastanza nervoso riguardo il tempo del giorno, ognuno esprimeva qualche tipo di apprensione o paura. Il meteorologo assicurò il pubblico che non ci sarebbero state ripetizioni di questi fenomeni, dopodiché mostrò una serie di immagini dei danni locali. Auto con i parabrezza rotti, tetti con mattonelle mancanti, segnali stradali e lampioni danneggiati. Furono intervistati diversi uomini d’affari e membri della comunità. Tutti apparivano piuttosto scioccati. Il meteorologo era molto serio nel suo annunciare l’assenza di feriti, sembrava solo un po’ spaventato. C’era stato, aveva detto, un incremento di tuoni e lampi osservati durante quella tempesta.
Il tuono. Jane, seduta sul letto, si mise comoda. Thor.
Così tanti mesi di ricerche… e mentre le tempeste sembravano spaventare gli altri, Jane vi trovò invece una sorta di conforto.  Un promemoria.
Quasi sei mesi erano passati dall’incidente New Mexico, come l’aveva chiamato lo SHIELD. Sei mesi di ricerche, di studi. Sei mesi di quel volume logoro di miti Norvegesi sul suo comodino, il secondo libro accanto al computer portatile sulla sua scrivania (l’unico elemento escluso dalla tendenza di Jane di accumulare carte sopra tutte le superfici dell’appartamento). Sei mesi di guardare in alto verso il cielo con l’insopportabile urgenza di sorridere e ridere e piangere tutto nello stesso momento. E sei mesi di tempeste.
“Non puoi distruggere la città perché senti la mia mancanza.” sussurrò Jane a se stessa, alla stanza, a nessuno.
In risposta il silenzio.
Lei avrebbe creato quel ponte. Con Eric e lo SHIELD dietro di lei, Jane Foster avrebbe trovato per lui una via di ritorno.
“Ritornerò per te.”
Jane si allontanò dalla televisione, chiudendo gli occhi.
-XXX-
La conferenza era stata posticipata. Jane era frustrata dalla mancanza di organizzazione dello SHIELD. L’avevano chiamata dall’Europa per conferire con pochi altri astrofisici per cercare un’attrezzatura per i laboratori dell’elivelivolo dello SHIELD. I progressi della tecnologia, come le aveva detto Coulson, significavano che era necessario aggiornare i laboratori e chi meglio delle persone che utilizzavano quelle attrezzature per decidere delle loro necessità?
Fino a quando rimasero confinati virtualmente nella suite dell’hotel (lo SHIELD aveva dato loro certamente delle “belle tane” come Darcy aveva detto), Jane si era rintanata nella sua stanza, scambiandosi mail in particolare con Eric e lavorando su un articolo per l’edizione di aprile dell’American Astrophysics Journal.
Darcy l’aveva trascinata via dalle sue mail per posizionarla davanti alla tv. Jane protestò leggermente, specialmente quando con gli occhi spalancati Darcy si rifiutò, o meglio, non riuscì a descrivere la situazione. Il che non era tipico di Darcy. La stagista era una fonte di chiacchere, specialmente quando si trattava di divertenti osservazioni. Ma no. La mano che aveva afferrato l’avambraccio di Jane stava tremando.
L’intero schermo della CNN era invaso dal caos. Le notizie che scorrevano in sovraimpressione erano piene di “New York”, la voce dell’anchorman era senza fiato e le scene della città che lampeggiavano sullo schermo erano surreali. Fumo. Fuoco. Calcestruzzo e pietre rotti. Urla.
Jane ricordava l’11 settembre. All’epoca era in California, cercando di laurearsi, e viveva con Max, il suo terzo fidanzato e il suo golden retriever. Max l’aveva svegliata, lui era già in piedi da ore, aveva preparato il caffè e corso intorno al quartiere, poi aveva fatto la doccia. L’aveva stretta fra le braccia, inspirando il profumo di sapone e di Starbucks, mentre entrambi piangevano.
Questo era diverso. Jane rimase di fronte allo schermo senza espressione; lasciandosi cadere sulle sue ginocchia, colpì il tappeto accanto con il fondoschiena e intrecciò le mani sul suo grembo. E osservò. Dietro di lei, accanto al divano, c’era una Darcy calma. Insieme osservarono la città che non dormiva mai cadere a pezzi nelle mani di una razza aliena.
Poi la camera si voltò verso un uomo biondo in un’armatura color dell’acciaio, il mantello rosso ondeggiava dietro di lui e nel momento in cui affrontò colpo dopo colpo quello che Darcy più tardi avrebbe chiamato l’ “imponente, mostruoso e galleggiante pesce", le  due donne sobbalzarono. Darcy emise un piccolo squittio, barcollando indietro. Ma Jane rimase solo a guardare. Quando fu trafitto con la lancia di una di quelle creature, la dottoressa  sussultò, sentendo l’urlo del dio, e si torturò  le mani.
Dopo quasi  mezz’ora, Darcy comparve con una tazza di caffè, leggermente addolcito, per sistemarla nelle mani del suo capo. Jane accettò alla cieca. E poi lei tornò direttamente a guardare. Darcy la persuase di sistemarsi sul divano. Più tardi la stagista diede a Jane una ciotola contenente qualche tipo di zuppa, in scatola, ma buona dopotutto, e mangiarono con gli occhi incollati alla tv. L’assedio terminò verso le quattro del pomeriggio. Ma il servizio d’informazioni continuò per tutta la notte. Entrambe le donne crollarono per il sonno sul proprio lato del divano, separate dal blu lanuginoso che si trovava in mezzo.
L’alba arrivò con il sorprendente suono di una palma che colpì il vetro. Entrambe si sedettero improvvisamente, voltando il capo. Fu Darcy la prima a vederlo sul balcone, i capelli lucenti che risplendevano nella luce del mattino, brillanti come i suoi occhi. Ma lui non sorrise finché non vide Jane. Ecco, quel sorriso. Era più luminoso di qualunque sole.
Darcy urlò. Jane si voltò. Il dio la stava aspettando fuori, radioso. E il resto, il resto era indescrivibile. In qualche modo Thor entrò e in qualche modo Jane fu tra le sue braccia. La stagista osservò la scena, riuscendo a malapena a trattenere un sorriso quando i due si riunirono.
“Ciao!” disse Jane.
“Salve, Jane Foster.” rispose il dio, socchiudendo gli occhi.
“Ho ricevuto il tuo messaggio.” balbettò lievemente lei.
“Oh… - disse lui, accarezzandole le braccia – Le tempeste?”
Darcy sbuffò: “Hai davvero bisogno di prendere un cellulare!”
Ma il dio semplicemente si limitò a sorridere.
 
(1)- NRC è Nuclear Regulatory Commission


Note del traduttore: questa storia per quanto semplice e breve mi ha davvero molto colpita la prima volta che l'ho letta. L'autrice, Morbid DramaQueen10, è molto entusiasta di questa traduzione e speriamo entrambe che la storia sia piaciuta! 
kia85

  
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