Adesso vi lascio leggere il primo capitolo, aggiornerò abbastanza spesso (spero di essere abbastanza veloce anche quando inizia la scuola! çç ). Aspetto le vostre recensioni, positive o negative che siano! ;)
Buona lettura!
“Vivi
la vita attimo per attimo, come se fosse l'ultimo.” Jim
Morrison.
Capitolo
Uno.
Il
sole inizia a sorgere e un po' di luce entra dalle persiane che ho
lasciato aperte come ogni notte, perchè dormire al buio non
mi
piace. Mi sono svegliata prima ancora che suonasse la sveglia, ma
cerco lo stesso di riprendere il sonno, anche se tra poco
suonerà e
infatti, non ho nemmeno il tempo di finire questo pensiero che il
telefono si illumina, vibra e canta una canzoncina abbastanza
irritante. Spengo la sveglia e mi alzo facendo tutto quello che
faccio ogni mattina.
Alle
sette e trenta vado alla fermata dove saluto i ragazzi che prendono
il pullman con me. Stiamo in silenzio fino all'arrivo dell'autobus,
perchè alle sette e mezza del mattino nessuno ha voglia di
parlare,
nemmeno l'autista che a malapena ricambia il mio saluto. Prendo il
mio solito posto, mi metto le cuffie e ascolto un po' di musica. So
che dovrei ripassare biologia, la mia coscienza mi dice di ripassare
e so che dopo me ne pentirò, ma non ho nessuna voglia e
anche se mi
mettessi a leggere non riuscirei a capire niente perchè non
sono
abbastanza attiva.
Dopo
mezz'ora di strada arriviamo a scuola e come al solito la campana
è
già suonata. Entro in classe e sono già tutti
seduti e la
professoressa ha iniziato a fare l'appello.
-Buongiorno-
saluto.
-Giada
sei sempre in ritardo!- risponde la prof di francese con aria
scocciata.
-Scusi,
è arrivato ora il pullman-
Vado
a sedermi al mio posto, vicino a Giuseppe, saluto le altre mie
compagne e iniziamo ad aggiornarci sulle ultime news, ma non facciamo
in tempo a iniziare che la professoressa ci richiama e inizia la sua
solita lezione noiosa.
Prendo
la matita e inizio a pasticciare il banco, ma quando la calco troppo
si spunta perciò prendo il temperino e sto per iniziare a
temperare
buttando la tempera per terra, ma l'occhiataccia dell'insegnante mi
fa capire che devo andare al cestino perchè altrimenti
sporco per
terra.
Inizio
a temperare, ma le mie mani fatte di ricotta mi fanno cadere il
temperino per terra e tutto accade in un secondo. Mi inchino per
raccoglierlo e nell'esatto momento in cui sto per afferrarlo sento
uno sparo.
Non
ho il tempo di pensare a nulla, i miei compagni urlano e si scatena
il panico. Mi rialzo e riesco a vedere il proiettile che si trova nel
muro, alla stessa altezza dove si trovava la mia testa prima che mi
cadesse il temperino. Non ho il tempo di pensare a niente, usciamo
dall'aula e scappiamo fuori, mentre per tutta la scuola si crea una
confusione e un panico contagioso.
Nel
giro di dieci minuti è arrivata la polizia e iniziano a fare
domande
a tutti i presenti e in attesa che arrivi il mio turno mi siedo nel
marciapiede cercando di respirare. Sto tremando e non riesco a
smettere di pensare che se non mi fosse caduto il temperino a
quest'ora sarei finita sotto terra. Mi assale una nausea improvvisa e
Alessia si siede affianco a me e mi abbraccia.
-Ce
la siamo vista brutta. Ho paura perfino a stare qua seduta. Guarda
come mi tremano le mani-dice lei.
Annuisco.
-Anche
io mi sento malissimo, ma tu che hai visto?-
-Niente,
non ho fatto in tempo a vedere niente perchè è
successo così
velocemente. Ma secondo te, perchè proprio a noi?-
Riesco
soltanto a fare spallucce perchè poi due poliziotti si
avvicinano
per dirmi che mi vogliono parlare e Alessia se ne va.
Un
poliziotto è in borghese, l'altro in divisa. Quello in
borghese è
giovane, alto, con degli occhi scuri ma bellissimi, una barba non
molto folta e un bel sorriso. Il poliziotto in divisa è
giovane
anche lui, i capelli scuri e leggermente ricci, occhi verdi ed
è
alto più o meno quanto l'altro.
Vorrei
alzarmi, ma sono sicura di non essere assolutamente in grado di
restare in piedi, le mie gambe tremano così tanto che se mi
alzassi
cadrei sicuramente.
-Ciao
Giada, io sono il commissario Riccardo Serra e lui è il
sovraintendente Luca Cabassi. Vogliamo farti qualche semplice
domanda, niente di cui preoccuparsi.- dice il poliziotto in borghese.
-Piacere.
Scusatemi se non mi alzo in piedi, ma sono certa che le mie gambe non
reggerebbero.-rispondo cercando di calmarmi, perchè a quanto
pare il
tremore non sembra voler diminuire.
-Non
preoccuparti, capisco che quello che è successo oggi non
è qualcosa
che succede tutti i giorni. Prenditi tutto il tempo di cui hai
bisogno.- dice con voce gentile e rassicurante il commissario.
-Sa,
non è perchè hanno sparato alla finestra della
mia classe che sto
tremando e non è nemmeno perchè ho paura di stare
qua perchè
potrebbero sparare di nuovo, ma è perchè sono
scampata alla morte
per un soffio. Quel maledetto proiettile si trova esattamente dove
mezzo secondo prima dello sparo si trovava la mia testa, ha idea di
che cosa significa? Non so quale Santo mi abbia salvato, so solo che
sarei dovuta morire oggi.- dico tutto ciò con una
consapevolezza che
prima non avevo. Sono scampata alla morte, mettetela come volete ma
quel proiettile era per me. Qualcuno mi ha salvato, non so bene chi,
ma in ogni caso, grazie!
I
poliziotti si guardano per qualche istante e cambiano totalmente
espressione. Una ruga profonda è apparsa nella fronte del
commissario.
-Sai
dove si trova il proiettile? Nessuno è riuscito a dirlo
perchè
nessuno ha visto niente e noi stiamo aspettando i colleghi per fare
il sopralluogo.-
Faccio
un sorriso storto.
-Il
proiettile si trova nel muro dietro la porta, dove c'è il
cestino a
circa un metro e sessanta di altezza. Se non mi fosse caduto il
temperino e non mi fossi inchinata a raccoglierlo a quest'ora non
sarei stata qui a parlare con voi.- dico mentre guardo le mie mani
che tremano.
Il
commissario dice all'altro poliziotto di andare a verificare se
realmente è così e quando se ne va, si inchina
per guardarmi bene
negli occhi.
-É
stato sparato un solo colpo vero?-
Annuisco.
-Sai
che cosa significa?- chiede con una dolcezza e una preoccupazione
nella voce quasi irreale.
Annuisco
di nuovo.
-Significa
che ero io il bersaglio. Stava sparando a me.- rispondo con la voce
che mi trema e mentre le lacrime mi salgono agli occhi, ho come la
certezza che non sia finita qua. Ho la sensazione che questo sia
soltanto l'inizio di una vera e propria caccia.