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Autore: Kuno84    23/03/2007    10 recensioni
L'alba è un momento magico, le raccontava. Un momento in cui torniamo noi stessi ed affiorano i nostri ricordi più sinceri. Come quelli della bimba che è stata e non è più: o forse è ancora, ma ha solo bisogno di riscoprirlo.
Dal commento di Erika per il XXIV Concorso di EFP: "La rivisitazione di un piccolo ma fondamentale evento nella vita di due personaggi del manga".
[ Secondo classificato al XXIV Concorso di EFP, incentrato su Ranma ½. ]
[ Secondo classificato al IV Concorso di Out of Time: one-shot riguardanti anime e manga. ]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cologne (Obaba), Mousse, Shan-pu
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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AT DAWN
(ALL’ALBA)


di Kuno84





Questa Fan Fiction si è classificata al secondo gradino del podio nel Quarto Concorso del sito di “Out of Time”, incentrato su one-shot riguardanti anime e manga (Marzo 2007).
Si è anche piazzata al secondo posto nel XXIV Concorso di EFP (su Ranma).

DISCLAIMER. Luoghi e personaggi non mi appartengono (purtroppo) ma sono frutto della geniale mente di Rumiko Takahashi. La storia che segue è invece farina del mio sacco. Buona lettura e, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!




La luce si fa strada, lenta ma implacabile. S’insinua fra le cose, dando forma e facendo acquisire loro un rinnovato spessore. Le macchie indistinte stanno per tornare campi fioriti, mentre le sommità inavvicinabili sono prossime a rinascere quali le vetuste montagne che chiudono i luoghi familiari. Il sole non è ancora sorto, ma ecco che già i suoi caldi raggi si fanno strada: il fosco si perde e i colori tornano lentamente a predominare, restituendo vita al mondo.

Questo è ciò che viene chiamato il primo crepuscolo.

Un momento quotidiano eppure ogni volta unico, mai uguale a se stesso, cristallizzato nel continuo flusso del tempo in maniera tale da fornire ai mortali una parvenza di eternità. Quando non è più la notte, silente ricordo e recupero dalle fatiche del giorno precedente, ma non è nemmeno propriamente quello che è ancora da iniziarsi. Non è ieri, eppure l’oggi è ben di là da venire.

Si racconta che ha un qualcosa di magico. Il suo costituisce forse, degli incantesimi primordiali, il più potente. Dura un momento appena, ma quell’istante racchiude in sé una potenza inimmaginabile. Come sconvolta da tale forza ancestrale, la natura si svela in tutto il suo pieno vigore. Le cose non hanno più i contorni familiari del buio e però non hanno assunto neanche quelli del chiarore: non sono più e non sono ancora. I campi non sono campi e le montagne non sono montagne. Niente è come sembra e tutto appare per quello che è.

Un attimo appena.

L’incantesimo più grande.

Vale anche per noi uomini. A maggior ragione, vale nei nostri confronti.

Il primo crepuscolo è il tempo del sogno. Lo è più che mai: poiché le altre visioni oniriche, quelle della notte fonda, sono troppo lontane ed ormai condannate a perdersi nell’oblio del sonno ristoratore. Queste fanno in tempo, invece. Sono miraggi che rimangono impressi e ci condizionano, anche se crediamo di non ricordarli. E costituiscono i sogni maggiormente autentici: formano i ricordi più sinceri e graditi, i moti dell’anima più spontanei, i desideri più profondi che il nostro spirito coltiva con diligenza, ma che tuttavia si rifiuta caparbio di manifestare esteriormente, se non con timore e vergogna.

Tempo del sogno. Il primo crepuscolo lo è anche per un altro motivo. Pure la coscienza dorme, in quel momento: e le nostre personalità si affrancano temporaneamente dalle prigioni dell’apparenza così che anche noi, come i campi e le montagne, torniamo quel che siamo. Usciamo dai nostri ruoli, smettiamo di essere ciò che gli altri giudicano in noi, cessiamo d’essere come gli altri ci vedono. Quanto di più augurabile è svegliarsi in quel momento preciso. Venuti daccapo alla luce come nuovi infanti, i lineamenti del viso tornano puri e sinceri, così come il nostro cuore. E per un unico eterno istante, siamo noi stessi.

Liberi.

Appunto, come nei sogni.

Così le racconta la nonna, almeno. Lo fa ogni sera, prima che lei si addormenti: e storie del genere sono per lei le consuete fiabe che la cullano ritualmente tra le tiepide accoglienti braccia del torpore notturno. Piacevoli, certo. Tuttavia, non sa se crederci o no. Lei, ormai, è grande per queste cose. Non è più una bambina.

E’ per questo che si è alzata così presto, oggi? In effetti è la prima volta che sta ammirando di persona il primo albore del mattino, sola, senza presenze estranee che possano spezzare la primigenia atmosfera, con l’unica compagnia della valle incastonata tra le cime che nascondono il suo villaggio dal mondo civile: ecco perché, istintivamente, le è tornato alla memoria l’antico e reiterato racconto. E’ dunque per questo? Vuole dimostrare alla bisnonna di essere grande? Vuole dimostrarlo a se stessa? Non lo sa. Del resto, non gliene importa poi molto.

Sa che passerà un brutto guaio, se la nonna si accorge che è scappata via. E se ne accorgerà, se non la troverà a letto, quando la verrà a svegliare fra un paio d’ore per iniziare l’addestramento quotidiano. Rischia tanto. Eppure, proprio per questo, è tutto così eccitante. Finalmente si sente libera. E’ una bella sensazione, la libertà. Accelera il passo, ora. E’ stufa di contemplare il cielo rischiararsi. Ci vuole troppo tempo. Lei invece vuole correre, correre e muoversi senza vincoli. Perché niente può legarla. Niente e nessuno. Ecco come mai le piace. La bisnonna le dice continuamente che il suo destino è quello di diventare una grande amazzone, che sarà forte e non dovrà mai dipendere da nessuno. A lei piace, questo.

Tuttavia, non le basta. Non vuole aspettare il destino. Come può attendere un futuro lontano? Lei vive nel presente. Si sente forte adesso. Vuole combattere. Combattere e dimostrarlo. Ma la bisnonna non glielo ha mai permesso. La bisnonna le ripete da sempre le rigide regole del villaggio, le ha insegnato i rischi che correrebbe. Eppure, lei si sente più forte. Anche delle regole.

Si ferma. Ritiene di essersi allontanata a sufficienza dall’abitato. Può stare tranquilla. Finalmente può allenarsi da sola, senza regole da seguire.

Il vento soffia forte, ora. Le arriva in viso e la brusca folata le scompiglia i lunghi capelli, guidandoli lungo immaginari sentieri alati. Da dove proviene il vento? Se lo chiede distrattamente e si dà una pronta risposta. Giunge da oltre i monti. Molto, molto più in là. Più in là dei campi e delle montagne. Forse perfino più in là del mare. Xian Pu non ha mai visto il mare: ma sa molte cose su di lui, costituisce il protagonista di molti dei racconti della bisnonna. Xian Pu sa che oltre il villaggio e i campi e le montagne c’è il mare e ha già stabilito che un giorno, regole o non regole, uscirà dal villaggio e si recherà a vederlo. Sa che lo farà e che niente potrà impedirglielo.

Prende un respiro, inebriandosi del profumo dell’aria e della terra e immaginando di divenire un unico corpo con esse. Lei è come loro. Niente può legare l’aria. Niente può vincolare la terra. Per lei è lo stesso. Niente può. Nessuno può.

Il vento si arresta. Tutto torna placido e immoto. Un cespuglio disubbidiente, però, non segue l’esempio degli altri elementi della natura circostante. Una paura s’impadronisce dell’animo di Xian Pu. Non sarà per caso la bisnonna? Ma il timore dura solo un istante. No, la nonna sarebbe già uscita allo scoperto, a questo punto, rimproverandola e sottoponendola immediatamente ad una dose doppia di allenamento, quale lezione e monito per il futuro. Allora chi? Un nemico?
Assume una posa da combattimento. Sa che la cosa più importante è non tenere mai abbassata la guardia. E non provare nessun timore. Lei è grande, ormai.

Il misterioso avversario sembra aver capito di essere stato scoperto: dopo qualche attimo di silenzio, decide, infatti, di rivelare la propria presenza. Ma non nel modo che Xian Pu si aspettava. Non salta fuori dal cespuglio improvvisando qualche tipo d’attacco. Tutt’altro. Si manifesta poco alla volta, lasciando uscire alla luce prima il solo capo e poi il resto del corpo.

Questa poi! E’… come lei. Cioè, dimostra avere la sua età, niente di più. Non ha un aspetto minaccioso, affatto. Tutto il contrario. Quella posa così goffa, la veste bianca che gli sta abbondantemente larga, le mani nascoste dalle ampie maniche, un paio di buffi occhiali che gli cascano sul naso. No, non sembra pericoloso. Chi è questo bambino? Quali sono le sue intenzioni? La sta fissando. Attende forse il momento giusto per attaccare? Xian Pu ripete a se stessa di non abbassare la guardia. Ma probabilmente non ce n’è bisogno. L’intenzione pare diversa. Però, cosa vuole?

Continua a fissarla, silenzioso. Xian Pu comincia a spazientirsi. Sentirsi guardata dagli adulti le ha sempre dato fastidio. Come se il loro sguardo sortisse una sorta di continuo controllo su di lei. Probabilmente è davvero così. Ma chi ora ha davanti non è un adulto: dunque, cos’ha tanto da guardare?! E’ forse sporca in viso? Buffo, questo bambino. Se non concepisse la cosa come assolutamente impossibile, almeno non nel villaggio di Niujiézú, il dominio della fiera tribù amazzone, giurerebbe quasi che lui sia come… intimidito

Stupidaggini! Questo, riflette Xian Pu, non ha alcuna importanza. Se lui è qui, deve averla seguita. Se ora la sta fissando, ciò evidentemente vuole intendere solo una cosa: che la vuole sfidare. E Xian Pu non ha paura. Ricorda bene le raccomandazioni della bisnonna. Conosce le regole. Sa cosa rischia, accettando un combattimento. Ma lei vuole dimostrarle che non ha paura.

Distende un braccio, Xian Pu. Col palmo della mano aperto, le falangi che fanno cenno di ritrarsi, invita il ragazzino a farsi sotto. Questo mentre pianta i piedi sul terreno, manifestando all’altro di non avere alcun’intenzione di arretrare di un singolo passo. Lui sembra aver compreso. La guarda ancora, in viso. Fissa la sua posa. Annuisce timorosamente, senza proferire una parola.

E avanza. Corre verso di lei e poi, con un agile guizzo, si trova in un attimo a pochi palmi dal suo naso. Lei non è impreparata, affatto: non aspettava altro. Certo che, però, l’agilità di questo bambino la sorprende parecchio: almeno, considerato l’apparente impiccio di quella veste più grande di lui. I due combattono, sfuggendo ciascuno ai colpi dell’altro e, allo stesso tempo, cercando di partire al contrattacco. Non è facile come sembrava, deve ammetterlo. Non c’è più alcuna traccia del goffo anatroccolo bianco di qualche secondo prima. Solo un avversario. Contro il quale dare il massimo.

Certo, le tecniche di entrambi appaiono elementari, se confrontate a quelle dei guerrieri adulti. Ma Xian Pu sa di essere molto avanti con la preparazione, per una bambina della sua età: il problema è che il suo avversario non sembra essere da meno. Sferra un calcio e poi un altro, ma questo li evita agilmente, arretrando la postura. Quindi tocca a lui. Attacca con le braccia, lui, favorito anche dal fatto che i suoi colpi appaiono molto difficili da schivare: le lunghe maniche non le consentono di vedere le sue mani e, allo stesso tempo, non paiono fornirgli alcun impiccio negli attacchi. Così, la buffa veste da anatroccolo diventa un’arma a suo vantaggio.

Xian Pu non ci sta. L’avversario è forte almeno quanto lei, ma non ci sta. Perde totalmente la pazienza e decide di passare all’attacco finale: si lancia contro lo strano bambino con tutte le sue forze e poi… si butta verso terra. Lui è spiazzato e lei se lo aspettava. Distende le braccia davanti al corpo, poggia le mani sul nudo terreno e fa presa sui palmi per darsi la spinta necessaria. “Hi-YAH!” grida, come per darsi una maggiore forza o forse, più semplicemente, per imitare i guerrieri adulti: dopodichè, con un’agile capriola su se stessa, sferra un doppio calcio.



I loro volti, entrambi immobili, sono adesso così vicini che può avvertire il respiro affannoso di lui. Xian Pu ha eseguito i movimenti alla perfezione, proprio come le sono stati insegnati. Tuttavia, non ha avuto il tempo di sorridere di questo nel proprio intimo. Riepiloga rapidamente cos’è seguito. Lo strano bambino, mostrando un eccezionale riflesso, le ha afferrato entrambe le caviglie un momento prima dell’impatto, sbilanciandola e scaraventandola all’indietro. Ha compiuto infine lui, a sua volta, una capriola per finire sopra di lei ed immobilizzarle braccia e gambe. Ed ora eccola. Fermata. Bloccata. Inerte.

Non riesce a capacitarsene. E’ stata sconfitta?! Può andare peggio di così? Purtroppo, la risposta è affermativa.

Ode, infatti, un rumore di passi. Qualcuno si sta avvicinando. E quella cadenza – non può sbagliarsi! Non sono esattamente dei passi. Piuttosto, il procedere di qualcuno che sta letteralmente saltellando sul proprio bastone. Proprio come – possibile che si sia già accorta della sua assenza? No! Non ora. Non lei. Non la bisnonna!

Il pensiero dell’anziana donna le riporta alla mente le parole che è solita ripeterle: riguardo alla sua particolare condizione di amazzone, riguardo ai rischi che per tutta la vita l’avrebbero accompagnata accettando un combattimento contro un altro uomo. Per questo doveva evitarli, prima che fosse diventata forte. Venire sconfitta significava… No. No!

Legarsi. Vincolarsi. Perdere la propria libertà.

E lei ha appena perso.

Xian Pu!” La bisnonna la chiama. Non ha ancora visto, ma adesso vedrà. E lei diverrà prigioniera del proprio destino. No. Non è giusto. I grandi occhi della bambina si arrossano, cominciano a gonfiarsi di lacrime. Non è una cosa voluta, ma non riesce a farne a meno: inoltre, se fino a pochi minuti prima il proprio orgoglio non le avrebbe mai permesso di piangere, non davanti a quello strano bambino, adesso non gliene importa nulla. Tanto, il suo orgoglio sarà costantemente umiliato per il resto della vita e proprio da lui. La guardi, la guardi pure!

E lui, effettivamente, la sta guardando. Ancora una volta.

I loro visi sono ancora piuttosto vicini. Il bambino la fissa, sembra sconcertato: evidentemente non si aspettava una reazione del genere. Poi si scuote, sembra che abbia udito pure lui il sopraggiungere della vecchietta. Sembra aver compreso. Torna a guardare Xian Pu: e lei crede di scorgere, nella sua espressione, un moto di dispiacere.

Xian Pu!” E’ arrivata, la bisnonna. L’ha chiamata una seconda volta. Xian Pu chiude gli occhi. Il suo avvenire è perduto. Ciò nonostante, chiude gli occhi, serra le palpebre come fanno gli infanti, nella vana speranza che non vedere comporti anche il non essere visti. Sa che è inutile, ma si rifugia in quest’ultima azione immatura. Tanto sa che è l’ultima. Voleva diventare grande: ebbene, ecco qui, ha appena compiuto l’azione più importante di tutta la sua vita. E non può tornare indietro.

Tace, adesso, la bisnonna. Ma Xian Pu avverte il suo respiro, poco distante: affannoso, spezzato. E’ rimasta sorpresa, sicuramente, da una scena tanto inattesa – o forse tanto temuta, e proprio per questo più amara. A proposito di respiro! Non percepisce più quello del bambino. Dov’è finito? Riapre gli occhi, per constatare che lui non le è più addosso. Allarga lo sguardo. E lo trova.

Parla di nuovo, la bisnonna. E la sua voce è piena di irritazione e disprezzo: quello riservato agli sconfitti. Gli sconfitti non meritano alcuna pietà. Non nel suo villaggio. “Mu Si!” grida, infuriata. Xian Pu si alza in piedi, si volta verso l’anziana parente. Segue il percorso tracciato dal suo sguardo indignato: e che termina sul bambino di prima, steso in lungo sopra la corteccia di un albero, qualche strano attrezzo malridotto che esce dalla veste – veste che poco prima era perfettamente sana e che evidentemente si è stracciato lui stesso, in più punti. Nota che ha lasciato cadere a terra i grandi occhiali. Nell’urto, una delle lenti si è spezzata. Il bambino allarga le braccia, in segno di resa.

La bisnonna scuote la testa. Sospira. E comincia una lunga litania di rimprovero, ricordando al buffo bambino, che la ascolta mogio, cosa comporterà ciò che è appena successo.

No. Ciò che la bisnonna crede che sia avvenuto. Perché? Perché il bambino ha fatto questo? Xian Pu vuole capire, ma non ci riesce. Cosa lo ha spinto a salvarla dal suo destino? Non è per niente contenta. Anzi. Xian Pu sente la collera crescere rapidamente dentro di lei. Il suo orgoglio non può sopportare qualcosa del genere. Si sente disonorata, umiliata, presa in giro. E’ stata battuta, sconfitta – e quel bambino fa finta di niente, anzi fa credere d’essere lui il vinto. Stupido! Come ha osato prendersi gioco di lei, come ha…

Si arresta, irrigidita dal timore. La bisnonna ha finito di parlare: se ne sta andando e, con un’espressione severa, le ha appena fatto cenno di seguirla. Salva sì, ma oggi una doppia, o forse tripla dose d’allenamento non gliela toglie nessuno. Sta per avviarsi, ma si ferma ancora: vede che, dietro la nonna, il bambino la segue in silenzio. Ha raccolto gli occhiali rotti da terra. E procede, il capo basso, le mani conserte nascoste dalle ampie maniche. Un anatroccolo sgraziato. Ma per un momento appena…

Per un momento appena, precisamente l’attimo in cui passa accanto a lei superandola, solleva la testa e i loro sguardi s’incrociano. I suoi occhi incontrano quelli di lui, di una strana tinta verdognola: ma non un verde qualunque, piuttosto un verde color – color del mare, ecco, quel mare che lei può nuovamente sperare di poter guardare, un giorno. E capisce. E per quel momento appena, lui non le appare più quel buffo anatroccolo di prima: anzi, le pare incedere con la dignità e la grazia di un cigno.



Un rumore di piatti infranti la sveglia di soprassalto. Xian Pu scatta dal proprio futon, mettendosi seduta, addestrata come amazzone ad avere una pronta reazione per non farsi trovare mai impreparata. Si rende, però, subito conto che in questo caso particolare non sussiste alcun pericolo.

“Cos’hai combinato, stavolta?!” grida dal piano di sotto la bisnonna, in cinese. “Sei il solito impiastro, Mousse!” conclude, storpiando il nome del ragazzo: come d’altronde fanno tutti, da quando si è trasferito in Giappone per seguirla, dopo che lei ha… varcato il mare. Questo collegamento fa sì che il sogno risorga limpido alla sua coscienza. Ricorda. E’ da tanto che non lo faceva.

Sente la voce di lui che balbetta qualche scusa. Xian Pu sorride tra sé. Sa che la bisnonna ci va pesante, con Mousse, cioè Mu Si, e lo fa proprio – proprio da quel giorno, ora che le viene in mente. Come se n’è potuta dimenticare? Sorride, Xian Pu. Si volta e sbircia la pallida luce che filtra dalla sua finestra. E’ presto. Il sole è ancora sul punto di sorgere.

E’ appena l’alba.

Questo che verrà sarà un bel giorno, per lei. Ha chiesto, ed ottenuto, dalla bisnonna la mattinata libera. Così, invece di dover andare in giro per il quartiere impegnata a consegnare le ordinazioni di ramen, oggi potrà recarsi in un’abitazione in particolare ed invitare Ranma ad uscire con lei. Si prospetta un bel giorno.

Ma è ancora presto: il giorno non può dirsi iniziato. Ailen può aspettare. Xian Pu ha tempo, per pensarci. Ha tutto il tempo che vuole, per coltivare i soliti pensieri. Sorride. Ha la mattinata libera, no? Giudica, dunque, di potersi rimettere a dormire. Si stende di nuovo sul futon.

Spera di assopirsi subito.

E magari, riprendere a sognare.




Note esplicative:

Nel manga viene spiegato brevemente da Obaba che Mousse non può avanzare alcuna pretesa su Shan-pu, dato che è stato da lei sconfitto in combattimento quando erano ancora bambini. Ho deciso di scrivere una mia personale versione dell’accaduto, prendendomi più di una licenza.

Ho utilizzato per Shan-pu (o Shampoo) la dizione cinese del suo nome, appunto “Xian Pu”, che va pronunciato allo stesso modo. Identico trattamento ho riservato a Mousse.

“Niujiézú” è il nome cinese di Joketsuzoku, che nell’edizione italiana del manga è conosciuto come il “villaggio amazzone” o il “villaggio delle donne di polso”. Nel doppiaggio italiano dell’anime è stata comunque mantenuta proprio questa dizione originale.

“Ailen” è cinese e sta per “l’amato”. E’ riferito a Ranma, che Shan-pu chiama spesso in questo modo.

Per chi fosse poco pratico del manga/anime di Ranma ½, riassumo brevemente le leggi delle amazzoni cinesi. Se una donna del villaggio viene sconfitta, possono verificarsi due casi: se l’avversario è una donna, la combattente deve darle il bacio della morte e poi ucciderla; viceversa, se l’avversario è un uomo, deve sposarsi con lui (ed ecco come la Shan-pu bambina avrebbe perso la propria libertà).
Ad essere fiscali, ciò dovrebbe valere solo se l’avversario è straniero (come Ranma). Ma non essendo mai stato affermato esplicitamente il contrario (e tra l’altro, non essendo chiaramente Mousse una “donna di polso”, e quindi forse essendo lui stesso uno “straniero” per il villaggio) ho adottato una libera interpretazione della regola.

   
 
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