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Autore: Astry_1971    24/03/2007    2 recensioni
“Solo in quel momento, Severus si rese conto che il responsabile di quell’orrore era ancora in quella stanza. Sollevò lo sguardo e la vide: una giovane donna era rannicchiata in un angolo e fissava il Mangiamorte tremando e mugolando qualcosa di incomprensibile.”
Questa storia si svolge durante gli anni che precedono la morte dei Potter e la caduta di Voldemort.
Severus Piton è un giovane Mangiamorte alle prese con i suoi rimorsi e un amore impossibile. Sarà un Piton insolito, un Piton ragazzo, che commette errori, che ha paura e che farà quelle scelte sbagliate che lo renderanno, in futuro, l'uomo tormentato e solo che tutti conosciamo. Gli avvenimenti narrati si svolgono dopo il sesto libro della saga di Harry Potter e prescindono, ovviamente, dal settimo libro, ancora inedito.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Cara Akiremirror, ma sei parente della Cooman? Hai detto una frase sibillina, ma non ti dico qual’ è. Hai ragione, comunque, Severus non ha sentito Iris dirgli “ti amo”, ma dopo quello che ha fatto per lui, non ne dubita affatto. Come hai giustamente sottolineato quello di Iris era un gesto di vero amore che Severus ha compreso benissimo, ora lui sa di essere ricambiato e visto che era convinto che sarebbero morti entrambi è riuscito finalmente a dichiarare il suo amore, cosa che non avrebbe mai fatto in altre circostanze (insomma gli ci voleva la batosta per sputare il rospo, diciamo che gli ho dato una spintarella). Ora l’inguacchio è fatto, non può rimangiarsi quello che ha detto e un po’ di febbre farà il resto. In questo capitolo lui sarà semplicemente un uomo innamorato, non deve più nascondere ad Iris quello che prova, infatti non lo farà. Riguardo a Lucius, lui si trova incastrato fra la fedeltà a Voldemort e l’amicizia per Severus, in un certo senso, quasi quasi mi fa pena anche lui.
Ciao Tinker,non volevo affatto spaventarti, per luuuunga notte intendevo solo che sarebbe stata una nottata di sette giorni tra un aggiornamento e l’altro. Riguardo all’incantesimo, quello è legato al marchio di Severus e al potere di Voldemort, quindi trai tu le dovute conclusioni, cosa potrebbe spezzarlo?

Buona lettura!


CAP. 11: Convalescenza

Iris sollevò lo sguardo: il mago biondo sembrava pietrificato, le labbra serrate e gli occhi, simili a cristalli di ghiaccio, erano fissi sull'uomo disteso di fronte a lui.
Per un istante la giovane strega ebbe l'impressione che avesse persino smesso di respirare: sotto la pesante tunica di velluto nero, il suo petto pareva immobile almeno quanto quello del suo amato Severus.
Già, il suo amato Severus, la maga strinse i pugni, cosa avrebbe fatto se quell'uomo, l'uomo del quale si era follemente innamorata, non si fosse più svegliato?
Scosse il capo, no, non voleva neanche pensarci.
Fissò ancora il volto rigido di Malfoy: dietro quella gelida maschera, le parve di scorgere un'ombra di preoccupazione, rabbrividì.
Nonostante la Pozione, Severus non era ancora fuori pericolo, le ferite erano profonde e aveva perso molto sangue.
Probabilmente avrebbero dovuto portarlo a San Mungo, ma, in quel caso, Malfoy avrebbe dovuto fornire troppe spiegazioni sull'accaduto.
La giovane strega ora poteva solo attendere e sperare. Oltretutto sentiva che il mago era infastidito, persino dalla sua silenziosa presenza: non l'aveva degnata di uno sguardo.
Poteva percepire il suo odio, era come se tutto il suo corpo lo gridasse.
Lui e Severus dovevano essere davvero molto legati e lei si era intromessa nella loro amicizia.
Ma c'era di più: Malfoy sembrava odiare anche se stesso, proprio a causa di quell'amicizia.
Si sentiva un debole per aver messo uno stupido sentimento al di sopra del suo dovere di Mangiamorte, per non averli uccisi entrambi.
Quell'uomo si odiava per quello che stava facendo, ma lei non poteva non essergli grata di essersi preso cura di Severus.
Un profondo sospiro sfuggì dalle sue labbra: senza l'aiuto di Malfoy probabilmente avrebbe potuto solo restare a guardare l'uomo che amava, mentre moriva dissanguato sul pavimento.
Si sentiva così inutile: lui le aveva appena detto di amarla e lei non aveva neppure potuto aiutarlo a bere una stupida pozione, aveva dovuto lasciarlo fare all'uomo che aveva appena cercato di ucciderli.
Ormai da parecchie ore se ne stava praticamente inchiodata su quella sedia, fissava tremante la mano di Severus, le dita sottili posate sul candido lenzuolo. Erano di un pallore spaventoso, probabilmente erano anche gelate.
Cosa avrebbe dato per poterle stringere tra le sue e infondergli un po' di calore!
Per un attimo desiderò che lo facesse Lucius al suo posto, sentì la sua mente gridare: “Non vedi che ha freddo?”
Quella preghiera, tuttavia, non raggiunse mai l'altro, le sue labbra restarono serrate.
La maga fece forza su se stessa per rimanere in silenzio, avrebbe voluto abbracciarlo o, almeno, fargli sentire in qualche modo che lei era lì, che era viva e non lo aveva abbandonato, ma non si mosse.
Temeva di rompere quel delicato equilibrio che si era creato, in fondo, Lucius non l'aveva uccisa, ma non le aveva neppure restituito la bacchetta.
Erano completamente nelle sue mani, e il mago biondo sembrava piuttosto combattuto, non si fidava, non si fidava affatto. Non avrebbe rischiato di irritare ulteriormente quell'uomo, non per dar voce alla sua paura. Ora doveva essere forte e aspettare, ma era così difficile non scoppiare a piangere come una bambina.
Sentiva le lacrime premere prepotentemente per uscire, mentre aveva l'impressione che Lucius potesse addirittura udire i battiti furiosi del suo cuore.
Improvvisamente si alzò: doveva fare qualcosa, stava impazzendo.
I freddi occhi di Malfoy si mossero appena verso di lei.
“Vado a preparare qualcosa di caldo se sei d’accordo.” annunciò la ragazza con un filo di voce, l'altro non rispose, ma tornò stancamente a posare lo sguardo su Severus. Iris interpretò questo suo gesto come un sì, e si allontanò.


* * *



Gli sembrava di sentire delle voci: qualcuno lo stava chiamando. Il mago dai capelli corvini cercò di capire chi fosse, ma vedeva solo il buio.
“Severus, Severus, svegliati!”
Provò a voltare lentamente la testa verso quel suono, gli sembrava che fosse diventata incredibilmente pesante e bollente come se fosse avvolta in una coperta calda e umida.
Cercò ancora di trovare il proprietario di quella voce, una voce familiare, anche se completamente attutita da quella maledetta coltre che lo avvolgeva. Continuava a non vedere niente, ci volle un po’ perché il mago si rendesse conto di avere gli occhi chiusi.
Un leggero mugolio uscì dalle sue labbra, mentre si sforzava di compiere quel banalissimo gesto di sollevare le palpebre; sarebbe stato più facile ordinare ad un tavolo di sollevarsi, aveva quasi l’impressione che i suoi occhi non gli appartenessero.
Alla fine una piccola lama di luce lo avvertì che i suoi sforzi stavano avendo successo. Lentamente al buio si sostituì, prima una nebbia chiara, e poi un volto, bianchissimo incorniciato da lunghi capelli biondi.
Severus sbatté le palpebre, cercando di capire cosa ci faceva apparentemente sdraiato su un letto, mentre un uomo lo fissava, con un sorriso sghembo dipinto sul volto.
Improvvisamente i ricordi tornarono prepotentemente a riempire il suo cervello, Malfoy, le lacrime di Iris, il dolore alla schiena e poi più nulla.
Lucius, lui era lì per ucciderli, Iris, dov’era? L’aveva uccisa? Se Lucius era lì significava che era riuscito ad ucciderla.
“Iris!” la sua voce uscì rauca e soffocata, nonostante lo sforzo le labbra si socchiusero appena. Senza che lui se ne rendesse conto, il suo corpo era scattato a sedere, a frenarlo, prima ancora della dolorosa fitta di avvertimento che il brusco movimento gli aveva procurato, furono le mani dell’altro posate sul suo petto, che lo spinsero gentilmente, ma energicamente verso il letto. Man mano che il giovane si rendeva conto di ciò che poteva essere successo, sentiva l’ansia impadronirsi di lui e soffocarlo.
Prese a dibattersi trattenuto dalle mani di Malfoy.
“Iris, dov'è? Cosa le hai fatto?” ringhiò.
“Smettila!” gridò l’altro. “Severus, fermati, riaprirai le ferite. Iris è qui, guarda, è viva, è qui con te.”
Lucius sollevò lo sguardo indicando la porta, Iris stava entrando con una tazza fumante in mano.
Appena si accorse che Severus era sveglio, lasciò cadere la tazza e si precipitò accanto al suo letto.
“Severus, sì, sono qui, guardami, sono qui!”
Il giovane la fissò, incredulo, poi i suoi occhi neri, ancora lucidi di febbre corsero a cercare le iridi chiarissime del mago biondo. Stava sognando? Quello era forse un altro macabro gioco di Malfoy?
Sollevò faticosamente una mano verso il viso della donna, che si scansò bruscamente, come sempre, ma questa volta Severus ne fu felice: era lei, questa volta era la vera Iris, sorrise.
“Sei veramente tu? Iris, sei viva?” poi tornò a fissare il mago alto, al lato opposto del letto, era seduto con la schiena diritta, il mento forzatamente sollevato e osservava la scena con un'espressione infastidita.
“Cosa... Lucius, che significa?”
Malfoy si alzò di scatto e, voltando le spalle all'amico, si avviò verso la porta, arrivato alla soglia si fermò voltando il capo quel tanto per poter lanciare a Severus uno sguardo obliquo. “Pagherò il mio debito, Severus, non dirò a nessuno della donna, ma il mio dovere finisce qui. Se dovessi metterti contro l'Oscuro Signore, non esiterò ad ucciderti, io ti ho portato da lui, non lascerò che il tuo comportamento sconsiderato trascini nel fango anche me.”
Poi tirò fuori le bacchette dei due ragazzi dalla tasca e le lanciò sul letto.
“Ora puoi fare anche da sola.” disse rivolto ad Iris e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Severus ed Iris lo seguirono con lo sguardo, poi la maga incrociò le braccia sbuffando.
“Credi che dovremmo fidarci?”
Piton piegò appena gli angoli delle labbra in qualcosa che somigliava ad un sorriso un po’ incerto “Ha dato la sua parola, manterrà la promessa.” mormorò.
Iris si avvicinò al letto e raccolse le due bacchette, posò quella di Piton sul comodino e puntò la sua sui cocci della tazza che ancora giacevano sparsi nel pavimento.
“Reparo!” borbottò, poi, voltandosi verso l’altro: “Sai, questo non mi fa sentire meglio, visto che ha promesso di ucciderti.”
“Sì, è vero.” disse l'altro, trattenendosi a fatica dal ridere.
Tossì, i suoi muscoli non ne volevano sapere di fare qualsiasi movimento, tanto meno di subire gli scossoni di una bella e sana risata.
Si rilassò sul cuscino, le labbra leggermente socchiuse, mentre i capelli neri, ancora umidi di sudore, si allargavano come tentacoli scuri spargendosi sulla federa di lino.
Voltò la testa lentamente verso Iris.
“Posso diventare il tuo custode segreto se vuoi, neanche Lucius potrà mai ritrovare questa casa.”
“Ma sei tu, quello che vuole uccidere, non è di me che mi preoccupo.”
“Beh, se mai dovessi tradire apertamente l'Oscuro Signore, Malfoy diventerebbe la mia ultima preoccupazione”.
“Per questo non lo farai, promettimi che non lo farai.” lo supplicò Iris.
Severus non rispose: davanti ai suoi occhi, apparve improvvisamente l'immagine della donna che aveva appena ucciso, la donna che credeva essere la sua Iris.
Si rese conto che un giorno o l'altro si sarebbe trovato a dover disubbidire ancora: Voldemort avrebbe nuovamente potuto chiedere troppo, quel giorno, forse, il suo Signore non sarebbe stato disposto a credere ancora alle sue favole.
Guardò il viso preoccupato della strega, cosa avrebbe potuto dirle? La verità? Che era stanco di obbedire? Che quando si trovava davanti al suo Signore avrebbe solo voluto gridargli che non voleva più essere il suo boia? Che non avrebbe più ucciso per un suo ordine?
Oppure, che non lo avrebbe mai tradito?
“Non lo farò, promesso.” mentì.
Iris era sempre piena di speranze e di sogni, lui non aveva più sogni, ormai, quello che gli restava era solo un incubo infinito dal quale non voleva più illudersi di poter uscire.
Probabilmente le cose sarebbero andate sempre peggio: anche se Voldemort sembrava essersi convinto della sua lealtà, questo non gli avrebbe evitato di uccidere ancora.
Una nuova missione, un nuovo veleno, cosa avrebbe chiesto la prossima volta?
“Non ti chiederò altre dimostrazioni” Le parole del suo Signore risuonavano nella sua testa, le sue labbra si piegarono involontariamente in un smorfia: ora non doveva più dimostrare la sua fedeltà, ora lui era un vero Mangiamorte, uno che non uccide per mostrarsi leale, uccide perché vuole farlo, per quello che Malfoy chiamava “entusiasmo per la causa”.
Sentì improvvisamente la nausea bruciargli la gola, voltò la testa di lato e chiuse gli occhi fingendo di addormentarsi, era davvero esausto, non gli fu difficile far credere ad Iris di aver bisogno di riposare.
Appena la maga lasciò la stanza chiudendo la porta dietro di sé, Severus aprì di nuovo gli occhi, un sospiro sfuggì dalle sue labbra, si sentiva in trappola come un ragno che finisce per legarsi nella sua stessa tela, non poteva andare avanti così, si svegliava ogni mattina cercando di inventare una nuova scusa per giustificare i suoi fallimenti o per evitare di macchiarsi ancora le mani di sangue, spesso solo per poter uccidere più in fretta.
Aveva imparato a mentire davanti al suo Signore, qualcosa che nessun altro mago era riuscito a fare, ma quanto sarebbe durata? Il suo amore per Iris, la paura di perderla, erano il suo punto debole.
La sera precedente c'era mancato davvero poco, aveva rischiato di farsi scoprire, aveva rischiato di rivelare a Voldemort l'esistenza della maga. Se non si fosse accorto in tempo della trappola di Lucius, si sarebbe suicidato, lasciando la vera Iris indifesa.
Non poté fare a meno di pensare che, forse, era lui stesso il maggior pericolo per lei.
Se Voldemort fosse riuscito a leggere nella sua mente?
Il suo amore stava diventando sempre più forte, sempre più difficile da nascondere. Se le fosse successo qualcosa per colpa sua non avrebbe mai potuto perdonarsi.


* * *



Iris, intanto era in cucina: stava preparando qualcosa di caldo per sé e per Severus.
Cominciava ad abituarsi a quella stufa babbana e armeggiava disinvolta tra i fornelli regolando il calore con la bacchetta. Un paio di tazze galleggiavano a mezz’aria accanto a lei, pronte per essere riempite.
Si voltò per prendere il mestolo sul tavolino e lo vide: Severus era sulla soglia, pallido e tremante. Si appoggiava con una mano allo stipite della porta con l'altra stringeva i lembi del mantello a coprire la fasciatura.
“Severus, cosa ci fai in piedi?” scattò la maga, che, scansando le tazze galleggianti con un gesto brusco del polso, si affrettò verso di lui.
“Devi tornare a letto, ti sto preparando qualcosa di caldo, oggi devi restare a riposo.”
Piton la fissò, scuotendo la testa.
“Mi dispiace, ti ho messo in pericolo.”
“Cosa?”
“E' stata colpa mia, Lucius non ti avrebbe mai trovata se non avesse sospettato di me, io sono un pericolo per te.”
“Severus, ma cosa stai dicendo? Hai la febbre, vai a letto.”
“No, Iris, tu non capisci, ho temuto di perderti ieri,” strinse il pugno con rabbia. “Non voglio più provare una cosa del genere, mai più.”
“Smettila, anch'io ho avuto paura ieri, ma non puoi fuggire dal mondo per evitare di soffrire. Hai detto di amarmi, allora fallo per me, devi aver fiducia, prima o poi le cose si sistemeranno.”
“No, non si sistemeranno, tu non vuoi capire, sono stanco di aspettare qualcosa che non avverrà mai, Iris, lui non cadrà, lui non sarà mai sconfitto. Io non voglio tornare là, non voglio più, non dopo quello che è successo ieri.” si staccò dalla parete.
“Non posso starti lontano, voglio toccarti, voglio baciarti, se morirò dopo non mi importa, niente ha importanza se non posso averti. Ieri io ti avrei ucciso, ero convinto che quella donna fossi tu, l'avrei fatto davvero, in quel momento ho desiderato solo una cosa…” fece per avvicinarsi.
“NO!” gridò Iris. “Non te lo permetterò, ti prego allontanati. Ho paura, tremo ogni volta che ti avvicini al solo pensiero che tu possa sfiorarmi inavvertitamente. Morirei se ti succedesse qualcosa.”
Indietreggiò di qualche passo, ma lui fu di nuovo sopra di lei, sollevò una mano sfiorandole il viso, era così vicina che lei poté sentire il calore delle sue dita sulla guancia.
Chiuse gli occhi: quanto desiderava che lo facesse, desiderava il tocco di quelle dita più dell’aria che respirava.
Per un attimo si abbandonò a questo sogno impossibile, un istante infinito nel quale quella mano così vicina le aveva fatto dimenticare la sua maledizione, ma fu solo un istante, poi la maga arretrò di scatto e fissò l’uomo che aveva di fronte con rabbia.
“Severus, sai che non è possibile, perché vuoi torturare entrambi in questo modo? Se mi ami, non avvicinarti. Perché ti rifiuti di sperare? Come puoi essere sicuro che lui vincerà?”
Il mago bruno abbassò lo sguardo.
“Lo so! Checché ne dicano, veggenti strampalate o presunti profeti. Lui non cadrà.”
Scoppiò in una risata isterica, allargando le braccia in un gesto di rassegnazione e lasciando scivolare a terra il mantello.
“Un mago non ancora nato, Iris, sono queste le nostre speranze? Il mago potente che dovrebbe sconfiggere il Signore Oscuro, non è neanche nato.”
Iris continuava a guardarlo con un misto di terrore e stupore negli occhi.
“Quante possibilità abbiamo di sopravvivere? Un neonato...” Si portò le mani nei capelli continuando a ridere, una risata dolorosa, mentre rivoli salati di lacrime presero a scivolare sulle sue guance. “... quando sarà in grado di combattere? Quando, Iris? Fra vent'anni? Cosa resterà del nostro mondo, fra vent'anni? Cosa resterà di me, di noi, fra vent'anni? Vuoi che continui ad uccidere, sperando che un giorno tutto venga cancellato e noi potremo vivere insieme? E' questa la tua speranza?”
“Ora basta!” Iris, improvvisamente, puntò la bacchetta verso Piton. “E’ la febbre che ti fa parlare così. Torna a letto, Severus, non ti permetterò di fare stupidaggini, a costo di schiantarti.”
Il giovane la fissò incredulo, poi, con un profondo sospiro, lasciò cadere le braccia sui fianchi e indietreggiò appoggiandosi con la spalla alla parete.
Restò in silenzio con gli occhi chiusi per diversi secondi, poi mormorò a denti stretti.
“Scusa, hai ragione, dev’essere la febbre, domani andrà meglio, sì, domani tutto andrà a posto.” e si trascinò faticosamente su per le scale, seguito dallo sguardo di Iris, che ancora tremava all’idea che Piton potesse compiere un gesto inconsulto.


* * *



Le settimane che seguirono, Iris si occupò di lui con tanta premura e dedizione da scatenare spesso le proteste del giovane mago.
Ogni mattina, Piton, era svegliato dal delicato profumo di dolci e the bollente che galleggiavano a fianco al suo letto. Iris attendeva che finisse la colazione e poi cominciava ad armeggiare con la bacchetta per sciogliere e cambiare la fasciatura.
“Smettila di viziarmi, posso fare da solo.” brontolava puntualmente, ogni volta che lei si avvicinava col suo fare da crocerossina e un’espressione divertita dipinta sul volto.
Severus immaginava che quella situazione dovesse piacerle parecchio, sì, si divertiva a torturarlo.
Quel giorno la scena si ripeté.
“Andiamo, non protestare, lo so che ti piace essere accudito.” il sorriso della maga si allargava sempre di più. Piton la guardò torvo, a quanto pareva era diventato il suo passatempo preferito.
“Iris, Iris, ti prego posso, io…io ce la faccio da solo, smettila, così mi fai il solletico.” boccheggiò tentando di afferrare la coperta che si era sollevata da sola, mentre i pantaloni di un pigiama pulito gli svolazzavano intorno cercando di centrare i suoi piedi.
“Sei un brontolone, ma perché non riesci a goderti un po’ di riposo?” continuava a ridere, una risata cristallina, Piton pensò che non poteva esistere al mondo una musica più piacevole.
Per un attimo fissò quel volto sereno e luminoso, quanto doveva essere differente dal suo.
Nelle sue iridi nerissime si poteva leggere l’ammirazione e lo stupore di chi aveva dimenticato cosa fosse la serenità, lui era tenebra, la notte che anela alla luce del sole, senza mai poterla raggiungere.
Distolse lo sguardo.
“Cosa c’è?” Iris si era accorta che qualcosa aveva turbato il giovane mago: aveva smesso improvvisamente di borbottare e si era incupito.
“Nulla, non preoccuparti.” cercò di rassicurarla, ma continuò a fissare il vuoto di fronte a sé.
“Severus, guardami, io non sono sul lampadario.” disse, e sollevò gli occhi seguendo la traiettoria dello sguardo di lui.
Piton chiuse gli occhi e un profondo sospiro uscì dalle sue labbra.
“Non è successo niente, ti prego lascia che io finisca di vestirmi… da solo.” sottolineò particolarmente le ultime parole.
“Sono guarito, ti assicuro che sto bene.” continuò, notando l’espressione contrariata di Iris.
“D’accordo!” mormorò lei, mentre, volgendogli le spalle, si avviava stizzita verso la porta della stanza. “Iris!” la voce del mago la bloccò proprio mentre si accingeva ad afferrare la maniglia.
“Ora sto bene, davvero. Se vuoi possiamo uscire, ti va di fare una visita alla vecchia quercia?”
La strega si voltò sorridendo, non disse niente, ma la sua espressione fu più che eloquente, Severus annuì.
Dopo pochi minuti, il mago la raggiunse al piano di sotto, vestito e pronto per la gita in collina.
“Andiamo?” disse, incrociando le braccia, con fare impaziente.
Iris lo guardò stupita, poi infilò velocemente alcuni sandwitch in una borsa e si avvicinò all’altro fissando il suo naso prominente dal basso della sua statura.
“Ma certo, sono pronta a seguire questo grande nasone anche in capo al mondo.” lo canzonò.
Severus si limitò a un debole grugnito, poi entrambi si Smaterializzarono.


Continua…


Pronti per un'altra scampagnata? Non vi dirò di più sul capitolo che vi aspetta, già il titolo “Baciato dal vento” dice molto, provate voi ad indovinare cosa succederà?

Ciao, ciao!




  
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