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Autore: violetsugarplum    08/09/2012    1 recensioni
Seblaine Week | Day 6 - Angst
Ognuno ha il proprio modo di esprimersi. C'è chi trova opportuno manifestare i propri sentimenti cantando canzoni e c'è chi si difende dietro un muro di commenti sarcastici e cattivi quando, in realtà, basterebbe solo un pianto liberatorio.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Seblaine Week #2'
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Trying to live without your love


Blaine tentò di aggiustarsi il colletto della giacca prima di scendere dall'auto. Il riflesso che lo specchietto gli restituiva mostrava un uomo stanco, con profonde occhiaie scure, che sicuramente aveva passato gli ultimi giorni al buio della sua casa a piangere, magari accoccolato nel letto per sentire il profumo del marito intrappolato tra le lenzuola.

Con un pesante sospiro, si diresse verso la chiesa già gremita di persone vestite di nero, come una sorta di esercito tutto uguale, intente a dare le condoglianze senza provare realmente dolore.

Riuscì a evitare le solite frasi di rito -Vi staremo vicini, se avete bisogno sapete dove trovarci, vedrai, andrà tutto bene- che suonano sempre false in ogni combinazione possibile, ma non potè sottrarsi agli sguardi pieni di commozione mista a pietà.

Entrò in chiesa il più velocemente possibile, senza nemmeno perdere tempo a guardare le corone di fiori che addobbavano ogni angolo, e camminò lesto verso il primo banco.

Fu in quel momento che Blaine lo vide.

Sebastian era seduto tra sua madre e sua sorella e teneva loro la mano, come se volesse trattenerle prima di un'inevitabile caduta, la sua espressione impassibile sul volto. Non c'erano tracce di lacrime appena asciugate, gli occhi non erano nemmeno arrossati dai troppi pianti. Sebastian era lì, immobile, e guardava dritto davanti a sé, probabilmente immerso nei suoi pensieri o forse semplicemente svuotato da ogni cosa.

Quando Blaine riuscì a incrociare il suo sguardo, notò che la luce nei suoi occhi era spenta, un ricordo lontano del meraviglioso verde brillante che amava. La sua mente volò subito al giorno in cui vide per la prima volta il vuoto in quelle iridi, quel giorno in cui provò ad allontanarlo dalla sua vita, ma scacciò il pensiero con un violento gesto del capo.

"Sebastian", lo chiamò quasi in un sussurro.

L'uomo tentò un sorriso forzato, le labbra modellate in una forma innaturale.

"Sono qui."

Sebastian lasciò piano le mani delle due donne, che si cercarono subito, e si alzò senza distogliere lo sguardo da quello di Blaine.

"Portami via."

Blaine si morse il labbro e si guardò intorno incerto.

"Ma devi leggere l'elogio funebre..."

"Portami via, Blaine. Ti prego, portami via prima che arrivi."

E Blaine non fece altro che stringergli la mano fredda, sudata e rigida e trascinarlo fuori, incurante degli sguardi puntati addosso.

Sentì la mano del marito distendersi nella sua e gliela strinse con ancora più forza continuando a camminare in direzione del parcheggio dove aveva lasciato la macchina.

Lasciò che Sebastian chiudesse la portiera prima di parlargli.

"Come stanno?"

Blaine aveva chiesto della sua famiglia, non di lui, perché sapeva che Sebastian non gli avrebbe detto la verità. O, più semplicemente, non gli avrebbe risposto.

"Margot è come me, è forte. Anche mamma è forte. Forte come la bottiglia di liquore che si è scolata prima di venire qui."

"Mi dispiace, amore."

Sebastian sospirò e cercò di nuovo la mano del marito.

"Ce la faranno. L'unica cosa difficile sarà mandare via l'orda di parenti che cercherà di avere anche un misero centesimo dell'eredità. Come ogni volta che muore un pezzo grosso degli Smythe."

"Non dire così..."

"È così e basta", sentenziò Sebastian prima di mollare la mano di Blaine e incrociare le braccia al petto. "Non siamo come voi Anderson, sempre pronti ad aiutarvi l'uno con l'altro. Siamo opportunisti, snob, così maledettamente francesi... E mio padre non era poi tanto diverso."

Blaine non riuscì a dire nulla. Strinse con forza il volante e fissò il marito. Sebastian continuava a guardare dritto davanti a sé.

"Ecco perché ho cercato più volte di allontanarmi da loro. Ma non ce l'ho mai fatta perché c'era Margot e lei aveva e ha ancora bisogno di me. Ti ricordi la prima volta che li hai conosciuti?"

Blaine annuì. Ricordava perfettamente le suppliche che aveva fatto per poter incontrare la famiglia di Sebastian. Aveva pure minacciato di lasciarlo e, a quel punto, Sebastian era stato costretto a fissare un incontro in un giorno che non coincidesse con un meeting del padre in qualche capitale del Paese.

"Avevo paura che ti avvelenassero... Capisci? Non che ti mettessero del veleno in quelle costosissime aragoste, ma che ti uccidessero con i loro modi freddi, distanti e formali. Non so ancora come tu non mi abbia mollato dopo quella cena. È stato uno dei giorni più brutti della mia vita. Dopo questo. E dopo quello in cui ero quasi riuscito ad accecarti."

Blaine accarezzò distrattamente la guancia di Sebastian, lanciandogli uno sguardo profondo e dispiaciuto, pieno di parole non dette.

"Tuo padre ti voleva bene."

"Non l'ho mai messo in dubbio. Ma ha sempre sbagliato il modo di dimostrarmelo."

Blaine si sporse lentamente verso di lui e, senza nemmeno pensarci un secondo in più, lo baciò con tenerezza su un angolo della bocca. Sebastian, sebbene ancora determinato a guardare dritto davanti a sé, non respinse il gesto improvviso.

"Ognuno ha il proprio modo di esprimersi, Sebastian. C'è chi è come me, che trova opportuno manifestare i propri sentimenti cantando canzoni presenti nella top ten della classifica Billboard. C'è chi è come te, che si difende dietro un muro di commenti sarcastici e cattivi. C'è chi è come Margot, che ha richiesto espressamente la tua presenza per poter essere di conforto a vostra madre. C'è chi è come tuo papà, che dopo il nostro matrimonio mi prese da parte e mi ringraziò per averti dato un'altra possibilità. Anche se lui adesso non è qui e non potrà dirtelo, ha sempre voluto il meglio per te, ha sempre voluto la tua felicità e ti voleva bene."

"A modo suo."

"Sì."

Sebastian trasse un profondo sospiro e si voltò verso Blaine, cercando forse conforto in quegli occhi color miele.

"Non so se puoi capirlo, Blaine, perché tu fortunatamente hai avuto una famiglia meravigliosa che, nonostante tutto, ti ha supportato in ogni tua scelta. Io... Io ho dovuto fare ciò che mio padre ha sempre voluto, ciò che riteneva più giusto per me. Ma cosa ne sapeva? Non sono stato cresciuto da un padre, credo di aver vissuto più con un datore di lavoro. Le scuole, gli amici, i trasferimenti in città che odiavo... Tutto deciso da lui. E l'ho ripagato con tutti quei casini che combinavo quando ero un ragazzino, prima che arrivassi tu e mi facessi mettere la testa a posto."

"Tesoro..."

Ma Sebastian continuò a parlare, come se le parole non potessero più fermarsi e si fossero finalmente liberate, dopo essere rimaste bloccate da troppo tempo nella sua mente e nel suo cuore.

"Anch'io gli volevo bene, insomma. E anch'io non gliel'ho mai detto perché noi non facciamo così... Forse siamo troppo orgogliosi o stupidi. Forse non siamo nemmeno in grado di farlo. Non credo che lo diamo per scontato, è che... Siamo così. Nemmeno le cose brutte riescono ad unirci. Non ricordo una volta in cui ci siamo messi seduti al tavolo della cucina a parlare di noi, dei nostri sentimenti, delle nostre aspirazioni, delle nostre paure. Forse avremmo dovuto farlo. Forse la conversazione sarebbe proseguita a forza di silenzi prolungati e distoglimenti di sguardi. Però mi mancherà..."

Sebastian lasciò finalmente che la sua voce iniziasse a tremare e le lacrime rigassero il suo volto pallido. Blaine sapeva che Sebastian non era il tipo di persona che riusciva a esternare le proprie emozioni; doveva essere sempre il più forte degli altri, come se niente riuscisse a scalfirlo.

Ma non questa volta.

Blaine non l'aveva mai visto piangere prima di quel momento ed era un'immagine terribile, come vedere un forte albero spezzarsi in due e cadere, con il tronco diviso a metà, con una parte ancora piantata nel suolo e con l'altro pezzo abbandonato sul terreno.

Giurando a se stesso di non volerlo mai più vedere soffrire in quel modo, prese la sua mano e baciò teneramente la punta delle dita.

"Lo so, Sebastian. Vi siete voluti bene..."

"A modo nostro."


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Premessa: non mi piace l'angst. Beh sì, mi piace, ma solo quando sono io a decidere come farli soffrire. E far morire uno dei due... No, grazie, già dato. Quindi questa volta mi sono affidata al prompt qui suggerito :)

La Seblaine Week sta volgendo al termine e mi sento già triste. Cosa facciamo dopo? Esistono delle rehab? Ditemelo!

A domani per l'ultima (nononononono.)

-violetsugarplum
  
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