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Autore: Notteinfinita    08/09/2012    4 recensioni
Anna aveva un carattere timido ed un grande sogno che ha lottato per realizzare...ma avrà anche il coraggio di affrontare colui che, da sempre, è la sua nemesi?
Nda: Volevo precisare che il personaggio della mamma siciliana qui descritto non vuole essere una caricatura delle donne del sud ma solo una versione, lievemente enfatizzata, di com'è davvero mia madre.
NB:FF partecipante al contest "Cosa vorresti fare prima di morire?" di in fabula.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nickname del forum: Notteinfinita

Nickname EFP: Notteinfinita

Titolo storia: A testa alta

Frase scelta: n.13 “Maschi, ricordatevi: quando un giorno nella corsa della vita una donna vi busserà alle spalle, non è perché è rimasta indietro, ma perché vi ha doppiati” (Geppi Cucciari)

Raiting: verde

Genere: One-shot

Avvertimenti:

Trama: Anna aveva un carattere timido ed un grande sogno che ha lottato per realizzare...ma avrà anche il coraggio di affrontare colui che, da sempre, è la sua nemesi?

Nda: Volevo precisare che il personaggio della mamma siciliana qui descritto non vuole essere una caricatura delle donne del sud ma solo una versione, lievemente enfatizzata, di com'è davvero mia madre.

 

 

A testa alta

 

«Mamma sono a casa!» urlò Anna entrando e chiudendosi il portone alle spalle.

«Ciao bella!» chiocciò in risposta una donna bassina e grassottella andandole incontro e stritolandola in un abbraccio.

«Mamma, dai, ci siamo viste tre giorni fa!» protestò la ragazza continuando, però, a godersi l'abbraccio. In fondo da quando abitava da sola sentiva un po' la mancanza delle coccole della madre.

Quando, finalmente, la donna si decise a lasciarla andare entrambe si accomodarono in cucina.

«Prima che me ne dimentichi, ti è arrivata una cosa dalla scuola!» esclamò la donna saltando dalla sedia e precipitandosi fuori dalla cucina.

Pochi minuti dopo tornò stringendo tra le mani una busta bianca e la porse ad Anna.

La ragazza la prese, un po' stupita. Il mittente era proprio la sua scuola superiore e la cosa le apparve alquanto strana, in fondo si era diplomata otto anni prima.

 

Gentilissima Anna Rubini,

in occasione dei 50 anni dalla fondazione della IPSSAR Giovanni Verga, è nostro piacere invitarla alla festa che si terrà presso i locali della scuola il 16 maggio alle 20.

Saremmo onorati se, nel corso della serata, Lei volesse tenere un discorso sul raggiungimento dei propri traguardi. Riteniamo che lei sia l'ex alunna più qualificata per dimostrare l'importanza dell'impegno nello studio.

Cordiali saluti,

il preside.

Giovanni Belfiore.

 

Anna rimase alcuni minuti ad osservare il cartoncino stampato, senza proferire parola. In un attimo le ritornarono in mente i ricordi degli anni trascorsi in quella scuola: i compagni, le gite, le prese in giro.

«Tesoro tutto bene?» chiese la madre, leggermente preoccupata nel vedere lo sguardo perso nel vuoto della figlia.

«Tutto ok! La scuola mi ha invitato al cinquantesimo della sua fondazione.» rispose la ragazza sorridendole e riponendo il biglietto nella borsa. «Allora mi prepari un buon tè?» chiese per cambiare argomento.

«Allora che impegni ha la mia scrittrice di successo?» chiese orgogliosamente la donna trafficando con bricchi e bustine di tè.

«Mamma ok, mi hanno pubblicato un libro, ma da qui a definirmi una scrittrice di successo ce ne vuole!»

«Quanti possono dire lo stesso? Non sminuirti, sei brava e di successo. Punto!» ribatté orgogliosamente la donna.

Anna alzò le mani in segno di resa, sorridendo.

«Bé questa settimana devo presentare il mio libro a Catania, nella libreria Cavallotto.» disse, servendosi un pasticcino del vasto assortimento che la madre le aveva posto davanti «Il mio agente preme perché inizi a scrivere un altro libro, per cavalcare l'onda del successo. Io però al momento non saprei di cosa scrivere per collegarmi al primo.» concluse sbuffando.

«Digli che se vuole una schifezza si rivolga a uno scribacchino qualunque. Tu scrivi solo cose pensate!» esclamò gonfiando il petto come una chioccia che protegge il suo pulcino.

«Tranquilla, vedrai che riuscirò a farlo ragionare.»

Finita la luculliana merenda, Anna si appoggiò alla spalliera della sedia espirando per l'eccessivo senso di sazietà.

«La tua cucina è una delle cose che mi manca di più da quando non abito più qui!» esclamò.

«Io, sinceramente, non ho proprio capito perché sei voluta andare a vivere da sola!?» disse col viso imbronciato.

«Mamma, dai, te l'ho spiegato.» rispose sospirando «Dopo aver abitato da sola quando lavoravo a Catania adesso ho le mie abitudini, per scrivere ho bisogno di tranquillità e poi per seguire l'ispirazione mi capita di alzarmi nel cuore della notte...romperei le scatole a tutti.»

La madre sospirò rassegnata.

«Sappi che se ti va di tornare noi ti aspettiamo a braccia aperte!»

«Lo so, grazie mamma!» rispose, abbracciandola e depositandole un bacio sulla guancia.

Il pomeriggio passò velocemente. Dopo uno sguardo all'orologio, Anna si alzò, anche se un po' a malincuore.

«È ora che vada.» disse mettendosi la giacca e prendendo la borsa.

«Non rimani per cena?» chiese speranzosa la madre.

«No mamma, purtroppo devo finire di recensire un libro per la pagina culturale del “ La Sicilia ”. Già mi fanno il favore di lasciarmi lavorare da casa, non posso consegnare in ritardo.»

«Va bene!» disse, un po' delusa «Però aspetta due minuti che ti sistemo un paio di cosette da mangiare». Detto questo iniziò a tirar fuori diversi contenitori dal frigo e a stiparli in una capiente borsa termica.

Quando l'ebbe riempita all'inverosimile la consegnò ad una rassegnata Anna.

«Ti ho messo un po' di pasta al forno, un paio di peperoni ripieni ed un po' di tiramisù...so che ti piace tanto.»

«Mamma guarda che io la spesa la faccio!» esclamò sorridendo.

«Ma almeno così hai qualcosina pronta e non perdi tempo.» rispose la donna.

«Grazie, sei un tesoro!»

Con un ultimo abbraccio e un bacio Anna uscì lasciando la madre a salutarla sulla soglia.

 

 

Appena giunta a casa, Anna si buttò sul letto, tirò fuori l'invito dalla borsa e iniziò a rigirarselo tra le mani.

Più lo vedeva più riaffioravano i ricordi di quel periodo della sua vita.

Improvvisamente, un ricordo le tornò vivido alla mente: Era al secondo anno, come sempre stava impegnando il tempo della ricreazione scrivendo storie di fantasia. Ad un tratto aveva sentito una presenza vicino a se. Aveva alzato gli occhi e si era trovata davanti il ghigno sarcastico di Stefano, un suo compagno di classe il cui passatempo preferito era prenderla in giro.

Senza troppi complimenti le aveva strappato il quaderno da sotto il braccio, gli aveva dato un'occhiata e ridendo lo aveva gettato fuori dalla finestra dicendole che non aveva senso perdere tempo a scrivere cose che nessuno avrebbe mai pubblicato. Era rimasta a guardarlo andare via, incapace di reagire.

Quanto aveva pianto per la perdita di quel quaderno.

Probabilmente ci sarà anche lui” pensò, riscuotendosi dai ricordi. “Ero convinta di essere maturata, ma mi basta pensare di rivederlo per risentirmi la ragazzina di quindici anni timida e impacciata che lui si divertiva a prendere in giro.”

Alzatasi, poggiò l'invito sul comodino da cui prese un libro.

Fece scorrere le dita sulla copertina.

 

A testa alta

di Anna Rubini.

 

Recitava la scritta.

Anna fece un mezzo sorriso.

In fondo questo è la prova che lui si sbagliava” si disse “ma temo lo stesso ciò che potrebbe dirmi” .

Sospirando ripose il libro e si avviò in cucina. Senza troppa voglia, si preparò un panino e si sedette a consumarlo davanti al computer.

Sullo schermo una pagina di word bianca, in attesa della recensione che doveva scrivere ma la sua mente era altrove. Il suo editore premeva perché lei pubblicasse un secondo libro al più presto ma non aveva la più pallida idea di cosa scrivere.

Per il primo era stato più facile, aveva semplicemente raccontato la sua vita dal diploma fino alla pubblicazione del libro. I racconti sugli anni di università e sul lavoro al quotidiano regionale erano stati più che sufficienti per riempire le 300 pagine del libro ma ora di cosa avrebbe scritto?

Sospirando, si riscosse dai suoi pensieri e, lanciata un'occhiata al romanzo posto di fianco al computer, iniziò a battere freneticamente sui tasti.

Mezz'ora dopo, finita la recensione, spense il computer e tornò in camera da letto.

Spogliatasi, infilò il pigiama abbandonando i vestiti a terra e si coricò. Per quella sera non voleva pensare a nulla e poi mancavano ancora venti giorni alla festa, c'era ancora tempo.

 

 

Purtroppo per lei, il tempo volò in fretta e in breve arrivò il 16 maggio.

Anna, con indosso solo un completino di pizzo blu, finì di truccarsi e andò in camera da letto per vestirsi. Sul letto un grazioso abito blu; le era piaciuto subito perché somigliava a quello che Kate Middleton aveva indossato per il suo fidanzamento con il principe William, inoltre sottolineava il suo fisico in modo delizioso.

Ricordava perfettamente il momento in cui l'aveva trovato. Lei e la sua amica Giulia avevano girato tutti i negozi di Catania alla ricerca dell'abito giusto. Alla fine, stanche e sfiduciate, erano entrate in un piccolo negozio e subito Anna aveva notato quell'abito. Dieci minuti dopo usciva con una busta in mano, un sorriso sulle labbra e un'amica estremamente grata al cielo accanto a lei.

Sorridendo al ricordo Anna finì di vestirsi. Uno sguardo allo specchio le confermò che aveva fatto un'ottima scelta, eppure non riusciva a mandare via il nodo che le si era formato allo stomaco.

Salita in macchina, accese la radio e fece tutto il tragitto fino a scuola cantando a squarciagola, nella speranza che questo bastasse a placare il suo nervosismo.

Parcheggiata l'auto si diede un'ultima occhiata nello specchietto retrovisore, poi scese e si diresse verso l'ingresso.

Appena entrata, una hostess, sicuramente una studentessa della scuola, le chiese il nome per poi consegnarle una targhetta con il nominativo e l'anno di diploma.

Anna se lo appuntò al petto sorridendo tra se e pensando che non credeva di essere così cambiata da non poter essere riconosciuta dai suoi compagni.

Lentamente si avvicinò all'aula magna, appena entrata rimase stordita dal quantitativo di gente presente.

Si guardò in giro alla ricerca dei suoi ex compagni di classe. Era appena riuscita ad individuarne alcuni quando sentì qualcuno richiamare la sua attenzione poggiandole una mano sulla spalla. Appena si volse riconobbe il sorriso smagliante del preside.

« Buonasera, signor Preside! » esclamò, sorridendo a sua volta.

« Signorina Rubini sono felice che abbia accettato di tenere il discorso di stasera, sono certo che la sua esperienza incentiverà i ragazzi a continuare gli studi. » affermò l'uomo facendo cenno di si col capo.

« Me lo auguro! » esclamò la ragazza, sinceramente imbarazzata dai complimenti del preside.

« Venga con me, i suoi ex professori sono ansiosi di rivederla e di complimentarsi con lei! » aggiunse l'uomo trascinandola, letteralmente, in direzione della sala professori.

Anna diede un ultimo sguardo alla massa di gente intervenuta alla festa, chiedendosi se, in fondo, non fosse un bene rimandare l'incontro con i suoi ex compagni di classe. Poi si volse e seguì l'uomo.

Giunta in sala professori venne attorniata dai docenti e assalita da mille domande.

Dopo circa mezz'ora, un bidello venne ad avvisare che era tutto pronto. Anna si avviò in aula magna con la testa ancora confusa dai mille discorsi dei professori.

Senza alzare lo sguardo, si sedette nel posto che le venne indicato come suo tra le poltrone disposte dietro l'enorme cattedra semicircolare che troneggiava sul palco dell'aula.

Si rese conto che il preside si era alzato e stava pronunciando il discorso di benvenuto ma non riuscì a seguirne una sola parola, ad ogni minuto che passava l'ansia per il discorso che avrebbe dovuto pronunciare l'attanagliava sempre più.

Ad un tratto si sentì chiamare, alzò lo sguardo assente e si rese conto che il preside le stava porgendo il microfono.

Con le gambe leggermente molli si alzò e, afferrato il microfono, portò lo sguardo sul pubblico sentendo un moto di panico assalirla. Emise un sospiro e, ritrovata la calma, sorrise al pubblico.

« Buonasera a tutti. È un onore per me essere stata chiamata a tenere questo discorso. Hanno scelto me perché, secondo loro » disse, indicando il corpo docenti « sono quella che meglio di altri può rappresentare il successo raggiunto tramite lo studio. So che voi vi aspettereste uno di quei discorsi altisonanti sull'importanza dello studio e su come apra molte porte. Ebbene, non lo farò. »

Un mormorio stupito si diffuse per la sala a queste sue parole. Anna attese che fosse tornato il silenzio prima di riprendere.

«Non vi dirò che è stato facile, né che abbia sempre avuto la certezza di farcela. Non lo farò perché sarebbe una bugia e non è con le menzogne che posso aiutarvi ad affrontare la vita. La verità è che ci sono stati momenti in cui avrei voluto mollare tutto, notti in cui non ho chiuso occhio per la disperazione e il timore di deludere i miei genitori. Il mio percorso per raggiungere l'obbiettivo che mi ero prefissata è stato faticoso e lastricato di difficoltà ma mi ha reso più forte e capace di guardare al futuro a testa alta. Proprio partendo dalla mia esperienza vi dico di lottare per raggiungere i vostri obbiettivi e realizzare i vostri sogni. Non lasciatevi scoraggiare dalle difficoltà e non temete di chiedere aiuto, se ne avete bisogno...infondo se l'uomo è un animale sociale un motivo ci sarà! Che dire, vi faccio un grosso in bocca al lupo, nella speranza che ognuno di voi possa vedere realizzato il proprio sogno. »

Appena Anna ebbe finito di parlare, uno scroscio di applausi fece tremare le vetrate dell'aula magna.

Con un piccolo cenno del capo, in segno di ringraziamento, Anna tornò a sedersi. Sentiva il cuore batterle a mille per l'emozione. Gli anni dell'università l'avevano aiutata a scacciare, in parte, la sua timidezza ma ciò non significava che amasse parlare in pubblico.

« Bene ragazzi miei » disse il preside, riprendendo il microfono « Non è mia intenzione tediarvi ulteriormente quindi che si dia inizio alla festa! »

Ad un cenno dell'uomo le luci vennero abbassate e una musica soft si diffuse nell'ambiente.

Venti minuti e molte domande dopo, Anna riuscì finalmente a sganciarsi dai professori per andare in cerca dei compagni.

Dopo aver girato un po', scorse un capannello di facce conosciute. Sorridendo, si diresse a passo svelto verso di loro. Era ormai a pochi passi quando si rese conto che il ragazzo che le stava di fronte, dandole le spalle, altri non era che Stefano D'Arrigo, il ragazzo che tante volte l'aveva fatta piangere per puro diletto. Si morse le labbra mentre i ricordi riaffioravano ma li scacciò via scuotendo leggermente il capo.

Nuovamente serena raggiunse i suoi compagni e, seguendo l'istinto, bussò lievemente sulla spalla di Stefano. A quel gesto una frase, letta un po' di tempo fa, le riaffiorò alla mente.

Maschi, ricordatevi: quando un giorno nella corsa della vita una donna vi busserà alle spalle, non è perché è rimasta indietro, ma perché vi ha doppiati”

Sorrise tra se, rendendosi conto della veridicità di quell'affermazione. In fondo lei aveva pubblicato il suo libro mentre lui era ben lungi dall'aprire il ristorante che tanto sognava.

Mille battute taglienti le salirono alle labbra ma poi si rese conto che se lo avesse deriso non sarebbe stata migliore di lui.

Quando lui si girò, Anna gli rivolse il suo più smagliante sorriso.

« Ciao Stefano, è una vita che non ci vediamo! » esclamò.

Il ragazzo deglutì a vuoto, non riusciva a capacitarsi di ciò che vedeva.

Era arrivato in ritardo, non aveva assistito al suo discorso e adesso si ritrovava davanti un' Anna completamente diversa da quella che ricordava.

Non era una trasformazione stile da brutto anatroccolo a cigno, lui l'aveva sempre considerata una ragazza carina, era l'atteggiamento ad essere cambiato. Non teneva più le spalle incurvate né lo sguardo basso e i suoi gesti, insieme al vestito scelto per quella serata, tradivano una consapevolezza del proprio corpo che le era del tutto estranea ai tempi della scuola.

Senza accorgersene, rimase alcuni minuti a fissarla in silenzio.

« Stefano, non sono un fantasma! » scherzò.

Resosi conto di essere rimasto impalato a fissarla, il ragazzo arrossì lievemente mentre lei gli regalava un altro dei suoi splendidi sorrisi; infondo era la prima volta che lei riusciva a metterlo in imbarazzo.

La serata proseguì all'insegna dei vecchi ricordi e degli ultimi pettegolezzi.

« Ragazzi, ora devo proprio andare. » affermò, ad un tratto, Anna.

Un coro di proteste si levò dal gruppo dei suoi ex compagni.

« Mi dispiace, ma è tardi ed ho ancora un bel po' di strada da fare per tornare a casa. » spiegò, rammaricata.

« Allora lascia che ti accompagni alla macchina » propose Stefano.

Anna, pur se stupita, accettò.

I due si diressero all'uscita sotto gli sguardi curiosi e ammiccanti degli amici.

« È stato bello rivederti! » esclamò il ragazzo, appena giunti alla macchina.

« Anche per me. » rispose Anna per poi sporgesi a depositargli un casto bacio sulla guancia prima di entrare in auto.

Dopo che fu andata via, Stefano rimase ancora qualche minuto a fissare il punto in cui era sparita l'auto della ragazza chiedendosi se, in quella splendida donna, ci fosse ancora, magari nascosto in un angolino, il timido pulcino che tante volte lui aveva punzecchiato.

 

 

La mattina successiva Anna si svegliò di ottimo umore.

Il discorso era andato bene e, cosa ancora più importante, era riuscita a lasciare Stefano senza parole; anzi, era addirittura riuscita a metterlo in imbarazzo.

Continuando a ridacchiare da sola al pensiero della serata, Anna si preparò la colazione.

Tornata in camera per recuperare un blocco per gli appunti, lo sguardo le cadde sul vestito che aveva messo la sera prima e non poté fare a meno di sentirsi compiaciuta ripensando a come Stefano l'aveva fissata, quasi non credesse ai propri occhi.

Riscossasi dai suoi pensieri, Anna prese il blocco degli appunti e tornò al computer per riprendere a lavorare.

Era quasi alla fine di una recensione quando il trillo del campanello la distolse dal suo lavoro.

Giunta alla porta si trovò davanti il fattorino di un fioraio.

Firmata la ricevuta, le venne consegnata una scatola dalla forma allungata. Appena ebbe richiuso il portone, Anna l'aprì; all'interno una dozzina di rose bianche e un biglietto.

 

 

Touché

S. D.

 

Nonostante la firma non fosse completa, Anna non ebbe dubbi sul mittente del biglietto.

Con un sorriso che le increspava le labbra la ragazza sistemò le rose in un vaso che pose sulla scrivania. Sedutasi al computer aprì una nuova pagina di Word e iniziò a digitare. Poco dopo alcune parole campeggiavano al centro dello schermo.

 

Touché

ovvero di sogni e rivincite

 

"Forse il mio editore non dovrà poi attendere così a lungo per leggere il mio secondo romanzo” pensò, prima di rimettersi a scrivere con una luce divertita negli occhi.

 

 


 

  
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