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Autore: Wiwa    08/09/2012    0 recensioni
Tempo: Anno 3035.
Trama: -Non ero mai uscito da lì.- -Da New Rome?-chiese Leila, per nulla sorpresa da una notizia del genere. La maggior parte delle persone tendeva ad accettare passivamente la tirannia che governava la città al di sopra di Rome per poter vivere nel lusso.-No, dal laboratorio-. Leila quasi si strozzò con la minestra. -Mi stai dicendo che in diciotto anni non sei mai uscito da lì?- -Neanche una volta.- Una città futuristica oppressa da un regime soffocante , fili invisibili che si muovono dietro le apparenze. Un ragazzo con un segreto nascosto che gli ha rovinato la vita. Unica via d'uscita : Una città sotterranea dimenticata da Dio, popolata da chi non si vuole ancora arrendere.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole splendeva, riflesso nella miriade di grattacieli futuristici e luccicanti che sorgevano dal cemento, gloriosi ed immensi. Era una giornata tranquilla a New Rome, per nulla diversa dalle altre in apparenza. Solito clima, solito traffico di prima mattina, nulla di nuovo. Tutto in ordine. Per questo, nella sua scintillante e nuova di zecca tenuta da Vigilante, scalpitava. Era stato promosso da poco al massimo gruppo di guardie scelte di tutta New Rome, obiettivo che sognava fin da quando aveva capito che cosa fosse, un Vigilante. Non si aspettava di certo che uno dei suoi primi giorni fosse tutta azione, brivido e chissà cos'altro insomma, ma la sua eccitazione stava lentamente scemando, nel mezzo di tutta questa poca attività. L'unica cosa al di fuori dal comune al massimo erano vecchiette che agitano i bastoni in oro o ottone chiedendo al povero giovanotto di aiutarle in questa o in quella futile occasione. Ma a parte questo, nient'altro. Sbuffò, sentendo quasi fremere il fucile in materiale super leggero a canna corta, con tanto di elettrificatore, volendo essere usato per la prima volta. Sentì un bip bip, segno di un messaggio in arrivo sulla linea diretta della polizia. Tirò fuori dalla tasca il palmare a touch-screen wi-fi con cui comunicavano le notizie dell'ultima ora. I suoi occhi ebbero un guizzo di interesse: Un avviso per la cattura di qualcuno, della massima urgenza. Euforico, premette il tasto per aprire il file:

Nome: Non disponibile.

Foto: Acclusa.

Importanza: Massima.

Note: Da non sottovalutare nonostante l'età. Non di indole aggressiva, entrare in contatto con cautela. Evitare l'utilizzo di armi se non strettamente necessario, ricercato vivo.

 

Sorpreso mise il dito sull'icona che indicava l'apertura della foto, riuscendo a trattenere a malapena un gesto di stizza. Era un ragazzino, a malapena diciottenne, molto bello. Erano disponibili tre foto:Frontale, di lato e a corpo intero. Aggrottò le sopracciglia, se si faceva più attenzione ci si rendeva conto che non era un soggetto da sottovalutare: Fisico massiccio ed atletico, probabilmente anche addestrato. La sua attenzione venne attirata da un clacson che strideva furioso, qualcosa doveva aver fatto infuriare davvero quel guidatore. Alzò distratto lo sguardo, per spalancare poi gli occhi, sorpreso ed incredulo. Una fortuna del genere non gli sarebbe capitata in tutta la sua vita. Mise la mano sul fucile a canna corte, togliendo la sicura, ma senza tirarlo fuori dalla fondina e si incamminò verso il centro della strada.

-I-io..Mi dispiace davvero signore...

-Ma guarda dove vai! Imbecille!

-Faresti meglio a toglierti dalla strada, giovanotto.

Disse il Vigilante, con un falso tono gentile, poggiando una mano sulla spalla all'ostacolo del furioso guidatore. Il ragazzo, la perfetta copia della foto presente sul suo palmare ancora acceso nella sua tasca, lo guardò con aria smarrita, come se non avesse capito.

-La strada.

Ripeté con meno pazienza, indicando i pannelli di metallo che permettevano il passaggio delle macchine a magnetismo, senza quindi inquinare l'aria. Visto che non aveva ancora capito, lo trascinò per un braccio sul più tranquillo e sicuro marciapiede in puro e lindo marmo bianco, dove avrebbero potuto camminare tranquilli. Il ragazzo sembrava sotto shock: con occhi spalancati si guardava intorno, trasalendo ad ogni rumore della caotica metropoli, non rendendo quindi molto facile la conversazione.

-Allora , dove sei diretto?

Lui gli gettò un'occhiata terrorizzata per mezzo degli occhi chiari. Ora che lo notava e poteva vederlo da vicino, si rese conto che era davvero un bel ragazzo e lo notava perfino lui che era un uomo. Veramente sembrava uscito da una rivista di fotomodelli, quel tipo di bellezza rara e ricercata, che ti faceva voltare per strada.

-Sto cercando il Professor Captivus.

-Chi?

Pensò il nostro giovane vigilante, mentre un'idea si faceva strada nella sua testa. Era piuttosto maligna in effetti, ma se nei suoi primi giorni di servizio fosse riuscito a compiere una cattura di così alto livello, la sua scalata verso i ruoli più importanti della sicurezza della città non era così lontana. Così, col tono più convincente che riuscì a trovare disse:

-Ah il professor Captivus eh? Ti ci porto io se vuoi.

-Davvero?

Lo sguardo luminoso da cucciolo speranzoso che gli rivolse gli fece contrarre lo stomaco, ma cacciò in fondo il senso di colpa, facendosi forza. Con un braccio gli indicò una strada secondaria e lo fece andare avanti. Non doveva esserci pubblico per quello che stava per fare, avrebbero pensato chissà cosa e spiegare sarebbe stato troppo complicato. Vagò a caso nel mezzo di stradine e viottole, finchè non trovò quello che faceva per lui: Una stradina isolata, vicino ad un corso d'acqua a giudicare dal rumore che si sentiva, uno scrosciare molto forte. Il ragazzo, dietro di lui non faceva domande, ma continuava a guardarsi intorno, confuso e disorientato.

-Siamo vicini, lì.

Indicò un punto a caso per farlo andare avanti e non appena lo superò, sfilò dalla cintura il manganello bianco nuovo di zecca e lo colpì. O almeno ci provò. Con un riflesso davvero incredibile, il ragazzo si scostò, voltandosi di scatto, inorridito.

-Che cosa fa?

-Adesso basta, ragazzino, alza le mani.

Gli puntò il bastone contro il petto , facendolo indietreggiare.

-Che cosa vuole da me?

-Riconsegnarti alla giustizia.

Vide il suo viso contorcersi in un'espressione di disperazione.

-Non posso tornare indietro!

Quindi era anche un ricercato, molto probabilmente un evaso. É proprio vero che l'abito non fa il monaco.

-Ti ripeto di arrenderti, non succederà nulla, vedrai.

Tentò di nuovo, con una voce più calma, ma lui sembrò non crederci stavolta, indietreggiando ancora. Stufo di parlare, il vigilante scattò in avanti, l'arma puntata, ma il fuggitivo si scostò di lato. In quei secondi che servirono al vigilante per rendersi conto della situazione, mentre cadeva in avanti, venne colpito alla stomaco con una ginocchiata e con un paio di colpi ben mirati, si ritrovò a terra, sfinito e dolorante.

-M-mi dispiace..é-è stato un riflesso...

Da terraq il vigilante borbottò qualche bestemmia,facendo una fatica terribile per alzarsi in piedi e ci riprovò. Questa volta il ragazzo non reagì, ma con le mani alzate sembrava aver paura di fare qualsiasi altra cosa ed il vigilante lo prese per un braccio, stringendo talmente forte da non far passare il sangue nelle vene.

-M-mi fa male così.

-Anche tu mi hai fatto male, bastardello!

Sibilò innervosito e dolorante.

-Mi lasci per favore! MI LASCI!

Gridò. In tutto il giorno seguente il vigilante cercò di raccapezzarsi su cosa fosse successo in quel momento, senza mai crederci veramente. Gli sembrò che la voce del ragazzo fosse uscita dalla gola talmente amplificata, da avere una potenza solida. Infatti venne colpito da una serie di sferzate d'aria talmente forti da frantumargli la visiera protettiva del casco e farlo cadere a terra. Spaventato e tremante, il fuggitivo aveva cominciato a correre a casaccio,guardandosi indietro. Dopo aver svoltato in un strada, troppo tardi si accorse di aver sbagliato, fece appena in tempo a fermarsi davanti ad il corso impetuoso di un fiume.

-Adesso basta!

Il vigilante l'aveva già raggiunto: Tirato fuori il fucile, lo puntò al petto. Indietreggiò, perse l'equilibrio, cadde. L'acqua gelida e violenta lo trascinò via, non permettendogli di uscire fuori. Non sapeva nuotare e non aveva preso abbastanza aria nei polmoni. Si agitò, provò a gridare, peggiorando la situazione. Poi le membra si fecero pesanti, i movimenti sempre più difficili, le palpebre impossibili da tenere aperte. Scivolò, senza sensi, trascinato dalla corrente, eppure anche senza ossigeno. Attimi d'infinito, nel buio oscuro dell' incoscenza, attimi di stasi. Eppure, con un ritmo deciso, il cuore nel petto continuava a pulsare senza sosta, anche senza ossigeno il sangue continuava a pulsare, ed il calore in quelle acque gelide non abbandonava il suo corpo.

 

 

La maggior parte delle persone, quando si sveglia, non ha buon carattere né un buon aspetto. Principalmente, anche se gli si rivolge con un sorriso splendente ed augurando gentilmente un buon giorno, si riceve in risposta un ruggito o anche un morso, a seconda della gravità del caso. Ecco, Leila era così. Per questo, con pesanti palpebre sotto gli occhi ed una luce assassina nello sguardo, cercava di non addormentarsi sulla tavola.

-Mi ripeti Perché mi hai svegliato così presto?

Borbottò fra i denti. Sua madre, al contrario di lei attiva ed allegra, armeggiando nella piccola e squallida cucina sorrise:

-Perchè ieri sei stata tu stessa a chiedermelo.

Leila grugnì in risposta.

-Non devi prendermi sul serio, quando dico queste cose.

-Fra due giorni ricomincia la scuola. Faresti bene ad abituarti.

La ragazza rimestò nervosa la cioccolata nella tazza sbeccata.

-A che serve questa diavolo di scuola? É una perdita di tempo! Dovrei andare a lavorare invece!

-Ne abbiamo già parlato Leila.

Rispose gravemente la madre, servendole delle uova di Lepre-gallina nel piatto.

-a cosa mi serve un'istruzione? Tanto qui a Rome non serve! Non c'è neanche un'università.

-Voglio che un minimo di cultura ti renda capace di pensare con la tua testa.

-Più di così?

Chiese sarcastica ed innervosita. Le persone come lei e sua madre che avevano deciso di vivere a Rome, la città originale sprofondata sottoterra, accettavano di vivere nella povertà per nono sottostare alla tirannia di New Rome.

-Per favore Leila, fa come ti dico.

La ragazza grugnì. Da quando suo fratello maggiore era scomparso, cercava sempre di accontentare sua madre, per sorreggerla. Così, ingoiando la frustrazione insieme alla cioccolata, fece cenno di aver accettato.

-Brava la mia ragazza.

E le scompigliò affettuosamente i capelli. Dopo colazione Leila uscì baciando la guancia alla madre. Il resto della giornata la passò al lavoro: Lavorava come addetta alle pulizie in un ufficio, o almeno lo aveva fatto per tutta l'estate visto che la madre non le permetteva di farlo durante l'anno scolastico. A sera, stanca ed affaticata, si diresse sulle rive dell'Ampelion. Purtroppo era compito suo quella sera sorvegliarlo, per evitare che qualche animale , magari una rana-locusta potesse arrivare al raccolto della città. Visto che sottoterra la luce era solo elettrica, era terribilmente difficile far crescere qualcosa e ciò che c'era andava protetto. Visto che lì non c'erano lampioni, poteva usare solamente una torcia elettrica. Quella al plasma, molto più moderna,lì sotto non se le poteva permettere. Almeno non era da sola: Infatti infilò una mano nel capiente marsupio appeso alla vita e tirò fuori una sferetta di metallo. L'affarino d'acciaio venne percorso da una serie di strisce luminose azzurre, finchè scomponendosi e autoassemblandosi in diversi scompartimenti, non si trasformò in un robottino. Quello era l'ultimo regalo di suo padre per lei: Un robot a forma di gufo, che lei chiamava Gwineth, era come un'amica. Sbattendo gli occhi a cristalli liquidi neri, le diede il buongiorno aprendo il becco metallico ed attivando la sua funzione vocale.

-Anche a me fa piacere vederti.

Rispose lei, con un sorriso stanco. Puntò stancamente la torcia sulle acque che si muovevano, sempre uguali e noiose. Non succedeva niente, come al solito. Tirò fuori dallo zaino un pacchetto di plastica, contenente al sua cena. La madre le preparava sempre tutti i pasti, poiché temeva che deperisse.

-Come se fosse lontanamente possibile.

Scherzò addentando il panino che le aveva preparato. Col fisico che si trovava, metà brasiliana, metà italiana ricca di curve com'era e di buon appetito, non era di quelle ragazze fissate con la linea. Con questo non si debba pensare che fosse grassa, solo un po' formosa. La sua attenzione fu attirata da uno strano rumore, suono soffocato

-C'è qualcuno?

Chiese, puntando la torcia in giro, senza riuscire a vedere nessuno. Non ci fu risposta. Per sicurezza tirò fuori dalla tasca la pistola, puntandola insicura ogni volta in una direzione diversa.

-C'è qualcuno?

Ripetè, più decisa però. Poi il rumore si fece più forte e si ripetè. Si voltò da dove veniva il rumore e gridò, facendo cadere il panino.

Bianco come la neve, pallido come uno spettro, gli occhi arrossati.

-T-ti senti bene?

Chiese, tremante. Lui aprì la bocca....E crollò su di lei. Con il peso di un ragazzone di un metro ed ottanta sulle braccia, la povera Leila cadde a terra come un sacco di patate.

 

Angolo dell'autrice: Ed ecco qui la mia uova storiella!!! Vi avviso che sarà molto corta, poiché è scritta a puntate...Spero che quest'assaggio vi sia piaciuto!

  
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