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Autore: Scillutta    10/09/2012    1 recensioni
"Tutto è relativo" diceva Einstein.
Una massima indiscussa applicabile alla vita di tutti i giorni. Anche le cose più insignificanti possono essere di vitale importanza per qualcuno. E la presunta malattia dei propri genitori può passare in secondo piano comparata alla possibilità che quest'ultimi possano scoprire i segreti più torridi e inconfessabili della tua vita privata.
One shot totalmente delirante. Lettore avvisato...
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato a Alice e Sirith,
le mie sorelle mancate
e alle nostre follie

 

La Teoria della relatività
 

[Tutto è relativo. 
Prendi un ultracentenario che rompe uno specchio: 
sarà ben lieto di sapere che ha ancora sette anni di disgrazie.

Albert Einsten]


 
« Ragazze, ho bisogno del vostro aiuto »dissi con solennità, cadendo con studiata leggiadria sul letto.

Alice e Sirith, prese dal loro fitto confabulare, si arrestarono un attimo per girarsi in sincrono verso di me, con sguardi attenti.

« Cosa succede? » s’inserì Sirith, preoccupata.

Presi un bel respiro, pronta a vuotare il sacco. Quel segreto me lo portavo dentro da troppo tempo, era arrivata l’ora di condividerlo con le uniche persone di cui mi potessi veramente fidare. Era un fardello troppo gravoso e ingombrante da portare sulle spalle. Avevo il bisogno di sfogarmi e dividere il carico con qualcuno. Sapevo che in questo modo le avrei condotte in un baratro di angoscia e avvilimento, ma ci eravamo sempre promesse di condividere tutto, anche le brutte cose.

« I miei genitori… » provai a parlare, ma un groppo in gola si mangiò tutte le parole.

Alice e Sirith si fecero più vicine, con la stessa espressione lievemente allarmata. Dovevo farmi forza. L’unica soluzione era sputare il rospo, di getto, senza tentennamenti.

« I miei genitori stanno male » pronunciai con un filo di voce.

Sirith si portò le mani alla bocca, risucchiando tutto il respiro che aveva trattenuto fin ora. Alice rimase apparentemente calma, ma tradita dalla rigidezza delle spalle e dell’espressione scrutatrice.

« Ma che cos’hanno? Insomma, cos’è successo? E da quanto va avanti? » parlò Sirith con impazienza, con le mani che torturavano quella paglia che aveva al posto dei capelli.
« Lasciala aprire bocca, almeno » intervenne Alice, ancora troppo rigida per fingere indifferenza.
« L’hanno scoperto da poco. E’ stato così improvviso, nessuno di noi l’aveva programmato, specialmente io », non riuscivo ancora a crederci. Come era accaduto tutto quanto? Un momento prima eravamo una famiglia normale, senza problemi e un momento dopo tutto era crollato e ci rimanevo soltanto i cocci di quello che eravamo stati.
« Oh mio Dio, Scillutta, mi dispiace così tanto… » fui soffocata dall’abbraccio caloroso e protettivo di Sirith. Sentì altre braccia circondarmi la vita e dei capelli corti con infilati qua e là oggetti vari, solleticarmi la pelle del collo. Strinsi forte, nella speranza che le lacrime intrappolate tra le ciglia non avessero la brillante idea di lasciarsi cadere.

Non mi dissero andrà tutto bene, perché erano solo parole vuote. Ci limitammo a stringerci, consapevoli che stavamo insieme e che insieme avremmo affrontato tutto questo. Sono questi i momenti in cui comprendi che l’amicizia ti darà sempre qualcosa di più dell’amore.

« E tu come stai? » s’inserì Alice.
« Come vuoi che stia? Completamente sconvolta. Sul serio, ragazze, non so… non so se abbia digerito la notizia. Forse è solo un incubo. Cazzo ». Volevo sembrare padrona di me stessa, ma quel groppo in gola che aveva le dimensioni di un grosso limone, non accennava a scendere. Gli occhi pizzicavano troppo, per i miei gusti.
« Ehi, su » Sirith mi passò un dito a catturare una lacrime che stava per scappare.
« Uff!, ragazze, come farò? » sospirai con un moto di stanchezza improvviso. Alice e Sirith si scambiarono uno sguardo deciso e mi abbracciarono ancora più forte.
« Mi dispiace… e i tuoi genitori… Ti aiuteremo noi, non ti preoccupare » mi tranquillizzò Sirith.
« Fottuto mondo. Che schifo. Ma perché, cazzo? Perché? » aggiunse Alice, parlando più con se stessa che con noi.
« Io… non lo so. I miei dicono che c’è un motivo, che doveva accadere. Ma, porco diavolo, proprio ora? Proprio a loro? A me? », non la smettevo di tormentarmi i capelli. La voce usciva strozzata e avevo il respiro spezzato. Non osavo guardarle.
« Comunque, ha ragione Sirith. Noi ti aiuteremo. Sempre insieme, ricordi? Until the very end (1) » mi spronò Alice.
« Ma perché l’hai detto in inglese? »
« Perché fa più figo ». Girai gli occhi. “Che stronze”
« Ma non mi stavate consolando, voi? » m’intromisi.
« Guarda che noi ti stiamo consolando. E’ una nuova tecnica: ti aiutiamo, sdrammatizzando la situazione. Io sapevo che Sirith sapeva che io sapevo che questo era l’unico modo per non farti sprofondare in un abisso di disperazione. Era tutto programmato, comprendi? » sputò Alice, senza prendere fiato. A volte mi domandavo se si programmasse il momento, le parole e il tono con cui dire simili boiate o se le venisse tutto spontaneo.
« In realtà, non sapevate che cazzo fare » aggiunsi con candore.
« Calunnia e maldicenza (2), secondo te lo faremo mai? Specialmente io? Ma non sono tenera e innocente? » mi rispose con una faccia da schiaffi.
« Non sei mai stata innocente tu »
« Ohhh!, che cazzo, ma sempre a battibeccare state? » spuntò fuori Sirith.

Io ed Alice ci limitammo a sogghignare.

« Almeno ti abbiamo fatto ridere » disse Alice.

Ah, già. Mi ero dimenticata che i miei stavano patendo le pene dell’inferno, mentre io qui cazzeggiavo in maniera allucinante (3). Appena pensai questo, beh, come dire, finì in lacrime. Crollai. Ma con classe, eh.

Qualche volta avevo pensato alla possibilità che un giorno o l’altro la mia famiglia avrebbe incontrato dei problemi. Eravamo troppo fortunati, per la miseria. Fin ad ora, era andato tutto bene. Certo, qualche evento particolarmente triste c’era stato, ma non di simili proporzioni. E, invece, tutto a un tratto, mi ritrovavo bloccata in questa situazione di merda. A dirla tutta, avrei preferito una placida vita tranquilla.
Le lacrime di una invitarono a una simpatica riunione le lacrime dell’altra, fino a quando io e Sirith ci ritrovammo con gli occhi pesti e il naso colante, affette da ridarella convulsiva. Alice mantenne un certo contegno, non sia mai.

« Che cosa penosa, hermanas » affermò Alice.
« In effetti… stiamo condividendo lacrime e sudore, non so se ve ne siete accorte. Soprattutto sudore… Sirith, Dio, scollati! Tu hai fuoco nelle vene, altro che sangue » aggiunsi.
« Ehi! Ma io voglio solo abbracciarti! ». Sirith aveva una faccina da cucciolo ferito, con tanto di broncio.
« Sì, però, io non voglio morire di caldo e soffocata dai tuoi capelli »
« Non offendere i suoi capelli: sono fantastici! » disse Alice adorante, con tanto di luccichio negli occhi.
« Mpf! Prova ad averli tu, e vediamo… »
« Ragazze, ci stiamo distraendo » le richiamai all’ordine. “Strano. Credevo che distrarsi fosse una prerogativa di Sirith”, pensai. Era la prova che il mondo stava veramente andando a rotoli.

Sirith mi diede un bacio sulla guancia, poggiando il mento sulla mia spalla. Alice mi stritolava le dita, segno che era agitata.

« Promettetemi che continuerete a distrarmi e a sdrammatizzare quando vedrete che non cazzeggerò abbastanza, perché presa da pippe mentali. Non mi sono mai concessa il lusso di pensare, perciò aiutatemi a non prendere questo brutto vizio » proclamai con sguardo serio e profondo.
« Lo prometto sulla Perla di Jack (4) » annunciò Alice con una mano sul cuore.
« Lo prometto sulla carne » si fece sentire Sirith.
« Meno male che mi circondo di gente intelligente ». Concessi un altro abbraccio di gruppo, nonostante Sirith continuasse a espandere ondate di calore intenso e Alice non la smettesse di bloccarmi la circolazione delle dita.

Passammo così qualche minuto di quieto silenzio, quando poi Alice se ne uscì:
« Ma di che cosa sono malati i tuoi? »

Mi voltai di scatto verso di lei, confusa.

« Che? »
« Già, non ci hai detto ancora una mazza » continuò Sirith.

Sbattei le palpebre, ancora più disorientata.

« Ma che dovrei dirvi altro? »
« Insomma, che malattia hanno? Quando se la sono presa? E perché? Dai cazzo, racconta »

Rimasi qualche secondo in silenzio, con le sopracciglia aggrottate nel tentativo di capirci qualcosa.

 
« Ma vi siete fottute il cervello? » me ne uscì con finezza.

Alice e Sirith si scostarono da me, per vedermi bene in faccia. Le loro espressioni erano spaesate quanto la mia, probabilmente.

« Ma di che stai parlando? » disse Sirith.
« No, voi di che state parlando? »

Continuammo a guardarci negli occhi per un po’ di tempo. Si sentivano quasi le cicale frinire. “Ma che diavolo sta succedendo?”, pensai.

« Sentite, ritorniamo un po’ indietro… eravamo arrivate al punto in cui ci dicevi che malattia avessero i tuoi. E’ da mezz’ora che stiamo a piagnucolare come bimbe minchia, perciò ci vuoi spiegare che cos’hanno, per l’amor di Dio? » parlò per prima Alice.
« Malattia? Ma che minchia dite? ». Ma in tutto questo tempo che lingua avevo parlato? Uzbekistano? Malattia? Chi era malato?

Ora le facce di Alice e Sirith erano alquanto grottesche. Sicuramente un sovraccarico di troppi pensieri. Eravamo in piena estate, non erano abituate a simili ragionamenti.

« Io non ci sto a capi’ na mazza » disse Sirith.
« Nemmeno io » aggiunsi.
« Porca puttana troia! I tuoi sono malati sì o no? » Alice era leggermente alterata.
« Santi numi, NO! Ma cosa ve lo fa pensare? »

Rimasero a fissarmi con espressioni assai poco lusinghiere per la loro intelligenza.

« No, vabbè, io mi arrendo » spezzò il silenzio Alice. Si alzò dal letto e prese a girare per la stanza, borbottando qualcosa di indistinto da cui si poteva cogliere un « Seppie » e « Mia nocciolina » (5). Non provai nemmeno a fermarla: era tempo perso.

Sirith, raccogliendo la sua buona dose di pazienza:
« Scillutta, se i tuoi non sono malati, allora perché stanno male? » Ero io o per sbaglio mi stava guardando con malcelata compassione?
« Cazzo, ma che avete capito fin ora? ». E poi ero io quella ritardata…

Nell’aria aleggiò un agghiacciante silenzio. Adesso, entrambe mi guardavano con un inquietante tic all’occhio. Forse, era arrivato il momento di chiarire.
 

« I miei stanno male perché hanno scoperto delle yaoi » dissi con semplicità.

Se prima le facce di Alice e Sirith erano state motivo di preoccupazione alle loro facoltà mentali, ora erano decisamente allarmanti. Avete presente la faccia di Homer Simpson mentre cerca di pensare? Beh, ecco.

« Ahahahah! Buona questa! » scoppiò a ridere Sirith. Mi fece pena, poverina.
« Non sto scherzando… hanno scoperto sul serio le cartelle con le immagini yaoi. Quelle di Goku e Vegeta, di Charles e Erik, di Jack e Ennis e anche quelle nuove di The Avengers. (6) Dio, è stato orribile », solo il ricordo mi faceva ancora tremare.

La risata di Sirith si era spenta con un tempismo perfetto e ora mi guardava con orrore e confusione.
Alice era immobile, troppo immobile…

Non mi aspettavo una reazione del genere. Insomma, credevo che si sarebbero disperate come me dal momento che tutti i nostri peggiori incubi si erano concretizzati: i nostri genitori (perché, invariabilmente, ne sarebbero venuti a conoscenza anche i loro) avevano scoperto che non eravamo le care ragazze pure e innocenti che credevano nei loro sogni più rosei. Dovevo essermi persa qualche passaggio… Forse, avevano interpretato male qualche frase.
Riavvolsi l’intera conversazione nella mia mente, nella speranza di capire dove avessi sbagliato. “I miei genitori stanno male” … “L’hanno scoperto da poco. E’ stato così improvviso” … “Forse è solo un incubo” …

Oh, cazzo.

« Fatemi capire bene, voi avevate capito che i miei erano malati? », non potei evitare una punta di derisione e sarcasmo nella mia voce.
« Io l’ammazzo » gridò Alice, avventandosi sulla sottoscritta, con chiara intenzioni omicide.

 
L’ultima cosa che vidi fu un ammasso di capelli, arti, bracciali e gli occhi di Alice che urlavano: “MORIRAI.DI.UNA.MORTE.DOLOROSA”.
Non so come, riuscì a fare una capriola all’indietro sul letto, e me ne stavo appunto meravigliando, quando mi sentì afferrare per il collo della maglietta e sbattere ripetutamente contro il materasso. Io cercai di divincolarmi, sporgendomi in avanti, soltanto che mi diedi troppa spinta e finì per dare una testata di proporzioni bibliche contro il termosifone che si trovava lì davanti.

Fui in grado di vedere le stelle.

Dietro di me, grugniti, imprecazioni e scalpicci facevano la maggiore, però mi sembrava di sentirli da lontano, come se fossi in un tunnel.

« Alice, cazzo, calmati! Merda, ahia! Ho urtato al comodino! »
« Toglimi di dosso queste fottute mani, la devo azzannare! »

Quel ringhio non prometteva bene. Intanto la mia testa era andata a farsi un giro alle Fiji.

« Non costringermi a usare le maniere forti, Alice. Ricorda: sono cresciuta con mio fratello »
« Vaffanculo, Sirith! »
« Ok, bene, l’hai voluto tu… »

Sentii un « Oh! » soffocato da qualcosa di pesante.
La testa capì di essersi riposata abbastanza, poiché riuscì ad alzarmi da terra e a vedere che ne era rimasto delle mie amiche.
Alice giaceva in uno stato pietoso: schiacciata da una presa mortale e soffocante da Sirith, che la imprigionava sul tappeto con braccia e gambe, impedendole alcun movimento. I capelli avevano raggiunto apici di informità terrificanti.

« Ti sei calmata, finalmente? » disse Sirith.

Da Alice venne un grugnito che poteva benissimo essere interpretato come un assenso o un « Suca ». Sirith sciolse la presa e Alice, con tutta la dignità possibile, si alzò aggiustandosi capelli e vestiti.
Ci limitammo a prendere fiato e a fare finta che tutto quello che era successo fosse il nostro modo di volerci bene. Aspettarsi delle scuse da Alice era come chiedere alla matematica di essere più comprensibile, perciò le assestai una pacca sulla nuca, aggiungendo un sofisticato « Stronza ». Alice mi guardò da sotto in su con aria truce.

« Anche io ti voglio bene » disse con sarcasmo.
« Sì, anche io mi voglio bene »
« Stronza »
« Non si copiano le battute, mia cara Alice »
« Non ne detieni i diritti »
Stavo per ribbattere, quando:
« Oh, per Odino (7), la volere piantare per una volta?! » ci interruppe Sirith.

Rimanemmo qualche secondo a guardarci in cagnesco, prima di scoppiare a ridere come delle emerite idiote. Sembravamo delle reduci di guerra: io, con un bernoccolo grosso e gonfio in testa e i sogni rossi della maglietta sul collo; Alice, con dei graffi e delle strisce rosse sulle braccia dove era stata trattenuta e Sirith con le guance rosse, i capelli all’amazzone e un segno rosso al ginocchio, nel punto in cui aveva urtato.

« Mi hai fatto prendere un colpo, mozza! Malattia… » pronunciò Alice, scuotendo la testa.
« Ok, bene, chiarito il fatto che i miei sono sani e salvi e che sono troppo bella per essere uccisa, dobbiamo affrontare IL problema » decretai.

Alice e Sirith mi guardarono un attimo smarrite, poi mi sembrò quasi di sentire la lampadina che si accendeva nelle loro teste.

« Aspetta, aspetta, aspetta. I tuoi hanno veramente scoperto le yaoi? » disse Sirith.
« Per favore, facci contente, mentici » m’implorò Alice.
« I miei non hanno alcun sentore delle nostre depravazioni »

I gemiti di dolore di Alice e Sirith pervasero l’aria. Entrambe avevano le mani tra i capelli, completamente sconvolte e disperate.

« Siamo fottute » decretò Sirith, grattandosi l’ennesima puntura di zanzara.
« Ma, come è successo? E quando? » disse Alice.

Il momento del racconto era arrivato. Ricordare quel momento era brutto quanto viverlo in prima persona, ma dovevamo escogitare qualcosa. Non potevamo permetterci una catastrofe del genere: tutto il nostro mondo sarebbe imploso, come una bomba a idrogeno.

« E’ successo tre pomeriggi fa. Stavo al computer, come al solito, aspettando che un video si caricasse. Perciò, per ammazzare il tempo, stavo vedendo le immagini. Ero così presa che non ho sentito mio padre e mia madre salire le scale per aggiustare i letti. Così sono andata in bagno, lasciando la cartella aperta… » raccontai, vinta dai ricordi, tenendomi stretta le ginocchia al petto.
« Ohhh », il lamento di Sirith la diceva lunga.
« Dio, Scillutta! » intervenne Alice.
« Ma che ci posso fare io? Si sono sempre fatti un pacco di cazzi loro, e proprio quel giorno dovevano ficcanasare in giro? » cercai di difendermi.
« Devi ancora imparare i trucchi del mestiere. Comunque, continua » m’incitò Sirith.
« Beh, insomma, per farla breve, mentre io ero in bagno, i miei hanno avuto la brillante idea di andare al computer perché il loro, come sapete, è in riparazione. Nel frattempo, io sono ritornata in camera e mi sono trovata davanti i miei genitori a guardare scandalizzati immagini di uomini in atteggiamenti non del tutto amichevoli. Sono rimasta immobile, senza riuscire a muovermi. Il mio cervello ronzava… come se non bastasse, è arrivata anche quella capra di mia sorella che si sentiva sola visto che non c’era nessuno con lei… Dio, e ha anche dieci anni! Vabbè comunque, mia sorella è entrata in camera e ha chiesto ai miei cosa stessero guardando. Non hanno risposto subito, ancora con quell’espressioni agghiacciate. Così lei si è avvicinata per controllare e ha assistito anche lei allo spettacolo della mia perversione. Credo di averle bloccato la crescita, tra l’altro » continuai, dondolandomi sul posto, come una povera pazza. Non ce la facevo più a parlare, era troppo…

Sirith, intuendo il mio stato d’animo, si avvicinò, poggiandomi una mano sulla spalla, per rassicurarmi.
« E poi che è successo? » mi disse, toccandosi la collana del drago, sempre più agitata.

Come facevo a raccontarlo? Non ne avevo la forza… ero terrorizzata da quello che era accaduto. Il mio cervello cercava di respingere, di reprimere, di dimenticare. Ero stata testimone di atti di follia, di violenza indicibili.

« N-no non ce la faccio » emisi con voce strozzata, scrollandomi la mano di Sirith.
« Forza, Scillutta. Se non ci racconti per filo e per segno quello che è successo non potremo aiutarti » ragionò Alice.

Presi un bel respiro e un altro. Forse parlarne mi avrebbe fatto bene. O la va o la spacca.

« Ragazze, è stato un inferno. Ero troppo orripilata per tentare di escogitare qualcosa. Non riuscivo a pensare lucidamente. Mia sorella che mi domandava con le lacrime agli occhi  perché Goku stesse sopra Vegeta a mordergli il collo a sangue… mia madre che non la smetteva di ridire istericamente… mio padre che mi lanciava una di quelle suo occhiate che ti chiedi se lo sguardo possa uccidere e credetemi, se fossi stata un maschio mi sarei protetta i gioielli di famiglia. Logicamente, me la sono data a gambe perché francamente ci tengo alla mia pellaccia e mi sono nascosta in una proprietà abbandonata vicino casa, fino a sera. Quando sono tornata, mi aspettavano a tavola indecentemente allegri e gioiosi. Era la cosa più spaventosa che avessi mai visto. Avrei preferito che mi esorcizzassero. All’inizio non comprendevo perché diamine si comportassero così. Poi mi sono ricordata di Shutter Island e di quel tizio che, pur di non accettare la realtà, s’inventa un’identità e una vita fasulla (8)… capì cosa fosse successo e ringraziai momentaneamente la bellezza di Taylor Lautner per la mia sfacciata fortuna. In breve, stanno cercando di dimenticare, ma non sono sicura che questa inaspettata sorte possa durare a lungo e vorranno parlarne con qualcuno… » terminai con tono sepolcrale. Avevo brividi di freddo e la pelle appiccicaticcia.

Alice e Sirith erano sull’orlo di una crisi di nervi, simile a quella che avevo avuto io, solo che io avevo avuto il tempo di elaborarla.

« Ciò significa che anche i nostri lo verranno a sapere… » rifletté Alice.
« Cosa?! Oh no no no, i miei si scandalizzano se vedo in tv due che si baciano in bocca e pensano che io creda ancora alla storia della cicogna… fate un po’ voi » disse Sirith con un brivido di orrore.
« Mia madre mi internerebbe in un convento di clausura a vita » controbatté Alice con sicurezza.
« Già, siamo allegramente fottute » feci la mia parte.
« La cosa è peggiore di quanto pensassi. Se i tuoi fossero stati veramente malati si poteva facilmente gestire la faccenda: una visitina ai medici, medicine, ospedale, ricoveri… normale amministrazione. Ma il punto è che, per adesso, non abbiamo la capacità di estirpare ricordi a nostro piacimento o di manipolare la mente » sproloquiò con scioltezza Alice, accarezzandosi dei baffi immaginari.
« Sono questi i momenti in cui mi domando perché non ho ricevuto la lettera di Hogwarts a undici anni… Un bel Oblivion (9) e il gioco è fatto » diedi il mio contributo.
« Se fossi un telepate come Charles Xavier… (10)» sbuffò Sirith.
« O un vampiro, semplicemente » decretò Alice.

Sospirammo in contemporanea, rimpiangendo la nostra misera condizione di esseri umani, poi calò il silenzio. Ognuna stava cercando una soluzione, una scappatoia. Io non avevo idee. Avevo passato gli ultimi tre giorni a spremermi le meningi, come non era successo mai in vita mia e non avevo cavato un ragno dal buco. Ero spompata.

« Idee? » dissi.

Una calma innaturale seguì le mie parole.

« Puoi dire che ti piacevano le immagini… che erano ben disegante… » la voce di Sirith si affievolì man mano all’occhiata minacciosa che le avevamo lanciato io e Alice.
« Ehi, era solo un’idea… » si giustificò, alzando le mani.
« E tu? » mi rivolsi a Alice, nella remota speranza che avesse un lampo di genio.
« Ci servirebbe Jack, lui sa sempre trovare una scappatoia per salvarsi il suo bel culetto » rispose con fare adorante e vagamente allucinante.
« Alice, hai rotto le palle! » ringhiai.
« Ehi, sei tu il fottuto genio che si è fatto scoprire e ci ha condannate a una vita di reiette » mi accusò con un lampo negli occhi.
« Ragazze, io ho sonno » se ne uscì Sirith, sbadigliando così tanto che il suo alito provocò un’ondata d’urto ai miei capelli.
« Ma come cazzo fai ad avere sempre sonno? » chiesi con poco garbo.

Sirith si limitò ad alzare le spalle, spalmandosi sul letto.

« Ehi, non ti addormentare, abbiamo bisogno di tre menti relativamente attive. Questo è un codice rosso, un “Houston, abbiamo un problema”, un “Aiuto, i nostri genitori sanno che approviamo e sosteniamo la sacra arte della libido”. Se non risolviamo la questione, ora e subito, potremo non vederci mai più, o peggio - e qui si interruppe rabbrividendo – vietarci di usare il computer per cercare altre immagini » disse Alice.
« AHHHHHHHH! NOOOOOOOOO! Tutto, ma non questo! Come potremo sopravvivere?! » urlammo in sincrono io e Sirith, in preda a una disperazione e a un terrore cieco.
« Esatto, quindi datevi da fare cagne rognose »
« Cagne rognose un par di palle! » ribattei. 
Sirith si era già addormentata per placare i nostri bollenti spiriti, così trascorremmo il resto del pomeriggio a battibeccare (in italiano e non) su chi era più troglodita dell’altra.

 
Quando, finalmente, Sirith ci concesse il piacere della sua presenza, ci stavamo chiedendo come si dicesse in inglese “Tu e la tua infida intelligenza avete arrecato serio danno alla mia fulgida persona”.

« Ma in tutto questo tempo, porca di quella puttana, non avete fatto altro che litigare e parlare in inglese senza sforzarvi di trovare una soluzione del cazzo? » disse a denti stretti.
Io e Alice ci guardammo:
« Si, tranquillamente (11) »
« Voi siete… - cominciò Sirith, prima di interrompersi con sguardo vacuo – non mi ricordo che stavo dicendo… »

Se fossimo state in un cartone giapponese saremmo crollate a terra, con la tipica gocciolina manga in testa.

« Scillutta, ma i tuoi hanno visto proprio tutto quanto? » mi chiese speranzosa Alice, sorvolando sui soliti vuoti di memoria di Sirith.
« Tutto » dissi con aria lugubre.
« Dammi una buona ragione per non strozzarti »
« Sono la tua migliore amica »
« Una per cui ne vale la pena, intendo »
« Finiresti in carcere a vita e non potrai più cazzeggiare, né leggere, né guardare Pirati dei Caraibi, né mangiare pizza, paella e cheesecake, né scrivere e vedere yaoi… »
« Ok, ok, mi hai convinta »

Ci sorridemmo complici. Sirith si alzò dal letto e ci venne incontro abbracciandoci.

« E a me non la dai una buona ragione per non buttarti dalla finestra? » mi chiese dolcemente.
« Nah, tu sei troppo buona… » dichiarai, un po’ sorpresa dalla sua insolita domanda.
« Ci scommettiamo? »
« Uhm… ti sentiresti in colpa a vita e ti maccherei di sangue il terrazzo » risposi, decisamente allarmata e offesa. “Ma che razza di amiche ho?” pensai.
« In quanto alle macchie sono facilmente cancellabili, per la colpa… potrei sopravvivere serenamente. E non usare la scusa della galera perché avrei un drago a salvarmi »
« Beh, andresti in un riformatorio dove avresti meno privacy di quanta ne hai adesso, non potresti vedere i cartoni e Pino (12), non potresti mangiare cioccolato fondente e pesche, dirai addio agli eroi della Marvel, ai libri, alle yaoi… »
« Sei perfida » dissero insieme le mie amorevoli amiche.

Feci un’espressione da “Modesti a parte”, però poi continuammo ad abbracciarci.

« Troveremo una soluzione prima o poi » ruppe la quiete Sirith.
« Quindi, insieme nella buona e nella cattiva sorte, in salute e malattia… » aggiunsi.
« Si si, abbiamo capito, fino a quando non schiatteremo » mi interrupe Alice, scrollando la mano.
« Non ti abbandoneremo mai » mi rassicurò Sirith.

Nello stesso istante si sentì suonare il citofono e nel silenzio opprimente che era calato all’improvviso, la suoneria del mio cellulare era ancora più assordante. Mi sembrava che il cuore avesse saltato un battito e che ora volesse recuperarlo, palpitando come se ne andasse della mia vita. Avvertivo accanto a me i corpi di Alice e Sirith, congelati dal panico.
Presi con mano tremante il telefono, controllando sul display. L’agghiacciante nome “Papo” sfarfallava sullo schermo: un chiaro monito della tragica fine in cui sarei incappata. Mi girai verso le mie fidate amiche, in cerca di aiuto e sostegno. Avremmo affrontato tutto questo unite. In fondo, un vero amico si vede nel momento del bisogno.

« Toh, guarda, c’è Pino. Vado a dargli da mangiare » esclamò cordiale Sirith, fuggendo a gambe levate.
« Oggi ho visto solo tre volte Pirati dei Caraibi 3. Eresia. Il mio corpo necessita della dose giornaliera » affermò Alice con enfasi, saltellando verso il salone.

 
“Sono circondata da idioti” (12)




  1. Tratta da “Harry Potter e i Doni della Morte” -> If you stuck with Harry until the very end.
  2. “Comprendi” e “Calunnia e maldicenza” sono citazioni dell’inimitabile Capitan Jack Sparrow.
  3. Frase dal film “Juno”.
  4. Si tratta della Perla Nera, proprietà (più o meno indiscussa, dal momento che gliela rubano un giorno sì e uno no) di Jack Sparrow.
  5. Sempre citazioni di Jackie. Penso che avrete intuito qualcosa a questo punto…
  6. Goku e Vegeta -> Dragon Ball ; Charles e Erik -> X-men the first class ; Jack e Ennis -> I segreti di Brokeback Mountain ; The Avengers -> Tony/Steve e Thor/Loki. (Sì, non ho nulla da fare).
  7. Odino è uno degli dei nordici più celebri. Dio della guerra, della sapienza, della morte, della vittoria, della caccia […] e sfornatore incallito di marmocchi a tempo perso.
  8. Shutter Island, il film di Martin Scorsese. E’ inquietantemente fantastico, vi consiglio di vederlo.
  9. Incantesimo di memoria del mondo di Harry Potter.
  10. Per chi non lo sapesse Charles Xavier è il Professor X di X-men. Il suo potere è appunto la telepatia, ma può anche giocare con la mente, facendoti credere e vedere quello che vuole lui.
  11. Pino è il gatto di Sirith.
  12. Dal Re Leone. E’ una battuta di Scar, lo zio di Simba.
 


 
 
Sproloqui Scilluttosi:
Questa one-shot è una cazzata. Demenziale e idiotica cazzata. Ma l’ho fatta con il cuore, divertendomi un mondo. L’idea di dedicare qualcosa a Alice e Sirith mi frullava per la testa da un po’ di tempo, ma non sapevo che scrivere. Poi mi è venuta quest’idea e siccome rappresenta il nostro lato più cretino e vero, ho voluto pubblicarla. Alice e Sirith sono dei soprannomi, non scriverei mai i loro nomi. E poi noi ci chiamiamo così a volte.
Ho scelto questo titolo perché rappresenta il fulcro di questa storia senza trama: ogni cosa è relativa, infatti la stessa protagonista *coff coff* (me) *coff coff* paragona una possibile malattia dei genitori alla scoperta che potrebbero fare i suddetti di cartelle più o meno legali di protagonisti maschili. Alice e Sirith danno manforte a quest’idea sostenendo che la malattia sarebbe stata più sopportabile e gestibile. Insomma, cazzate.
E ora mi rivolgo a voi pazze: « Non ve lo aspettavate, vero? » *risata malvagia made on*
Sì, siete idiote.
Sì, vi voglio bene.
Sì, siete più che amiche.

 
   
 
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