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Autore: teabox    27/03/2007    29 recensioni
Hogwarts, 1977. In un'ora particolarmente noiosa di Storia della Magia, Sirius Black osserva una persona.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era una ragazza, qualche giorno fa, sul treno. Era seduta qualche posto davanti a me. Era graziosa mentre cercava disperatamente di non addormentarsi. Così mi ha fatto pensare a questa storiellina.
Per lei (che non so chi sia) e per tutte le persone che sono graziose, anche quando non sanno di esserlo.
E buona lettura, spero.

Disclaimer: E' quasi tutto di J. K. Rowling. Il resto di "quasi tutto" è mio.



Era seduta dall'altra parte della classe.
Dal punto da cui Sirius la osservava poteva vederne la schiena, il collo e parte del profilo. E anche da quei pochi dettagli, poteva affermare con una certa sicurezza che non era il suo tipo.
A lui piacevano le ragazze vivaci, allegre, quelle che avevano il sorriso sulle labbra e la risata sempre pronta. Quelle che, si, forse alla lunga erano un po' più difficili da gestire, ma che comunque non erano mai state un problema per lui, soprattutto quando "alla lunga" significava al massimo due settimane.
Lei, invece, non era il genere di ragazza che attirava subito l'attenzione. La guardavi, pensavi "carina" e quando distoglievi lo sguardo non ci pensavi più. Un tipo tranquillo, di quelle che te le immaginavi sedute in un angolo a leggere un libro o piegate su di un foglio a prendere appunti durante le lezioni. Una che studiava Erbologia, magari, e la trovava divertente. Una così.
Eppure, da circa dieci minuti Sirius non riusciva a distogliere lo sguardo. Semplicemente perché era divertente.

Era divertente osservarla mentre cercava di tenere gli occhi aperti, ma senza riuscirci veramente. Abbassava, allora, le palpebre per un istante o due e la testa le cadeva leggermente in avanti. Poi, di scatto, si raddrizzava lanciando uno sguardo allarmato al professore.
Merlino, se aveva così tanto sonno, sarebbe anche potuta restare a letto e saltare le prime lezioni. Lui lo faceva di continuo.
Ma lui, del resto, era Sirius Black.
Quella ragazza, invece, era solo una Corvonero. Probabilmente il loro codice etico glielo vietava.

Sirius prese la piuma che fino a quel momento aveva ignorato, la intinse un po' nell'inchiostro e, senza pensarci troppo, incominciò a tratteggiare il profilo della ragazza su di un angolo di pergamena.
Magari aveva passato la notte a studiare sui libri, cercando di imparare una lezione particolarmente difficile. O forse aveva chiacchierato fino a tardi con le amiche, parlando di questo o quel ragazzo. O magari era stato il temporale ad averla tenuta sveglia, facendola girare e rigirare nel letto, la testa sotto le coperte.
Alzò gli occhi su di lei e la fissò per un momento, tentando di memorizzare la linea del collo. Tornò a disegnare lentamente, quasi con delicatezza, concentrandosi più sul suono ruvido della punta della piuma sulla carta che sulla voce del professore, ormai solo un sussurro relegato in un angolo della sua testa. Sollevò di nuovo lo sguardo e vide che si era addormentata per la quarta o quinta volta in quegli ultimi dieci minuti. La sua compagna di banco le diede una piccola gomitata nel fianco e lei, ancora una volta, si tirò su di scatto. Vide l'amica sussurrarle qualcosa nell'orecchio e lei rispondere con un cenno del capo, tornando a cercare di seguire la lezione.
Si era voltata un po' di più, per un istante, e Sirius era riuscito a catturare qualche particolare del viso. Niente di preciso. Solo piccoli dettagli che si univano a formare un'impressione generale.

E l'impressione generale era quella di una ragazza che sognava troppo, che si perdeva nelle pagine dei libri, che cercava indizi sul suo futuro durante le ore di Divinazione per poi, magari, ridere di se stessa quando le carte o le foglie di tè le dicevano che il principe azzurro era ad un passo da lei.
Probabilmente le piaceva la musica e forse ballava, ogni tanto, ma solo quando era sicura di essere da sola. E, forse, quand'era giù di morale ascoltava una canzone di Celestina Warbeck e piangeva un poco.
O forse no.
Magari, se era triste, toglieva la testa dai libri e scappava fuori, a passeggiare per i giardini di Hogwarts, a chiedersi se davvero il principe azzurro era così vicino.

Una ragazza così sarebbe stata la sua rovina, pensò Sirius osservando il disegno. Ne era certo.
Perché ad una così sarebbero bastate poche parole ed un sorriso per convincerlo che il mondo ruotava intorno a lei.
Ma lei non lo sapeva e Sirius, francamente, ne era solo felice. Non cercava niente del genere in quel momento. Voleva che il mondo continuasse a girare intorno a lui e solo a lui ancora per un po'.
Giusto qualche anno. Non di più.
Poi, si disse fantasticando, passato quel tempo, l'avrebbe magari rivista ad una riunione di ex alunni di Hogwarts, "I diplomati del 1977", e allora l'avrebbe avvicinata e le avrebbe detto, "Sai, quel giorno in classe, era una lezione di Storia della Magia e io ti osservavo". E lei lo avrebbe guardato stupita e gli avrebbe sorriso in quel modo grazioso che le ragazze un po' timide sanno fare, giusto un'ombra di rossore sulle gote.

Sirius intinse di nuovo la penna nel calamaio e tratteggiò ancora un po' il disegno, una linea qui, un'ombra lì.
Tra qualche anno, rifletté. In quel momento era ancora troppo presto.
In fondo c'era tempo.
In fondo c'era tutta una vita.

Inaspettata, la mano di James si appoggiò sulla pergamena e la voltò un po' a suo favore. «Chi è?», domandò in un sussurro.
Sirius rivolse lo sguardo alla Corvonero dall'altra parte dell'aula. «Nessuno», rispose alzando appena le spalle.
«Per essere "nessuno", è piuttosto realistica. Sicuro che non è qualcuno che conosci?», insistette l'amico con un sorriso inquisitorio.
Sirius sospirò, si riprese il foglio e lo infilò dentro uno dei suoi libri. «Non so chi sia», replicò.
C'era quasi tristezza nella sua voce.

~

"Poiché non sappiamo quando moriremo si è portati a credere che la vita sia un pozzo inesauribile. Però tutto accade solo un certo numero di volte, un numero minimo di volte. Quante volte vi ricorderete di un certo pomeriggio della vostra infanzia, un pomeriggio che è così profondamente parte di voi che senza neanche riuscireste a concepire la vostra vita. Forse altre quattro o cinque volte, forse nemmeno. Quante altre volte guarderete levarsi la luna. Forse venti. Eppure tutto sembra senza limite."

(Paul Bowles, "Il tè nel deserto")

  
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