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Autore: Melabanana_    10/09/2012    3 recensioni
Questa one-shot è stata scritta da me per il GouFubu-day, che sarebbe il 10/9, che sarebbe oggi.
E’ ambientata nella serie di IE Go ed è ispirata ad una canzone di Ligabue (Liga ♥) che si chiama “M’abituerò”. Quando Gouenji entra nel Quinto Settore, cambiando nome e tutto, Fubuki vorrebbe dimenticarlo e andare avanti, ma ci sono cose a cui è difficile fare l'abitudine...
[by Roby ~]
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Le sue lacrime caddero a terra, mischiandosi al caffè.
Non era come quando aveva perso Atsuya? Era solo un’altra cosa a cui abituarsi, dopotutto.
“Ma perché fa così dannatamente male?”
Genere: Fluff, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel/Shuuya, Shawn/Shirou
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Salve :)
Questa one-shot è stata scritta da me per il GouFubu-day, che sarebbe il 10/9, che sarebbe oggi.
E’ ambientata nella serie di IE Go ed è ispirata ad una canzone di Ligabue che si chiama “M’abituerò”.
Spero che vi piaccia ^^
Baci,
roby

Cocci. 


Sentiva le sue mani percorrergli il corpo, le sue braccia lo stringevano in un abbraccio forte, solido.
Un contatto al tempo stesso così dolce e leggero.
Voleva di più, voleva le sue labbra…
Fubuki mugugnò e stese il braccio per tastare la parte di letto accanto alla sua. Era vuota e fredda.
Aprì gli occhi e si sentì arrabbiato e si costrinse ad alzarsi.
Era qualcosa a cui proprio non riusciva ad abituarsi, come il dover preparare il caffè per una sola persona.
Anche quella mattina, infatti, ne fece troppo e non sapendo che farne lo mise in due tazze.
Si voltò, involontariamente fece il gesto di allungare la seconda tazza verso qualcuno che avrebbe dovuto essere lì, ed invece… non c’era. Semplicemente.
Fubuki restò per un po’ così, a fissare quella tazza che non gli apparteneva –era una delle poche cose che gli erano rimaste di lui, lui se l’era dimenticata quando se n’era andato…
La odiava. La scagliò a terra e restò ad osservare la macchia di caffè che si allargava ai suoi piedi.
La odiava a morte. Odiava a morte tutto ciò che gli impediva di dimenticarsi di lui.
Gouenji Shuuya poteva anche aver cambiato nome e personalità, ma Fubuki Shirou non avrebbe mi potuto dimenticare di averlo amato… Lo amava ancora.
Solo che non l’avrebbe più trovato nella casa in cui vivevano insieme e innamorati.
Le sue lacrime caddero a terra, mischiandosi al caffè.
Non era come quando aveva perso Atsuya? Era solo un’altra cosa a cui abituarsi, dopotutto.
“Ma perché fa così dannatamente male?”
 

M’abituerò a non trovarti
M’abituerò a voltarmi e non ci sarai…
M’abituerò a non pensarti
quasi mai, quasi mai

Nevicava leggermente; così pura, così bianca, la neve, pensava.
Kidou ed Endou erano seduti di fronte a lui, l’uno impassibile, l’altro turbato.
Fubuki si era molto sorpreso di averli trovati ad aspettare davanti alla sua porta, quella mattina, ma con il freddo che faceva non poteva certo lasciarli fuori alla porta; aveva mandato via Yukimura e si era preparato  ricevere le notizie che loro gli portavano –perché, sennò, quella visita?- con l’espressione più tranquilla che poté mettere su.
Solo che non durò nemmeno cinque minuti. Solo che bastò il suo nome a farla crollare.
Solo che lui non era per niente pronto a rivedere Gouenji dopo quello che aveva passato a causa sua e del suo stupido Quinto Settore, e i due visitatori lo sapevano bene.
“Ha chiesto di te. Non vuoi parlargli?” insistette Endou. Kidou era immobile.
Fubuki scosse il capo. “A che servirebbe? Mi farebbe solo star peggio” mormorò.
“Ma è cambiato! Cioè, in realtà è sempre rimasto lo stesso, ma è lui, è il ragazzo che conosci!”
“Non importa! Anche se così fosse, ci ha mentito.” Fubuki non sapeva cosa pensare –credere che Gouenji si aspettasse di essere riaccolto a braccia aperte era assurdo persino per un ottimista come Endou.
Gouenji non era uno stupido, doveva sapere come lui si sentiva in quel momento.
Kidou si alzò. Endou e Fubuki lo guardarono stupiti.
“Te ne vai?” chiese l’albino, e in contemporanea Endou disse: “Ce ne andiamo?!”
“Sì.... è inutile continuare questo discorso” rispose Kidou ad entrambi. “Scusa se ti abbiamo turbato, Fubuki. Non chiuderti in casa, okay? Verremo a trovarti di nuovo, presto.” E si avviò verso l’uscita.
Endou lanciò un’ultima occhiata rassegnata a Fubuki, ma poi seguì Kidou.
Fubuki non fece niente per fermarli e quando sentì la porta chiudersi tirò un sospiro di sollievo; si alzò e andò in cucina a farsi un caffè. “Perché?” mormorò, stringendo la presa sulla tazza, quasi a voler rompere anche la propria… quasi a volerle far raggiungere quella di Gouenji, i cui cocci giacevano da tre mesi in un cassetto perché Fubuki non aveva il coraggio di buttarli.  
“Perché?!” gridò. Si era abituato quasi del tutto alla sua assenza, e lui ora ricompariva.
Si era abituato a non trovare più Gouenji al suo fianco, ma perché proprio ora?
Iniziò a piangere silenziosamente, in piedi, con le mani appoggiate sul bancone della cucina.
“Shirou.”
Spalancò gli occhi e lasciò andare le lacrime –le braccia strette intorno al suo corpo erano vere.
Un abbraccio dolce, forte, solido, ma soprattutto vero.
E le sue labbra gli stavano sfiorando la nuca, posano baci sul collo.
Ma Fubuki voleva di più, e da troppo tempo ormai. Si voltò e lo baciò sulle labbra e Gouenji non ne sembrò affatto dispiaciuto mentre lo stringeva a sé, anche se il bacio sapeva di lacrime e rabbia.
“Perché sei voluto tornare? Non c’era niente a legarti qui… e poi io mi ero abituato a stare senza di te.”
“Non è vero” replicò Gouenji con voce ferma, e Fubuki non capì se si stava riferendo al fatto di essere legato lì o che lui si era abituato alla sua assenza –in ogni caso, Gouenji aveva ragione.
“Bastardo...” mormorò Fubuki e Gouenji gli prese il viso fra le mani per continuare a baciarlo.
“Mi sei mancato, brutto stupido.”
 

Non conta più sapere chi ha ragione 
Non conta avere l'ultima parola... ora.


“Credi che quei due staranno bene?” Endou lanciò uno sguardo dubbioso verso la casa di Fubuki, che ormai appariva loro molto lontana, quasi sepolta dalla neve.
Avevano accompagnato Gouenji fin lì e parlato con Fubuki, ma non sapevano cosa sarebbe successo dopo.
Kidou sorrise debolmente. “Sì… forse l’amore non basterà a guarire subito le ferite, perché a volte farci l’abitudine non basta… Ma col tempo staranno benissimo, vedrai” rispose, serio.
Endou non poté che dargli ragione, come sempre: loro che avevano visto nascere e crescere la storia di quei due lo sapevano bene e ci avrebbero creduto.
 

[Fine.]
 
[Visto che il titolo della fic si riferisce alla cara tazza di Shuuya, ecco vi qui un piccolo extra ~]

 
“Uhm… Fubuki?” La voce di Gouenji era dubbiosa, confusa.
Fubuki si sollevò leggermente dal letto, sui gomiti, e lo fissò. “Che c’è?” borbottò.
Gli faceva male dappertutto, per colpa di quello lì –anche un po’ per colpa sua, certo, anche lui era stato impaziente, dopo tre mesi che non lo facevano.
Gouenji sollevò una mano, mostrandogli un fazzoletto pieno di cocci.
“Si può sapere che male ti aveva fatto la mia tazza?” chiese, accigliato.
Fubuki avvampò “Razza di…!” E gli scagliò addosso un cuscino.
 

[Fine, davvero.  ♥]

  
 
 
 
   
 
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