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Autore: Reb and Jude    10/09/2012    0 recensioni
Non voleva lasciarla.
Non voleva che lei lo lasciasse proprio ora che l’aveva ritrovata.
Era un egoista, lo sapeva ma come tutti gli uomini aveva capito di tenere veramente ad una cosa solamente sul punto di perderla.
One shot che ha affrontato un lungo travaglio prima di essere pubblicata, con un Sasuke abbastanza OOC che, a nostro parere, avrebbe potuto reagire diversamente da come ci si aspetta in una situazione del genere...
Speriamo che vi piaccia, nonostante questo.
Leggete e recensite!
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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Broken Bonds

 




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Nella sua mente riapparvero i suoi occhi brillanti che gli sorridevano, mentre una ciocca rosa delicata le sfiorava la guancia.
Chiuse gli occhi, cercando di scacciare quel triste ricordo, ma un’altra immagine si fece largo tra i suoi pensieri: quello di lei che lo supplicava di non lasciarla, di non andarsene, perché non sopportava l’idea di vivere senza di lui.
Si chiese il motivo per cui quella volta non l’avesse ascoltata: perché era uno stupido, forse.
Già, perché solo uno stupido avrebbe potuto lasciarla ed ora era troppo tardi per dirglielo, per dirle che era uno stupido.
Strinse ancora di più le palpebre per cercare di trattenere le lacrime che, ostinate e testarde come lei, volevano scendere per rivelare al mondo intero cosa provava per quella ragazza che proprio sotto i suoi occhi aveva spirato con uno dei suoi più bei sorrisi.
 


“Hey, Naruto…”
“Sasuke…”
“Sakura… la devi salvare ad ogni costo… so che tu la puoi salvare. Una volta che l’hai presa… corri… il più lontano… e velocemente… possibile…”
Cercò di riprendere fiato e di reggersi in piedi, nonostante il segno maledetto continuasse ad agire.
“Anche se per poco, riuscirò a trattenerlo qui.”
Naruto continuava a fissarlo “Tu…”
-Se finissi per morire, significherebbe che ho raggiunto i miei limiti-
“Mai più… ho già perso tutto una volta… non voglio mai più vedere quelli a me cari morire ancora davanti ai miei occhi…”
 


L’aveva vista cadere sotto uno dei colpi di Kabuto con il solo scopo di proteggerlo, per l’ennesima volta.
Le ultime sue parole erano state: ”Mi trovi davvero così noiosa?”
E lui, con la voce rotta dal pianto: “Ma certo che no, Sakura! Non lo pensavo veramente.”
“D-davvero? A volte ho creduto che avessi ragione, sai? Una ragazza che ti perseguita in questo modo dicendoti che ti ama, deve essere davvero fastidiosa, n-non trovi?” gli disse con espressione alquanto amara.
“Per niente. A me, in realtà, facevano piacere tutte quelle attenzioni. Credevo che nessuno potesse provare affetto per qualcuno come me, qualcuno che non faceva niente per meritarselo… invece tu… tu mi hai sempre voluto bene, anche dopo il mio tentativo di ucciderti!”
“Perché, infondo, sapevo che non l’avresti f-fatto…”
Il ragazzo strinse ancora di più il corpo quasi inerme di Sakura, spasmodicamente e continuando a piangere le chiese: “Come facevi ad esserne sicura? Come fai a vedere del buono in me? In un mostro come me!”
“Perché ti amo…” lo disse sorridendo e senza incrinature nella voce, anche se calde lacrime le iniziavano a bagnare il volto, che piano piano andava perdendo il suo solito colorito roseo.
Sasuke sbarrò gli occhi, ormai rossi dal pianto, mentre Naruto guardava la scena, senza sapere cosa dire. Vedeva la sua migliore amica che stava morendo, senza che lui potesse fare qualcosa, se non piangere anche lui: “Sakura…”

S-sas’ke…?”
“…sì? Che cosa c’è?”
“Mi devi promettere una cosa…”
“Qualsiasi cosa!”
“…mi devi promettere c-che qualsiasi cosa succeda, t-tu e Naruto-kun tornerete al villaggio… insieme…”
“Sta tranquilla: non ti succederà niente. Andrà tutto bene, vedrai Sakura!”
“Con la mia esperienza, Sas’ke, p-posso dirti che ogni volta che il Team 7 è riunito succede s-sempre qualcosa…”
“Beh, allora questa sarà un’eccezione: tu tornerai insieme a me e Naruto al villaggio, vedrai. Saremo di nuovo tutti insieme, come una volta: il vecchio Team 7 al completo! Mi farò perdonare tutto il tempo che sono stato lontano da te e dagli altri e rimedierò alle mie azioni… ricominceremo tutto da capo, insieme… io e te…”
“D-davvero?”
“Sì, davvero…”
 


Avevano cercato di fare il più in fretta possibile.
Sasuke l’aveva tenuta fra le sue braccia per tutto il tempo finché non erano arrivati all’ospedale di Konoha e aveva dovuto abbandonare la ragazza su di un letto.

Non voleva lasciarla.

Non voleva che lei lo lasciasse proprio ora che l’aveva ritrovata.
Era un egoista, lo sapeva ma come tutti gli uomini aveva capito di tenere veramente ad una cosa solamente sul punto di perderla.
Sarebbe meglio dire dopo averla persa.

Già, perché la povera Sakura era riuscita a resistere per tre giorni, poi aveva spirato, sotto lo sguardo attonito di Sasuke che l’aveva assistita per tutto il tempo.
Non voleva crederci all’inizio: sperava che fosse solo un brutto sogno, uno dei suoi soliti incubi.
La vedeva lì, su quel letto d’ospedale, bianca come le lenzuola che la coprivano, i capelli sparsi delicatamente sul cuscino, le palpebre chiuse e un’espressione serena sul volto.
Il suo cuore ormai non batteva più e sembrava che anche quello del ragazzo, che si trovava lì accanto a lei, stesse per seguirlo, talmente ne era innamorato.

“Sakura…”

Mosse un passo verso di lei.

“Non può essere vero…”

Una lacrima silenziosa che gli bagnava lo zigomo.

“Dimmi che non è vero… ti prego…”

Ancora un altro passo. Le sfiorò una guancia, fredda e non più rossa come ogni volta che si guardavano negli occhi.

“Sakura… non puoi lasciarmi così!”

Le sue dita percorrevano il corpo della ragazza fino ad arrivare alle mani di quest’ultima.
Credeva che quelle mani sarebbero sempre state pronte a cercare un contatto con il suo viso, sempre pronte a tendersi verso di lui per dargli una mano in caso di bisogno e adesso, invece, erano prive di vita, fredde, pallide e immobili.
Le strinse tra le sue, portandosele ad un soffio dalle sue labbra.

“Perché… Sakura, proprio tu! Come farò adesso…?”

Non riuscì a trattenere i singhiozzi e lentamente le lacrime cominciarono a scendere da quegli occhi che credevano di averne già versate a sufficienza e di aver sofferto anche troppo. Quegli stessi occhi che prima non mostravano altro che orgoglio ferito e insensibilità, mentre ora rispecchiavano perfettamente il viso di quella ragazza, l’unica che era riuscita a rubarne l’anima.
Non bastavano la sua famiglia e suo fratello Itachi: anche lei gli avevano portato via.
Troppo presto, prima che avesse potuto dimostrarle quanto era cambiato, quanto tutto potesse tornare come prima, quanto l’amasse.



Il giorno dei suoi funerali, Sasuke decise di rimanere in disparte, lontano da quella gente che odiava e invidiava, poiché tutte quelle persone avevano potuto godere della vista di Sakura, mentre lui era chissà dove a meditare vendetta.
Il cielo, tanto era forte la pioggia, sembrava piangere anche lui la morte di lei, accompagnando tristemente con il suo scrosciare le voci che si alzavano in coro di quella massa di figure vestite di nero, in piedi davanti alla tomba di una ragazza che aveva dedicato la sua vita ad aiutare gli altri e a salvare il ragazzo che più amava, perdendola irrimediabilmente nel tentativo di riportarlo a casa.

Naruto guardava la bara scendere silenziosamente con sguardo vacuo, immaginando che non appartenesse alla sua amica e che quest’ultima fosse invece, come sempre, lì accanto a lui, pronta a rimproverarlo e sferrargli un pugno per la sua ennesima stupidata.

Ci era riuscita: Sasuke era finalmente tornato a Konoha.

Eppure aveva l’impressione che non sarebbe restato, dato che l’unica ragione che lo legava a quel villaggio adesso non c’era più. Infondo non avrebbe avuto torto quel teme ad andarsene nuovamente: l’avrebbe fatto anche lui al suo posto, ma doveva ancora realizzare il suo sogno, diventare hokage, quindi non poteva, lo doveva anche a Sakura.
Lo aveva sempre incoraggiato e sostenuto e sicuramente non avrebbe mai permesso che fosse proprio lei il motivo della sua rinuncia a quell’obiettivo per lui tanto importante.
 


“Che cosa ci fai qui, nel cuore della notte?”
“Sapevo che avresti percorso questa strada… se mai avessi avuto intenzione di partire…”
La ragazza aspettò un attimo prima di continuare.
“Quindi ho solamente aspettato qui…”
“Vattene… e tornatene a dormire.” Proferì Sasuke, scansandola e passandole accanto.
Continuò a camminare, anche se poteva sentire come Sakura avesse iniziato a piangere, seppure cercasse invano di trattenere i singhiozzi.
“Perché non mi dici niente? Perché te ne stai sempre zitto? Non mi dici mai una parola.”
“Te l’ho detto: non ho bisogno del tuo aiuto. Non cercare di badare a me.”
Si era fermato. Sapeva che lei aveva da dire altro.
“Non importa cosa, tu mi odi sempre, vero? Ti ricordi, no? Quando siamo diventati Genin, il giorno in cui il nostro team fu deciso… la prima volta che siamo stati qui da soli, eri così arrabbiato con me..”
“Non me lo ricordo.”
Bugiardo.
Le sfuggì un risolino nervoso. “Sì, credo che tu abbia ragione… è stato tanto tempo fa, eh? È quando tutto è cominciato. Io e te… insieme a Naruto e Kakashi-sensei… abbiamo svolto ogni tipo di missione, solo noi quattro. È stato doloroso e difficile avvolte, ma anche se fosse… mi è comunque piaciuto. Sono a conoscenza del tuo passato, Sas’ke-kun, ma anche se compissi la tua vendetta… ciò non porterà felicità a nessuno. Nemmeno a te, Sas’ke… ne a me…”
“Già lo sapevo…”
Sakura rimase stupita.
“Sono diverso da tutti voi… non posso seguire la vostra stessa strada… Fino ad ora abbiamo fatto tutto come un gruppo, ma c’è qualcos’altro… che devo fare…”
Riprese “Infondo al mio cuore, ho già scelto la vendetta… è solo per questa ragione che vivo…”
Ancora un’altra pugnalata.
“Non sarò mai come te e Naruto.”


 
Sasuke continuava a guardare la terra umida, ai piedi della lapide. Se n’erano andati tutti, ma lui era rimasto lì.
Sentiva la pioggia cadere incessantemente su di lui, trafiggendolo come se quelle gocce fossero stati tanti aghi, punizione per non essere stato in grado di proteggerla.
Avrebbe tanto voluto piangere ancora e dimostrarle in qualche modo quanto le volesse bene, quanto l’amasse.
Eppure non poteva fare altro che restare lì, a guardare fisso quel pezzo di pietra con inciso il suo nome sopra in bei caratteri e la sua immagine sorridente. Strinse i pugni, cercando di reprimere la rabbia che gli opprimeva il cuore e l’unica cosa che riuscì       a fare per togliersi quel peso fu gridare, urlare il suo dolore e cadere in ginocchio con il viso tra le mani.
Si sentiva così debole e fragile in quel momento.
All’improvviso si sentì toccare la spalla, sussultò ma non si mosse: sapeva chi era.
Rimasero per un po’ in silenzio, senza sapere bene cosa dire. Entrambi non riuscivano a dare voce ai propri pensieri. Naruto avrebbe tanto voluto consolare l’amico, lì a terra vicino a lui: non credeva che potesse soffrire così tanto per la perdita di Sakura, che le fosse così legato. In tutti quegli anni non si erano visti e l’unica volta che l’avevano fatto quel teme aveva cercato di ucciderla, poi di quando un tempo erano ancora tutti insieme non ne parliamo, non faceva altro che ripetere quanto fosse noiosa e debole.
Non riusciva proprio a capirlo.
Ora era lì, davanti a lui, in ginocchio, con il viso rivolto verso il basso e l’aria rassegnata. L’amava veramente così tanto? Ma allora perché l’aveva lasciata al villaggio quella volta? Perché non era rimasto con lei?
Avrebbe voluto avere una risposta a tutte quelle domande –sbagliate- che gli affollavano la testa in quel momento. Di certo, però, non poteva travolgerlo con tutta quella serie di interrogativi proprio adesso, quando ancora entrambi non si erano ripresi dalla… perdita di lei.

 
 
“Davvero vuoi tornare ad essere solo? Mi avevi raccontato di quanto fosse doloroso per te stare da solo… in questo momento, capisco il tuo dolore… Potrò avere degli amici e una famiglia, ma… se tu te ne andassi…”
Non riusciva più a trattenere le lacrime, mentre lui l’ascoltava, fermo e immobile.
“Io… IO… mi sentirei solamente sola quanto te…”
Finalmente Sasuke riprese a parlare.
“D’ora in avanti, prenderemo strade diverse…”
Sakura non sapeva cosa fare…
“Io…”
… per convincerlo a restare.
“Io… ti amo con tutto il mio cuore!!!” gridò.
“Se tu rimanessi con me… non ci sarebbero più rimpianti… perché ogni giorno faremmo qualcosa di divertente, saremmo felici… lo giuro!”
“Farei di tutto per te! Quindi… ti prego, resta con me…”
Lui continuava a rimanere in silenzio.
“Ti aiuterei perfino con la tua vendetta… non saprei cosa potrei fare, ma farò del mio meglio nel trovare qualcosa…”
Tirò su con il naso, mentre il viso ormai era completamente bagnato dalle lacrime.
“Quindi per favore… resta con me… o portami con te se non puoi rimanere qui…”
Il silenzio della notte veniva rotto solamente dai suoi pesanti singhiozzi.
Sasuke decise che quello era arrivato il momento di infierirle il colpo di grazia.
“Sei veramente… noiosa.”
 
 

Per la prima volta Naruto si accorse di quante lapidi ci fossero nel cimitero di Konoha: un’immensa distesa di erba verde, ricoperta di tristi e grigie pietre senza vita che avrebbero dovuto segnare l’abbandono di questo mondo per un altro –forse- migliore di un essere umano qualsiasi.
Ora quando sarebbe andato a trovare i suoi genitori, avrebbe anche dovuto pensare a Sakura.
Sospirò rumorosamente a quel pensiero.
Si girò in direzione dell’amico, che insieme a lui era seduto su quella panchina verde, con lo sguardo perso in chissà quale universo.
Magari uno alternativo, in cui lui e lei vivessero felici, finalmente insieme.
Nah… non erano pensieri da teme. O forse sì? Infondo anche lui era un essere umano con dei sentimenti, solo che Naruto non riusciva ancora a capacitarsi concretamente che la loro amica non li avrebbe mai più accompagnati nelle loro future missioni o non li avrebbe più fermati dal cercarsi di uccidersi tutte le sante volte.

Gli sarebbe mancata.

Anzi, già gli mancava. In quel momento, però, era come se fossero in una fase di stallo, fermi e immobili in quell’istante tanto lungo da sembrare infinito, in cui erano lì, semplicemente seduti, da soli in un triste pomeriggio autunnale, sotto la pioggia, riparati da un unico ombrello che poco serviva ad entrambi.
Le gocce di pioggia continuavano a cadere, incessantemente ed erano l’unico rumore che si potesse sentire in quel momento. Naruto cominciava a non sopportare più quel silenzio, così opprimente e lacerante, che sicuramente non aiutava Sasuke a emergere dal suo nero torpore.
Infatti, in quel momento, l’unico superstite del clan Uchiha non vedeva altro che un profondo abisso tenebroso davanti ai suoi occhi. Aveva perso ormai quell’unico barlume di speranza che gli avrebbe permesso di vivere ancora, Sakura che con il suo sorriso sicuramente avrebbe potuto illuminare la sua vita, allontanandolo da qualsiasi brutto pensiero o doloroso ricordo che fosse.

Cosa avrebbe fatto adesso?

Quale sarebbe stato il suo scopo? L’obiettivo da raggiungere? La strada da seguire?
Non aveva più niente adesso. Prima la sua ragione di vita era la vendetta, poi era diventata Sakura, ma ora? Non lo sapeva.
Tutto quello che poteva fare era starsene seduto, su quella panchina, sotto la pioggia a piangersi addosso.
 


Gli occhi pieni di lacrime di Sakura si sbarrarono al sentire quella frase.
Non appena Sasuke riprese a muovere i primi passi, disperatamente gli gridò “Non andartene!!! O, se lo fai urlerò!”
Il ragazzo, senza che lei se ne potesse rendere conto, ricomparve alle sue spalle.
“Sakura…”
Non poteva fare più niente per fermarlo.
“… GRAZIE.”
Poi non vide più nulla…

 
 
“Che cosa dovrei fare, secondo te?”

Sasuke aveva parlato? Aveva iniziato per primo un discorso? Naruto non poté fare a meno di sentirsi sorpreso e guardarlo con aria sbalordita. Poi rifletté sulle parole dell’amico: che cosa avrebbe potuto fare?

“Sinceramente… non lo so.”

Aspettò, poi, vedendo che non parlava, continuò.
“Io purtroppo non sono capace di leggerti il pensiero, però, in qualche modo, posso capirti: non hai la più pallida idea di come andare avanti, sei spaventato, perché non hai più qualcosa che ti spinga a vivere. Anche a me è successo, poi ho deciso che il mio nuovo sogno sarebbe stato diventare hokage e proteggere il villaggio di Konoha. Non dico che sia facile trovare il proprio scopo ma credo che basti solo seguire il proprio cuore. Per esempio, potrebbe essere diventare una persona migliore o… beh, sta a te decidere!”
Il biondo non sapeva nemmeno da dove gli fossero uscite tutte quelle parole. Aveva anche smesso di piovere. Naruto chiuse l’ombrello, ormai zuppo, incrociò le braccia dietro la testa e si mise a fissare il cielo, diventato più azzurro mentre i nuvoloni grigi piano piano si diradavano. Aspettava che Sasuke assimilasse il suo discorso, quindi non aprì più bocca per un po’.
 


Orochimaru rimirò il lavoro ben fatto del suo discepolo con aria estasiata.
“Come pensavo, Sasuke, sei bravo: solo una persona senza cuore poteva svolgere un lavoro così eccellente senza sporcarsi le mani di sangue. Davvero ottimo… e la cosa mi piace.”
“Pensala come vuoi. Tanto non mi importa.” Proferì il ragazzo alzandosi dal cadavere su cui si era seduto e rimettendo la fida katana nella sua custodia.
“Ne sei sicuro? I tuoi amici avrebbero creduto diversamente…” disse l’uomo serpente, ghignando.
“Io non ho più amici.”
 

 
“E se qualcuno non ce l’avesse più un cuore?”
Naruto rimase un po’ spiazzato da quella domanda ma sapeva già cosa rispondere.
“Beh… non era questo, quello che pensava Sakura.”
A Sasuke scappò un sorriso, che però l’amico non poté vedere.

“Già, forse hai ragione…”
 


 

Quattro anni dopo…

 

Il cielo, quel giorno, era di un azzurro abbagliante e carico di una brezza dolce e fresca, tipica della primavera.
Quel venticello leggero risvegliava i boccioli di ciliegio che dolcemente si lasciavano cullare, fino a che non toccavano terra; uno di questi fiori, forse più intraprendente e audace, invece di seguire i suoi compagni, decise di posarsi proprio sulla gamba di un uomo che con sguardo sorpreso lo accolse, prendendolo delicatamente tra le mani.

“È oggi…”sussurrò.

Ne aspirò avidamente la fragranza, portandoselo vicino alle narici, tornando a rimirarlo poco dopo, troppo rapito dal suo color rosa così intenso che tanto gli ricordava lei.
La fioritura dei ciliegi coincideva sempre con il suo compleanno. In un’altra vita, forse, in cui Sakura sarebbe stata al suo fianco, sicuramente non avrebbe mai potuto scordare il suo compleanno, aiutato da questi indizi così lampanti e magari per l’ipotetico regalo avrebbe chiesto aiuto al dobe o alla Yamanaka.
Sospirò, mentre un timido e triste sorriso si faceva largo sul suo volto all’accenno di quei pensieri così irrealizzabili in quel momento.
I suoi occhi tornarono a posarsi su quell’albero di ciliegio che aveva piantato il giorno della scomparsa di Sakura proprio al centro del giardino di Villa Uchiha.
Erano passati più di quattro anni e l’albero era cresciuto imponente e rigoglioso, sotto le premurose cure di Sasuke.
Quando aveva deciso di stabilirsi a Konoha e ritornare in quella vecchia casa piena di ricordi Naruto si era offerto insieme agli altri amici –particolarmente incoraggiati dalla Yamanaka- di aiutarlo a rimettere a posto l’intero edificio, compreso il giardino su cui il proprietario aveva deciso di piantare i fiori preferiti di Sakura.
La grande tenuta, quindi, era ritornata all’antico splendore, anche se continuava ad essere silenziosa e vuota, poiché abitata da un solo individuo.
Ogni tanto il dobe faceva visita per “controllare” e trascinare letteralmente Sasuke fuori all’aria aperta, costringendolo a passeggiare insieme a lui per le vie di Konoha –cosa alquanto imbarazzante per l’Uchiha.

Poteva sentire su di lui ancora tutti quegli sguardi accusatori che cercava di evitare con tutte le sue forze, isolandosi in quell’unico posto che aveva il coraggio di chiamare casa e in cui poteva sentire ancora, in qualche modo, la presenza di lei aleggiare tra quelle mura insieme a tutti gli altri fantasmi del suo passato.
Con un po’ di sforzo, dandosi una spinta con le mani, si alzò, lanciò un ultimo sguardo al ciliegio e rientrò in casa, deciso ad uscire.
 


“Davvero vuoi restare, teme? Nessuno ti obbliga, questo lo sai, vero?”
“Sì, lo so. Ma ho preso la mia decisione e poi… anche Sakura avrebbe voluto così. Tanto… dove altro potrei andare?”
 
 

Il cimitero di Konoha appariva, come quasi tutto il villaggio in quel periodo, ricoperto di petali rosa, tranquillo e sereno.
Sasuke, ogni volta che aveva un momento di sconforto, si rifugiava lì, dove ormai lei risiedeva da un po’, per trovare anche lui un po’ di pace.
Inconsciamente si ritrovò proprio davanti alla lapide di Sakura, come se il percorso che conduceva lì l’avesse imparato a memoria e fosse diventato del tutto automatico.
Rilesse le incisioni, quasi nel disperato tentativo di marchiarle su di sé e rimase fermo, lì in piedi e con le mani in tasca, in rispettoso silenzio, intervallato ogni tanto da qualche modesto sospiro.

“Oggi è il suo compleanno.”

La voce di Naruto lo raggiunse, come se fosse distante centinaia di chilometri, ridestandolo da quello stato di torpore che i suoi pensieri lo avevano portato ad assumere.
Non gli rispose, come se il “Sì” fosse sottinteso.
Naruto non lo prese come un’offesa, conoscendo bene l’abitudinaria loquacità dell’amico e la sua ritrosità riguardo l’argomento “Sakura”.

Rimase anche lui per un po’ in silenzio, pensando a ciò che avrebbe potuto dire in quella situazione: avrebbe voluto tirarlo su di morale, eppure si era accorto di una strana aura, quasi, intorno a Sasuke, forse di labile serenità ed accettazione, come se finalmente avesse lasciato che l’accaduto diventasse un altro dei suoi più dolorosi ricordi che affollavano il suo passato. Lo poteva leggere nei suoi occhi e nel suo atteggiamento, forse più pacato del solito.
Cercando di cambiare argomento, proferì: “Che dici Teme, mi dona la divisa da Hokage?”
“Con la testa quadra che ti ritrovi, non saprei dire…”

Quei battibecchi oramai erano ritornati –fortunatamente- all’ordine del giorno, rendendo l’atmosfera più familiare e meno tesa. Tutto cominciava a riprendere il suo corso come anche lo scambio di frecciatine amichevoli tra i due, segnando la differenza di rapporti che c’era fra loro e gli altri.

“Già… comunque dovrebbe mancare poco, sai?”
“Davvero? Beh, allora congratulazioni.”
“Grazie. Credevo che non sarebbe mai arrivato questo momento e ne ho quasi paura. E pensare che ho affrontato anche la Quarta Grande Guerra di Konoha!” proferì il biondo, portando la mano destra a grattarsi la nuca.
“Non ti preoccupare, dobe, sarai un ottimo padre.” sospirò Sasuke, mentre un ghigno si disegnava lentamente accennato sulle sue labbra.
“Tu dici? Speriamo! Tsunade-baachan ha detto che non dovrebbero esserci complicazioni durante il parto: la mia Hinata è forte.”
“Per aver sposato un tipo come te, ce ne vuole di coraggio.”
“Ehi, se continui così, mi offendi!”
“Sì, come no…”

I due rimasero in silenzio per qualche minuto. Naruto avrebbe voluto passare direttamente alla questione, solo che non voleva toccare i tasti sbagliati, quindi cercava di girarci intorno il più possibile.
Alla fine si decise a prendere in mano la situazione e, dopo essersi schiarito la voce, assunse una posizione dall’aria piuttosto solenne, prese un respiro profondo e cominciò a parlare.
“Dicono che sarà una femminuccia. A me non dispiacerebbe, se poi assomigliasse un po’ alla mia dolcissima Hinata sarei ancora più contento.”
Sasuke continuava a rimanere in silenzio, aspettando che Naruto arrivasse al punto, perché sapeva che non gli stava dicendo tutto.
Il neo-Hokage, dal canto suo, si sentiva molto frustrato, poiché il suo amico non lo aiutava di certo. Ancora una volta inspirò profondamente e sputò fuori il rospo.
“Riguardo a questo, teme, io e Hinata vorremmo poter dare a nostro figlio, caso mai fosse una bambina, il nome di Sakura. Ma prima di prendere questa decisione vorremmo sapere il tuo parere. Beh, sai… sì, insomma…”

Non sapeva come il moro avrebbe reagito ed era piuttosto nervoso.
Sasuke aveva in qualche modo presagito la richiesta di Naruto, non che la cosa gli desse qualche particolare fastidio, era solo che non riusciva ad immaginarsi la figlia del suo migliore amico con il nome di Sakura.

Appena sentiva pronunciarlo non poteva fare a meno di pensare a lei e quindi, irrimediabilmente, concepiva il viso del futuro nascituro identico a quello dell’amata, con gli stessi occhi brillanti e gli stessi capelli rosa, lo stesso dolce sorriso e le stesse guance rosse e paffute. Se mai avesse avuto una bambina avrebbe desiderato che fosse come lei.
Vedere come Naruto potesse realizzare quel sogno, il suo sogno, lo faceva sentire angosciato quasi, rancoroso nei suoi confronti, anche se ammetteva di continuare a volergli bene, come amico, essendo ormai l’unico che gli era rimasto e che forse aveva mai avuto, oltre a Sakura.
Allo stesso tempo, però, non voleva far soffrire la bambina, che avrebbe dovuto caricarsi dell’importanza di quel nome, così caro a lui e Naruto.

Di certo sapeva che non era un suo diritto decidere se dare o no l’approvazione e doveva sentirsi in qualche modo onorato che l’amico avesse addirittura pensato di chiederglielo, eppure continuava a provare quella strana sensazione che gli impediva di dire “SI” e gioire della felicità di Naruto.
Possibile che fosse una persona così cattiva? Sicuramente Sakura avrebbe accettato al suo posto, avrebbe fatto salti di gioia, anche se, a dirla tutta, se lei ci fosse stata ancora, non ci sarebbe mai stata una discussione a riguardo e chissà quale sarebbe stato l’altro nome della bambina.
Non sapeva cosa rispondere, anzi lo sapeva, ma non riusciva a dirlo, come se qualcosa nel profondo glielo impedisse.

“Che cosa devo fare… Sakura?”

Una folata di vento gli carezzò la guancia e in quel gesto, Sasuke, poté percepire come la mano di Sakura che lo sfiorava delicatamente, facendogli capire che lei sarebbe stata sempre al suo fianco, che non lo avrebbe mai abbandonato e che era certa che lui sapesse, infondo al suo cuore, cosa fosse più giusto fare.

 

“Lo sai, vero… Sas’ke-kun?”


 
“Fai come ti pare. Non devo certo decidere io come chiamare tua figlia.” Pronunciò con aria scocciata, iniziando ad incamminarsi sul sentiero che conduceva all’uscita e lasciando che per un secondo la sua bocca fosse illuminata da un accenno di sorriso.
“Quindi è un SI? Eh, teme?”
“Cos’è? Sei anche sordo adesso, per caso?”
“Sapevo di poter contare su di te! Hinata ne sarà felice… e anche Sakura scommetto!” disse Naruto, cercando di raggiungere l’amico, che aveva già guadagnato qualche metro di vantaggio.

“Chi lo sa…”

Sasuke puntò il suo sguardo verso il cielo, che lentamente si stava dipingendo di un dolce color rossastro, tingendo le poche nuvole presenti con pennellate di rosa pastello, segno che il giorno stava finendo.

Ora so che ci sarai sempre…

Da lontano, una figura sorridente guardava i due amici camminare fianco a fianco, come una volta, consapevole che il loro legame era più forte di qualsiasi altra cosa e avrebbe resistito ad ogni situazione difficile che si sarebbero ritrovati a fronteggiare.
 


“Continuate così, ragazzi. Io vi guarderò le spalle…”
 


“Se fosse un maschio, posso chiamarlo Sasuke, ne?”
“Ora non esagerare, usuratonkachi…”


 

 

FINE

  
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