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Autore: Maricuz_M    11/09/2012    4 recensioni
Dopo una delusione amorosa, c’è chi dice “Si chiude una porta, si apre un portone” oppure chi afferma “Meglio soli che male accompagnati”.
Ebbene, Eleonora fa parte di quest’ultimo gruppo di persone.
Le sue giornate, però, la porteranno in situazioni che la convinceranno a cambiare idea e, cosa non meno importante, a non fidarsi delle docce, dei marciapiedi e degli ascensori. O anche di alcuni suoi amici che si divertono a mixare il suo nome con quello dei suoi conoscenti, giusto per suddividersi in team e supportare coppie diverse in cui lei, ovviamente, rappresenta la parte femminile.
Dal secondo capitolo:
“Elle, guardati le spalle.”
“Ci manca pure che la sfiga mi attacchi da dietro.”
“La sfiga attacca dove vuole lei, mica dove vuoi tu.”
“Sennò come ti coglie impreparata? Vuoi una telefonata a casa, la prossima volta?”
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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II Capitolo

 
Bad day


“No, no ti prego.” Supplico in qualsiasi modo questo dannatissimo oggetto inanimato perché mi mandi l’acqua quantomeno tiepida, ma niente: continua ad essere fredda. Sospiro, cercando di racimolare quel poco di autocontrollo che mi è rimasto. Questa mattina, Lunedì, mi sono svegliata tardi e ho rischiato di non arrivare in tempo ad una lezione a dir poco fondamentale all’università. A pranzo, prima di tornare alla stazione e successivamente a casa, mi sono fermata ad un McDonald e mi sono rovesciata della maionese sulla maglietta con una maestria che non pensavo neanche di possedere. Ma sapete cosa? Sono un tipo che tende ad essere ottimista, quindi ho sperato fino all’ultimo che nessuno di particolarmente interessante avrebbe notato la macchia, ma invano. In treno, tra i tanti posti liberi che c’erano, un ragazzo si è seduto proprio davanti a me. Davanti a me e rivolto verso di me. Avete presente le zone per quattro persone, vero? Ecco. Un dettaglio importante: il ragazzo era di rara bellezza.
La settimana non poteva iniziare in modo peggiore.
Ma evidentemente non bastava, visto che mi sto facendo una doccia fredda contro la mia volontà. Fermo il flusso, mi faccio lo shampoo sperando di non andare in ipotermia e prego in tutte le lingue del mondo che quando riaprirò l’acqua, essa sia di piacevole temperatura. Così faccio e, per fortuna, vengo accontentata.
Esco e mi metto accappatoio e ciabatte, per poi zampettare verso la mia camera borbottando brutte parole contro l’inefficienza delle docce oggigiorno.
“Perché stai parlando da sola?” mi chiede Azzurra perplessa, appoggiata allo stipite della mia porta. Sussulto, troppo presa dal prepararmi per accorgermi del suo arrivo. Sbuffo.
“Oggi non è assolutamente giornata.”
“Ma non lo è davvero o..”
“No, non lo è. E la giornata non è finita! Sono solo le..” controllo il cellulare, poi spalanco gli occhi “Sono già le quattro e dieci? Io in venti minuti dovrei essere in piazza mentre devo ancora vestirmi, asciugarmi i capelli e avere il tempo di spostarmi fisicamente da qui a lì?” domando istericamente, iniziando a velocizzare i miei movimenti.
“Devo rispondere o è una domanda retorica?”
“No, meglio di no. Per fortuna non c’è Ginevra oggi, almeno ho il bonus per qualche minuto di ritardo senza che qualcuno mi uccida.”
“Chi siete?”
“Io, Manuela e Marco.” Rispondo frettolosamente, con un paio di jeans fra le mani.
“E gli altri?”
“Bob ha una partita di rugby alle sei o alle sette, non ricordo.” ecco, un piccolo appunto: Roberto, bello, elegante e gentile, è uno dei pochi abitanti della zona a praticare questo sport che a me è sempre sembrato violento “Gin va a guardarlo insieme alle altre ragazze che stanno con altri giocatori della squadra. Simon non aveva voglia, è ancora in fase di combattimento con il padre. Sai cosa? Secondo me la soluzione sarebbe trasferirsi e basta.”
“Stavo proprio per dirtelo.” Mia sorella abbozza un sorriso, poi entra definitivamente in camera per sedersi sul letto.
“Come è andata a scuola? Scusa se non te l’ho chiesto, ma oggi vado veramente di fretta e sono in costante ritardo, per cui..”
“Non ti preoccupare.” Mi rassicura, inclinando la testa “Comunque tutto ok. Oggi non era una giornata pesante, al contrario di domani. Sto giusto facendo una pausa dallo studio.”
“Fa bene riposare ogni tanto il cervello, brava.” Mi guardo intorno alla ricerca di una felpa. Non ho bisogno di mettermi troppo in tiro, non ne ho neanche voglia. Ho solo bisogno di sentirmi rilassata, almeno per quanto riguarda l’abbigliamento. Eccoti, maledetta. Stavi scappando, vero?
“Lo so, grazie.”
 
“Ma non è finita certo con la doccia gelata!” Li avverto, sventolando davanti ai loro nasi il mio indice destro “Mentre mi asciugavo i capelli mi sono picchiata da sola, ovviamente per sbaglio, col phon. Vi rendete conto? Col phon. Non mi davo le phonate da quando avevo dieci anni perché mi pesava troppo e lo faccio adesso!”
“Io avrei avuto paura ad uscire di casa.” Dice Marco, alzando le spalle e guardando davanti a sé.
“Inizio a chiamare ambulanza e polizia, se vuoi.” Si offre, invece, Manuela. Sospiro stirando le mie labbra in un sorriso e scuotendo la testa.
“No, spero non mi serva nessuna delle due cose. Cercherò di stare attenta.”
“Però..” Eccolo. Eccolo il tipico però pensieroso e pieno di suspance di Marco. Precede sempre un suo ragionamento o una cosa che ha notato in una delle sue tante riflessioni, alcune davvero interessanti “Se ci fate caso, quando cerchiamo di evitare di fare qualcosa perché si ha paura di farla, la facciamo in uno dei pochi momenti in cui siamo distratti o comunque presi da altro.” Ok, sono d’accordo con lui, ma mi sta forse dicendo che morirò entro fine giornata?
“Marco.. Condivido il tuo pensiero, ma..”
“Ma non me puoi fa’ schiatta’ Elle! Porca troia, peggio di così non la potevi tirare! Ora è costretta a concentrarsi sulle sue mosse fino alla mezzanotte! Tanto vale non vivere!” è la mia stessa idea, solo detta più.. cruda e, naturalmente, dalla mia migliore amica.
“Dai, era per dire! Chiedo venia.” si difende il riccioluto, alzando le mani in segno di resa.
“Elle, guardati le spalle.” Borbotta l’altra.
“Ci manca pure che la sfiga mi attacchi da dietro.”
“La sfiga attacca dove vuole lei, mica dove vuoi tu.” L’ennesima perla di Marco.
“Sennò come ti coglie impreparata? Vuoi una telefonata a casa, la prossima volta?” e l’ennesima uscita di Manuela.
“Ragazzi, possiamo cambiare argomento?” chiedo, supplicante.
“No, ho a cuore la tua salute e non ti permetterò di cascare in argomenti come.. qual è la granita migliore o il film che preferisci vedere questa sera. Pensa alla tua incolumità.”
“Già il fatto che sto parlando sta distogliendo la mia attenzione dalle azioni che sto facendo.” faccio notare loro, spiegando nel modo migliore che conosco.
“Questo è vero, ma è comunque un discorso inerente alla-”
“Ok, ok, basta.” La castana interrompe l’altro, scrutando la strada con attenzione “Mi sa che adesso Elle abbia qualcos’altro da affrontare, oltre alla sua immane sfiga. O forse la deve affrontare in questo istante, ma comunque.. Elle.” Mi afferra la mano, mentre prende ad utilizzare una voce solenne “A ore undici, avvistato Jack. Jack!” ripete quel nome, stavolta allarmata.
“E chi cazzo è Jack?” il riccioluto dà voce ai miei pensieri, un sopracciglio più alzato dell’altro.
“Traducete il nome, caproni.”
Aggrotto la fronte, mentre ragiono. Jack in italiano: Giacomo. Giacomo. Spalanco gli occhi, sentendo lo stomaco stringersi. Punto subito lo sguardo verso sinistra, dove dovrebbe trovarsi il ragazzo, e constato che è davvero lì e che si sta dirigendo verso la direzione da cui proveniamo noi. Sospiro e guardo rassegnata la mia migliore amica, che si morde il labbro inferiore con sguardo colpevole, manco fosse colpa sua.
Se vi state chiedendo chi è Giacomo, ve lo spiego immediatamente. Poco tempo fa vi ho detto che non sono mai stata impegnata con qualcuno. Ecco, lui è l’unica persona che stava riuscendo a conquistare ufficialmente il mio cuore e la carica del mio ragazzo, durante il mio ultimo anno da liceale o, per esser più precisi, sette mesi fa. Credevo fosse perfetto: simpatico, intelligente e pure bello. Ci baciammo anche, eravamo tanto così dal metterci insieme e.. E lo beccai a pomiciare con un’altra. Non me la presi con lui direttamente, semplicemente smisi di frequentarlo. Quando mi chiese il motivo, gli risposi ironicamente “Ti ho visto con quella, state bene insieme e non voglio mettermi in mezzo” mentre pensavo “Riserberò per sempre rancore nei tuoi confronti, testa di cazzo”. Piansi, mi sentii una merda per una settimana intera, poi mi accorsi che stavo sbagliando tutto. Comunque, lo odio ancora. E’ una questione di principio, no?
Non lo vedevo dall’ultimo giorno di scuola e mi ritenevo fortunata, peccato che oggi è una giornataccia. Ehi, sfiga! Hai tirato fuori il tuo asso nella manica, eh?
“Ah.. Jack.” E con l’aggiunta di Marco, tutti e tre fissiamo il ragazzo. Come se si fosse sentito osservato, sposta lo sguardo su di noi. Per un attimo vedo un lampo di sorpresa nei suoi occhi verdi, poi una leggera indecisione. Infine, abbozza un sorriso e alza una mano per un normalissimo ed innocente cenno di saluto. Ricambio il gesto un po’ impacciata, ma dentro di me dico “Con che coraggio mi si rivolge in questo modo?
“Con che coraggio ti si rivolge in questo modo?” chiede Manuela, facendomi bloccare per due secondi. Ha appena detto la stessa cosa che ho pensato io o sono semplicemente rincoglionita?
“Ehm..” mi concentro sul dialogo e non sulla nostra telepatia “Non ne ho idea.”
“Ha semplicemente salutato.” Afferma il biondo con aria perplessa. Sia io che la mia amica ridacchiamo, burlandoci di lui.
“Marco, Marco.. Sei proprio un uomo.”
“Ve ne siete accorte solo adesso?”
“Te lo spiego brevemente..” inizio “Sai quello che mi ha fatto. Te lo ricordi, no? E’ quello che all’inizio ha fatto tanto il santarellino per conquistarmi e prima ancora che ci mettessimo insieme si era già trovato un’altra. Ti sembra carino, da parte sua?”
“Direi proprio di no.”
“Ecco. Considerando che non mi ha mai nemmeno chiesto scusa o tentato di rimediare, anche se non sarebbe servito a niente, conoscendomi, e aggiungendo il fatto che comunque tra di noi non c’è stato più niente di positivo.. Perché cavolo mi dovrebbe salutare in quel modo? Io saluto così un conoscente, qualche persona che magari consideravo amica ma che ho perso nel tempo.. Non una ragazza che ho frequentato, baciato, illuso e, passatemi il termine, tradito.” Per la centesima volta, mi sfogo sulla vicenda.
Marco si prende qualche momento per riflettere, poi annuisce “Penso di aver compreso. La consideri una presa per il culo.”
“Esattamente.”
“Ok, però rimane il fatto che è un semplice saluto e che alla fine non ti ha fatto niente di male, adesso..”
“No!” urlo, facendo girare una buona parte dei presenti verso di noi “No, escludendo il fatto che mi ha salutata, si è pure fatto vedere!”
“Scusami, ma che cazzo ne sapeva lui che ti avrebbe vista?”
“E infatti questa non è colpa sua. E’ colpa della sfiga, che non solo ce l’ha con me oggi, vuole anche che non la prenda con filosofia, procurandomi un nervosismo probabilmente immotivato, ma sicuramente imminente! No, ok, sono già nervosa. Maledizione!” sbuffo e chiudo gli occhi, alla ricerca della mia pace interiore. La cattiva sorte non vincerà, no!
Quasi non faccio in tempo a formulare questo pensiero, che mi ritrovo seduta a terra e con la caviglia sinistra sofferente. Me medesima non aveva notato che c’era uno scalino laddove stava camminando, mettendo così metà pianta del piede sulla superficie e l’altra nel vuoto, permettendomi di cadere come una povera idiota. Mi ritrovo a boccheggiare per il dolore lancinante e con gli occhi pieni di lacrime senza neanche rendermene conto.
“Ma che diavolo..” dice Manuela, vedendomi improvvisamente sparire nel nulla. Marco, invece, si abbassa immediatamente non appena realizza l’accaduto.
Scuote la testa, tastandomi la zona dolente “Ti sei distratta.”
“Fa male!” me ne esco io, incapace di dire qualsiasi altra cosa. Non mi è mai capitato di farmi male alla caviglia, è una sensazione nuova per me. Non sto neanche pensando al fatto che mi sono resa ridicola in mezzo ad una strada per non aver guardato dove stavo andando. Sono totalmente concentrata su tutta la gamba sinistra, che solo adesso sta tornando sotto il mio controllo. Ma la caviglia continua a far male.
“Ovvio che fa male.” Replica Marco, poi si morde il labbro inferiore. Sta pensando.
“E adesso?” chiede l’altra, guardando lui. Si è sempre dimostrato come quello più razionale nelle situazioni critiche, e anche se questa non è poi così grave, ci viene automatico aspettare i suoi comandi.
“La casa più vicina di chi è?” chiede, poi si risponde da solo “Manu, possiamo venire a casa tua? Il tempo di prendere il ghiaccio e metterlo sulla caviglia, per non farla gonfiare troppo.”
“Non ci sono problemi.. Ma la scarpa non dovrebbe..”
“No, meglio tenerla. Anche questo trattiene il gonfiore.”
“Fatelo smettere!” piagnucolo io, dondolando avanti e indietro. Il biondo sospira, fissandomi come se fossi una bambina.
“Ti porto io a casa sua.”
“E come?”
“Mi sali sulla schiena. Veloce, dai. Prima si fa, meglio è.”
Dopo un paio di tentativi, mi ritrovo sulla schiena di Marco e con le braccia intorno al suo collo, e intanto penso che l’asso nella manica della sfiga forse era proprio questo, e non la comparsa di Giacomo come credevo giusto fino ad un minuto fa. Decido di non scervellarmi troppo, giusto per non attirare il mio nemico a me, così catalizzo la mia attenzione su quello che mi accade intorno e cerco di frenare le lacrime, in questo momento del tutto indipendenti da me.
“Principessa Eleonora, il suo destriero pare un po’ mingherlino.” Commenta Manuela, squadrandoci.
“Non sono mingherlino.” Borbotta il diretto interessato.
“Sono d’accordo. Un ragazzo necessita di un po’ di fisico se vuol riuscire nell’intento di portarmi sulle spalle, e costui sta compiendo l’impresa.”
“In parte condivido il suo pensiero, ma lei, principessa, non pesa troppo. Le ricordo che è comunque di bassa statura.” Afferma.
“Ma sono grassa.”
“Ma vada in culo.” Ridacchia lui, sempre controllato. Anche io e Manuela ci lasciamo sfuggire una risata, poi torniamo nel silenzio, fino a quando Marco non mi domanda “La caviglia?”
“Fa ancora male, però meno di prima.”
“Ok, meglio. Resisti ancora due minuti, poi ci siamo.”
E così è. Abbiamo, anzi, hanno camminato per altri due minuti, discutendo principalmente sulla mia sfiga –che ormai è l’argomento del giorno-, e adesso sono semi-stesa sul divano con Marco letteralmente ai miei piedi che tenta di fissare il ghiaccio sulla mia zampa infortunata e Manuela che si apre un pacchetto di Fonzies mentre si gusta lo spettacolo. E le patatine.
“Me ne dai una?” chiedo, sfoderando il mio sguardo da cucciolo.
“Scordatelo. Potrebbe influire negativamente sullo stato della tua caviglia sinistra, e non me lo perdonerei mai.” Risponde, continuando a sgranocchiare davanti a me. Sbuffo guardandola male e torno ad osservare il biondo, sicurissima che almeno lui mi avrebbe trattata meglio.
“Me ne dai una?”
“Certo!”
“Ma siete degli stronzi!” sbotto, incrociando le braccia. Una se la ride, l’altro sghignazza. Veramente dolcissimi.
“Elle, la patatina mancata è la cosa più bella che ti sia capitata oggi, non lamentarti.” Continua a prendermi in giro Marco, sedendosi come una persona normale sul divano, levandosi finalmente dal pavimento.
“Ti prego, insegnami ad essere così simpatica!” lo supplico teatralmente.
“Non hai niente da imparare, mi sa.” Commenta Manuela, per poi rischiare subito dopo di strozzarsi. Ha, le sta proprio bene! Magari quella patatina che le sta andando di traverso avrebbe potuto darla a me!
“Ok ragazze, adesso direi di parlare seriamente. Elle, sarebbe cosa buona e giusta se tu camminassi il meno possibile, quindi giusto per andare all’università, nei prossimi giorni.” Annuisco, fidandomi delle sue parole. Sua madre è un medico “Adesso vado a prendere la macchina, poi torno qui, sali e ti riporto a casa. Obbiezioni?”
“Nessuna.” Diciamo all’unisono noi ragazze.
“Perfetto.” Marco si tira su “Tempo dieci minuti e sono di nuovo qui.”
 
“Beh, direi che ormai è quasi fatta. Mancano solo cinque ore e mezza alla mezzanotte!”
“Marco, ti prego. Potresti evitare di fare il conto alla rovescia? Mi metti ansia, Cristo.” Sbuffo, poi la suoneria del mio cellulare “Oh, porca vacca.”
“Cosa?” chiede lui, girandosi verso di me.
“Che cazzo fai? Guarda la strada! Non mi sembra la giornata giusta per distrarsi dalla guida! Comunque mi stanno chiamando.”
“Sì, questo l’avevo capito. Chi è?”
“Non lo so, ho paura di scoprirlo, però. Magari è la polizia che vuole avvertirmi! Mi vogliono mettere in prigione!”
“Scusa, Elle, ma se così fosse.. Perché dovrebbero avvertirti?”
“Allora hanno messo in prigione qualcun altro! Forse Simon. Ah, lo sapevo che quel ragazzo avrebbe fatto una strage in casa, prima o poi.” Prendo un respiro profondo, poi guardo il mittente della chiamata “Appunto, è Simon. La polizia mi sta chiamando con il suo cellulare. Forse non aveva credito..”
“Rispondi, che è venti minuti che il cellulare squilla. A proposito, cambia suoneria, per piacere.”
Sospirando, e non dandogli retta, premo il tasto verde e mi porto il telefono all’orecchio “Pronto?”
Basta, mi sono rotto il cazzo. C’è stato l’ennesimo litigio e sai cosa? Sarà anche l’ultimo.
“..Lo vuoi uccidere?” come volevasi dimostrare. Marco mi lancia un’occhiata dubbioso.
No, cogliona. Mi trasferisco. Raccatto tutto ciò che è mio e mi prendo un appartamento in affitto. A dir al verità ho già trovato anche il posto, e non me ne fotte un cazzo se abiterò al decimo piano di un palazzo con un ascensore che ogni tanto smette di funzionare, in un quartiere in culo al mondo dove per prendere anche solo un pacchetto di sigarette devo fare tutta la maratona di New York. Io in quella casa non ci sto più. Il tempo di trovarmi un coinquilino e mi trasferisco, quant’è vero che mi piace la figa.
Rimango per un attimo in silenzio, spiazzata da quel discorso così chiaro e conciso. Annuisco con espressione ovvia, come se potesse vedermi “Certo.”
Certo? E’ tutto quello che sai dire?
“Che ti devo dire, scusa? Mi fa piacere!”
Oh, grazie.” Qualche attimo in cui nessuno parla, poi di nuovo la sua voce “Conosci per caso qualcuno che cerca un posto per andarci a vivere?
“Ehm..” mi gratto la testa “Ora come ora non mi viene in mente nessuno.”
Se vuoi ti do cinque minuti, tanto ho attivato una promozione e pago pochissimo per le chiamate.
“Ah, davvero? Buono!”
Sì, infatti. Poi con tutto il tempo che sto al telefono con voi..
“Già.”
“Elle, siamo arrivati, ho già parcheggiato, non te ne sei neanche accorta ed io mi sento un po’ escluso.” Così dicendo, Marco attira la mia attenzione, di nuovo.
“Cerca un coinquilino!” riassumo al massimo la conversazione avuta con Simon, che ancora stava aspettando dall’altro capo del telefono. Il biondo annuisce, poi fa un cenno con la testa verso il marciapiede “Tipo lui?”
Mi volto e m’illumino “Samuele!”
Samuele?
“Il mio vicino, Samuele! Tre giorni fa mi ha detto di volersi trasferire!”
Samuele!
“Adesso scendo dalla macchina e corro a chie.. No, non posso.”
Come non puoi? Che cazzo vuol dire che non puoi?
“Mi sono fatta male alla caviglia.”
Quando?
“Quaranta minuti fa?” chiedo conferma a Marco.
“Sì, circa.”
“Quaranta minuti fa.”
Non esco una volta e ti fai male alla caviglia? Dannazione.. Avrei voluto esser lì.
“Stronzo, pure tu.”
“Vabè, io scendo prima che Samuele raggiunga la porta di casa.” E così fa il guidatore. Chiude lo sportello e con una leggera corsettina lo vedo raggiungere l’altro ragazzo, che sorridente –allarme surriscaldamento globale- inizia a parlare con lui. Li osservo discutere allegramente, da bravi amici di vecchia data, ma ovviamente non riesco a sentire cosa si dicono.
Elle, ci sei?
“Certo che ci sono.”
E’ andato?
“Sì, adesso stanno parlando. Non so di cosa, però. Penso che i primi due minuti consistano nel parlare del più e del meno. Sonda il territorio..”
Certo, certo. L’avrei fatto anche io.” Concorda Simon “Secondo te accetterà?
“Ci sono buone possibilità.” Sospiro, sistemandomi sul sedile e spiando i due ragazzi da dentro la macchina con non-chalance. Mi sento un po’ come una spia in appostamento. Forte.
Speriamo, non ho molta voglia di aspettare. Fosse per me andrei pure da solo, ma i soldi non crescono sugli alberi, per cui..
“Certo però, con tutti i giochetti genetici che fanno adesso, un albero del genere potrebbero crearlo.”
Sai che è la stessa cosa che stavo pensando io un paio d’ore fa? Sarebbe magnifico. Nascerebbe anche il proverbio “Avere il pollice al verde”, ti immagini?” e ride. Adesso sono sicura al cento percento. Questo ragazzo è completamente andato.
“Mamma mia, che schifo.”
Davvero, quasi mi vergogno di averla detta. Pensa che non me l’ha neanche suggerita Manu.
“Vantatene.”
Non merita farlo.
“Perlomeno hai ancora una dignità.”
Gentile da parte tua notarlo!” se ne esce, allegro “Insomma, Marco ha fatto? Mi pesa il braccio a forza di stare con il cellulare all’orecchio.
Controllo e non vedo né Marco né Samuele. Sento il mio sportello aprirsi e sussulto, per poi accorgermi che è il mio migliore amico “Allora?” chiedo.
“Gli ho dato il numero di Simon, lo chiamerà.”
“Gli ha dato il tuo numero, ti chiamerà!” ripeto.
E devo aspettarmi un sì o un no?” riferisco a Marco, che risponde “Un non lo so, ora come ora.”
Oh, meraviglioso! Che angoscia.
“Per adesso dovrai accontentarti. Male che vada posticipi il tuo trasferimento di qualche giorno. Giuro solennemente che nel caso Samuele rifiutasse, mi impegnerò a trovare il tuo futuro coinquilino!” prometto, e vedo annuire il biondo “Anche Marco lo giura!”
Ah, beh. Sono in buone mani, allora. Come minimo mi ritrovo un patito di videogiochi che mi tiene sveglio tutte le notti per colpa del volume della PSP! No, ancora meglio. Un alcolizzato. Un alcolizzato che terrà tutte le sue amate bottiglie nel frigo. So già che un giorno finirà l’acqua e sarò costretto ad ubriacarmi solo per dissetarmi. Ah, vi ho voluto bene ragazzi! Sappiate che la causa del mio futuro coma etilico è questa, vi avverto. Holy shit.
“Ci sentiamo, Simon.” E riattacco. 
 
 


Appunti sul capitolo:
Il titolo “Bad day” diciamo che ha due sfumature: quella ovvia, visto che Eleonora non ha avuto una bella giornata, e quella riferita all’omonima canzone di Daniel Powter, più specificatamente al suo video (che vi consiglio di vedere). Diciamo che dà uno pseudo-spoiler, ma non così immediato.
La caviglia, invece. Non so se vi è mai capitato di romperla o anche solo prendere una distorsione, ma non ve lo auguro per niente. Per fortuna a me è toccata solo la distorsione (quattro volte, sempre la destra e tutte le volte in modi diversi). Comunque, volevo infilarcelo, questo infortunio, perché ci sta tutto.
 
Ora, veniamo a noi.
Si è scoperto come mai Elle è nel periodo meglio-soli-che-male-accompagnati. Tutta colpa di Giacomo! *musichetta per la suspance*
E, inoltre, avete visto lo sclero di Simon. Non potete capire quanto mi sono divertita a scrivere l’ultima parte. :3
Sappiate che questo capitolo è l’inizio di tutto, la causa di molte cose. Non dal prossimo, ma da quello dopo ancora inizierà la storia vera e propria. Ancora siamo in fase di conoscenza, qui. ;)
Anyway, spero tanto che vi sia piaciuto e di non avervi deluso.
 
Come al solito, grazie a tutte. Chi legge, segue, preferisce e recensisce! :)
 
Un bacio enorme
 
Maricuz
   
 
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