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Autore: BigEyes    11/09/2012    2 recensioni
" Puoi chiamarmi come vuoi, non mi importa. Mi faccio chiamare Half perché sono a metà: metà uomo e metà uccello, a metà tra la terra e il cielo"
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anche quell’anno l’estate stava passando velocemente e Juliet, annoiata dalla vacanza in famiglia presso gli zii, in una località marittima, stava passeggiando sul terrazzo della villetta.
Quell’estate era particolarmente noiosa e malinconica. Da quel terrazzino poteva vedere l’albero di noci, sotto cui il suo ex le aveva promesso amore eterno.
“Si…amore eterno” pensò appoggiando il gomito sulla ringhiera e posando il mento sul palmo della mano, sbuffando.
In cielo c’era una luna piena candida, che illuminava il mare talmente agitato che Juliet poteva sentire le onde infrangersi sugli scogli.
Si infilò le cuffiette nelle orecchie e cliccò play. Iniziò la sua canzone preferita: your guardian angel.
“ Chissà se arriverà mai un angelo a salvarmi dal passato”bisbigliò.
 Non appena le balenò alla mente questo pensiero, vide volteggiare nel cielo blu, una sagoma umana con enormi ali.
La ragazza drizzò la schiena e socchiuse gli occhi per mettere a fuoco.
Non ce ne fu bisogno. Quella sagoma passò davanti alla circonferenza della luna e  mostrò alla ragazza, impallidita con occhi sgranati, la sua vera natura:  un ragazzo con delle enormi ali candide.
La giovane strinse la ringhiera con un una mano e con l’altra impedì alle sue labbra di emettere suoni. Ma lui continuava a danzare nel cielo elegante come un cigno e fiero come un aquila.
Scomparve tra le nuvole. Un soffio di vento le portò davanti agli occhi una penna bianca e morbida. Lei la prese sul palmo della mano, la strinse sul suo cuore, desiderosa di conoscerlo.
Voltò le spalle al cielo notturno, e prima di posare un piede dentro casa, sentì il rumore delle fronde dell’albero di noci e il suono dei rami che si rompevano seguiti da un tonfo sordo.
La giovane Juliet percepì un colpo allo stomaco e sbarrò gli occhi rimanendo sulla soglia della portafinestra. “Non può essere”. Un presentimento si fece spazio nel suo cuore.
Scese di corsa dalle scale stringendo la piuma al petto. Fortunatamente in casa non c’era nessuno. Sicuramente la famiglia era andata a trovare gli amici della villetta accanto: sapevano che queste cose non divertivano una ragazza introversa e timida come lei.
Il giardino era al buio. Si udiva solo il canto stridulo dei grilli.
Fece qualche passo in punta di piedi nonostante le sue gambe tremassero e l’adrenalina le faceva vibrare le mani.
La curva di una schiena  e delle ali candide comparirono oltre i cespugli.
La ragazza deglutì e, inspirando, trattenne il fiato. Quell’essere, a cui Juliet non sapeva trovar nome, drizzò la schiena.
La luce soffusa del lampione in lontananza fece luccicare la collana di acciaio al collo del giovane, simile alle piastrine che usano i militari.
Il volto in penombra era coperto dai capelli lisci castani. La maglia grigia era  strappata e ricoperta da piccoli rametti. Lo strappo metteva in mostra i pettorali e gli addominali.
Juliet non credeva ai suoi occhi. Il cuore le batteva contro lo sterno prepotentemente. Batté le palpebre un paio di volte, incredula, sicura di essere dentro ad un sogno. Fece un passo insicuro verso di lui.
Quel giovane alzò gli occhi  profondi e li puntò su di lei, che si fermò sul posto ad occhi sbarrati.
Ancora aleggiava il vento e ancora i due non si erano rivolti la parola.
Il giovane, spostò sguardo penetrante, ma indifferente alla figura di Juliet, verso l’ala sinistra e, con un gesto deciso, staccò un rametto, che gli si era conficcato tra le piume.  Aprì l’ala e la chiuse un paio di volte per vedere se fosse tutto apposto.
A dir la verità Juliet si era calmata da un po’, ma aspettava ardentemente sentirlo parlare, così fu lei a spezzare il silenzio.
"c...cosa sei tu?" balbettò, sfiorandosi il braccio.
-Domanda banale- pensò lui - questa ragazza non guarda il telegiornale? -
" C'è chi mi chiama super eroe, chi dice che io sia un angelo. Ma in realtà sono il risultato della pazzia umana, che crede di potersi mettere al posto di Dio"disse, mettendo le mani ai fianchi.
"Hai un nome?" gli domandò, mentre si avvicinava facendo altri due passi insicuri.
Lui abbassò il viso sogghignando:  " Puoi chiamarmi come vuoi, non mi importa. Mi faccio chiamare Half perché sono a metà: metà uomo e metà uccello, a metà tra la terra e il cielo"
“Tu..tu” farfugliò indicandolo “sei proprio quel Half?”
“Ne conosci altri?” le domandò con tono freddo, mentre si toglieva dalla maglia qualche foglia. “Non ci sono altri uomini- uccello che salvano le persone, sventano attentati ecc..ecc.”
All’apparenza era un angelo, ma non le sembrava affatto un tipo di cui fidarsi. –
 “Comunque tesoro adesso vado. Vuoi un autografo?”
Intervenne lui sbuffando.
La ragazza aggrottò la fronte e strinse le braccia al petto: l’aveva immaginato gentile, dolce e protettivo.
Ma non era detta l’ultima parola, dopo tutto aveva aiutato bambini in difficoltà, sventato rapine e attentati.
Da quando c’era lui a custodire la città, il tasso di criminalità si era abbassato notevolmente.

E lei lo sapeva bene.
  
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