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Autore: Melabanana_    11/09/2012    4 recensioni
Non ero sicura di voler pubblicare questa shot, a dir la verità, ma la mia principA e AliCChan mi hanno spinto a farlo. Grazie ad entrambe per il vostro meraviglioso supporto ♥
In questa shot c'è un crack-pairing, o meglio una specie di triangolo, ma è tutto molto fluff e incentrato sul messaggio della fic per cui potete anche non farci caso (?) Il triangolo HirotoKira*Yuuka*Atsuya potrà sembrarvi assurdo, ma mi piace ugualmente, sono così teneri.
Piccola nota: nel caso qualcuno se lo chiedesse, la nota "What if?" è riferita al fatto che in questa oneshot sia Yuuka che Yuuichi sono morti. Così si uniscono alla già allegra compagnia di Hiroto e Atsuya (?) ~
xxx by Roby xxx
Attraversò il cielo come un suono, una nota vibrante di luce.
Era la cosa più bella che lei avesse mai visto.
Aveva tutti i colori del cielo e della terra e il calore del sole e la consistenza delle nuvole, le sfiorò le dita per un attimo, infiammandosi sul suo palmo, e poi scomparve con un plof.
Come una bolla di sapone, plof.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Tsurugi Yuuichi, Yuuka Gouenji/Julia Blaze
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buon pomeriggio ~
Qualcuno potrebbe anche pensare che sono pazza, dopo aver letto questa fic.
Non che vi biasimi
Sia Hiroto Kira che Atsuya sono personaggi molto belli, e mi piaceva l'idea di scriverci, 
anche se in questa fic sono accompagnati da Yuuka e Yuuichi -che, per ovvi motivi di trama, sono anch'essi morti.
Quindi diciamo che c'è una soecie di triangolo-crack Hiroto*Yuuka*Atsuya 
Mi piacerebbe far notare che il luogo in cui si  trovano in questa fic non è esattamente un "paradiso",
è soltanto il cielo: il contrasto su cui preme la storia è unicamente fra Terra e Cielo, cioè fra vivi e non-vivi.
In questo, ho preso liberamente ispirazione dal romanzo The lovely Bones di Alice Sebold.
Spero che vi piaccia.
Baci, roby

 

Just a thought.
[Perché le parole hanno un potere illimitato, ma i pensieri sono amore puro.]

 
Attraversò il cielo come un suono, una nota vibrante di luce.
Era la cosa più bella che lei avesse mai visto.
Aveva tutti i colori del cielo e della terra e il calore del sole e la consistenza delle nuvole, le sfiorò le dita per un attimo, infiammandosi sul suo palmo, e poi scomparve con un plof.
Come una bolla di sapone, plof.
Yuuka restò a fissare la propria mano, incredula, poi si voltò e cominciò a cercare quella cosa intorno a sé, ma era proprio sparita.
L’unica traccia era un leggero luccichio fra le sue dita.
La bocca le era rimasta aperta a O per la sorpresa, nonostante non avesse detto una parola perché nessuna esclamazione le era sembrata andata a descrivere qualcosa di così bello.
Sulla Terra cose così non ce n’erano, ma nemmeno in Cielo ne aveva mai viste.
Eppure era passato almeno un anno da quando era arrivata lì.
 
Morire era stato facile come addormentarsi.
Yuuka aveva sofferto un po’, ma non perché sentisse dolore. Aveva sofferto perché sapeva che suo fratello avrebbe sofferto e che avrebbe pianto tanto.
Quando successe (e lei lo vide perfettamente da lassù), Yuuka pianse anche se ormai non c’era niente da fare; avvertì una fitta al cuore ormai spento e si sentì tristissima per molto tempo, osservando suo padre e suo fratello e rammaricandosi di non potersi trovare più con loro.
Solo quando aveva capito che suo fratello non era solo, che c’erano altri a consolarlo, Yuuka sentì il proprio dolore acquietarsi un pochino. 
E poi incontrò Atsuya.
Atsuya era di poco più grande di lei, aveva i capelli rosa confetto ed era spericolato. Spesso mal sopportava il silenzio che regnava nel Cielo: era uno di quelli che non si dava proprio pace del fatto di essere morto. Quando vedeva che suo fratello stava male iniziava a star male pure lui, e allora per calmarsi doveva correre avanti e indietro e urlare.
In realtà, poteva fare ciò che voleva, perché nessuno importava: tutti sembravano troppo interessati a quello che succedeva laggiù sulla Terra, fissavano per ore e ore ciò di cui loro non facevano più parte e ridevano e piangevano e si angosciavano insieme ai loro cari, come spettatori di un reality-show. Solo che non era un reality show, era la vita che continuava senza di loro.
Quindi Atsuya poteva urlare e correre quanto gli pareva e nessuno gli avrebbe mai detto nulla.
Yuuka si era abituata poco a poco a quelle urla, anche se all’inizio la spaventavano. Sapeva che bisognava solo attendere, che poi Atsuya si sarebbe fermato e si sarebbe guardato intorno con i grandi occhi grigi, quasi smarrito, e che quello era il momento esatto in cui lei si poteva avvicinare e cominciare a parlargli.
Atsuya non era un bambino cattivo, anche se spesso appariva dominato da impulsi negativi. Era spigliato e caparbio, ma anche lui sapeva essere gentile.
Il più gentile di tutti, però, era Hiroto.
Hiroto Kira, al contrario di Atsuya, non urlava mai: non sapeva alzare la voce. Come Atsuya, non si era mai veramente dato pace del fatto di essere morto. Era riuscito a superare il trauma solo quando i suoi cari lo avevano superato; ora che loro erano sereni pareva esserlo anche lui, ma di tanto in tanto la tristezza tornava a tormentare i pensieri e allora stava in silenzio per molto tempo, da solo, a riflettere. Ma la sua tristezza durava sempre poco, perché niente gli dava più gioia di vedere sorridere i propri familiari sulla Terra. Era davvero una bambino gentile e Yuuka e Atsuya lo adoravano, anche se il secondo era molto geloso delle attenzioni che la bambina gli riservava.
 
I tre bambini stavano sempre assieme, ed è da loro due che Yuuka corse immediatamente quando quella cosa misteriosa le scomparve da sotto gli occhi.
“Hiroto! Atsuya!” strillò voltandosi di scatto. Iniziò a correre, voleva raggiungere i suoi amici in fretta perché aveva paura di dimenticarsi la bellezza di ciò che aveva appena visto.
“Hiro—!“ Inciampò e quasi cadde, ma Atsuya e Hiroto furono pronti a sorreggerla. Erano apparsi vicino a lei all’improvviso, la sua voce li aveva immediatamente condotti da lei.
“Cos’hai da correre così?” chiese Atsuya accigliato. Yuuka alzò lo sguardo, piena di emozione.
“Ho visto una cosa bellissima! Mi è arrivata addosso all’improvviso! C'erano luci, e colori, e- e- ed era stupenda!” esclamò concitata, le parole si accavallavano l’una sull’altra, non sapeva proprio come descrivere quella cosa meravigliosa. “Era come una stella, ma più calda, più luminosa!” aggiunse, rossa in viso.
Sia Atsuya che Hiroto sembrarono molto colpiti e confusi al tempo stesso.
“Una stella? Ma non è possibile…” mormorò Hiroto, che le stelle le conosceva e amava tutte.
Yuuka gli rivolse uno sguardo dispiaciuto, quindi si rivolse ad Atsuya; il ragazzino arrossì quando lei si aggrappò al suo braccio, disperata.
“Ti prego, vieni a vedere! Era troppo bella! Tu mi credi, vero?” insistette.
Atsuya annuì, non avrebbe sopportato di vedere delusione affiorare su quel volto estatico.
“Allora vieni, andiamo!” Yuuka sorrise, raggiante, ed iniziò a trascinarlo. Atsuya era leggermente preoccupato, ma poiché sarebbe andato con lei fino in capo al mondo non le si oppose.
“Hiroto, dai, vieni con noi!” gridò Atsuya. Hiroto sospirò e li seguì, non poteva farne a meno.
Ma nel luogo in cui Yuuka aveva visto quella cosa bella, ormai non c’era più nulla.
La bambina rimase a lungo a fissare il cielo, ma nessun luccichio le brillò fra le dita. Hiroto e Atsuya la osservavano preoccupati dalla delusione che le si leggeva in volto.
“Dai, Yuuka, non prendertela.” mormorò Hiroto, accarezzandole il capo. “Forse era davvero solo una stella…”
Lo aveva detto con il tono mite e dolce che usava sempre per consolarla, ma questa volta non riuscì a calmarla. Yuuka si mise a piangere e Atsuya la strinse in un goffo abbraccio.
"È passata in un attimo, e ora non c’è più!” si lamentò Yuuka. Le lacrime le scendevano calde lungo le gote. Atsuya lanciò uno sguardo eloquente a Hiroto, che alzò lo sguardo al cielo e si mise a riflettere, in silenzio; pensava alle stelle e a cosa poteva essere la cosa che Yuuka aveva visto, ma da solo non ci arrivava proprio… Sospirò e scosse il capo.
 
Yuuka sembrava inconsolabile, la bellezza del suo ricordo spesso le appariva vivida nella mente, e allora scoppiava a piangere. Atsuya e Hiroto le giravano intorno, come satelliti, cercando ognuno di confortarla come poteva, ma i loro tentativi sembravano inutili di fronte al silenzioso dolore della bambina.
“Non riesco a sopportarlo.” borbottò Atsuya e poi, concordemente con il suo solito modo i esprimere frustrazione, si mise ad urlare. Hiroto gli scoccò un’occhiata esasperata, ma non è che poteva farci qualcosa.
“Ehi, ehi, cos’è tutta questa confusione? Atsuya, non ti senti bene?”
Nonostante la voce di quel ragazzo fosse quieta e piana, Hiroto e Atsuya la sentirono benissimo. Le urla cessarono, così come la rabbia. I due ragazzini si voltarono per scrutare il dodicenne dai capelli blu scuro che stava camminando verso di loro.
“Yuuichi.” disse Hiroto, sollevato, e quasi in contemporanea Atsuya esclamò “YUUICHI!” e gli corse incontro.
Yuuichi gli sorrise, senza smettere di camminare: gli piaceva andare avanti e indietro per il Cielo, a piedi anche se i piedi non se li sentiva (ma nessun non-vivo sentiva bene le proprie parti del corpo, specie quelle a cui avevano subìto danni quand’erano in vita, e comunque i loro corpi erano ormai diventati d’aria).
“Allora, che succede?” chiese Yuuichi. Li osservò uno ad uno e si accorse subito di un’assenza.
“Dov’è Yuuka?”
Hiroto e Atsuya si scambiarono uno sguardo, poi il rosso parlò.
“È giù di morale da un po’. Dice di aver visto una cosa bellissima, ma non la trova più.” disse.
Atsuya indicò con aria afflitta un punto sfocato del Cielo, in cui la bambina se ne stava rannicchiata tutta sola. Yuuichi non parve sorpreso. “Vi ha detto cos’era?” chiese piano.
“Non proprio--.” disse Atsuya cupo.
“Dice che sembrava… una stella. Ma non è possibile, vero, toccare le stelle? Yuuichi?” aggiunse Hiroto curioso. Yuuichi annuì leggermente, poi si avviò verso Yuuka e le atterrò vicino con grazia.
La bambina alzò il capo: i suoi occhi si accesero alla vista del ragazzo più grande.
“Yuuka, non devi spaventarti. Sorridi, perché ti è capitata una cosa meravigliosa.” le disse Yuuichi, mentre dolcemente le accarezzava il capo.
“Cosa?! Yuuichi, tu ne sai qualcosa?!” esclamò Atsuya eccitato.
Yuuichi annuì. “Yuuka, vuoi descrivere anche a me cos’hai visto?” chiese.
“Era una stella…” sussurrò Yuuka timidamente. “Una stella calda e bella. Ho visto tanti colori e tanta luce.”
Yuuchi annuì e rise; la sua risata, limpida e allegra, risuonò per un po’ nel Cielo, e qualcuno si girò persino a guardare cosa stesse accadendo, puntellandosi sulle nuvole per osservare meglio.
“Non era una stella, Yuuka. Era qualcosa di ancora più luminoso.” disse Yuuichi, mite. “Era un pensiero.”
Yuuka sbatté le palpebre, perplessa. Atsuya e Hiroto imitarono il suo gesto, sorpresi.
“Un… cos’è?” chiese la bambina chinandosi verso Yuuichi con gli occhi sgranati.
“Un pensiero è una cosa inconsistente, eppure caldo. È qualcosa che nasce da qui” Con le dita le sfiorò la fronte, poi scese fino al petto e la toccò all’altezza del cuore “e arriva qui.”
“Sì, ma cos’è?” insistette Atsuya, impaziente.
“Sssh, fallo parlare!” lo rimbeccò Yuuka. Atsuya avvampò e le mise il broncio.
“Non litigate.” Li pregò Hiroto, anche lui voleva sentire cosa diceva Yuuichi.
Il dodicenne si passò una mano fra i capelli blu, pensieroso, poi sorrise di nuovo.
“Un pensiero nasce dai sentimenti delle persone. È la cosa più bella che si possa regalare, perché tocca il cuore anche senza bisogno di parole. Spesso le parole confondono, ma un pensiero è chiaro, limpido. Più una persona ama l’altra, più il suo pensiero sarà pieno di luce e calore.” Spiegò.
I tre bambini non gli staccavano gli occhi di dosso, troppo presi per interromperlo.
“Ogni tanto i pensieri salgono quassù.” continuò Yuuichi. “Alcuni possono toccarci. È l’unico modo che i vivi hanno per comunicare con noi, e al contempo è il contatto più profondo e intimo di cui gli esseri umani dispongono. Quando un pensiero sfiora una persona, lascia una traccia dentro di lei che non sparirà mai…”
“Come è successo a me…” sussurrò Yuuka incantata. Si fissò le dita, ricordando il luccichio che le aveva avvolte per pochi secondi. “Quindi, quella stella mi è arrivata da qualcuno che mi vuole bene?” chiese pensosa.
“Non per forza. Potrebbe essere il pensiero di qualcuno, laggiù, che si è smarrito. Ma non importa se siano per noi o no, un pensiero che ci tocca è sempre puro e bello.” rispose Yuuichi. “Anche noi possiamo mandare pensieri alle persone sulla Terra. Ecco perché ci sono sempre tanti non-vivi che guardano giù: sperano che i loro pensieri arrivino ai vivi che amano. Allora lo sentono anche loro, un calore qui.” E si indicò il cuore.
“Ciò che non si vede con gli occhi, si sente col cuore. Non dobbiamo mai dimenticarlo.” Sorrise.
I tre bambini annuirono e rimasero in silenzio per un bel po’, a riflettere.
Poi Yuuka si alzò in piedi e prese le mani di Yuuichi.
“Niisan!” esclamò, decisa. “Voglio mandare anche io un pensiero sulla Terra!”
“Eeeeh?” Atsuya scattò subito. “Anche io allora!”
Hiroto arrossì leggermente. “Per favore… Yuuichi…” mormorò, lui non alzava mai la voce.
Yuuichi li fissò uno ad uno, poi annuì e sorrise.
“Oh, è una cosa facile. Tutto parte dalla testa. Dovete ripetere forte il messaggio che volete mandare, dentro la testa.” disse Yuuichi, stringendo le mani di Yuuka.
La bambina annuì con fermezza, inspirò e chiuse gli occhi.
All’inizio le parole si aggrovigliarono confusamente nella sua mente, perché erano così tante le cose che avrebbe voluto dire a suo fratello!, ma dopo un po’ una soffusa chiarezza soffiò sul suo messaggio e chiare lettere le si stamparono nella mente. Quando lasciò andare quelle parole, d’un tratto si sentì molto più leggera e meno malinconica. Quella sensazione di chiarezza scese poco a poco giù nel suo corpo, fino al petto, poi si trasformò in fuoco e iniziò a bruciare.
 
Non aveva parole per descrivere ciò che stava accadendo.
Le parole che avevano lasciato il suo corpo si era infrante in lettere, e le lettere schizzavano attraverso l’aria lasciando dietro di sé un bagliore argenteo e un lungo fischio, un suono mille volte più amplificato di quello che aveva ascoltato la prima volta.
Erano esattamente come stelle, ma le stelle non erano mai state così incandescenti.
Non c’era solo luce. Era una pioggia di colori.
E Yuuka era praticamente sospesa nell’aria, in mezzo a tutto quel brillare, e si sentiva brillare anche lei; non avrebbe mai più voluto scendere da lassù, d’un tratto la parola “bellezza” non bastava più.
Era sola, in quel nuovo mondo, eppure sentiva le voci di milioni di persone e il cuore di ognuno di loro batteva al posto suo, anche se non lo sapevano. Ogni persona della Terra e del Cielo stava mandando pensieri ai cari proprio in quel momento, con lei, insieme a lei, e lei poteva sentirli.
La solitudine non era mai stata così piena.
Yuuka non riuscì a trattenere le lacrime.
 
“Yuuka.” La voce di Yuuichi la riscosse, improvvisamente.
Fu come svegliarsi da un sogno. Era talmente confusa che stava per chiedere cosa fosse successo, ma quando aprì gli occhi vide sui volti di Hiroto e Atsuya esattamente tutto ciò che provava lei: adesso anche loro sapevano.
Si voltò verso Yuuichi, che sorrise. “È stato bello?” chiese in un sussurro.
Nessuno dei tre gli rispose, ancora troppo immersi nel luccichio di quel mondo.
Poi Yuuka prese le mani di entrambi i suoi amici e sorrise. “Sì, è stato stupendo condividere i miei pensieri con voi. Grazie di essere miei amici!” esclamò allegramente.
I due ragazzini arrossirono e si lasciarono abbracciare: anche se ognuno dei due avrebbe preferito avere la bambina tutta per sé, erano felici di poter rivedere il sorriso della bambina e sapevano che se lei sorrideva era anche merito dell’altro. Si lanciarono uno sguardo eloquente e annuirono.
Yuuichi li lasciò soli e tornò a contemplare il Cielo: era così luminoso, così pieno di pensieri ora! Schizzavano da ogni parte, come stelle cadenti impazzite.
 

[Fine, o quasi.]

 
Gouenji si fermò di scatto in mezzo al campo, sorpreso.
Aveva una strana sensazione e non sapeva bene da cosa dipendesse, ma d’improvviso sentì un nodo alla gola.
Si portò una mano sul petto e strinse la maglia all’altezza del cuore.

“L’allenamento è finito, andiamo a casa!” gridò Endou da lontano.
Il capitano, Fubuki e Kidou lo stavano aspettando. “Cosa ti prende, Gouenji?” chiese Kidou, accigliato.
“Nulla, è solo…” mormorò Gouenji. “Ho sentito un po’ di calore. Qui.”
“Oh. Anch'io...” mormorò Fubuki, toccandosi la parte sinistra del petto proprio come lui.
E, anche se gli veniva da piangere, Gouenji sentì un piccolo sorriso spuntargli sul volto.
 

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