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Autore: tonks17    12/09/2012    1 recensioni
L'ultima notte di Regulus Arcutus Black, descritta nel modo che credo più corretto e aderente alla storia raccontata da J.K.Rowling.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Regulus Arcturus Black

Quella sera a cena Regulus non mangiò nulla. Kreacher gli riempì il piatto di una spessa brodaglia color marrone e gli augurò buon appetito, ma egli fece finta di non aver sentito e cominciò a giocare immergendo il cucchiaio nella ciotola e facendolo girare. Da giorni ormai stava organizzando quell’uscita notturna. L’ultima di tutta la sua vita, a meno che non gli fosse mancato il coraggio di farlo.
L’ultima, si. Ormai quella faccenda stava degenerando. Voldemort, stava degenerando. Il mondo magico aveva perso ogni ordine ed arrivati a quel punto nemmeno più i veri, autentici purosangue, quelli come lui, avevano più un posto degno del loro nome dove stare.
-Con il vostro permesso, madre- disse alzandosi da tavola e facendo cadere il cucchiaio nella ciotola.
-Ma non hai toccato cibo Regulus!- affermò lei sporgendosi verso il figlio.
-Mi dispiace, non mi sento molto bene. Andrò nella mia stanza a riposare-.
Arrivato di sopra Regulus chiuse piano la porta e andò a sedersi sul letto. Si sentiva strano. Era troppo calmo per quello che stava per fare. Si alzò e cominciò a fare avanti e indietro nella sua stanza.
Da quando Sirius se n’era andato lui era diventato l’unico figlio in Grimmaus Place. Sua madre era insolitamente gentile con lui, anche se in realtà lo aveva sempre preferito al fratello e non si preoccupava di darlo a vedere anche quando lui abitava lì.
Si affacciò alla finestra. Londra era fantastica sotto la pioggia. Lui amava la pioggia, la considerava un po’ come una vecchia amica ogni volta che arrivava a fargli compagnia. Era bello potersi isolare dal mondo, ricevere suoni ovattati e lontani. Ovunque fosse la pioggia, lui si sentiva a casa.
Doveva fare ancora un cosa per essere pronto. Doveva scrivere un messaggio per lui, per il suo padrone.
Prese un pezzo di carta e una piuma e si sedette allo scrittoio. Aveva pensato e ripensato centinaia di volte a come scrivere quel messaggio.
Ormai era certo di quello che aveva dedotto. Horcrux.
Cominciò a scrivere messaggi, uno meno adatto dell’altro. Alla fine si disse che l’importante era che l’Oscuro Signore capisse:

Al Signore Oscuro
So che avrò trovato la morte molto prima che tu legga queste parole ma voglio che tu sappia che sono stato io ad aver scoperto il tuo segreto. Ho rubato il vero Horcrux e intendo distruggerlo appena possibile. Affronto la morte nella speranza che, quando incontrerai il tuo degno rivale, sarai di nuovo mortale.
R.A.B.

Pose il messaggio dentro al falso medaglione di Serpeverde e lo chiuse ermeticamente. Una dichiarazione, una speranza. Che cos’era? Non aveva idea di come distruggere un Horcrux, non aveva idea di come farlo fare a Kreacher. Sperò che la magia elfica andasse al di là anche in quell’occasione, ma aveva alcuni dubbi a proposito.
Decise di riposare qualche ora prima di andare a compiere la sua missione. Si stese sul letto e inspiegabilmente si addormentò subito, come se il suo corpo volesse tentare di spiegargli come si moriva.
Quando riaprì gli occhi erano le due di notte passate. Si alzò di scatto, preoccupato di aver perso tutto il tempo a sua disposizione dormendo.
No, aveva ancora tempo a sufficienza. Mise in spalla il mantello nero più pesante che aveva e assicurò la bacchetta alla cintola, dopo di che socchiuse piano la porta e sbirciò le scale. Via libera.
Si sentiva come spiritato ora, non era più tranquillo come prima.
-Lumos-
Scese le scale vacillando, cercando di non fare rumore.
Si diresse verso l’armadio della cucina sbattendo contro l’angolo del tavolo. Quando lo aprì vi trovò un Kreacher con gli occhi spalancati, forse spaventato dall’andatura poco stabile del padrone e dalla sua espressione allucinata.
-Kreacher!- lo chiamò, anche se lo vedeva benissimo.
-Si padrone!-
-Kreacher ho bisogno che tu mi porti alla caverna dove ti ha portato l’Oscuro Signore- ordinò Regulus al piccolo esserino che lo guardava terrorizzato.
Al solo pensiero di tornare in quella caverna all’elfo si rizzavano i pochi capelli che aveva in testa.
-Ma certo padrone, Kreacher vive per servire la nobile ed antichissima casata dei Black!-.
I due si avviarono per il corridoio buio della casa. Prima di chiudere la porta di ingresso, Regulus diede un’ultima occhiata alle sue spalle. Sperava solo che sua madre non ne soffrisse troppo.
Kreacher riuscì a smaterializzarsi insieme a Regulus proprio davanti all’ingresso della caverna. Lui sapeva come entrare. Raccolse da terra una pietra tagliente e si incise il palmo della mano sinistra, poi lo passò sulla parete di pietra. Essa si sgretolò davanti agli occhi increduli del suo padrone. Davanti a loro si apriva un infinito buio muto. Il giovane Black fu scosso da un primo brivido. Egli era ancora all’ingresso della caverna, che Kreacher aveva già preso tra le mani la catena collegata alla barca di legno verde scuro, e la stava tirando a sé. Regulus andrò ad aiutarlo e in pochi secondi la barca emerse davanti ai loro occhi. I due vi salirono e furono trascinati verso la piccola isola che galleggiava al centro del lago scuro. Il ragazzo si guardava intorno velocemente, anche se in realtà non vedeva più in là di cinque metri dalla barca.
In pochi minuti sentirono il legno toccare la roccia fredda dell’isola.
-Eccoci arrivati- mormorò l’elfo.
Regulus si sentì pervaso da una sensazione di terrore. Stava davvero per morire di quella morte atroce da cui Kreacher era scampato, ma che lui vedeva già da mesi nei suoi incubi peggiori?
Cominciò a tremare ed a guardarsi intorno febbrilmente. Brividi continui gli percorrevano tutto il corpo. Prese Kreacher per il suo sudicio abito servile e si attaccò a lui, che lo guardava spaventato.
-Padron Regulus vuole che io beva la pozione?- domandò con voce tremolante l’elfo.
-No! La devo bere io Kreacher. Tu devi scambiare i medaglioni quando il bacile sarà vuoto. Ecco, prendi- prese dalla tasca il falso medaglione e lo mise nelle ossute mani dell’elfo -prendi questo e scambialo con quello dentro il bacile. Kreacher, ascoltami bene. Devi distruggere il vero medaglione. Lo devi fare assolutamente. Devi distruggerlo… distruggerlo…- Regulus concluse la frase sussurrando mentre cominciava ad avvicinarci al bacile di pietra.
-Questo è il mio ultimo ordine Kreacher. Non dire mai a mia madre quello che è successo questa sera. Torna a casa, distruggi il medaglione.-
Regulus prese tra le mani la conchiglia e la riempì di quella pozione perlacea. Bevve. Kreacher capì in quel momento che il padrone sarebbe morto, sarebbe stato trascinato sul fondo del lago da quelle mani morte, sarebbe diventato anche lui uno di quegli orrendi esseri morti che ti trascinano a fondo. Kreacher cominciò a piangere in silenzio. Non poteva fare nulla, gli era stato ordinato.
Regulus stava soffrendo. Kreacher lo sentiva. Tossiva ed emetteva dei profondi versi. All’improvviso si irrigidì e cadde sulla fredda roccia. Del sangue gli usci dal braccio ferito, Kreacher si avvicinò a lui ma egli lo respinse e gli disse di andare.
Kreacher si avvicinò al bacile e vide sul fondo di esso il medaglione di Serpeverde, quello autentico. Si mise in punta di piedi per prenderlo. Subito poggiò dentro l’altro medaglione e subito il bacile si riempì nuovamente di quel liquido tanto odiato dall’elfo.
Quando tornò a guardare il padrone lo vide carponi, sul bordo dell’isolotto, con la mano a filo d’acqua. Non fece in tempo a dire di non immergerla che una mano di morto prese quella del suo padrone che, senza forze, non oppose nemmeno resistenza, sapendo già quale destino atroce lo attendeva. L’elfo vide sparire il magro corpo del ragazzo in mezzo al lago nero. Quella fu l’ultima volta che Kreacher vide Padron Regulus. In lacrime si smaterializzò a casa, nel suo armadio, dove rimase chiuso senza riuscire a chiudere occhio fino alla mattina seguente, quando la padrona entrò in cucina urlando e piangendo il nome del figlio. E lui non poteva fare nulla, nulla per consolarla.




A.A.
E’ passato taaaanto, tanto tempo dall’ultima volta che ho scritto una fan fiction. Probabilmente ho perso la mano!
Ovviamente mi sono basata completamente sui libri di Harry Potter per scrivere questa storia. Spero davvero che vi sia piaciuta!
Lasciatemi una recensione per sapere cosa ne pensate, se ne avete voglia! Mi farebbe davvero piacere leggerne qualcuna.

Un bacio a tutti voi,
Valentina

  
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