Anime & Manga > Inazuma Eleven
Ricorda la storia  |      
Autore: Eternal_Blizzard    13/09/2012    3 recensioni
«Fuusuke?» chiamò Hiroto. «Tu sai perché Haruya si faceva quelle righe sotto gli occhi, da alieno?»
«Ammetto di non essermelo mai chiesto» replicò Suzuno.
«Beh, nemmeno vi riguarda, se permettete» sbuffò Nagumo.
Shigeto rise.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Fuusuke?» chiamò Hiroto. «Tu sai perché Haruya si faceva quelle righe sotto gli occhi, da alieno?»
«Ammetto di non essermelo mai chiesto» replicò Suzuno.
«Beh, nemmeno vi riguarda, se permettete» sbuffò Nagumo.
Shigeto rise.

C’era una volta un bambino davvero bello, dagli occhi di uno splendido verde acqua e i capelli candidi come la neve, con le punte dritte all’aria, indomabili com’erano. Insieme a lui c’era un secondo bambino con gli occhi grandi e dorati, mentre i capelli erano rossi con qualche ciuffo che saliva a mo’ di fiamma proprio al centro della testa. A vederli erano totalmente diversi, eppure crescevano insieme e giocavano come fossero fratelli; un minimo perché erano entrambi orfani lasciati lì al Sun Garden, ma soprattutto perché nonostante avessero appena cinque anni già erano legati da una sincera amicizia.
«Oggi la maestra vuole farci fare i fiori di carta» informò Shigeto Atsuishi il suo amico, passandogli un foglio colorato di rosso, come i capelli del ragazzino che lo prese un po’ controvoglia.
«Non mi va» si lamentò Haruya Nagumo, posando il pezzo di carta sul tavolo. «Noi siamo maschi, questa è una cosa da femmine, no?» diede una schicchera al foglio per farlo andare lontano da lui anche solo di pochi centimetri. Tanto sapeva bene che non si poteva disubbidire alla maestra; era tanto dolce, ma quando voleva sapeva diventare un vero e proprio demonio. Senza troppa foga, si guardò intorno in cerca delle forbici per iniziare a ritagliare i petali dei fiori – della serie “prima inizio, prima finisco” –, ma non ne trovò.
«Che cerchi?» gli fu domandato da Ai, ma quello agitò una mano all’aria come a dirle di non preoccuparsene, continuando la muta ricerca.
«Le forbici» si decise a dire dopo diversi minuti di indagine a vuoto, alzando prima il suo astuccio, poi quello di Atsuishi, che scosse la testa.
«la maestra ha detto di aspettare, che andava a prenderle per tutti» spiegò seguendo ogni movimento dell’amico con gli occhi e la testa. Nagumo però si bloccò a quell’informazione, guardandolo disturbato.
«Cheee? Sicuramente ci porterà quelle con la punta arrotondata…» piagnucolò. «Non tagliano niente, ci staremo gli anni!» brontolò, agitando i pugni. Shigeto fece spallucce tranquillo, battendo sulla sedia accanto alla sua, lasciata vuota quando il rosso si era alzato per cercare l’oggetto tagliente. Lo fece, chiaramente, per farlo richiamarlo lì, ma venne ignorato dal ragazzino, che si avvicinò al tavolo adibito a cattedra dove sedeva di solito la donna. Si alzò in punta di piedi per cercare di vedere sopra di esso, ma la sua stazza ancora non glielo permetteva, così iniziò a girarci intorno come faceva un predatore intorno all’albero dove si era rifugiata la propria preda e che non poteva scalare.
«Dai, Haruya, vieni a sederti… se non riesci a tagliare, ti aiuto io» tentò di nuovo Shigeto, ma il rosso non l’ascoltò, fermandosi vicino alla sedia dell’insegnante. Si sporse da dietro il tavolo per farsi vedere dagli amici e mostrò un ghigno tronfio in volto, cosa che preoccupò molto chi lo stava guardando. «Che stai pensando?» chiese allarmato l’albino, alzandosi dal suo posto, ma rimanendovi.
«Lasciate fare a me!» esultò il rosso, sparendo nuovamente dietro il tavolo e salendo con le ginocchia sulla sedia. «Spuntavano da qui sopra. Con queste finiremo in un baleno!» disse entusiasta afferrando ed alzando come fossero un trofeo un paio di forbici da cucina che aveva intravisto lì sul tavolo.
«No, quelle le può usare solo la maestra!» lo rimproverò Ai, muovendo un passo verso di lui, ma il fratello maggiore le si mise davanti, guardando torvo Haruya.
«Ha ragione, noi non possiamo usarle. Richiamo di farci male, ce lo dicono sempre» l’ammonì, ma l’altro, troppo contento, non li ascoltò, balzando giù dalla sedia ed iniziando a correre verso il suo amichetto.
«Con queste ci metteremo poco! E faremo anche dei bei fiori!» ripeté soddisfatto come per informare Atsuishi, che avanzò lentamente verso di lui, visibilmente preoccupato.
«Haruya, almeno vai piano! Se corri con le forbici in mano, poi ti fai male..!» cercò di farlo smettere di correre, ma ancora il piccolo non diede retta a ciò che gli veniva detto, aprendo e chiudendo un paio di volte le lame dell’oggetto per mostrare quanto fosse stato bravo a prenderlo. Tanto come poteva farsi male?
Il tempo di un’ultima sua risata divertita, che posò il piede destro sul laccio sciolto della sua scarpa sinistra. Sgranò gli occhi, adesso spaventato di potersi effettivamente fare male, ma durò tutto pochi istanti: sentì la fitta al cuore quando realizzò che stava per cadere, sentì dolore quando – avendo lasciato le braccia distese in avanti – il suo mento aveva incontrato il pavimento, aveva sentito piangere Shigeto e poi aveva sentito delle urla. Strinse gli occhi per evitare che qualche lacrimuccia di dolore gli rigasse le guance e poi li riaprì: si rese conto di essere disteso a terra con una gamba all’aria ed entrambe le braccia lunghe di fronte a sé; la mano sinistra interamente aperta, la destra leggermente tremante, con le forbici aperte ancora in mano. Tirò su con il naso una volta e si tirò in ginocchio, lanciando un’occhiata all’oggetto che non aveva lasciato un secondo e le cui punte erano adesso tinte di rosso. Socchiuse la bocca, cercando di capire come ci fosse finita lì quella che sembrava essere tempera.
«Stupido! Hai fatto male a Shigeto!» sbottò Shuuji, abbracciando sua sorella per evitare che lo guardasse. Haruya non parve capire subito e si ricordò che una delle cose che aveva capato appena aveva sbattuto per terra era stato il pianto di Atsuishi. Dapprima guardò incredulo il ragazzino dai capelli neri che l’aveva sgridato e poi spostò lo sguardo dorato sul suo amico, che come aveva immaginato stava piangendo, in piedi di fronte a lui. Singhiozzava mentre si toccava più volte la guancia destra, dalla quale scendeva del sangue. Sussultò a quella vista ed indirizzò istintivamente lo sguardo sulle forbici, sgranando gli occhi. Quella non era tempera, era il sangue di Shigeto. Le tirò via tremante, mentre sentiva che anche i suoi occhi si inumidivano, spaventato. Si alzò e mosse un passo verso l’albino, che però indietreggiò involontariamente. In quel momento sentirono la porta dell’ingresso aprirsi e la voce di Hitomiko che annunciava l’arrivo suo e di suo padre. Ai si liberò della stretta del fratello e corse preoccupata all’ingresso, chiamando l’adulto e la ragazza a gran voce. Inutile dire che la ragazza accorse nella stanza preoccupata, dirigendosi subito verso il bambino ferito abbracciandolo.
«Che è successo?!» domandò allarmata, staccandosi dal piccolo e guardando il taglio che partiva dallo zigomo e scendeva fino a metà guancia, obliquo.
«Haruya non voleva aspettare che la maestra tornasse, così ha preso le sue forbici e si è messo a correre!» informò la piccola dai capelli viola, che si era nascosta dietro la più grande, indicando il rosso.
«Poi è inciampato e Shigeto voleva prenderlo prima che cadesse, ma Haruya aveva le forbici aperte e puntate in avanti!» singhiozzò infine An, che per la scena si era presa – come un po’ tutti – un bello spavento.
«S-scusa…» piagnucolò Haruya, indietreggiando.
«Accidenti, guarda qui…» sussurrò la ragazza, abbozzando un sorriso per tentare di rassicurare il bambino, che, dopo un po’, smise di piangere. «Ti fa tanto male..?» chiese accarezzandogli la testa e quello, tirando su con il naso e asciugandosi le lacrime rimaste con il dorso delle mani fece cenno di sì. Shigeto sulla testa sentì una seconda mano, più tozza di quelle di Hitomiko, e si accorse che anche loro “padre” era entrato, guardandolo.
«Su, non fare tante storie. Sei o non sei un ometto?» gli domandò e quello, mogio, annuì ancora.
«Ma papà!» sbottò Hitomiko alzandosi. «Gli ha sfregiato il viso, non è una cosa da poco!» affermò e a quelle parole Atsuishi non riuscì a trattenere un alto singhiozzo, mentre Haruya sgranò di più gli occhi, mentre le mani tremavano sempre più forte.
«Hitomiko, non esageriamo. Adesso farà anche male, ma è solo un graffio. Sarebbe stato grave se avesse colpito un occhio o simili, non credi?» le chiese in un sussurro, ma lei scosse il capo.
«D’accordo che poteva andare peggio, ma-» fu bloccata dalla voce di Nagumo, ormai scoppiato in lacrime anche lui. Strinse gli occhi e, prima di scappare via, gridò un sentito “mi dispiace”.

«Allora? Come sta?» domandò l’uomo nonostante conoscesse già la risposta.
«Per fortuna sta bene… Certo, è abbastanza profondo come graffio, ma nulla che il tempo non possa guarire» informò Hitomiko con un sospiro e il padre abbozzò un mezzo sorriso.
«Che ti avevo detto? Non c’era da preoccuparsi. È normale che, giocando, i bambini si facciano male» replicò.
«Lo sarebbe se giocando a nascondino inciampassero e cadendo si sbucciassero le ginocchia o i gomiti; non che si corra con le forbici in mano!» scosse la testa con decisione. «Aveva un visino così bello… adesso è rovinato».
«Non esagerare. Anche tu da bambina l’hai fatto, non credere» l’informò il padre, che le diede una pacca sulla spalla. «Dai, adesso lasciamoli giocare e andiamo, che la maestra voleva parlarci» le disse portandola via.
Da dietro una delle due porte della stanza dove si trovavano l’adulto e l’adolescente, Nagumo aveva ascoltato tutto, con gli occhi gonfi di pianto. Aveva versato lacrime tutta la notte, ma da quel che aveva sentito dagli altri, il taglio del giorno prima faceva ancora male a Shigeto – con il quale non aveva avuto il coraggio di parlare – ed Hitomiko ancora ne era preoccupata. Per fortuna il padre sembrava tranquillo… ma non riusciva a non sentirsi in colpa. Per colpa sua e della sua testardaggine si era fatto male il suo migliore amico.
“Adesso è rovinato”. Le parole della ragazza gli rimbombavano in testa tanto da fargli male. Shigeto non “era” rovinato, era
stato rovinato. Da lui. Si staccò dal muro al quale era appoggiato e torturandosi un dito andò in camera, dove la sua attenzione fu catturata dal temperino che aveva lasciato lì l’ultima volta che l’aveva usato. Lo fissò qualche istante e lo prese, lentamente. Se lo rigirò tra le mani diverse volte e toccò con la punta del dito la lama tagliente, titubante. Si guardò intorno per controllare che non ci fosse nessuno e vi infilò una matita al di sotto, tentando di far uscire la lama, invano. Tentò ancora, stavolta con una penna, ma ancora non ottenne risultati se non quello di alzarne solo un pezzetto e rompere la punta dell’oggetto che aveva usato a mo’ di leva. Iniziò quindi a tirarla su con le dita e le unghie, tagliandosi leggermente i polpastrelli e qualche pezzetto di unghia, ma non vi badò; addirittura gli sfuggì un piccolo sorriso quando riuscì finalmente a staccarla. Gettò quel che rimaneva del temperino per terra e corse in bagno, sistemando lo sgabelletto davanti al lavandino e salendovi, così da potersi vedere riflesso sullo specchio. Si sporse così da avvicinare il viso allo specchio e si osservò attentamente le guance lisce. Respirò profondamente finché non trovò il coraggio di avvicinare la lametta allo zigomo sinistro, tenendola con entrambe le mani. Avrebbe voluto mantenerla ben ferma, ma mentre ne premeva un angolo sulla pelle, deglutendo, i suoi arti tremavano senza accennare a smettere. Alla fine, però, compì il movimento netto.

«Papà! Hitomiko!» chiamò spaventata Reina irrompendo nella stanza dove i due stavano parlando con l’istruttrice. «Presto, dovete venire!»
Hitomiko, dopo un’occhiata eloquente del padre, uscì dalla stanza con la bambina, domandandole cosa fosse accaduto. Quella le raccontò allarmata che era andata a chiamare per giocare Haruya, ma quand’era entrata in camera aveva visto del sangue per terra e il temperino, senza lametta, sporco di rosso. In più aveva saputo da An che il ragazzino era stato visto l’ultima volta correre in bagno. La ragazza lasciò la bambina per correre dove le era stato appena detto ed entrò fulminea. La scena che si trovò davanti da un lato la fece sentire sollevata, dall’altro le strinse il cuore: Haruya era per terra, in ginocchio davanti alla lametta che giaceva sul tappetino, in lacrime. Piangeva a dirotto, ma sembrava che non avesse fatto nulla di grave, per fortuna. Fatto sta che gli si gettò di fronte, abbracciandolo forte. «Haruya! Che ti è saltato in mente?» domandò, cercando di calmare il pianto del bambino. Si staccò da lui e gli prese delicatamente le manine, dopo aver gettato la lametta macchiata di ditate rosse nel secchio, e le guardò. «Vuoi dirmi che volevi fare?» chiese addolcendo il tono.
«Io… io…» non si mosse, limitandosi a piangere. La ragazza lo lasciò fare per qualche istante, così che si calmasse, per poi iniziare a sciacquargli le dita, delicatamente.
«Che hai fatto alle mani? Me lo vuoi dire?» chiese ancora e il bambino, tra un singhiozzo e una tirata di naso annuì, andando a toccarsi la guancia ma venendo puntualmente bloccato dalla giovane donna per evitare che si sporcasse anche il viso.
«Mi sono tagliato… volevo prendere la lametta del temperino e l’ho fatto…» spiegò, lasciando cadere il discorso.
«E cosa volevi farci, con quella?» indagò ancora l’altra.
«La guancia. Volevo farmi lo stesso taglio di Shigeto, così che non fosse l’unico rovinato…» ammise e lei sgranò gli occhi. L’aveva sentita. Gli accarezzò la testa e fece per dirgli qualcosa, ma lui riprese a parlare, mentre le lacrime riprendevano a sgorgare. «Però non ce l’ho fatta! Mi sentivo in colpa e volevo farmi lo stesso che avevo fatto a lui per farmi perdonare, ma…» si indicò un graffietto leggero lungo circa ter millimetri. «Ho avuto paura… Ho staccato la lama subito, non volevo farmi male anche se lo meritavo…» riscoppiò spaventato e dispiaciuto. La mora gli accarezzò la guancia che aveva rischiato di essere ferita e gli sorrise dolcemente, finendo di pulire e quindi incerottargli le dita.
«Haruya… non l’hai fatto apposta. Non meriti di ferirti, anzi. Non dovevi nemmeno pensarci!» lo sgridò, senza però alzare troppo la voce. Tentò di rassicurarlo spiegandogli ancora che non aveva motivo di sentirsi in colpa poiché era stato solo un incidente, ma nel mezzo del discorso irruppe in bagno Shigeto, che si buttò al collo dell’amico. Lo strinse qualche secondo e poi si staccò, dandogli un pugno. Hitomiko, lavoro finito, si alzò sorridente e li lasciò soli. L’albino l’avrebbe calmato meglio di quanto avrebbe potuto fare lei.
«Stupido! Che volevi fare?!» domandò irritato il bambino dai capelli bianchi.
«Volevo farmi il taglio come il tuo… Hitomiko ha detto che ti ho rovinato…» spiegò, indicando il cerotto che l’amico portava sulla guancia. Quello scosse il capo.
«Non mi hai rovinato! È vero che mi ha fatto male, ma Fumiko ha detto che gli uomini con cicatrici hanno più fascino di quelli acqua e sapone» informò con fierezza, ma l’altro lo guardò perplesso.
«Tu non sei un uomo… e poi, Fumiko che ne sa» si lamentò. «Comunque, resta il fatto che ti ho ferito!»
«Ma non per questo devi fare lo stesso a te!» gli diede uno schiaffo, indicando le dita. «Ti sei fatto male alle dita e volevi fartene pure alla faccia? Cosa sei, stupido?» s’innervosì.
«No che non lo sono! Però mi sentivo in colpa!» sbuffò, smettendo di piangere.
«E allora dovevi chiedermi scusa! Sarebbe bastato!» brontolò l’altro, incrociando le braccia al petto.
«Allora scusa… Però…» iniziò, lasciando la frase in sospeso mentre iniziava a guardarsi intorno.
Shigeto attese il continuo della frase, che tuttavia non arrivò. «”Però” cosa?» si risolse a chiedere.
«Però…» ripeté il rosso, individuando una matita in quella che sembrava essere l’astuccio dei trucchi di Hitomiko. La prese e la mostrò all’amico, mentre saliva nuovamente sullo sgabello. «Non è giusto che sia solo tu ad avere dei segni sul viso. Per colpa mia, intendo» annuì, ma l’altro roteò gli occhi.
«Ti ho già detto che bastano le tue scuse!» si lamentò, avvicinandosi di qualche passo, ma l’altro quasi urlò: «Aaah! Ti ho detto di no!» sbottò irritato, avvicinandosi al lavandino senza permettere all’amico di vedere cosa stesse combinando. Non ci volle molto prima che si drizzasse, osservando fiero allo specchio il lavoro appena compiuto e poi, con un sorrisone soddisfatto si voltò a guardare Shigeto. «Vedi? Adesso anche io sono segnato!» esultò, indicando due linee nere che si era disegnato con la matita per gli occhi della ragazza, facendole partire dalla palpebre inferiore fino ad arrivare alla mascella. Shigeto l’osservò sbattendo le palpebre e sorrise, premendosi infine le mani sulla bocca; nonostante ciò non riuscì a trattenere una sonora risata. Ignorandolo, Haruya scese dallo sgabello e gli prese una mano, guardandolo con l’espressione più seria che potesse. «Io terrò questi segni finché non ti sparirà il graffio» annunciò.
«E se rimanesse la cicatrice?» chiese allora l’altro bambino, smettendo di ridere.
«Li terrò per tutta la vita? Boh. Comunque, li terrò sempre finché anche tu sarai “segnato”. Quindi per favore…» mostrò un’espressione dispiaciuta. «Perdonami…» piagnucolò, mentre Atsuishi gli dava una pacca sulla testa.
«Ti avevo già perdonato… ma adesso voglio proprio vedere quanto durano, quei segni!» ridacchiò. L’altro fece per ribattere qualcosa, ma piuttosto che intestardirsi dicendogli che li avrebbe tenuti davvero, preferì unire la sua risata a quella del compagno.


«Però, ora che partiamo per la Corea se l’è tolte» notò Suzuno. «Si sarà accorto di essere ridicolo?»
«Fottiti, avevano il loro perché!» ringhiò Nagumo. «Ma non lo saprete mai!»
«Shigeto…» gli si avvicinò Hiroto. «Che fatalità. Anche a te è sparito il graffio sulla guancia!»
«Ah, l’hai notato?» sorrise Atsuishi, lanciando un’occhiata a Nagumo. «Che coincidenza!»



----------------------------------------
Eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee niente. Volevo scriverla e l'ho fatto.
Questa credo sia la mia fic probabilmente più... chiara e limpida, quindi non ho visogno di mettere grandi note. Anche perché ho fame e il mio cibo non si fa da solo. Quindi... spero vi piaccia ><"
Ryka
PS. Cheido venia per il ritardo delle risposte alle ultime recensioni (e ringrazio ovviamente chi ha recensito! E' una cosa a cui tengo molto!), ma mi appresto a rispondere stasera! Grazie a tutti!
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Eternal_Blizzard