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Autore: Mayonaka no Ame    13/09/2012    2 recensioni
Lei poteva sentire il desiderio di strangolarlo quanto lui voleva ammanettarla a un radioatore e gettare via la chiave. Comunque era confortante sapere che, se ne avessero sentito il bisogno, non sarebbero mai stati troppo lontani...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

Nota dell'autrice: il mio contributo alla challenge Where I Belong. Prequel a Possession (Nota della traduttrice: storia tuttora in corso che verrà tradotta al suo completamento). Dedicata a mio marito, Mathieu: maestro del lancio delle pietre.

"Possiamo lanciare pietre, lamentarci di loro, inciampare su di loro, scalarle, o costruire con loro."
William Arthur Ward

A STONE'S THROW
scritta da Mayonaka no Ame, tradotta da Alessia Heartilly
Parte I

"Per amore di...!"

Rinoa scalciò la sabbia con furia, ribadendo il suo rimpianto per aver anche solo preso una di quelle dannate cose, tanto per cominciare.

Doveva essere solo una distrazione, dopo tutto; un metodo per trascorrere l'ora precedente il tramonto con qualcosa, qualsiasi cosa, a parte il semplice trascorrere. La lista di alternative era stata breve e tutta ugualmente smorta, quindi perché no?

Una volta lo aveva ritenuto divertente.

Sfortunatamente, com'era diventato tipico per molte cose amate dalla strega, quest'hobby modesto si era in qualche modo trasformato in un test masochistico. Dal cui risultato dipendevano sia la sua felicità che il suo orgoglio quella sera, per ragioni che non le interessava spiegare.

Per cui... con Hyne come testimone... giurò che avrebbe fatto saltare almeno uno di quei dannati sassi sull'acqua, fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto.

Occhi scuri e determinati esaminarono ancora una volta la spiaggia, simili a quelli di un'aquila nella loro ricerca di pietre. Ne scelse una manciata e le esaminò completamente con le dita per vedere se avevano tagli o cavità, prima di giudicarle inadatte e buttarle via. A quel punto una pietra imperfetta semplicemente non valeva lo sforzo, dato che di certo non poteva essere il suo lancio il problema. Praticamente era diventata una maestra di quel gioco durante le innumerevoli serate di campagne di suo padre, in cui le opzioni erano state 1. fuggire al lago o 2. finire per prendere a pugni uno, se non parecchi, di quegli altezzosi politici e/o due o tre parenti lontani.

Lo trovava consolante.

Togliendo le alghe da un'altra promettente candidata, Rinoa rifletté che forse era il tipo di rocce che si trovavano lì a Centra ad essere la fonte del suo fallimento. Forse era troppo pesante? Troppo impermeabile? Troppo dannatamente testarda per lasciar semplicemente perdere e piegarsi ai suoi desideri per una volta?

Forse, probabilmente, si aspettava davvero troppo da qualcosa che era così intrinsecamente inflessibile.

In distanza, un improvviso scoppio di fiamme la distolse dal suo evidente perdersi nei pensieri. Rinoa quasi alzò agli occhi al cielo al suo poco discreto modo di chiamarla, ma sapeva bene che era meglio non lamentarsi. Lì, alla terza notte della loro vacanza/scavo archeologico, avevano da tempo scoperto che era semplicemente più efficiente, per non dire meno letale, se lui preparava sia l'accampamento che i pasti caldi mentre lei si occupava di altre cose. Una sostegno per la tenda rotto, una coperta sacrificata al fuoco e un intero scatolone di cibo donato accidentalmente alla vita selvaggia, e lei non aveva avuto altra scelta che concordare.

Lui la stava semplicemente proteggendo come aveva sempre fatto, ogni giorno, per quell'ultimo anno. Era quello che gli riusciva meglio, sedersi là in distanza, a malapena visibile nel crepuscolo oramai al termine, a fare in silenzio i preparativi per assicurarsi che lei stesse comoda. Come sempre, lo considerava incredibilmente dolce e galante. E come sempre, trovava che fosse a un nuovo e aumentato livello di irritante.

Guardandosi i piedi con un sospiro, Rinoa vide una pietra bianca, ovale e attraente proprio oltre il suo pollice. Si chinò a prenderla, notando allegra come fosse ancora calda di ciò che rimaneva del sole, e se la passò da una mano all'altra per valutarne il peso e l'equilibrio.

Decisamente abbastanza leggera. Innegabilmente, uniformemente liscia. Senza dubbio era l'esemplare più promettente che avesse incontrato fino a quel momento. E che tempismo fortunato che il sole avesse appena iniziato a scendere oltre il bordo dell'oceano, minacciando buio pesto da un minuto all'altro!

Non volendoci pensare troppo e rischiare un errore, Rinoa si raddrizzò e si preparò. Una rotazione delicata, una stretta caratteristica delle dita sul bordo liscio della pietra, un giro, un rilascio ed eccola partita! Guardò con il respiro trattenuto mentre la pietra girava verso l'acqua, convinta che sarebbe arrivata almeno a otto, forse oltre il suo record di trentadue salti prima di cedere alla forza di gravità.

Ma ahimè, non appena colpì la superficie, la pietra scomparve con uno scoraggiante piccolo spruzzo, affondando immediatamente e prendendo con sé il suo buonumore. Guardò, insensatamente depressa, per un minuto intero mentre gli ultimi raggi del sole cedevano alle tentazioni più forti dall'altra parte del mondo.

La battaglia era ufficialmente persa.

Intorno a lei, la spiaggia di Centra era diventata una pozza spessa di buio, e le sue uniche guide erano il luccichio delicato delle onde da una parte e le fiamme ora alte del fuoco dall'altra. Rinoa rabbrividì, considerando per un momento l'acqua scura che iniziava a sfiorarle le punte, e quanto sembrasse piacevole la sua freschezza.

Rifletté per alcuni secondi sullo spogliarsi e basta e farsi una nuotata. Era abbastanza buio, ed erano le uniche persone nei paraggi per miglia e miglia... chi l'avrebbe giudicata? Lui ovviamente sarebbe andato in panico, e probabilmente con buoni motivi, dato che lei non aveva un gran senso dell'orientamento e chissà cosa strisciava sotto la superficie di quel continente ancora quasi del tutto inesplorato. Almeno quella sarebbe stata la sua scusa per il panico.

Rinoa ridacchiò e scosse la testa, abbandonando facilmente l'idea per buon senso, dovere, rispetto e tutti quegli altri irritanti concetti che avevano tenuto a bada il suo lato più audace nell'ultimo anno. Forse la volta successiva. O, più onestamente, in una vita successiva.

Al di sopra della sua spalla, il fuoco crepitò forte mentre uno dei ciocchi più grandi implodeva, e lo prese come un segno. A lui non era mai piaciuto che lei stesse lontana dalla sua vista per troppo tempo, soprattutto se aveva solo la propria testa a proteggerla. Lo rendeva stizzoso.

Dopo un ultimo sguardo desideroso all'acqua, si diresse all'accampamento.

Lui non fece cenno di riconoscere la sua presenza quando lei si lasciò cadere seduta accanto al fuoco e si strinse le ginocchia al petto. Chiacchierare inutilmente del più e del meno non era esattamente nel suo stile. Invece lui si limitò a punzecchiare il coniglio che arrostiva, e che doveva essere la loro cena improvvisata (grazie al suo piccolo errore di non chiudere la cassa del cibo la notte precedente), mentre controllava un blocco per appunti che teneva in grembo. Avvantaggiandosi della sia distrazione, Rinoa annusò curiosa la cattura della serata. Non era esattamente lo stufato disidratato e piacevolmente pulito che si era aspettata di mangiare quella sera, ma di sicuro era meglio dell'alternativa di tornare prima al Garden. Senza dire nulla, apprezzò la sua capacità di sopravvivenza. Da quando era stato promosso a Comandante, con tutte le cene eleganti, le suite lussuose e gli altri benefici inclusi in quel titolo, la sorprendeva che lui potesse ancora cavarsela con tanta facilità.

Anzi, seduto lì alla vampa del fuoco, vestito con jeans neri e una felpa grigia con il cappuccio, sporca di terra per le attività della giornata, sembrava più a suo agio di quanto lo sarebbe mai sembrato in uniforme perfettamente stirata dietro a una scrivania di mogano intagliato. Era innegabilmente bello vederlo così. Era specialmente e indiscutibilmente meraviglioso vederlo mentre erano completamente da soli insieme per la prima volta dal loro ritorno dalla Compressione Temporale.

Era un pensiero che non poté evitare di esprimere a voce alta.

"È bello," sussurrò, piegando la testa all'indietro per guardare le stelle, più luminose di quanto le avesse mai viste in continenti più popolati. "Non è bello?"

Squall Leonhart, Comandante del Garden di Balamb, diciottenne salvatore del mondo, genio certificato e stratega militare, riuscì a mettere insieme solo un grugnito come risposta, prima di leccarsi le dita per girare meglio le pagine del blocco note.

Rinoa si accigliò.

"Davvero?" domandò lei, con inevitabile irritazione. "Tutto lì?"

Occhi blu ghiaccio si alzarono per valutare la sua espressione, solo per tornare immediatamente a ciò che stavano facendo. "Cosa dovrei dire?"

"Non so... che dici di 'sì Rinoa, è bello. È bello che ci siamo impegnati fino alla morte in questi ultimi mesi per assicurarci questa vacanza, ed è davvero bello'. Qualcosa del genere, mmh? Voglio dire, hai visto le stelle!? Eh? Voglio dire..." Fece un gesto enfatico verso il cielo. "Dai! Cavolo, è... bello!"

Squall si posò il mento sul palmo, con le dita non del tutto in grado di nascondere il sorrisetto che a volte, raramente, faceva capolino quando lei faceva senza volerlo qualcosa che lo divertiva. In questo caso, la causa era molto probabilmente la sua incredibile mancanza di sinonimi per la parola "bello".

Rinoa tenne la testa alta, dato che da tempo era diventata immune all'imbarazzo quando si trattava del Comandante Leonhart. C'erano cose che erano successe in quell'ufficio durante il suo lavoro come sua assistente che non avrebbero mai potuto essere disfatte o non viste. Per esempio, quella volta che aveva rovesciato il caffè addosso all'ambasciatore di Deling. O quando aveva inviato quella che doveva essere una nota privata per Selphie come promemoria a tutto lo staff del Garden. O, cosa più privata tra loro, quella volta che aveva accidentalmente installato un virus porno sul suo computer, dono di una email di Kinneas. O la volta che aveva avuto un'intossicazione alimentare e aveva vomitato inaspettatamente metà in una felce in vaso e metà sui suoi stivali. La lista di esempi era lunga, e sempre più piena di vergogna per tutti i coinvolti. Oltre a questi particolari eventi, c'era un'altra fonte cronica di imbarazzo nell'ufficio del Comandante. Una fonte che era diventata tipica in maniera disturbante, nonostante i tentativi sinceri di liberarsene.

Per dirla in poche parole, Rinoa aveva preso l'abitudine di fissarlo, a volte. Per dirla con un po' più parole, o come aveva diagnosticato più accuratamente Selphie, aveva una tendenza frequente a bloccarsi in qualsiasi cosa stesse facendo e lanciare evidenti sguardi languidi per vari minuti di fila. Squall ovviamente se ne accorgeva, e di solito, sia come gentiluomo che come ostinato adolescente, la ignorava. In giorni meno tolleranti, le tirava graffette in testa per distrarla, o le mandava un messaggio prioritario tramite il comunicatore ordinando schietto, "smettila", o "lavora" o "caffè. Vai." Una volta era arrivato al punto di sistemare qualsiasi oggetto potesse spostare nel suo grosso ufficio, incluse lampade, sedie, piante e persino quasi, sul pavimento tra loro, solo come promemoria di piantarla.

In conclusione, no, decisamente non aveva più alcun motivo di essere imbarazzata davanti a Squall Leonhart. Non aveva assolutamente niente da nascondere a lui e nessun altro al mondo.

Tristemente, era una cosa ben lontana dall'essere reciproca.

"È solo..." Fece un respiro profondo per calmarsi prima di parlare, dolorosamente consapevole di quanto spesso il suo straparlare avesse portato a delle crepe tra loro. "Non vedevo l'ora che capitasse, sai? Io e te. Lontani da tutto. Pensavo - speravo che ti saresti finalmente... rilassato. Eh." Era impossibile non ridacchiare a quel concetto, una volta detto ad alta voce. Questa era cosa? La sesta o settima volta che era arrivata a una conclusione del genere solo per essere inevitabilmente delusa? Più che dalla natura solitaria di Squall, era irritata con se stessa perché non imparava mai.

"Lascia stare," insistette con un gesto della mano, come se cercasse di scacciare le aspettative come fossero un insetto fastidioso. "Lo sento adesso. Quanto sono stata ingenua a pensare che ci divertissimo per una volta."

Dietro la sua mano, Squall nascose un'espressione confusa.

Divertimento?

Ufficialmente non aveva più alcuna idea di cosa significasse quella parole. Sempre che l'avesse mai avuta.

Quindi, incapace e riluttante a riportare in superficie una risposta alla sua critica, decise per una via alternativa. Chiudendo il blocco note con una mano, Squall si mosse per alzarsi, cosa che fece immediatamente stringere la gola di Rinoa, che temeva di essere andata - ancora una volta - troppo oltre.

"Dove vai?" non poté evitare di chiedergli mentre lui si puliva un po' di sabbia dalle cosce. La domanda una volta poteva averlo turbato, irritato di dover annunciare ogni sua mossa come un bambino con sua madre. Ma questo era prima.

Era abitudine, non durezza che lo incoraggiava ad andare dritto per la sua strada senza notare i sentimenti altrui. E anche se stava migliorando - almeno la gente gli diceva che era così - reprimere diciassette anni di impenetrabile indipendenza era un processo molto più difficile e lento di quanto si pensasse.

"Ho quasi finito di catalogare tutto quello che abbiamo riportato alla luce," spiegò, facendo scorrere le pagine piene dei suoi schizzi e appunti. "Se finisco stasera, possiamo spostarci domani mattina."

"Spostarci? Intendi... tornare?" Era impossibile nascondere la delusione dalla sua voce, e Squall quasi sorrise per quanto lei mostrasse audacemente cosa provava. Quasi.

"No. Abbiamo ancora oltre una settimana di vacanza. Immaginavo... se abbiamo fatto tutto il possibile alla Torre di Odino, allora potremmo, forse, andare all'orfanotrofio di Edea. Forse."

Rinoa spalancò gli occhi, all'improvviso euforica e apprensiva insieme. Più apprensiva a dire il vero, una volta che ebbe considerato il talento quasi alchemico di Squall nel trasformare qualsiasi cosa in un compito legato al lavoro. Persino una passeggiata serale a Balamb per cena aveva avuto lo scopo principale di testare un nuovo fornitore di panini più economico, e i suoi effetti sulla digestione. "Perché? Che cosa c'è da scavare o cacciare? Una qualche specie preistorica di Chocobo, forse? Intendi chiedermi ancora di raccogliere esemplari di moscone? Perché non lo farò."

"Nulla del genere," ammise lui con un sospiro, grattandosi la nuca mentre cercava di trovare parole migliori per spiegarsi. Ahimè, non c'era altro modo di dirlo. Allora la guardò negli occhi, sfidandola a leggerci più di quanto stesse per dire rispetto a quello che intendeva davvero. "Perché ho pensato che sarebbe... bello."

Lo stomaco di Rinoa le schizzò all'improvviso nell'esofago, quasi soffocandola.

Ecco di nuovo quella parola. Quella sera, sembrava che fosse la rappresentante più adatta e generica al posto della lunga lista di altri aggettivi che nessuno dei due si permetteva nemmeno di pensare, figurarsi dire ad alta voce. Bellissimo avrebbe potuto facilmente farsi strada, se si parlava dello scenario. Apprezzato non richiedeva chissà che sforzo. E la più pericolosa di tutte, quella che nessuno dei due aveva rischiato di inserire in qualsiasi altra conversazione degli ultimi undici mesi:

Romantico. Tutto di quella situazione, almeno dalla prospettiva di un osservatore, era indiscutibilmente romantico da spezzare il cuore. Un'intera settimana soli con la spiaggia e il campo fiorito e i ricordi...

Rinoa scosse la testa per scacciare quel concetto pericoloso. Oltre all'avvertimento sul viso di Squall, sentì la pressione della sua coscienza che aggiungeva qualche altro strato alle sue difese, costringendo il suo nuovo potere a ritrarsi con una leggera fitta di mal di testa. Non che avesse mai osato leggergli i pensieri. Non da quel primo disastroso tentativo, comunque. Quindi colse l'invito mentale e annuì semplicemente a mo' di risposta.

Un tale scenario sarebbe stato effettivamente "bello". Bello e nulla di più.

"Va bene," disse Rinoa con aria eccessivamente disinvolta, mentre andava a prendere piatti e posate dalla borsa accanto a loro. Stavolta Squall non poté davvero evitare il sorriso che si fece strada fino alle sue labbra, per la disinvoltura atrocemente debole di Rinoa. Ovviamente, qualsiasi traccia di divertimento era sfuggita dalla sua espressione quando lei tornò ad alzare lo sguardo.

"Allora." Con due coltelli e due forchette nei pugni alzati, Rinoa accennò alla carne quasi annerita sulle fiamme. "Vuoi fare tu gli onori, o dovrei farlo io?"

Squall sbatté le palpebre. Nella sua fretta di finire con la scusa 'ufficiale' per questa uscita, aveva completamente dimenticato la sua cattura, anche se stava abbrustolendo in maniera lampante davanti a lui. "Giusto. Sì. Sarà meglio che lo faccia io. Non abbiamo altre risorse, oggigiorno."

Rinoa gli fece una linguaccia, gettandogli le posate in grembo con scarsissima delicatezza mentre lui tornava a sistemarsi sull'erba.

Quasi un anno al suo servizio, ed era ormai abbastanza abituata sia al suo stuzzicarla, sia alla sua preoccupante abitudine di saltare i pasti nel mezzo di un progetto. Era incredibile quali bisogni di base fosse in grado di negare al suo corpo per periodi inumani, solo per rispettare una qualche scadenza del tutto ridicola fissata dal Consiglio Mondiale. Aveva notato un record di quattro giorni di fila in cui lui non aveva lasciato la scrivania se non per andare al bagno. E persino quei viaggi, ci avrebbe scommesso, erano stati ridotti al minimo più scomodo per amor di efficienza.

Presto il coniglio venne servito insieme ad alcune radici che Squall aveva scavato e bollito. Non era un pasto elegante, ma andava decisamente a segno, e lui sembrò rivitalizzato dopo quello che era stato sicuramente un cattivo sonno nella tenda mezzo collassata. Ovviamente, Rinoa si era offerta di stare in quella che aveva rovinato, ma lui non aveva voluto sentire ragioni. Aveva quasi suggerito di condividere il poco spazio nel rifugio più sicuro. Solo per amor di sicurezza e calore, ovviamente. Ma quell'alternativa era stata messa da parte con una risata mentale ancora prima di riuscire a dire le parole.

Il Comandante Leonhart, cosa abbastanza rinomata, non condivideva il letto con nessuno. Mai.

Almeno presto avrebbero avuto i resti dell'orfanotrofio di Edea come grande santuario condiviso, così come l'accesso all'acqua corrente grazie al vecchio pozzo e al sistema di pompe che potevano sopravvivere a decenni di inutilizzo. Era un progetto ingegnoso costruito dallo stesso Cid e che utilizzava il flusso naturale dell'acqua del canale per muovere i pistoni. Il che le ricordava...

"Dannazione," imprecò Rinoa appena ingoiò l'ultimo boccone. Squall la guardò, in attesa, mentre masticava attentamente uno dei pezzi più duri della radice. "È solo... dovremo attraversare il canale per arrivare da qui alla casa di Edea. E non so te, ma io ho lasciato la canoa nell'altra borsa."

Imperturbabile, Squall scosse semplicemente la testa e tornò a concentrarsi sul piatto. "Non preoccuparti."

Rinoa sollevò un sopracciglio, sospettosa. "Non posso tipo evitare di preoccuparmi. Anche se non mi considero una gran diva, nuotare per oltre un miglio con tutta questa roba addosso sembra un filino troppo da suicida per i miei gusti. E tutta la roba che abbiamo raccolto nelle stanze di Odino?"

"È già stato sistemato."

"Cosa è già stato sistemato?"

"Il trasporto. Una nave. Sarà qui domattina. Quindi, detto questo..." Dopo aver gettato le ossa della sua cena nel fuoco, Squall si alzò. "Devo finire di catalogare."

Stupefatta, Rinoa lo guardò allontanarsi, tenendosi il piatto ben stretto tra le mani. Le venne in mente subito che questo suo chiamare una nave in quel preciso luogo isolato doveva essere stato fatto molto in anticipo. Il che significava che andare alla casa di Edea non era una decisione istintiva e informale nata dalle sue lamentele. Lui aveva pianificato fin dall'inizio di terminare il viaggio là.

Perché? Che gli passava per la mente? Perché non glielo diceva? Lo avrebbe ucciso farle sapere in quale angolo del pianeta sarebbe stata trascinata almeno con ventiquattro ore di anticipo?

C'erano troppe domande. E non si aspettava di ricevere una risposta a nessuna di esse. Anche se avesse istinto, lui probabilmente sarebbe sbottato secondo un meccanismo di difesa automatico,e poi avrebbero passato il resto della vacanza in un silenzio teso e sgradevole. Anche se spesso avevano silenzi tesi e sgradevole per via delle loro personalità opposte e il piccolo dettaglio della loro relazione ancora irrisolta, almeno al Garden c'erano sempre distrazioni, altre persone, e cosa notevole, altre stanze in cui andare.

Mordersi la lingua era l'unica opzione possibile in quel caso, anche se sia il suo cuore che la sua testa erano in fiamme per la curiosità.

Lo guardò inginocchiarsi un po' più lontano dallo spazio di accampamento, e accendere una lanterna vicino a una delle svariate scatole di tesori/cianfrusaglia che avevano raccolto nelle Rovine di Centra. Con una penna tra i denti e il blocco note in grembo, Squall si allungò e tolse una lunga catena di bronzo e un lucchetto; l'unico articolo potenzialmente di valore che avevano trovato, nascosto sotto una pila di rovine e quindi non toccato dal tempo e dai ladri di tombe. La lanterna fece luccicare il centro di rubino quando Squall fece girare la catena nelle mani, ancora una volta cercando di aprirla senza riuscirci, e poi si mise a scrivere.

Rinoa guardò il suo piatto vuoto, e poi Squall. Il suo sguardo si spostò sull'oceano, e poi di nuovo su Squall. Rifletté sul paio di tende rovinate, e poi di nuovo su Squall.

Presto, i piedi la portarono verso di lui senza alcuna scusa sul perché. Tutto quello che sapeva era che non aveva alcun desiderio che la notte finisse.

  
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