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Autore: Yuki Delleran    13/09/2012    2 recensioni
Antonio è un vampiro che non si è mai preoccupato di avere un'etica e ha sempre considerato gli esseri umani come semplici prede o cibo. Ha avuto la fortuna di non avere mai niente a che fare con l'Associazione Hunter, almeno fin quando, per puro caso, non s'imbatte in uno scontro tra un vampiro e un cacciatore e si vede costretto a scegliere chi aiutare. Lovino odia i vampiri, se potesse li cancellerebbe dalla faccia della terra, ma una persona a lui molto vicina è stata trasformata in uno di loro. Per ritrovarla è disposto anche a fare un patto col "diavolo".
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Under the moonlight
Fandom: Axis Powers Hetalia
Rating: giallo
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo (Spagna), Lovino (Sud Italia/Romano)
Pairings: Spagna/Romano
Riassunto: Antonio è un vampiro che non si è mai preoccupato di avere un'etica e ha sempre considerato gli esseri umani come semplici prede o cibo. Ha avuto la fortuna di non avere mai niente a che fare con l'Associazione Hunter, almeno fin quando, per puro caso, non s'imbatte in uno scontro tra un vampiro e un cacciatore e si vede costretto a scegliere chi aiutare. Lovino odia i vampiri, se potesse li cancellerebbe dalla faccia della terra, ma una persona a lui molto vicina è stata trasformata in uno di loro. Per ritrovarla è disposto anche a fare un patto col "diavolo".
Disclaimer: Hetalia e tutti i personaggi appartengono a Hidekaz Himaruya.
Note: Fic ispirata ad una ruolata sul grd HUG - Hetalia Ultimate Gdr, in cui muovo appunto Antonio vampiro. Vi sono alcuni piccoli riferimenti che si rifanno alla scheda del personaggio.
Beta: Mystofthestars




La luna splendeva alta nel cielo, gettando la propria fredda luce ad illuminare i vicoletti deserti al margine della grande città. A quell’ora di notte la gente per bene riposava nei propri letti e le periferie erano frequentate solo da prostitute e delinquenti, ma in quell’ora gelida anche quest’ultimi sembravano aver abbandonato il campo. Solo una figura scura e solitaria vagava da un’ombra all’altra, celando la propria presenza e muovendosi rapida e silenziosa, letale come un predatore a caccia. In effetti proprio di questo si trattava: del peggior cacciatore esistente, colui che faceva degli esseri umani le sue prede, un vampiro.
Era stata una nottata decisamente magra; né al locale dove lavorava come copertura, né per le strade era riuscito a rimediare una preda decente, ed era arrivato al punto che qualunque creatura potesse soddisfare la sua sete impellente sarebbe stata ben accetta. Era raro che si riducesse in quello stato, tutto nell’aspetto di un vampiro era creato a regola d’arte per attrarre ed ammaliare le sue vittime e Antonio, questo era il nome del non-morto in questione, certo non lesinava fascino nemmeno prima della sua trasformazione; ma quella notte evidentemente faceva troppo freddo perché ingenue fanciulle o ignari ragazzi si avventurassero fuori dai propri letti, e di bere sangue animale, oh, proprio non se ne parlava!
Fu per questo che, sulle prime, l’improvvisa scia di profumo che colpì le sue narici frementi venne scambiata per una mera illusione dovuta alla fame. Solo dopo qualche istante si rese conto che la fragranza era reale, così come lo erano i rumori di una colluttazione poco lontano. Una rissa? Se così fosse stato avrebbe potuto coglierne agevolmente i frutti senza nemmeno faticare molto. Inoltre, a giudicare dalla scia che stava seguendo, uno dei contendenti doveva avere una sangue delizioso.
Aggirando l’ultimo angolo di via, si aprì finalmente davanti ai suoi occhi la scena tanto attesa e fu con discreto stupore e un molto più che discreto brivido d’inquietudine che scoprì che non si trattava affatto della presupposta zuffa tra ubriachi. No, quello era uno scontro in piena regola. Tra un vampiro e un cacciatore.
Nei suoi poco più che cent’anni di età da non-morto Antonio aveva avuto la fortuna di incappare raramente in qualche rappresentante dell’Associazione Hunter e ogni volta era riuscito a cavarsela piuttosto facilmente, ma non per questo aveva intenzione di andare in cerca di guai intervenendo in quello scontro. Oh, no. Proprio no, per tutto l’oro del mondo. Anche se stava morendo di fame. Anche se quel cacciatore era poco più che un ragazzino e stava chiaramente avendo la peggio. Anche se il sangue dallo splendido profumo era quello che gocciolava abbondantemente da una ferita sul suo braccio.
Prima che se ne rendesse conto era scattato in avanti e aveva atterrato il vampiro con un colpo ben assestato alle spalle. Il ragazzo, che si era rifugiato in cima ad una pila di casse, estrasse fulmineamente la propria pistola ed annientò definitivamente il suo aggressore con un paio di colpi ben assestati.
Antonio guardò il corpo cadere con un discreto distacco e si scostò solo quando questo iniziò a tramutarsi in polvere ai suoi piedi.
«Sei in gamba. » commentò alzando gli occhi verso il ragazzo e porgendogli una mano per aiutarlo a scendere, non preoccupandosi di celare più di tanto la brama che traspariva dal suo sguardo.
Il ragazzo allontanò la mano con un gesto secco e scese da solo.
«Puoi scommetterci, sono il migliore! » esclamò allontanando la frangia fulva dalla fronte con un brusco movimento del capo.
Tanto bastò perché un’ondata del suo profumo investisse Antonio, che dovette trattenersi a forza per non aggredirlo seduta stante: stava morendo di fame e quel ragazzino appariva ai suoi occhi come una tavola imbandita delle più succulente vivande.
«Sarai anche il migliore, ma senza il mio aiuto questa volta non te la saresti cavata. » obiettò.
Il giovane cacciatore gonfiò le guance mettendo su un broncio adorabile.
«Balle! » brontolò, facendo cenno all’altro di spostarsi per farlo passare.
Ovviamente Antonio non si mosse di un passo, anzi si avvicinò ulteriormente, accostandosi pericolosamente al suo collo. Cacciatore o no gli importava poco, nello stato in cui era gli sarebbe andato bene chiunque. Fu la pressione di qualcosa di freddo contro la gola che gli fece riaprire gli occhi che aveva inconsciamente chiuso.
«Bastardo vampiro! » ringhiò il ragazzo con una ferocia che poco prima aveva solo intravisto. «Allontana immediatamente le tue sporche mani da me! »
C’era da dire che avesse argomenti decisamente convincenti, almeno quanto la canna della pistola premuta sotto il suo mento. Proiettili d’argento, poteva sentirne l’odore insieme a quello della polvere da sparo.
«Non sai cosa sia la gratitudine. » obiettò Antonio allontanandosi di un paio di passi, ma non staccando lo sguardo famelico dal braccio sanguinante del ragazzo.
Quello doveva essersene accorto, ma ignorò ugualmente la ferita mentre lo teneva sotto tiro.
«L’ho scordato molto tempo fa. » rispose con voce dura. «Ora vattene. Il mio ringraziamento sarà risparmiare la tua sporca vita. La prossima volta non ci sarà nessun debito tra noi. »
Quello fu il loro primo incontro, la prima volta che Antonio incrociò quegli occhi dorati dallo sguardo tagliente che non avrebbe più scordato.

Da quel momento scattò la caccia. Ora che il giovane hunter aveva scoperto la sua esistenza e il suo territorio, sembrava deciso a dargli del filo da torcere. Più di una volta Antonio era rimasto a bocca asciutta per colpa sua, inoltre aveva finito per inimicarsi gli altri vampiri della zona, che non vedevano certo di buon occhio il fatto che avesse attirato un cacciatore nella loro “area di raccolta”. L’inimicizia era sfociata in uno scontro vero e proprio, fomentato dalla fame e dalla frustrazione e, ovviamente, anche solo per semplice inferiorità numerica, Antonio aveva avuto la peggio. Il gruppo, spinto dal rancore, aveva trovato il modo più lento e crudele per fargliela pagare: lo avevano immobilizzato legandolo ad un albero al centro di una piazzetta periferica, lasciando che fosse il sole che sorgeva a mettere in atto la loro vendetta. Abbandonato a sé stesso, debole per la mancanza di cibo ed impossibilitato a qualunque azione, rimase a guardare la propria vita accorciarsi di pari passo con le ombre dei palazzi circostanti. Non aveva particolari rimpianti, Antonio; la sua vita, benché centenaria, si era rivelata piuttosto miserabile, del tutto diversa da quella sognata da un giovane di belle speranze ormai più di un secolo prima. Era un mostro e un assassino impenitente, trasformatosi in quello che era solo a causa della sua stessa incuria e leggerezza, per questo non poteva scaricare il peso di quella colpa su nessuno. Se ora era arrivato il momento della fine, allora tanto meglio, avrebbe finalmente raggiunto la sua famiglia, il cui sterminio non si era mai perdonato. Anche se, in effetti, un rimpianto lo aveva: il giovane cacciatore. Non sapeva nemmeno il suo nome.
Si era ormai abbandonato alla rassegnazione quando, attraverso le nebbie dello stordimento, percepì un fin troppo noto sguardo fisso su di lui. Alzò lentamente gli occhi e si trovò di fronte proprio quelle iridi dorate tanto agognate.
«Sei venuto a ridere di me? » chiese con un sospiro stanco. «Oppure vuoi completare l’opera per attribuirtene il merito? »
Il ragazzo sbuffò sonoramente, chiaramente seccato, ed estrasse un coltello. Antonio non ci fece neanche caso: il sole era ormai giunto a lambire le sue gambe ripiegate, quindi morire bruciato o pugnalato a questo punto non faceva una grande differenza.
«Dimmi come ti chiami. » mormorò solamente, alla stregua di ultimo desiderio di un condannato.
Non ricevette risposta, eppure un istante dopo i suoi polsi imprigionati smisero di dolere.
«Ascoltami bene. » sibilò la voce del cacciatore al suo orecchio, mentre tratteneva le corde che lo legavano. «Ti propongo un patto, se accetterai salverò di nuovo questa tua misera vita. »
Antonio avrebbe voluto obiettare che tecnicamente era stato lui a salvarlo la prima volta, non il contrario, ma si astenne da qualunque commento e si limitò ad annuire: la pelle della sua gamba destra iniziava a bruciare in modo considerevole.
«Bene, mi piacciono le persone ragionevoli. Voglio che mi aiuti a trovare mia sorella e il bastardo che l’ha morsa. Giura che lo farai e ti libererò. »
In quello stato di cose Antonio sarebbe stato pronto a giurare anche che gli asini volavano, ma una piccola parte di lui trovò tenero il fatto che il cacciatore si affidasse alla labilità delle parole per qualcosa che sembrava stargli molto a cuore. Un patto del genere era vincolante solo nell’onore e una creatura della notte come lui non era affatto tenuta a possederne uno. Sfortunatamente, si disse, lui era nato nel secolo precedente in cui le questioni d’onore erano prese molto sul serio.
«Giuro di non lasciarti mai solo finché non avrai ritrovato tua sorella. » disse quindi.
Il giovane sembrò apprezzare e recise anche l’ultima corda che lo bloccava all’albero, afferrandolo poi per un braccio e tirandolo in piedi.
Antonio contemplò per un istante l’idea di aggredirlo in quel preciso momento, saziarsi del suo sangue tanto invitante e darsi alla macchia. Sarebbe stato legittimo e nella sua natura. Eppure qualcosa lo bloccava: quel ragazzo si era fidato di lui, ingenuamente forse, ma l’aveva fatto ed era la prima volta da decenni che qualcuno gli rivolgeva un sentimento umano diverso dall’odio e dalla paura. Se quello non fosse bastato, aveva un ideale e uno scopo nella vita, gli ricordava tanto il sé stesso umano di un secolo prima. Inoltre gli piaceva, inutile negarlo, in modo che turbava il suo cuore ormai fermo da tempo.
«Vuoi camminare decentemente, idiota?! » esclamò il ragazzo strappandolo dai suoi pensieri. «Non farti trascinare! »
Antonio abbozzò un sorriso e tentò di sollevarsi per non gravare con tutto il peso sulla sua spalla. Se da una parte apprezzava quella vicinanza, dall’altra non poteva fare altrimenti data la debolezza che gli fiaccava le membra.
«Ah, perdonami, sono senza energie, ho troppa fame. »
Se si era aspettato una qualche risposta rimase deluso perché quello che giunse al suo orecchio non fu altro che una sorta di grugnito. In compenso lo stava conducendo lungo il perimetro della piazza muovendosi solo nelle zone d’ombra e di questo gli fu grato.
Ben presto giunsero in quello che sembrava un deposito e il ragazzo lo spinse all’interno, affrettandosi a sprangare porte e finestre e accendendo una lucerna come unica fonte di illuminazione.
Antonio, dall’angolo in cui era crollato, alzò su di lui gli occhi verdi: era così bello, così tenero e indifeso, davvero non sapeva come aveva fatto a non saltargli ancora alla gola.
«Ho fame…» fece in tono lamentoso.
Il cacciatore gli scoccò un’occhiata di fuoco.
«Se pensi che mi abbassi anche a darti da mangiare ti stai sbagliando di…»
Antonio vide quello sguardo dorato posarsi su di lui e tentennare leggermente, prima che il suo proprietario scuotesse la testa, esasperato.
«Oh, va bene! Vedi di finirla di fare quella faccia da cane bastonato o ti lascio morire di fame davvero! » sbottò. «E non credere, voi bastardi continuate a farmi schifo, anche se ti permetto di bere il mio sangue! Ti tengo d’occhio, un sorso in più e ti spedisco all’altro mondo! »
Antonio non lo stava neanche più ascoltando, gli occhi fissi sulle dita sottili che slacciavano i bottoni del colletto della camicia. Stavano tremando leggermente, segno che, al di là delle parole sfrontate, il ragazzo aveva paura. Probabilmente era la prima volta che cedeva il suo sangue volontariamente ad una bestia della notte. Da una parte ne fu intenerito, ma dall’altra la gola gli bruciava al punto che non avrebbe più potuto aspettare oltre, non mantenendo la calma, almeno. Dunque si alzò dall’angolo dove era accucciato e lo raggiunse posandogli le mani sulle spalle. Lo sentì irrigidirsi e tentare di ritrarsi, poi imporre a sé stesso di lasciarsi guidare verso la parete.
«Non voglio che tu cada e ti faccia male. » gli sussurrò all’orecchio.
Il vampiro è un cacciatore, possiede tutte le armi per ammaliare le sue prede e farle cadere nella rete, si ripeté Antonio mentre sentiva sotto le dita fremiti di natura diversa dalla paura. Tuttavia il giovane hunter ricambiò con uno sguardo risoluto.
«Non ho nessuna intenzione di cadere. Ti pianterò in testa una queste prima che tu abbia bevuto abbastanza sangue da togliermi le forze! » ringhiò estraendo la pistola e puntandogliela alla tempia.
Antonio alzò le mani in un innocente gesto di resa, sia per tranquillizzarlo sia perché, se così fosse successo, l’intera operazione sarebbe stata più rapida.
«Va bene, datti una mossa! » continuò quello appoggiandosi infine alla parete ma tradendo tuttavia un leggero tremito della voce. «E… fa’ piano…»
Sulle labbra del non-morto si dipinse un sorriso felino.
«Non temere, il morso del vampiro è foriero di piacere ed estasi minimamente paragonabili al dolore. »
Con la punta delle dita gli accarezzò la gola, scostando definitivamente la stoffa della camicia per esporre una porzione maggiore di pelle. Vi avvicinò il volto, respirandone il profumo che si mescolava a quello più speziato dei capelli e la lambì appena con la lingua. Poteva sentire il sangue scorrere veloce appena sotto la superficie e il battito del cuore accelerare ad ogni suo tocco. Erano sensazioni inebrianti ed imprescindibili dall’idea del pasto, ma questa volta gli apparivano esaltate in modo straordinario. Si attardò solo per alcuni istanti a vezzeggiare la gola del ragazzo prima di decidersi ad aprire la bocca. I canini appuntiti penetrarono con facilità la carne morbida e, quando il primo fiotto di sangue si riversò tra le sue labbra, ad Antonio sembrò di rinascere. Non ricordava di aver mai assaporato un gusto tanto inebriante e, più ne beveva, più sentiva le sue membra rinvigorirsi. Sotto la presa delle sue mani, ora salde sulle spalle della “vittima”, sentì il corpo del ragazzo irrigidirsi e tremare leggermente. Aveva chiuso gli occhi e poteva sentire una mano stringere un lembo della sua camicia. Dopo qualche istante anche la pressione della pistola sulla sua tempia diminuì. Un piacere estatico pervadeva Antonio nello stringere a sé il corpo del ragazzo e affondare i denti nella sua carne. La sola idea che il suo sangue stesse diventando parte di lui era sufficiente a fargli perdere il controllo e, a giudicare da alcune innegabili reazioni, quell’improvviso scoppio di passione doveva essere reciproco.
«Ah… Antonio…» gemette il giovane un attimo dopo, prima di lasciar ricadere lungo il fianco la mano con cui reggeva la pistola, l’arma ormai a terra innocua.
Ancora pochi sorsi e il vampiro sentì la stabilità del cacciatore venir meno, le sue ginocchia piegarsi. Bastò questo per riportarlo alla realtà e renderlo consapevole che forse stava esagerando. Abbandonò la presa sul suo collo e lo accompagnò fino a sedere a terra.
«Come conosci il mio nome? » chiese stupito, ripulendosi le labbra dal sangue che ancora le macchiava.
Il giovane hunter lo scostò con rabbia, premendo una mano sulla ferita.
«Bastardo, avrei dovuto spararti! » sbottò, non potendo però celare né il tremito della voce, né le guance in fiamme.
«Non è leale, tu sai il mio nome ma io non so il tuo. » obiettò Antonio ignorando la minaccia.
Dopotutto la pistola era casualmente scivolata a qualche metro di distanza.
Il ragazzo gli rivolse uno sguardo di fuoco.
«Sono un professionista, fare ricerche è il mio lavoro! » ringhiò. «Ora muoviti, passami le garze che ho nella borsa. »
Si era appena voltato per recuperare quanto richiesto, quando un sibilo stizzito giunse alle sue orecchie.
«È Lovino. »
E Antonio, ancora di spalle, sorrise.

Se si era aspettato che il rapporto con Lovino fosse semplice e agevole per lui, Antonio era rimasto ben presto deluso. Come aveva capito già dal primo incontro, ebbe la riconferma del carattere irascibile del cacciatore. Il patto tra loro era piuttosto ostico da rispettare ed oltre a dare una mano con le ricerche della ragazza e del suo aggressore, il povero vampiro si era visto anche imporre il divieto assoluto di uccidere qualcuno e quindi la possibilità di un pasto completo. Le sue uniche possibilità di nutrimento erano le prede di Lovino, perché di assaporare di nuovo il sangue del cacciatore non se ne parlava. Questo in particolare era un fattore di grande dispiacere: si sentiva come un bambino che aveva scoperto l’esistenza delle caramelle e subito se le era viste negare.
Altro divieto assoluto per Antonio era avvicinarsi al bar dove lavorava, nonché sede sotto copertura dell’Associazione Hunter. Non che un vampiro sano di mente morisse dalla voglia di andare a cacciarsi in un buco pieno di gente che non vedeva l’ora di fargli la pelle, ma si sa che il proibito ha il suo fascino, a maggior ragione se il vampiro in questione non si poteva certo definire assennato.
Fu proprio per questa insana tentazione a trasgredire le regole che quella notte si trovò a passeggiare sempre più vicino all’ingresso del Rise. Al locale dove lavorava solitamente gli avevano dato la serata libera e il non poter comunque andare a caccia lo aveva portato a cercare l’unico altro “passatempo” che avesse. Ovviamente non sarebbe potuto entrare al Rise durante “l’ora di punta” in cui pullulava di cacciatori, oltre ad essere pericoloso per lui avrebbe creato grossi problemi anche a Lovino, quindi si risolse ad attendere il momento prima dell’alba quando anche il più incallito degli avventori sarebbe rientrato. Solo quando fu certo che la sala si fosse svuotata osò accostarsi all’ingresso: avrebbe preso in giro Lovino e gli avrebbe dimostrato che si faceva un baffo dei suoi divieti. Stava per entrare con passo baldanzoso quando dei leggeri rumori soffocati lo bloccarono: sembravano singhiozzi e Antonio si sporse appena oltre la porta per vedere cosa stesse succedendo. L’intera sala era deserta, solo un’esile figura si trovava ancora riversa sul bancone del bar. Da lontano si sarebbe potuto scambiare facilmente per un ubriaco, ma Antonio notò immediatamente i bruschi sobbalzi delle spalle e impiegò meno di un secondo a riconoscere il “suo” cacciatore. Già era anomalo che Lovino non avesse percepito la sua presenza e intimatogli di andarsene, ma che stesse addirittura piangendo era sconvolgente. Doveva essere successo qualcosa di grave. Non si fermò a domandarsi se la sua comparsa avrebbe fatto piacere al ragazzo o meno, se magari l’avrebbe insultato o minacciato di morte per l’ennesima volta, semplicemente si precipitò all’interno del locale accostandosi immediatamente al bancone.
«Lovinito, che succede? » esclamò, ammettendo senza problemi a sé stesso che quella visione lo aveva allarmato e che, sì, ora era seriamente preoccupato.
Lo sguardo che si alzò su di lui fu dapprima di sorpresa, ma bastò un istante perché si facesse tagliente, nonostante gli occhi dorati fossero lucidi e arrossati.
«Che diavolo sei venuto a fare qui? Vattene! » gli abbaiò contro il ragazzo.
Antonio non si scompose: tutto come previsto.
«Ero passato a salutarti, ma visto che…» iniziò. «Stai bene? È successo qualcosa? »
«E se anche fosse, a te cosa frega? »
Il tono di Lovino era duro e sprezzante, volto ad offendere per allontanare il più presto possibile l’avversario. Non si trattava d’altro che di uno dei tanti strati della sua armatura che Antonio aveva imparato a conoscere.
«In fondo per te non sono altro che cibo, no? O sei venuto qui per fare uno spuntino? »
«Mi frega perché siamo compagni, ormai. » rispose il vampiro a tono, tenendosi però più pacato. Non intendeva certo far precipitare la situazione. «Se stai male o ti è successo qualcosa, vorrei saperlo. Se posso fare qualcosa per aiutarti, sai che lo farò. E non certo per il debito che ho con te. »
A quelle parole lo vide tentennare, ma non abbastanza da rivelargli quale fosse il problema. Al contrario si chiuse in un silenzio ostinato che costrinse l’altro a porgli nuove domande.
«Si tratta di lavoro? Qualche cacciatore ha avuto da ridire? Oppure qualcuno ti ha messo le mani addosso? Lo ammazzo, chiunque sia…»
«È uno schifo! » lo interruppe Lovino, alzando la voce. «È tutto uni schifo! Questi bastardi che pensano di essere autorizzati a tutto solo perché uno sta dietro un bancone a lavorare! Potrei ammazzarli con un  gesto! E quegli altri idioti che mi guardano male e criticano i miei metodi ma intanto non sono in grado di fare niente. Branco di incapaci! Non capiscono quanto mi faccia schifo allearmi con una bestia! Lo faccio solo per mia sorella! Mia sorella… Felicia…Non ho saputo proteggerla…»
Di nuovo vide le lacrime scorrere sul volto del ragazzo e bastò questo per cancellare il dolore provato per essere appena stato definito bestia.
«Lovino…» iniziò Antonio avvicinandosi, ma il giovane si sottrasse al suo tocco affondando il volto tra le braccia, incrociate sul bancone.
Il vampiro si limitò quindi a passargli una mano sui capelli in segno di consolazione. Lovino non mostrava mai quanto gli mancasse Felicia, la sua era una sofferenza profonda e silenziosa, ferita dal fatto che l’amata sorella facesse ora parte della razza nemica del genere umano che lui stesso cacciava. Antonio rivedeva in quel dolore una parte del proprio, ma Felicia, a differenza della sua famiglia, era viva, anche se Lovino si logorava nel senso di colpa per non essere riuscito a proteggerla. Se l’avesse ritrovata sapeva che, nonostante tutte le sue professioni di odio per i non-morti, sarebbe volentieri passato sopra la sua attuale natura di vampira.
Stava per dire qualcosa allo scopo di incoraggiarlo e fargli forza, quando questi alzò la testa di sua inziativa.
«Mordimi. » disse.
Antonio strabuzzò gli occhi, incredulo.
«Cosa? »
«Ho detto mordimi. Hai fame, no? E il mio sangue ti piace.. bevine tanto da farmi svenire, ne ho abbastanza di tutto questo, non voglio vedere più niente!»
Antonio era senza parole. Fino a quel momento Lovino gli aveva rifiutato categoricamente il suo sangue, per quanto fosse affamato, ed ora glielo offriva così, su un piatto d’argento. Peccato che le condizioni fossero inaccettabili.
«Sei impazzito? Come puoi pretendere che mi nutra quando sei in questo stato? Finirei per farti del male. » protestò.
«E che importa? » replicò Lovino, cocciuto. «Da quando ti preoccupi della tua preda? »
«Da quando quella preda sei tu. »
Il cacciatore sviò lo sguardo, irritato.
La sua necessità di perdere i sensi, quell’improvviso attacco di autolesionismo, gli ricordavano tanto quelli di un disperato che cerca rifugio nell’alcool al punto da stordirsi, per non pensare più a niente. C’era tanta rabbia nelle sue parole ma, celata tra un ringhio e l’altro, anche un’accorata richiesta d’aiuto, l’angosciato desiderio di raggiungere una pace anche solo momentanea.
«E sia. » sospirò Antonio, rassegnato. «Ti darò quello che vuoi. Se desideri smettere di pensare, farò in modo che sia così. »
Aggirò dunque il bancone e si accostò al ragazzo, circondandogli al vita con un braccio e slacciando i primi bottoni della camicia.
«Chiudi gli occhi…» mormorò al suo orecchio, sentendolo tremare tra le sue braccia.
Lovino non protestò e fece quanto richiesto, accrescendo con quel semplice gesto la brama del vampiro. Aveva a disposizione il miglior banchetto della sua vita, consenziente e disarmato, non avrebbe potuto desiderare di più.
Antonio accostò le labbra alla pelle morbida, sfiorandola appena, ne respirò il profumo dolce ed inebriante, ma all’ultimo momento deviò verso le sue labbra, catturandole in un bacio azzardato. Lovino s’irrigidì e spalancò gli occhi tentando di divincolarsi. Non lasciando la presa, il vampiro lo tenne stretto a sé ma senza la violenza che ci si poteva aspettare da uno della sua razza e, a poco a poco, lo sentì sciogliersi. Trovando il ragazzo meno sulla difensiva, Antonio non si fece scrupoli ad approfondire il bacio, facendosi strada nella sua bocca e incontrando sempre meno resistenza. La presa sulla sua vita si allentò trasformandosi in carezze languide via via più ardite, che strapparono a Lovino più di un mugolio a metà tra la protesta e il piacere.
Antonio sorrise sulle sue labbra, staccandosi appena quando ne avvertì la necessità di respirare. Quella piccola peste non gli era mai sembrata tanto bella, con le guance arrossate e gli occhi lucidi, in fondo ai quali non vedeva più quella patina di disperazione.
«Ma sei idiota? » grugnì Lovino, tenendo tuttavia lo sguardo basso.
Il sorriso di Antonio si allargò.
«Hai smesso di piangere e non vuoi più che ti morda. »
«Chiunque rimarrebbe shockato a venire baciato da un…»
Lo sentì annaspare alla ricerca di un termine adatto al contesto.
«… cretino simile! » concluse, suscitando l’ilarità di Antonio che scoppiò in un’irrefrenabile risata.
«Però hai smesso di pensarci, ammettilo! » esclamò asciugandosi una lacrima.
Lovino grugnì di nuovo qualcosa di incomprensibile ma vagamente paragonabile ad un assenso e il vampiro gli regalò una carezza sulla guancia, che gli fece guadagnare un’occhiataccia.
Antonio sapeva che quei semplici gesti non erano la soluzione per nessun problema, ma potevano essere un impareggiabile balsamo per il dolore. Un nuovo sentimento era sbocciato in lui, facendogli provare di nuovo sensazioni che il suo cuore fermo da tempo era certo di non sperimentare mai più: voleva restare accanto a Lovino, proteggerlo da quella realtà che lo faceva tanto soffrire e aiutarlo a realizzare il suo desiderio.
Soprassedendo ad ogni espressione imbarazzata o ritrosa che il ragazzo potesse assumere, gli scompigliò i capelli e sorrise, un sorriso che dell’affascinante e letale predatore non aveva nulla.
«Promettimi che non mi chiederai più di morderti per un motivo del genere. » disse. «Non voglio farti del male, voglio che tu sorrida e farò di tutto perché succeda. Giuro che ritroverò tua sorella e la riporterò da te. »
Lovino non rispose, ma Antonio lo sentì appoggiare la fronte alla sua spalla e annuire lentamente.
   
 
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