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Autore: Shainareth    14/09/2012    3 recensioni
[Mai-HiME - anime] «Qual è il problema, me lo spieghi?» s’incaponì Takumi, cercando di farle comprendere il proprio punto di vista. «Anche Onee-chan e Yuuichi-san si chiamano soltanto per nome.»
«È diverso!» scattò la ninja, domandandosi a sua volta per quale dannata ragione lui non capisse una cosa tanto ovvia.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akira Okuzaki, Takumi Tokiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SUFFISSI




Gli esami di fine semestre erano alle porte, ormai, esattamente come l’estate, e quel sabato pomeriggio avevano deciso di passarlo a studiare insieme per recuperare il tempo speso nelle attività del club d’arte a cui era iscritta Akira. Takumi si era perciò offerto di darle una mano con le materie in cui era rimasta indietro; inoltre, non potendo più avere il privilegio di condividere la stessa camera nel dormitorio maschile, per il giovane questa era una buona occasione per passare del tempo con lei.
   La nuova coinquilina di Okuzaki, un’anonima studentessa del terzo anno delle medie, tornava a casa tutti i fine settimana perché la sua famiglia non abitava troppo lontano da Tsukimori. Per questa ragione Takumi e Akira avevano scelto come luogo di ritrovo la stanza di quest’ultima anziché la biblioteca, troppo affollata e piena di ragazzine in piena crisi ormonale, pronte a spiarli e ad additarli, non sapendo decidere chi di loro fosse il più bello; e poco importava se Akira era una lei, visto che per quasi un anno era stata uno dei migliori bishonen che avessero mai visto.
   Innervosita per aver commesso l’ennesima svista nello svolgimento di un esercizio di matematica che aveva così compromesso la buona riuscita del problema, la ninja iniziò a cancellare i numeri segnati con la matita sul quaderno. Lasciò ricadere bruscamente la gomma sul ripiano del tavolo, ma essa rimbalzò e rotolò sul pavimento, fino a che non finì sotto al divanetto lì di fianco. La ex-HiME sbuffò e si piegò in avanti, cercando di capire dove fosse andata a finire, ma per quanto aguzzasse la vista, non le riuscì di trovarla.
   «Akira-kun, vuoi che la prenda io?» intervenne il giovane alle sue spalle.
   «Spiegami cosa cambierebbe: vedendo te, la gomma deciderebbe di farsi trovare?» ribatté seccata lei.
   Takumi non vi badò, usando il solito, pacato tono di voce per farle notare che: «No, ma se mi chino io, non rischio di mostrare la biancheria intima.»
   Ad Akira ci vollero due o tre secondi per afferrare il senso di quelle parole, ma poi raddrizzò subito la schiena, talmente di scatto che l’altro temette che avrebbe sbattuto la testa contro lo spigolo del tavolo. «Perché diamine non me l’hai detto?!» strillò la ragazza, tenendo ora la corta gonna dell’uniforme aderente alle gambe, il viso rosso per l’imbarazzo.
   «Non l’ho appena fatto?»
   «Sì, ma avresti dovuto dirmelo immediatamente!»
    Lui si grattò uno zigomo con aria in parte colpevole. «Scusa, ma… sono un maschio anch’io.»
    Stizzita per quella risposta, la ninja gli scoccò un’occhiata truce. «Maniaco.»
   «Per così poco?» rise Takumi, decidendo di darsi da fare per ritrovarle la gomma. «E comunque hai fatto tutto da sola, io mi sono limitato ad osservare.»
   «Vatti a fidare degli amici», fu il caustico commento che gli ferì le orecchie.
   «Amici?» mormorò, rimanendoci male.
   «Beh, è quello che siamo», tagliò corto la fanciulla, spostando lo sguardo altrove nonostante lui le stesse dando la schiena.
   «Mh», si fece pensieroso Takumi. «In effetti non abbiamo mai definito nulla», ragionò a mezza voce.
   L’altra non rispose, trovando incredibile come lui riuscisse a parlare così naturalmente di certi argomenti. Invidiava un po' la sua capacità di non farsi prendere dalla timidezza.
   «Abbiamo già saltato un San Valentino.» No, si disse Akira, convincendosi di essere in errore: probabilmente Takumi non sapeva neanche cosa fosse, la vera timidezza. «Bisogna rimediare.»
   «Eri in convalescenza in ospedale», gli rispose lei, piccata. «E comunque, chi ti dice che ti avrei preparato del cioccolato, se fossi stato bene?»
   Il giovane si alzò a sedere per fissarla. «Me ne regalerai il prossimo anno?» le chiese, senza preoccuparsi di quella richiesta sfacciata.
   Akira voltò il capo dall’altra parte per sfuggire al suo sguardo. «Certo», affermò senza indugio, facendolo sorridere di cuore: anche se doveva ancora abituarsi a portare le gonne, senza neanche accorgersene la ragazzina aveva iniziato a comportarsi in modo sempre più femminile, arrivando anzitutto a ragionare come una donna con quel suo negare l’evidenza per poi giurare l’esatto contrario.
  Era in momenti come quelli che Takumi si riteneva fortunato ad essere cresciuto con una sorella più grande. «Direi quindi che abbiamo risolto il problema sul cosa siamo», concluse soddisfatto.
   Quella che, a quanto pareva, era ormai legittimamente la sua innamorata tornò a fulminarlo con gli occhi a mandorla, mostrandosi apertamente in disaccordo. «Non abbiamo risolto un bel niente, invece.» Gli sembrava davvero modo di chiederle ufficialmente di mettersi con lui, quello?
   «Akira-kun?» la chiamò Takumi, ignorandola a bella posta. E sfidando come sempre i suoi nervi.
   «Cosa?»
   Tacque, indisponendola ulteriormente. Ma prima che Akira potesse insultarlo, il ragazzino decise di aprire di nuovo bocca. «Non credi che sia ora che io la smetta di chiamarti così?» Lei lo fissò come se fosse ammattito di colpo. «Akira-chan?» provò ancora il suo compagno di classe, non troppo convinto. «Akira-chan…» ripeté, cercando di abituarsi a quel suono. «È carino, non trovi?» concluse, sorridendole.
   La diretta interessata bofonchiò qualcosa di insensato, segno che era in parziale imbarazzo. «Nessuno mi ha mai chiamata in quel modo», ci tenne a fargli sapere.
   «No?» si meravigliò Takumi. «Nemmeno in famiglia?»
   «Macché. Per il clan sono Akira-sama», iniziò a spiegargli la ninja, pur sentendosi ancora a disagio. «Mentre mio padre non usa suffissi.»
   «Come fai tu», constatò il giovane, comprendendo una volta di più quanto la sua ex-coinquilina assomigliasse al proprio genitore. Mise un gomito sul divano per appoggiarvi il peso del corpo e iniziò a fissarla con più insistenza, facendole inarcare un sopracciglio. «Akira», affermò poi, facendosi serio. La vide imbarazzarsi più di prima e arrossì a sua volta per quell’ardire. «Ehm… ecco la gomma», mormorò, aprendo il pugno per mostrargliela. «Era nascosta dietro uno dei piedi del divanetto.»
   «Grazie…» farfugliò la ragazzina, senza però allungare la mano per prenderla.
   Capendo di averla turbata e, pertanto, di aver osato troppo, Takumi posò la gomma sul tavolo e alzò gli occhi azzurri su di lei con fare incerto. «Non vuoi che ti chiami per nome?» domandò comunque per evitare fraintendimenti di sorta.
   Lei evitò il suo sguardo indagatore e, impacciata, rispose: «Fa… uno strano effetto…» Ci pensò meglio e aggiunse, tanto per fargliela pagare: «Per due amici.»
   L’altro batté le palpebre, decidendo però di stare al gioco. «Tu mi hai sempre chiamato soltanto Takumi
   «È il tuo nome, mi sembra.»
   «Quindi ti chiamerò soltanto Akira», insistette.
   Le labbra di lei si curvarono all’ingiù. «Bene. Allora d’ora in poi ti chiamerò Stupido
   Takumi rise. «Speravo in qualcosa di più affettuoso.»
   «Scordatelo!» sbottò Akira, scandalizzata dalla sua faccia tosta.
   «Perché no?» Sbuffò, braccia conserte, e si rifiutò di rispondere. Lui la provocò ancora. «Non hai forse detto che mi farai un regalo per San Valentino?»
   «Taci.»
   «Qual è il problema, me lo spieghi?» s’incaponì Takumi, cercando di farle comprendere il proprio punto di vista. «Anche Onee-chan e Yuuichi-san si chiamano soltanto per nome.»
   «È diverso!» scattò la ninja, domandandosi a sua volta per quale dannata ragione lui non capisse una cosa tanto ovvia.
   Lui parve pensarci su un attimo, ma poi scosse la testa in segno di resa. «Sinceramente, me ne sfugge la ragione.»
   Mortificata, la fanciulla lasciò ricadere le mani in grembo, cominciando a giocherellare con l’orlo della gonna. Aveva il capo basso per la vergogna, ma ciononostante preferì chiarire. «Perché… loro stanno insieme.»
   Takumi inarcò le sopracciglia castane, fissandola con aria stupita. «E noi no?»
   Presa sempre più in contropiede, Akira quasi andò a fuoco tanto era diventata rossa. «N… Io…» Balbettò a vuoto per qualche attimo; infine si arrese a tartagliare: «Qualcosa del genere…»
   L’ennesimo sorriso accolse quella dichiarazione ed il suo innamorato si sporse verso di lei per baciarle castamente la fronte attraverso la corta frangia scura. «Dopotutto, credo che resterai Akira-kun ancora per un po’. Almeno fino a che non ti sarai messa definitivamente in testa che ti voglio bene per davvero.»












Dio, quanto è passato dall'ultima volta che ho postato in questa sezione? Almeno tre anni e mezzo, credo. In ogni caso, questa shot (che tanto per cambiare è TakuAki) risale al 30 gennaio 2009, ma non chiedetemi perché non l'abbia mai postata: non saprei cosa rispondere.
La dedico con tutto il cuore alla mia carissima KuromiAkira, sperando di poterla rendere felice anche sotto Natale, quando metterò online anche un'altra chicca che scrissi anni fa soltanto per lei ma che adesso credo di sentirmi più o meno pronta a condividere con tutti voi.
Shainareth





  
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