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Autore: Girl_in_Blu    14/09/2012    3 recensioni
[Mirai Vegeta, Mirai Trunks, Mirai Bulma]
Una madre, un padre ed un figlio. Tre vite che s'intrecciano tra passato e futuro.
Una one shot che si divide in tre parti, ognuna narrata da un punto di vista diverso, quello di una madre, di un padre, che ancora non sa d'essere tale, e di un figlio.
Estratto:
"Tutto ti sembra svanire e pare che il mondo intero crolli, franando e lasciandoti senza un appiglio.
Le pareti ti appaiono più deboli del solito e pensi che prima o poi crolleranno uccidendo gli abitanti di quella dimora.
Ti senti l’aria mancare, il respiro –d’un tratto- ti si blocca in gola, l’aria non scende, non arriva ai polmoni."
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Another universe. '
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Questa one shot è divisa in tre parti, ognuna narrata dal punto di vista di un personaggio che preciso all’inizio al quale segue una frase, la prima è una citazione. Tutte e tre sono legate, in particolare la prima alla terza, ma vedrete leggendo…
Spero vi piaccia. Buona lettura, Jo.
 









In later life…



***


Vegeta

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio


[Cesare Pavese]




Tutto ti sembra svanire e pare che il mondo intero crolli, franando e lasciandoti senza un appiglio.
Le pareti ti appaiono più deboli del solito e pensi che prima o poi crolleranno uccidendo gli abitanti di quella dimora.
Ti senti l’aria mancare, il respiro –d’un tratto- ti si blocca in gola, l’aria non scende, non arriva ai polmoni.
Neppure un neonato, nel suo primo vagito, trova la difficoltà che adesso ti blocca.
E ti chiedi cosa stia succedendo, è dolore quello che provi?

Maledetto Kakaroth, maledetto lui e il suo cuore dannatamente fragile.
Non doveva morire così, lo sai bene Vegeta. Dovevi essere tu ad ucciderlo, non una stupida malattia.
Avresti dovuto stringere quell’organo pulsante con la tua mano regale, guantata di un bianco macchiato di sangue, il suo, quello del tuo acerrimo e migliore rivale.
La sua morte doveva avere i tuoi occhi, il tuo viso e doveva segnare la fine di un vizio, di un’era passata a rincorrerlo, raggiungerlo per poi superarlo. Ma adesso la sua morte è come vedere in uno specchio, quando ti guardi in esso, vedi il suo di riflesso .
È morta quella stupida terza classe, quel saiyan che disonorava la tua specie. È morto lasciandoti senza uno scopo.
Adesso sei solo, Vegeta.
L’ultimo di una stirpe maledetta dalle fiamme dell’inferno, nata forse dalla ferita grondante sangue di un demone, un fottutissimo demonio che aveva trasmesso loro la propria crudele voglia d’uccidere.
E i saiyan sguazzavano nel putrido sangue delle loro misere vittime, si nutrivano del loro dolore per divenire più forti, almeno questo pensavi.
Ma la sua conoscenza ha fatto crollare il tuo mondo, sgretolatosi al suolo, come un edificio imploso, che riversa le proprie macerie su se stesso.
Lui, un saiyan, amava ed era amato. Una terza classe migliore dei suoi superiori, del principe stesso che avrebbe dovuto guardare dal basso, con riverenza e timore.
Kakaroth ti ha atterrato soltanto con la sua diversità. Diversità che l’ha reso più forte di qualunque altro guerriero di quella stirpe marchiata dall’odio.
E quel marchio te lo porti addosso, lo senti ardere ogni volta che pensi a quell’uomo…
L’ultimo, insieme a te, della tua specie, diverso ma spinto dallo stesso istinto, animato dalla tua stessa voglia di batterti.

Cos’è solitudine quella che provi?
Cosa ti affligge, ancora non riesci a capirlo eppure sei vivo, sei sano, sei forte ma ti senti morto lo stesso, avvolto dall’oscurità dell’oblio, del nulla, del vuoto.
Sei vuoto, Vegeta. Ti senti svuotato di tutto, sei un corpo che cammina, mangia, respira a fatica e sei senz’anima.
Quella sporca, sudicia, anima è morta con lui: il tuo scopo, la tua nemesi, l’unico saiyan ancora in vita.
E la cosa che più non riesci a perdonarti è l’essere morto con lui, facendolo vincere ancora, per l’ennesima volta Kakatoth ti ha sconfitto, umiliato, privato della vendetta. Maledetto!
Nemmeno lei riesce a distrarti, nemmeno quella donna riesce più a stimolarti.
-Quella robaccia ti ucciderà- le dici, senza riuscire a portar a termine la minaccia che vorresti elargirle.
“Se tanto ci tieni a morie, potrei accontentarti” questo avresti voluto aggiungere, ma adesso non vuoi battibeccare con lei, non puoi, non ci riesci.
-Puzzi di quella roba- in fine le dici dandole le spalle, l’unica cosa che al momento ti riesce fare: voltarle le spalle, in fondo l'hai già fatto una volta…
Non sai nemmeno perché sei rimasto, sei tornato per lui, per Kakaroth, ma non hai fatto in tempo, non sei riuscito a sconfiggerlo, a riprenderti l’onore perduto, a ripulire il vessillo macchiato dal disonore.
Lui è morto. E tu lo hai visto morire.

Un vagito, quel vagito, ti stordisce la testa, ti martella le membra come un boato in battaglia che risuona nell’aria con eco.
E ti arrabbi con te stesso. Perché rimani? Ti chiedi, perché mai dovresti restare se quel pianeta è ormai privo di sfide?
Ma quel vagito, quel pianto, non fa che confonderti le idee e richiamarti a sé.
E tu graviti intorno al moccioso, come la Luna intorno alla Terra. È più forte di te, è un richiamo istintivo.
Lo guardi, lo analizzi e noti che i timpani hanno smesso di soffrire per quel rumore assordante.
E ti accorgi che lui ti cercava e chiamava e che tu non lo avevi mai guardato così da vicino.
Somiglia a sua madre, ne sei deluso.
Avresti voluto che fosse il tuo specchio?
Forse una parte di te sa perché resti, sa che vorresti scoprire cosa di tuo ha quel neonato frignone, ma getti quella curiosità nei meandri più oscuri del tuo animo.
Non m’importa nulla di te, moccioso .Pensi.
Menti, non sapendo ancora di mentire.



***



Trunks
 
Un padre impara ad amare col tempo,
perché il cuore di un uomo non è mai grande quanto quello di una madre.

 


Guardi l’orizzonte, cerando con lo sguardo di oltrepassarlo, ma la polvere delle macerie t’impedisce di vedere, osservare, sperare…
In quel tempo, non v’è altro che affanno, dolore, rimpianto, impotenza e lo strazio per aver seppellito un maestro ed amico.
Non hai mai avuto un padre, ma ciò che di più simile esista seppur chi ti abbia dato la vita fosse borioso, arrogante, superbo e per molti meschino, insomma diverso da chi ti ha cresciuto e forgiato.
Eppure quell’uomo, quel saiyan, ti è sempre mancato.

Come si fa ad amare chi non si conosce?
Te lo sei sempre chiesto senza trovare alcuna risposta, la ragione non ha mai avuto risposte e non ha mai conciliato col cuore. E lo sai Trunks, sai bene chi sia l’uomo che ti ha generato e lo hai amato come un figlio ama suo padre.
Non aspettarti troppo da lui. Non hai mai udito parole più dure, nonostante tua madre abbia aggiunto che un padre impara ad amare col tempo, perché il cuore di un uomo non è mai grande quanto quello di una madre.
Ma non capisci, non riesci a comprendere e tutto ti è parso confuso, in contrasto, ma in fondo sei solo un ragazzo…
Riguardi dal vetro e vedi solo fumo, cenere e macerie e tutto è confuso, come i tuoi pensieri e tuoi desideri.

E le tue aspettative?

E rimugini su te stesso, sulle tue doti e sul tuo sangue, eppure non riesci a trovare una soluzione: loro troppo forti, tu incredibilmente sopraffatto dagli eventi, da ogni battaglia, in ogni battaglia.

Dopo una sconfitta, l’orgoglio ti brucia le vene e il dolore per le vittime ti affligge e ti pare difficile anche solo respirare quell’aria ribollita da rabbia e da grida.
E nonostante non sia tu la causa di ciò che è accaduto, ti senti colpevole e ti maledici per quello che non hai fatto e per ciò che potresti, ma che non riesci: superare quel limite che ti ha maledetto.

Quanti affanni per un diciassettenne…
Quanto contrasto per un ragazzino, per un mezzosangue tra l’umano e il guerriero.


Socchiudi gli occhi, per un raggio di sole riflesso sul vetro, mentre la macchina s’innalza nel cielo.
Nonostante l’altezza e la nuova visuale non vedi altro che polvere, finché dopo il buio del viaggio, rivedi la luce.

Adesso, in un altro tempo e in uno spazio diverso, riesci a scorgere cosa c’è dopo l’orizzonte: c’è vita, speranza, futuroe tuo padre.
 
 
 
 
 

***



Bulma

Non v’è ricordo più vivo di un amore di un figlio.
Un figlio del quale essere fiero e che avrebbe alimentato quell’amore sospeso d’orgoglio.
E nella morte quel figlio diviene un’ancora di vita.

 
 

Hai sempre creduto nella magia, nell’esistenza di qualcosa che andasse oltre il tuo mondo, oltre la tua stessa comprensione.
Neppure dopo che il cuore ti è andato in frantumi, dopo che lui ti ha lasciata per sempre, spegnendosi e perdendosi nell’oblio della morte, nemmeno allora hai smesso di credere.
E ancora una volta hai creduto nella magia, ti sei affidata a qualcosa di grande, più grande di quella cui hai sempre affidato te stessa.
Hai creduto Bulma, hai sperato nonostante la morte ti avesse sfiorata prendendosi chiunque ti abbia mai amato. E ce l’hai fatta, testarda scienziata. Sei riuscita ad andar oltre lo spazio ed il tempo e, questa volta, è stata la tua magia a salvare la Terra, una magia tutta umana, perché era giusto che fosse un terrestre a salvare il suo mondo.
“Forse è il karma” ti dici espirando il fumo della sigaretta che hai tra le dita, ormai ridotto a un inutile mozzicone, senza filtro per giunta.

-Dovresti smettere di fumare. Quella roba ti uccide- ti senti dire alle spalle ed è allora che lo rivedi.
Ritto e fiero di essere se stesso, con le braccia incrociate e una spalla poggiata allo stipite della porta; che ti guarda con occhi profondi, intensi ed attenti a ogni tuo movimento.
E ti perdi nel suo cipiglio, nel suo sguardo, nelle sue iridi azzurre che nascondono il nero pece del dolore e di una vita di stenti. E maledettamente te lo ricorda, forse è stato il viaggio e la sua conoscenza; ma ora, più che mai, Trunks ti ricorda suo padre.
Quella robaccia ti ucciderà. Ti disse Vegeta, con una smorfia di disgusto per l’odore del fumo. Puzzi, aggiunse voltandoti le spalle e lasciandoti sola, a pensare ad un modo per fuggire via, via dal dolore.
Ma nonostante lui, la salute, nonostante tutto ne accendesti un’altra e poi ancora un’altra.
In guerra un vizio è un lusso che non ci si può permettere, eppure tu del fumo non te ne sei liberata.
Quella insolita bacchetta ti ha accompagnata in ogni scoperta e c’era quando, espirando quel fumo, pensasti ad un viaggio nel tempo e c’era quando, nervosa, progettasti la macchina.
-Adesso la guerra è finita, perché non smetti?- ti chiede tuo figlio, comprensivo e tu gli sorridi.
-Dovrei, in fondo, ho iniziato…n-non ricordo quando ho inziato- gli dici stupita, tu non dimentichi mai nulla.
-Bene, allora ricorderai quando hai smesso- afferma strappandoti le parole di bocca. In fondo quel ragazzo somiglia anche a te e te ne compiaci, perché sai che nella vita l’orgoglio maggiore proviene dai figli.

E tuo figlio è il tuo orgoglio e sai, con certezza, che è anche il Suo.
 

 






































Note finali: ok, rieccomi con una one shot" impegnata", sicuramente più seria delle raccolte, che spero vi sia piaciuta. Grazie infinite per essere arrivati fin qui :D
La parte su Mirai Trunks è presa in parte dalla mia flash "Oltre ogni orizzonte". 
E...e basta! Non ho altro da dire, spero mi lasciate un commentino e a presto.
 
 
   
 
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