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Autore: Willy Wonka    15/09/2012    1 recensioni
[A Nick scappò una lacrima che scese lungo la sua guancia, si fermò appena sulla punta del mento, e cadde a bagnare quel pezzetto di carta che aveva in mano. Non si accorse nemmeno che aveva portato una mano alla bocca in modo che il palmo potesse nascondere le labbra, quelle labbra morbide che tremavano e non sapevano che dire. Le sue iridi verdi erano ferme su quelle righe, due iridi scintillanti in uno sguardo che si faceva lievemente arrossato.]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il riflesso è figlio unico



“Simon!!!!! Dannazione!!!”

“John aspetta è la chitarra che- “
“Aaah sei sempre il solito! Non ti presto più niente! ROGER! Ricordami di non prestargli più niente!”
E Roger, dalla bocca piena della brioche alla crema che stava mangiando, guardò il bassista come un ladro che è stato colto in flagrante, per poi guardare il povero Simon con occhi pieni di comprensione.
“Ma nooooo John ti sbagli, tutte le chitarre hanno cinque corde, eh!”
“Che??? Tu vuoi dire a me che le chitarre hanno cinque corde??!!”
“Ma certo! Pure il tuo basso ne ha cinque!”
“Quattro!”
“E vedi? Una corda in meno, che male c’è. Non gliene frega a nessuno”
Roger si coprì gli occhi con una mano.
Fu proprio in quel momento che nella sala da colazione dell’hotel fece capolino Nick, con i capelli tutti arruffati e due palpebre pesanti che dolcemente reclamavano altro riposo. Percorse la sala facendo attutire i suoi passi su una morbida e costosissima moquette rossa, e la sua attenzione era tutta rivolta verso quell’invitante profumo di caffelatte e brioches calde che riempiva l’aria della mattina. In fondo alla stanza sentì due persone gridare come matte: “Trovati” pensò con un sorrisetto.
“E Nick?” chiese Roger giusto per tentare di troncare la discussione e fermare John che tirava abbondanti manciate di cereali a un Simon che urlava e strizzava gli occhi come un bambino di cinque anni.
“Nick è qui” rispose egli stesso spuntando da dietro il batterista, rallegrato di vederlo. Sbadigliò sonoramente stiracchiandosi le ossa, infine prese lo schienale della comoda sedia e lo tirò verso di sé per sedersi proprio di fronte al cantante che implorava pietà.
“ ’Giorno a tutti… mi avete lasciato qualcosa?” disse con voce impastata dal sonno.
“Qui c’è roba per un armamento” rispose Roger passandogli un piattino con delle fette biscottate ricoperte da marmellata di tutti i tipi e colori. Il tastierista ne prese una e ne azzannò un angolino combattendo, morso dopo morso, la voglia di crollare dal sonno lì sul tavolo, fino a quando i suoi occhioni verdi e stanchi non si posarono su Simon davanti a lui. Rimase a fissarlo perplesso.
“Lo sai che hai dei cereali tra i capelli…vero?” esclamò a bocca piena e con ancora la fetta biscottata in mano “… che li mangi tutti?”
Simon fece una smorfia che fece crepare Roger dal ridere, mentre Nick, scrupolosamente, cominciava a prendergli i cereali dai capelli e a mangiarseli uno a uno.
“Come le scimmie!” esordì John a braccia conserte, ancora ricolmo di rabbia per la sua chitarra.
“Ma dai John, sono anche i miei preferiti” rispose il tastierista indaffarato nella sua esplorazione “prova le stelline alla vaniglia”
Il bassista lo fissò con occhi ridotti a fessure, per poi osservare con lieve curiosità Simon, una povera vittima che stava per tirare qualcosa dietro a Nick. Allungò una mano verso di lui, prese una stellina dalla sua chioma e se la mangiò.
“E’ buonissima!” disse cambiando totalmente umore.
“Te l’avevo detto” continuò Nick tutto rivolto verso Simon, che questa volta aveva non una, ma ben due persone che gli mangiavano dai capelli, ed apprezzavano pure.
“Aspetta ci metto un po’ di latte”
“PIANTATELA  ADESSO!!!” esplose fermando John che già era pronto a versargli il latte in testa.
Roger dal canto suo non la smetteva più di ridere a vedere quei tre pazzoidi farsi la guerra l’un l’altro. Rideva talmente di gusto che aveva smesso persino di fare colazione.
“Pagliacci!!!”
“Ma solo un po’ di latte!”
“Ho detto basta!!!”
“Mettigli anche il cacao!”
“Buono quello!”
“E la panna! La panna!!”
Simon minacciò ad alta voce di lasciare il gruppo, per poi alzarsi e scrollarsi gli ultimi cereali rimasti dai capelli.
Dopo altri cinque minuti buoni di battibecchi e risate che avevano infastidito un paio di clienti snob seduti accanto al loro tavolo, i quattro decisero di ritornare ognuno alle proprie stanze per fare una doccia e sistemarsi come si deve. Simon, giunto da poco al secondo piano ed intento a girare la chiave nella toppa della sua porta dipinta di bianco, vide Nick salire le scale stropicciandosi gli occhi e percorrere il corridoio per raggiungere la stanza a lui destinata, che stava proprio tre porte più in là rispetto a quella del cantante. Per quelli che furono pochi secondi gli occhi color oceano si posarono fulminei su quelli color bosco dell’altro, credendo fermamente che quest’ultimo non lo avesse nemmeno notato. Ma una cosa che Simon doveva tenere a mente era che ai fotografi non sfuggiva mai nulla. Così il tastierista gli passò davanti facendo finta di niente, ma intascando in realtà quel piccolo attimo di libertà che avevano appena vissuto insieme.
Rinchiusi nei rispettivi bagni, entrambi si lasciarono coccolare dal getto della doccia, lavando via il sonno, per poi darsi un’accurata sistemata allo specchio che campeggiava sulla parete di fronte alla cabina.
Spesso in momenti come quelli Simon si concedeva qualche minuto per viaggiare con la mente verso le cose più disparate, anche verso tutto ciò che riguardava sé stesso.
Si pettinò con le dita  i capelli all’indietro e si perse a guardare il proprio riflesso in quella lastra di vetro appannato dal vapore; ci passò sopra una mano in modo da vedersi più chiaramente, e rimase lì, a contemplare la sua figura avvolta per metà da un asciugamano da chissà quanti soldi. Osservò le goccioline d’acqua raccogliersi sulla sua pelle fresca, fece scorrere l’indice sulla guancia punteggiata dalla barba accorgendosi che gli era appena saltata in mente un’immagine di Elvis.
Cosa rifletteva quello specchio? Questo si chiese senza distogliere gli occhi da se stesso.
Ruotò leggermente il polso arrivando a sfiorarsi le labbra morbide e sensuali per alcuni, appena screpolate al centro, per poi accarezzarsi pensoso il mento bagnato.
Aprì lievemente la bocca accorgendosi degli occhi di quell’immagine riflessa, emisferi blu chiaro che sembravano così ridenti e così malinconici allo stesso tempo. C’era chi ci vedeva le onde del mare dentro, un mare salato e cristallino, limpido come un cielo in estate ed innocuo come la luce della Luna. Abbassò le palpebre con quella sua tipica espressione di quando era serio e concentrato, con quello sguardo che lo rendeva dannatamente enigmatico, impenetrabile in tutta la sua figura, e che ti sconvolgeva totalmente i pensieri.
Che ci trovava, in fin dei conti, la gente in lui?
Dipinse coi pensieri immagini di colorati concerti fino a tardi e case discografiche pronte ad ingoiare i loro album nuovi di zecca.
Sarebbe durato?
E quelle palpebre che lo rendevano un ingenuo bambino racchiusero improvvisamente un mare in tempesta, una spiaggia presa a frustate da onde d’inchiostro cariche di pioggia ed arricciate dalla schiuma, un cielo blu notte che minacciava di fare a pezzi i satelliti.
La sua mano esperta scese fino alla gola, e terminò il suo cammino. Eccola lì, l’unica cosa che gli rimaneva. Tolta quella, era uno, nessuno, centomila. Era dimenticato. Era l’ormai superato Simon Le Bon, era quel cantante carino e dalla faccia paffuta che campeggiava nei poster delle ragazzine negli anni 80, e che ora aveva passato il testimone ad altri gruppi, ad altri frontman bellocci e dallo sguardo languido. Il mondo cambiava là fuori, lui invecchiava lì dentro, e chissà, forse nemmeno più la voce avrebbe potuto salvarlo. Lui, i Duran Duran, il New Romantic che cercava un tv sound, erano roba passata, spazzatura che probabilmente interessava solo i più nostalgici. Ciò in realtà non lo deprimeva più di tanto, ma lo metteva quasi in guardia, suonava come un campanello d’allarme che gli ricordava che quando si raggiunge l’apice del successo, dopo non si può far altro che scendere, un poco alla volta. Forse i pionieri dei lontani anni 80 dovevano rimanersene là, perché nei tempi odierni, sebbene saltellassero ancora da un capo all’altro del palco e cantassero con tutta la loro potenza, mascheravano un senso di disadattamento in un mondo che non era loro, in un’epoca a loro quasi sconosciuta. Erano tante piccole trottole che giravano e non sapevano più dove andare, tanti vecchi giocattoli che le nuove generazioni nemmeno conoscevano. Pensò questo, immaginandosi di guardare allo specchio i Duran Duran. Pensò questo, iniziando a canticchiare una magica canzone di quegli anni d'oro.
"All around me are familiar faces, worn out faces, worn out places..."

Restò a scrutare il riflesso di quell’uomo che forse non capiva appieno, bisbigliando con voce velata che Nick non era l’unico, non era l’unico a sentirsi ormai uno dei tanti, sebbene ben sapesse che da alcuni fosse considerato attraente e ancora pieno di carisma.
Qualcuno d’improvviso bussò alla porta, e fu costretto a precipitare nella realtà per rivestirsi di tutta fretta ed andare ad aprire.
 

 






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 Sjnjkvsndjvnjwnjknbjnsjrgunjsguh, che volete, amo gli anni 80 ç-ç *fissa il suo taglio di capelli

PERCHE' NON POSSO VIVERE QUEGLI ANNI???????  
Anywaaaay, spero che la storia vi piaccia, ho aggiunto un nuovo capitolo ma ancora non so se continuerò -w-




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R: "Detesto quando litigate tu e John"
S: "Tranquillo Roger, non sarà mai peggio di quella volta alla conferenza anni 80"

*alla conferenza dei gruppi anni 80*

J: " D:< Non mi incanti sai, tu ti sbaciucchi con tutti quelli che ti  capitano, Snoffy, Al, Lio"
S: "DDD:"
J: "Little Moe, sì proprio lui lo zoppo, Cif, Mony Bob, NICK"
N: "oAo"
*tutti gli anni 80 si girano verso di lui
N: "No! non è vero!!! OAO"
*Roland tossicchia
*Nick piange


Solo quelli che hanno visto il mitologico Mamma ho riperso l'aereo possono capirlo X°°°D

   
 
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