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Autore: silvia_arena    15/09/2012    2 recensioni
«Sono Morfeo» si presentò lo sconosciuto. «Dovevo farvi addormentare, bella fanciulla. È incredibile che voi riusciate a vedermi, non capisco come sia possibile.»
«Farmi addormentare?»
«Come ogni notte.»
«Ogni notte vieni qui?»
«Ogni notte vi conduco nel mondo dei sogni.»
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo quattro – Il figlio di Ade
 
Diletta era molto spaventata, ma ogni volta che percepiva Morfeo accanto a lei, si tranquillizzava. Teneva stretta la sua mano, e la stringeva ancora di più quando sentiva qualche rumore strano.
L’Ade era terrificante, ma avrebbe fatto qualunque cosa pur di rivedere Angela almeno una volta.
«Ti senti bene?» le domandò Morfeo.
«Sono terrorizzata» rispose Diletta, tremando. «Ma voglio farlo» aggiunse, cercando di suonare convinta. Poi si voltò verso Morfeo e gli disse: «Grazie.»
«Il minimo» sorrise Morfeo, cercando d’infonderle sicurezza.
Continuarono a camminare per un po’, e Diletta ancora non sapeva se stessero andando a cercare Angela o al cospetto del dio Ade. Era sul punto di chiederlo a Morfeo, quando qualcosa la colpì alle spalle e l’atterrò. Diletta gridò per lo spavento: a meno che le anime non avessero una massa negli Inferi, quello era un peso umano.
Provò a voltarsi per vedere chi l’avesse assalita, ma il suo peso le impediva di girarsi.
Morfeo si riprese dallo shock e urlò allo sconosciuto: «Chi sei? Lasciala!»
«Il dio Morfeo…» osservò lui. «Vorrei dire “Che piacevole sorpresa!” ma non è né piacevole, né una sorpresa: sapevamo che saresti venuto.»
A Diletta sembrò di riconoscere quella voce, ma era assurdo che Nathan Shade si trovasse negli Inferi. Scacciò dalla mente quel pensiero. Provò di nuovo a guardarlo in volto o a tirarsi su, invano.
«Chi sei?» ripeté Morfeo, a denti stretti.
«Il figlio di Ade» rispose lui «il quale è pronto a rivelare a Zeus che Morfeo se la fa con una mortale. Non credo ne sarà troppo felice.»
«A quanto pare anche Ade è stato con una mortale, visto che tu esisti» ribadì Morfeo.
«Ti sbagli, Morfeo» replicò il figlio di Ade. «Mia madre è la dea Persefone.»
«E lo sa che suo figlio ficca il naso negli affari altrui?» ribatté il dio del sonno.
«Come se voi Dei foste tanto diversi» accusò lui. «Non fate per caso del male, fra di voi e agli umani, solo per divertimento?»
Ci fu un attimo di silenzio. «Sei qui per farmi lezioni di condotta?» domandò, pungente, Morfeo.
Il figlio di Ade era sul punto di replicare, quando una voce rumoreggiò negli Inferi: «Quante chiacchiere.»
Diletta rabbrividì.
«Padre!» Il figlio di Ade s’irrigidì. «Credevo d’aver capito che sarebbe stato un MIO compito portare la mortale al tuo cospetto» disse, quasi offeso.
Diletta era già sbiancata al suono di quella voce così potente, ma appena il figlio di Ade lo chiamò “padre” e la chiamò in causa, si sentì quasi svenire.
«Parli di mortali, ma non lo sei forse anche tu, figliolo?»
Il ragazzo s’irrigidì ancora di più. «E con ciò cosa vorresti insinuare?»
Fu allora che apparve, altissimo, emanando un’aura di potere da far paura: Ade, il Dio dei morti.
«Che anche tu potresti restarci secco» rispose.
Morfeo e Diletta, ma specialmente il figlio di Ade, intuirono che quell’affermazione non prometteva bene.
Eppure, Diletta era sempre più convinta che si trattasse di Nathan Shade, così decise di prendere in mano la situazione. Un tentativo, che danno avrebbe fatto?
«Ti spiacerebbe lasciarmi alzare, Nate
Nathan esitò. «Come diamine…?»
«Il tuo tono impertinente» spiegò Diletta.
Nathan, rassegnato, si alzò. Diletta, stranamente, non era così sorpresa che quell’idiota fosse figlio del dio Ade.
«Incapace» commentò Ade.
«Ho fatto del mio meglio!» ribatté lui.
«Dovevi restare in incognito.»
«Volevo arrivare a lei prima ancora che mettesse piede negli Inferi!»
«Erano questi i miei ordini?»
«No, ma…»
«Allora non hai adempito il tuo compito» concluse Ade.
Nathan chinò il capo.
Morfeo, che fino a quel momento era stato in silenzio ad ascoltare la discussione, decise di parlare: «Ade, non intendevo violare i confini del tuo regno. Ero solo in visita.»
«In visita per cosa?» domandò Ade.
«Un’amica di Diletta è morta.» Quando lo sguardo di Ade si posò su Diletta, lei desiderò farsi piccola piccola fino a scomparire. Mosse istintivamente un passo verso Morfeo. «So che tu non gradisci questo genere di cose, ma… era davvero disperata, aveva un’ultima cosa da dirle ma purtroppo tu l’hai chiamata a te e perciò non ne ha avuto l’occasione» continuò Morfeo.
Lo sguardo di Ade si posò, severo e irato, sul figlio. Lui sembrava sul punto di una crisi. «Non avevo idea…»
«NON AVEVI IDEA?!» tuonò Ade.
«…che avrebbe osato tanto!» assicurò Nathan.
Il dio dei morti rivolse la sua attenzione a Morfeo: «La tua amica mortale crede forse che, possedendo le attenzioni di un dio, è libera di andare in ogni luogo vietato agli umani? Domani hai intenzione di portarla in giro sull’Olimpo?» domandò, sarcastico.
«No, lei non c’entra nulla, sono stato io a proporglielo» spiegò Morfeo.
«Allora sei un incosciente» concluse Ade. «Magari credi anche che la farò uscire viva da qui?»
Morfeo si parò davanti Diletta. “È così che finirà la mia vita?” si domandò la ragazza. “Uccisa dal dio dei morti… Questa sì che è una cosa tragicomica.” Era certa che se avesse parlato avrebbe solo peggiorato la situazione, ma preferì tentare che fare la figura di quella che non sa difendersi.
«Mi dispiace tanto, non intendevo mancarvi di rispetto» disse ad Ade – ricordandosi di usare il “voi” – senza avere il coraggio di guardarlo in faccia.
«Non implorare il mio perdono, ragazzina» rispose, gelido, Ade. «Oramai non serve più.»
Fu allora che Ade prese la sua forma divina, ed era davvero terrificante: era alto almeno il doppio e quasi non si scorgeva il volto. Sembrava un ammasso di fuoco.
«Puoi farlo anche tu, vero?» chiese Diletta a Morfeo.
«Temo di no» rispose lui.
«Siete finiti» dichiarò Nathan.
«Mi pare che tuo padre abbia tenuto a rammentarti che anche tu potresti restarci secco» replicò Diletta.
«Scherzava» ribatté lui, ma non ne sembrava così convinto.
Morfeo tirò a sé Diletta e si allontanarono prima che Ade la bruciasse viva. Nathan si spostò dallʼaltra parte.
Messa Diletta al sicuro, Morfeo si lanciò tra le fiamme – Diletta ricordò che era un dio e non poteva morire – per battersi con Ade. Diletta non capì nulla del combattimento, vide solo una figura avvicinarsi a lei mentre tossiva, e capì che si trattava di Nathan Shade.
«Perché stanno combattendo?» gli chiese Diletta – urlando, perché le fiamme e i suoni della lotta coprivano la sua voce.
«Non lo fanno per un motivo» rispose Nathan, continuando a tossire.
«Non ci sarà un vincitore, sono immortali» replicò Diletta – sempre urlando.
Il figlio di Ade non rispose, continuò a tossire fino ad accasciarsi al suolo.
Nonostante quel ragazzo avesse ucciso la sua migliore amica, Diletta – smossa dallʼumanità che cʼera in lei – si abbassò e gli sorresse la testa.
«Coraggio, resisti» gli disse. «La pianteranno prima o poi, non possono battersi allʼinfinito.»
«Non credo ci siano possibilità per me» rispose Nathan, con la voce roca. «Così ha deciso mio padre» disse, poi deglutì.
«Ma se tuo padre è Ade e tua madre è Persefone, tu non dovresti essere un dio?» domandò Diletta.
«Avrei dovuto esserlo, ma mio padre ha preferito di no. Sono lʼunico figlio che abbia mai avuto, aveva paura che potessi rubargli il trono…» Tossì di nuovo. «Seguivo solo gli ordini di mio padre» sussurrò. «Mi dispiace.»
Nathan Shade morì fra le sue braccia.
 
Diletta aveva sopportato due morti in due giorni. Certo, l’ultima non era stata dolorosa come la prima, ma veder morire qualcuno fra le sue braccia la scosse. L’avrebbe turbata anche se si trattasse del suo peggior nemico – cosa che era. Diletta non riuscì a trovare un senso di giustizia. Cercava di pensare “Tu l’hai uccisa, ora hai pagato”, ma non ci riusciva. Nessuno dovrebbe morire.
Restò lì, seduta, a fissare il volto di Nathan fin quando le fiamme non si attenuarono.
Ade aveva di nuovo sembianze umane. Morfeo era a terra, ansimante.
Diletta non riuscì a trattenersi: «Sei contento, ora che tuo figlio è morto? Lo lascerai al Prato degli Asfodeli, come tutti gli altri? O lo getterai nelle profondità del Tartaro?»
«Come osi…» cominciò Ade, ma Diletta non si fece intimorire e continuò: «Non meriterebbe di stare al fianco di uno come te. Meriterebbe i Campi Elisi. È un eroe.»
Diletta credeva che Nathan, di eroico, non aveva fatto proprio nulla, se non morire. Si era pentito, e aveva ammesso che tutto ciò che aveva combinato era per obbedire al volere del padre. Era stato un figlio fedele, per questo meritava i Campi Elisi.
«Tu, insolente…» Ade avanzò verso di lei.
«No…» mormorò Morfeo, che non riusciva ancora ad alzarsi.
Diletta strinse a sé il corpo di Nathan, ma se Ade l’aveva ucciso di certo non gli importava del cadavere.
«Pagherai per la tua arroganza» disse Ade. Diletta tremava, ma si sentiva anche più coraggiosa che mai.
«Ade…» Morfeo cercava con tutte le sue forze di restare sveglio e intervenire, ma era sempre più debole.
Ade afferrò Diletta per il collo e la sollevò da terra. Lei non riusciva a respirare bene e sentiva le sue forze già abbandonarla: Ade voleva ucciderla lentamente. Strinse le mani attorno al polso di Ade per fargli mollare la presa ma, al contrario, lui l’aumentò. Diletta non respirava più, ma era certa che Ade volesse solo indebolirla. Non sarebbe stato così facile: un’umana che manca di rispetto ad Ade non l’avrebbe passata liscia, e Diletta credeva che anche nella morte non avrebbe mai smesso di pagare. In fondo, le aspettava un’eternità passata nel suo regno e, cominciasse in quel momento o dopo, Ade non avrebbe cambiato idea.
I polmoni di Diletta erano ormai quasi vuoti, quando a un tratto, una voce esclamò: «Fermo!»
Diletta riconobbe la voce: era Nathan. Ma com’era possibile…?
«Lasciala andare, papà.»
Ade mollò la presa – probabilmente per la sorpresa, non perché ne aveva intenzione.
Diletta cadde a terra e, dopo aver ripreso aria, notò che la voce non proveniva da dove giaceva il suo corpo, ma da qualche metro alla sua destra. Era Nathan, sì, ma si trattava della sua anima.
«Credevi d’esserti liberato di me?» chiese a suo padre.
«In fondo al Tartaro» ringhiò Ade. «E lì che passerai l’eternità.»
«Non credo di avere scelta» rispose Nathan. «Ma tu lascerai andare Morfeo e la ragazza.»
«Non osare darmi ordini, Nathan.»
«Fa’ a me tutto ciò che vorresti fare a loro, me ne assumo la responsabilità.»
«Nathan, no!» cercò di dire Diletta, ma lui le parlò di sopra: «Immagino che per te non faccia alcuna differenza. Prendi me al loro posto e lascia che se ne vadano.»
Ade rivolse un ultimo sguardo a Diletta, tremante, implorante verso Nathan e Morfeo. Morfeo, in qualità di Dio, avrebbe potuto negoziare con Ade, ma non c’era nulla che lei potesse fare. E non voleva che Nathan si sacrificasse per loro. Non sarebbe stato giusto. Perché avrebbe dovuto addossarsi delle colpe che non aveva?
«Nathan» iniziò Ade, ma lui in quel momento non lo stava ascoltando.
«Diletta» Nathan la guardò intensamente negli occhi. «Va bene» disse, annuendo.
«No» sussurrò Diletta, scuotendo la testa. Le lacrime iniziarono a scendere senza che lei volesse. «No, Nathan, no»
«Va bene» ripeté il figlio di Ade. «Tu pensa ad andare via.»
Diletta iniziò a piangere.
Ade sbuffò. «E sia, figlio mio. D’altronde, te lo meriti. Sei libero di andare, Morfeo, e di portare con te la mortale.»
Morfeo pensava a portare Diletta via di lì il prima possibile e grazie a quel pensiero ritrovò la forza per alzarsi. Fece cenno a Diletta di avvicinarsi a lui.
Diletta si alzò da terra ma riusciva a stento a reggersi in piedi: le gambe le tremavano per la sorte che avrebbe avuto Nathan a causa sua. Evitò di guardarlo in faccia e si concentrò su Morfeo, così ebbe la forza per camminare.
Quando passò vicino ad Ade, lui la bloccò per il braccio e le disse all’orecchio: «Ci rivedremo, prima o poi. Allora non sarò magnanimo.»
Diletta fremeva dalla voglia di replicare che in quel momento era stato tutto tranne che magnanimo, ma non voleva buttare tutto all’aria e incasinare ulteriormente la situazione. Così si limitò a divincolarsi bruscamente dalla sua presa e raggiungere Morfeo, che senza esitazione la strinse a sé e la portò fuori dagli Inferi.
   
 
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