Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: ferao    15/09/2012    5 recensioni
Sorpresa, Fera lanciò un’occhiata a Percy, che ricambiò. Erano sconcertati: non era mai capitato che un Serpeverde si rivolgesse a loro in quella maniera. I più evitavano Percy, in quanto Weasley e in quanto Caposcuola – e siccome Fera era amica sua e intendeva rimanerlo, per estensione anche lei veniva ignorata. Quella ragazzina invece… mah. Forse voleva solo guardare i sassi rimbalzare sull’acqua.
*
Attenzione: presenza di self e other-insertion moleste, molto. Femslash accennato (ferao/MedusaNoir). Follia dilagante. Aprire con cautela.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
- Questa storia fa parte della serie 'Laphroaig - Delirium'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sssalve a tutti!
Anzitutto: la nascita di questa storia non è colpa mia. Oh, no. È tutta, tutta colpa di MedusaNoir.
Il fatto è che recentemente abbiamo preso l’abitudine di lanciarci sfide assurde a vicenda: in queste rimane sempre coinvolto il povero Percy Weasley – personaggio aborrito da entrambe – e ovviamente noi due, che di volta in volta ci trasformiamo in personaggi da fanfiction e interagiamo tra noi e con altri. Un esempio di queste follie? Lo trovate in questa serie, che raccoglie una orrida Perao (coppia Percy/ferao) e una ben più interessante Pedusa (Percy/MedusaNoir). Sarebbe meglio leggere queste storie prima della mia shot, giusto per capire che aria tira.
Visto che ci va di esagerare, dopo aver presentato al mondo queste cose abbiamo pensato, giustamente, anche alla possibilità di una ship Ferusa (ferao/Medusa): e così è nata questa fanfiction, che di serio ha giusto il tono con cui è scritta. E basta.
La storia si colloca all’interno della prima storia della serie che ho linkato sopra, Atterrerò sulle tue spine, nel settimo anno di Percy e Fera (sigh). È strutturata in modo da essere compatibile anche con quella successiva, E graffierò ogni mia cellula.
Il titolo, come gli altri, è una citazione da Laphroaig dei soliti Follow The Mad. No, non vi sto invitando ad ascoltarli, eh. Ma quando mai.
 
La storia è dedicata a tutte le ragazze che l’hanno letta in anteprima e, ovviamente, a Med. Che ama Percy Weasley, alla follia.
Casomai poi passasse anche il mio ragazzo di qui – perché ormai sa di questo mio passatempo non proprio intelligente – , beh, voglio che sappia che è dedicata anche a lui. E che no, non mi piacciono le ragazze, quindi stai tranquillo! :D
 
A tutti gli altri, buona lettura… e siate clementi, la storia è stata scritta per puro divertimento!
Altre note in fondo!













Dipingerò di rosso la sabbia
 
 
 
- Quindi, secondo te sono andato bene?
Merlino, adesso lo gonfio di botte.
- Per la ventesima ed ultima volta, Perce: sì, sei andato bene. Prenderai la solita E che farà sentire delle caccole tutti noi comuni mortali, e la McGranitt assegnerà uno svarione di punti alla vostra insopportabile Casa per la tua epica impresa - sbuffò Fera tirando un calcio a un sasso. Quel giorno la professoressa di Trasfigurazione aveva assegnato la verifica più difficile degli ultimi dieci anni, e ovviamente solo una persona nella classe composta da Grifondoro e Corvonero aveva osato trovarla “semplice e fattibile”: Percy Weasley, il fastidioso migliore amico di Fera.
Come diavolo fosse nata quell’amicizia, era un mistero per gli stessi interessati: non facevano altro che battibeccare, e se andavano d’accordo era, il più delle volte, solo per il comune amore per i libri; spesso e volentieri si sentiva Fera lagnarsi di quanto fosse noioso Percy, e questi a sua volta non mancava mai di sottolineare l’antipatia e il pessimo comportamento di lei.
Nonostante ciò, i due erano amici. Inseparabili, tra l’altro.
- Quando Grifondoro ha battuto Serpeverde nella Coppa delle Case, due anni fa, non ti sembrava così insopportabile - commentò acidamente Percy.
- Hai capito cosa intendo - sbuffò di nuovo Fera. Camminando, si erano avvicinati al Lago; la ragazza si chinò e raccolse un piccolo sasso.
- Comunque, a parte gli scherzi, sono contenta che almeno tu sia andato bene - disse, mentre soppesava il sasso nella mano destra. - Io credo di essermi appena beccata il primo Troll della mia carriera.
- Tu? Figuriamoci. - Percy osservò Fera mettersi in posizione e lanciare il sasso: questo rimbalzò tre volte sul pelo dell’acqua, poi un tentacolo lo afferrò al volo e lo trascinò giù. - Piuttosto che darti un Troll, la McGranitt alzerebbe i voti di tutta la classe fino a farti avere la sufficienza.
- Sì, certo. E poi andrebbe a bere un tè dalla Cooman.
Risero insieme. - E Penelope, com’è andata? - chiese poi Fera. - Non sono riuscita a leggere il suo compito, ma ha scritto parecchio…
- Non lo so, è andata via subito dopo la fine dell’ora. Credo abbia Storia della Magia, adesso.
Figuriamoci. Noioso attira noioso, pensò Fera tra sé, e per poco non si mise a ridere. Era stata proprio lei a presentare Percy a Penelope, su richiesta di quest’ultima, e da circa tre anni quei due erano come una cosa sola.
Non che a Fera dispiacesse, anzi. Anche lei aveva avuto una storia, tempo prima, con un Corvonero di un anno più grande, ma si era rivelata una vera e propria delusione: certo, quel tipo era indiscutibilmente meno noioso di Percy, ma aveva anche la sensibilità di un celenterato e lo spirito di una cipolla secca. A Fera non era dispiaciuto affatto scoprire che la tradiva con una tizia di Tassorosso, anzi: aveva colto al balzo la possibilità di lasciarlo facendolo sentire un verme, e in breve tutto il loro dormitorio aveva saputo quanto l’ex di Fera fosse viscido e fedifrago.
Ovviamente, Percy aveva disapprovato al massimo la condotta di Fera, rimproverandola per giorni di essersi messa al livello di quel tipo quando sarebbe dovuta rimanere superiore e distaccata; lei però l’aveva ignorato, abituata com’era alle sue lamentele senza senso.
Afferrò un altro sassolino e si preparò a lanciarlo, sperando così di sfuggire all’implacabile logorrea di Percy scatenata dal semplice accenno all’argomento “Penelope”. L’ultima volta che le aveva parlato della sua ragazza – ricordò Fera disperata – Percy non aveva fatto altro che raccontarle di quanto fosse stata brava nell’eseguire al primo colpo l’Incanto Proteus a lezione, senza pensare al fatto che anche Fera aveva assistito a quella prodezza e che quindi non aveva bisogno di racconti di alcun genere.
Piegò le ginocchia e si mise in posizione, cercando di concentrarsi. Non era semplice ruotare il polso nella maniera giusta, bisognava calibrare bene l’energia e…
- Serve qualcosa?
Il tono brusco di Percy non poteva certo essere rivolto a lei. Fera interruppe la manovra di lancio e si voltò, curiosa di vedere chi fosse arrivato.
Era una ragazza di non più di quindici, sedici anni, anche se appariva più piccola della sua età – complici forse la bassa statura e la corporatura minuta. I lunghi capelli scuri circondavano un viso grazioso ma dal taglio comune, scendendo poco sotto le spalle. Al collo portava una sciarpa con i colori di Serpeverde, che probabilmente era la causa della freddezza di Percy.
La ragazzina non rispose subito; osservò il Caposcuola, valutando forse l’opportunità di rivolgersi a una persona a lei così evidentemente ostile, poi si girò a guardare Fera. - Ho visto che fai rimbalzare i sassi sull’acqua - disse con voce tranquilla. - Posso guardare?
Sorpresa, Fera lanciò un’occhiata a Percy, che ricambiò. Erano sconcertati: non era mai capitato che un Serpeverde si rivolgesse a loro in quella maniera. I più evitavano Percy, in quanto Weasley e in quanto Caposcuola – e siccome Fera era amica sua e intendeva rimanerlo, per estensione anche lei veniva ignorata. Quella ragazzina invece… mah. Forse voleva solo guardare i sassi rimbalzare sull’acqua.
- Ma certo - rispose Fera, accennando un sorriso nella direzione della Serpeverde. Questa sorrise a sua volta e le si avvicinò; a pochi passi da loro, Percy appariva nervoso, ma non disse niente.
- Sai come si fa? - domandò Fera, gentile. Al diniego della ragazza, le mostrò come mettersi nella corretta posizione e come lanciare i sassi. I primi tentativi andarono a vuoto, ma la Serpeverde non era tipo da arrendersi; riprovò e riprovò, aiutata da Fera, finché non fece un lancio quasi perfetto che mandò il sasso a parecchi metri di distanza.
- Bravissima! Visto che non era difficile? - la lodò Fera, contenta. Anche la Serpeverde appariva soddisfatta: sorrideva a trentadue denti, e sembrava non essersi mai divertita così tanto in vita sua.
Forse fu il suo sorriso, o quell’aria familiare che Fera le scorse in volto e di cui, per molto tempo, non individuò la causa; fatto stava che, se mai la Corvonero avesse dovuto indicare il momento esatto in cui le cose tra loro erano iniziate, senza alcun dubbio avrebbe scelto quello: un pomeriggio soleggiato, con i sassi che rimbalzavano sul pelo dell’acqua.
 
 
In breve, divennero amiche, o se non altro si facevano ottima compagnia. La Serpeverde – Med si chiamava – si era rivelata assai meno sgradevole dei suoi compagni di Casa; a differenza di Fera, Nata Babbana, lei aveva solo un genitore non-mago, e questo dettaglio le unì fin da subito.
Con Med, Fera poteva parlare pressoché di tutto, in particolare di argomenti che i maghi non potevano capire – come la musica Babbana, ad esempio; si scambiarono libri e confidenze, iniziarono ad aiutarsi con i compiti, e ben presto furono inseparabili.
A Percy questo non stava bene.
- È pur sempre una Serpeverde - diceva a Fera ogni volta che questa gli chiedeva di essere più gentile con Med. - E sai come la penso in proposito.
- Andiamo, Perce, non puoi davvero essere così chiuso di mente - sbuffò Fera, una sera che si erano trattenuti più a lungo nella sala comune di Grifondoro. Avevano da poco riposto i libri, e si erano raggomitolati su due poltrone gemelle davanti al camino. - Med non è come gli altri. È diversa, è simpatica e se tu…
- Se io cosa? È amica tua, non mia. Io non voglio averci nulla a che fare - sbottò il ragazzo, a un passo dalla rabbia.
Fera lo osservò attentamente, rendendosi conto per la prima volta che forse Percy poteva essere, in qualche strano modo, geloso di lei. Sentiva forse la sua mancanza? In effetti non trascorrevano più molto tempo insieme (il che era un bene, visto che Penelope non era mai parsa troppo contenta del loro rapporto), ma insomma, non si poteva dire che la loro amicizia si fosse logorata.
O sì?
- Perce… qual è il problema? - domandò Fera. - Ti… dispiace che io abbia un’altra amica oltre a te, adesso?
Il ragazzo serrò i denti, lo sguardo fisso sul fuoco. - No, - rispose. - Non mi dispiace che tu abbia un’amica. Mi dispiace che tu abbia una fidanzata.
La sorpresa per quell’affermazione fu tale che Fera ci mise un po’, prima di rendersi conto che Percy l’aveva pronunciata davvero. - Che… che cazzo dici, Perce? Sei impazzito?
- Dico solo che ormai è evidente - rispose lui, gelido. - Ti piace, e tu le piaci.
- Siamo amiche! Hai presente, l’amicizia?! - La voce di Fera si era fatta più stridula.
- Sì, Fera, ho presente l’amicizia. E so quello che dico. Lei… ci ha provato con te, dal primo momento, e adesso tu non hai occhi che per lei. Ti conosco troppo bene per non capirlo.
Mentre Percy diceva queste cose, Fera si rese conto che non era né triste, né arrabbiato, né geloso: era preoccupato. Preoccupato per lei.
Ma di cosa?
- Fera, - riprese Percy, girandosi e guardandola negli occhi, - lo sai che a me non importa di ciò che decidi, o delle persone che scegli di frequentare. Solo… sta’ attenta. I Serpeverde sono…
A quell’ennesimo accenno ai Serpeverde, Fera divenne furiosa.
- Oh, certo, figuriamoci se il problema non era Serpeverde! - sbraitò, alzandosi di scatto. - È sempre una questione di Casa, no? E se non è la Casa è il sangue, e se non è il sangue è Merlino solo sa cosa! Sai che ti dico? - ringhiò, inferocita. - Da Med non ho mai, mai sentito fare il minimo accenno a questioni di sangue, o di razza, o di Casa, né l’ho mai sentita insultare te o qualcun altro, e se davvero dovesse volermi come compagna mi sentirei fortunata. Hai capito?
E senza aggiungere altro, afferrò i libri e corse fuori, diretta alla Torre di Corvonero.
 
Per giorni Fera non gli rivolse la parola. Il solo ripensare a quella discussione la faceva sentire esattamente come quella sera, furiosa e indignata.
Più di tutto, però, le bruciava che Percy avesse capito con così tanta precisione ciò che aveva nella testa.
A lei piaceva Med. Non si aspettava una cosa simile, era la prima volta che le capitava, eppure quando se ne era resa conto non aveva potuto far altro che prenderne atto: Med le piaceva, interiormente e fisicamente. E non solo come amica.
Non era successo subito, ovviamente; c’erano voluti molti pomeriggi nel parco di Hogwarts e molte ore in biblioteca, molte conversazioni e molti minuti passati insieme in semplice silenzio. Ma era successo. E a Fera non importava affatto di ciò che Percy o chiunque altro avrebbe potuto dire in proposito: non avrebbe rinunciato a quel sentimento nuovo e sconosciuto per nulla al mondo.
Fu animata da queste intenzioni che quel giorno, finita la lezione, passò accanto a Percy senza nemmeno degnarlo di uno sguardo; salutò invece con calore Penelope, che era diventata molto più amichevole nei suoi confronti da quando era diventato evidente che Fera non avesse mire sul suo ragazzo.
Uscì dall’aula e la vide subito: sedeva su un davanzale dall’altra parte del corridoio, l’espressione assorta e lo sguardo rivolto al cortile. Fera si sentì rigirare lo stomaco.
La prima volta aveva pensato che il viso di Med fosse comune, senza niente di particolare, ma aveva cambiato idea conoscendola meglio. C’erano dei dettagli nel suo aspetto che Fera non poteva non amare: il sorriso, anzitutto, quel sorriso che la illuminava tutta; e poi gli occhi – più di una persona, vedendole insieme, aveva notato che il taglio dei loro occhi era molto simile: avevano riso per giorni su questa caratteristica, divertite dall’idea di sembrare sorelle quando invece non lo erano.
E per fortuna.
- Ehi… - la salutò, andandole incontro. Med si voltò e sorrise.
- Ciao! - rispose. Scese dal davanzale e le diede un bacio a fior di labbra, poi la prese per mano e la condusse via, verso il parco.
Era una giornata di sole, limpida e fredda. Fera non avrebbe potuto essere più felice di così.
 
 
 
Dovevano passare altri pomeriggi di sole, e poi lunghi giorni di freddo e pioggia, prima che tutto questo cambiasse. Gli ultimi residui di gennaio andavano sfilacciandosi e disperdendosi in un febbraio fastidiosamente umido.
Fera odiava l’umidità, ne aveva sempre sofferto, e Percy lo sapeva bene. Per questo fu relativamente poco sorpreso quando, una sera, la trovò rincantucciata su una delle poltrone gemelle della semideserta sala comune di Grifondoro, vicinissima al fuoco.
- Non ti ho dato la parola d’ordine di questa settimana - le disse a mo’ di saluto, sedendosi accanto a lei. Il suo tono era freddo e leggermente ostile, ma una parte di lui era felice di ritrovare la sua amica lì.
- Ormai Penelope ed io siamo buone amiche - ribatté Fera. - Me l’ha detta lei. Spero non ti dispiaccia. Non ho voglia di stare a Corvonero.
Percy non rispose. Aprì la borsa dei libri e ne scelse uno a caso, immergendocisi subito. Di quando in quando spiava Fera al di sopra delle pagine, ma lei fissava ostinatamente il camino senza dire una parola.
Non voleva parlare. Voleva essere lasciata in pace. O forse voleva far capire senza dirlo come si sentiva, trasmetterlo attraverso il mutismo e l’atteggiamento dimesso. Ma sapeva che una cosa simile non sarebbe mai accaduta con Percy: lui la conosceva e la capiva al volo, vero, ma era anche molto, molto più testardo di lei.
Se Fera non avesse parlato per prima, lui di certo non le sarebbe andato incontro.
- Ho sbagliato - mormorò la ragazza dopo qualche minuto. Deglutì e si sforzò di andare avanti. - Ho sbagliato. Come con Ed. Ho sbagliato tutto.
Fu l’accenno all’ex ragazzo di Fera che convinse Percy a mettere da parte il libro: la ragazza non ne parlava mai. - Cosa vuoi dire? - chiese.
- Che avevi ragione, maledetto te. Hai sempre ragione - rispose Fera. - Dovresti tenere dei corsi di ragione, porca miseria.
Dopo questa introduzione, iniziò a raccontare. Raccontò che quel giorno aveva incontrato Med in compagnia di altri Serpeverde – niente di che, li conosceva di vista, sapevano di loro due. Solo che quel giorno c’era qualcosa di diverso.
- Probabilmente si annoiavano, o non avevano altro da fare, oppure boh, che cazzo ne so, forse erano coglioni e basta. - La voce di Fera era triste, gli occhi non si staccavano dal camino. - Fatto sta che a un certo punto mi hanno chiesto se fossi io la fidanzata Babbana di Med.
Accompagnò quella frase con uno strano verso, come un ringhio. - Nessuno, mai, ha osato darmi della Babbana. Sono una strega, cazzo, e chi o cosa siano i miei genitori non deve fregare a nessuno. Ho comunque provato ad essere cortese, ma quelli volevano attaccare briga a tutti i costi. Così me ne sono andata.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo. Sembrava immensamente stanca. Dalla porta della sala comune iniziarono a entrare i primi ragazzi, di ritorno dalla Biblioteca; Percy si voltò a guardarli, aspettando che Fera proseguisse. In sette anni di amicizia aveva fatto l’orecchio al suo parlare un po’ sboccato, e anche quella volta non ne rimase scandalizzato più di tanto.
- Dopo un po’, Med mi ha raggiunta - fece lei. - Pensavo volesse scusarsi, e invece era arrabbiata. E indovina con chi?
- Non con i suoi amici, suppongo.
- Con me. Ce l’aveva con me. Mi ha detto che sono stata scortese ad andarmene in quel modo, che le ho fatto fare una brutta figura e che… che… - riprese fiato. - Che quelli avevano ragione a darmi della Babbana, perché lo sono: una Babbana cafona che non è in grado di sostenere una conversazione civile. Infine ha aggiunto che una come lei non può frequentare persone che si comportano come me, e mi ha invitata a scusarmi con i suoi amici. Al che, l’ho mandata a fanculo.
Deglutì a fatica e trattenne le lacrime di rabbia. Come, come aveva potuto pensare che Med fosse diversa? Non aveva mai dubitato del suo affetto, come non ne dubitava in quel momento, ma quella era esattamente la mentalità da cui Fera era sempre rifuggita con sdegno: la mentalità di chi si ritiene superiore in base a un cognome o a un avo, o a una Casa.
E in fondo, quel modo di pensare era sempre stato una parte di Med, una parte che forse la ragazza aveva celato per rispetto a lei – o forse no, forse era sempre stato evidente e Fera si era ostinata a non vederlo, a ignorarlo, per non perdere quella felicità improvvisa e inaspettata che nessun altro le aveva saputo dare.
Felicità che, in ogni caso, non avrebbe più cercato in quella direzione.
- Mi dispiace - mormorò, stringendosi di più nella poltrona. - Detesto ammetterlo, ma avevi ragione: i Serpeverde sono tutti uguali. Mi dispiace di averti trattato così.
- Tranquilla - rispose Percy, la voce ormai priva di ostilità. - Posso capirti. L’importante, però, è che tu abbia imparato la lezione.
- E sarebbe? - Fera sbuffò. - Che le Serpi sono tutte marce e disgustose?
- No: che io ho sempre ragione. Vedi di ricordartelo, la prossima volta che cercherai avventure esotiche.
A sentir quella frase Fera si voltò verso di lui, sgranando gli occhi. Non si sarebbe mai aspettata un’affermazione simile da parte di Percy, ma l’espressione di assoluta serietà e convinzione sul volto di lui era ancora più inaspettata. E infinitamente più comica di qualunque cosa avesse visto prima di quel momento.
Scoppiò a ridere senza quasi rendersene conto, dimentica di Med e dei Serpeverde e persino dei ragazzi che ormai affollavano la sala. Rise a lungo, finché anche Percy non si aggiunse suo malgrado.
Rise, perché in un lampo aveva capito una cosa così scontata da essere fondamentale: l’amore e la stima potevano passare, ma l’amicizia – almeno quella – no. Anche se coinvolgeva la più noiosa persona del mondo.
 
Avrebbe parlato con Med, il giorno dopo. Le avrebbe spiegato che teneva a lei, ma che, stando così le cose, non potevano essere altro che amiche; e lei avrebbe capito e sarebbe stata d’accordo, e alla fine avrebbero fatto pace e sarebbero tornate alle loro conversazioni, a camminare insieme, a far rimbalzare i sassi sull’acqua.
Perché l’amore passa, ma non l’amicizia.
Sì, sarebbero tornate amiche, l’indomani. Fera ne era certa.
 

















Note finali:
1) se non fosse chiaro, questa è una storia di amicizia. NON ci sono accenni a Percy/ferao. NON. CI. SONO.
2) Il mio IC è ovviamente perfetto, quello di Med all'incirca. L'ho resa assai più bastarda di quel che è, per forza di cose.
3) Credo serva specificare che ho il permesso di Med per pubblicare questa cosa. ^^

Sperando che non vi sia dispiaciuta troppo, nonostante la stranezza, vi ringrazio e vi saluto!
Sempre vostra
Fera.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: ferao