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Autore: Kris    02/04/2007    3 recensioni
Il campo di battaglia era silenzioso, nessuno dopo quel massacro era rimasto cosciente, eccetto pochi ninja solitari. Tutto era finito... perduto.
Eppure lei voleva provare ancora una volta a salvarlo.
"Non capisci? Io ho già venduto la mia anima al diavolo."
[Un ipotetico finale, forse.]
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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"Even if I have to sell my soul to the Devil..."


Sangue. Sangue e fango.

Quando Sakura aprì gli occhi vide solo questo. Il sangue era suo: le colava attraverso la fronte, incanalandosi nel piccolo solco tra occhio e naso e scendendo come una lacrima ad offuscarle la vista. Capì di essere ferita alla testa e di giacere a terra, fino a pochi istanti prima priva di sensi.
Tentò di alzarsi da terra senza riuscirci, così rimase a giacere ancora a lungo in quella posizione di totale sudditanza al dolore.

Era stata attrice in una guerra all’ultimo sangue e all’ultima goccia di chakra tra le tre grandi fazioni che avevano dominato la scena degli ultimi anni: Foglia, Alba, Suono.
Una guerra? Un massacro. Ormai non ricordava più i morti e i feriti che non era riuscita a curare per mancanza di chakra prima di crollare a terra esausta, a combattimento terminato. Ora, nel campo di battaglia dominava Silenzio, grande dio protettore di Sofferenza. Non udiva neanche più i gemiti dei ninja, né il rumore metallico di kunai che si scontrano in un ultimo duello.
Era finita. E lei e Naruto avevano fallito la loro missione della vita.
Chiuse gli occhi qualche secondo e li riaprì.
Distante da lei solo pochi metri c’era una persona viva… e dall’abito l’aveva anche riconosciuta.



Sasuke sedeva a terra da ormai svariati minuti, pienamente cosciente. Non sapeva da quanto, ad essere sincero. Aveva piantato Kusanagi a terra e si era lasciato cadere lì terminato il suo combattimento, semplicemente. Una gamba era appoggiata lateralmente e piegata verso l’interno, il sandalo che sfiorava la coscia opposta, mentre l’altra teneva il ginocchio sollevato su cui stava appoggiando la fronte libera da qualsiasi coprifronte; gli occhi scuri erano aperti, vigili, eppure offuscati da qualche sentimento che ottenebra la mente.
Non era soddisfazione, né gioia. Forse neanche dolore.
Un sentimento. Ormai non li riconosceva più. Forse non era neanche un sentimento… era solo apatia un po’ diversa dal solito.

Aveva ucciso Orochimaru giorni prima, dichiarando che ormai non poteva più insegnargli nulla che già non sapesse e che il suo cuore era privo da qualsiasi pietà o emozione.
Dare il suo corpo ad un’altra persona per fargli svolgere la propria vendetta? Che assurdità: tanto valeva che fosse rimasto a Konoha a piangersi addosso, attendendo che qualcuno uccidesse il suo fratello maggiore; il senso sarebbe stato lo stesso.
Aveva ucciso Itachi pochi minuti prima: finalmente sembrava averlo riconosciuto come degno della sua considerazione e aveva accettato la sfida del fratellino. L’aveva sbeffeggiato ugualmente per la sua mancanza del Mangekyou, ma come aveva promesso, nessuna pietà si affacciò negli occhi cremisi di Sasuke. Solo desiderio di sterminio e vendetta; e così Itachi era morto, nella polvere, perforato dalla corrente elettrica del fratellino.
E ora, cosa era rimasto?
Sasuke non riusciva a capirlo.



Sakura rimase a lungo ad osservare Sasuke laconicamente seduto a terra. Il suo abito, una volta bianco, ora sembrava un quadro astratto color rubino. Lui che non riceveva mai un colpo, lui che non si macchiava mai né del sangue altrui né del proprio, lui che emanava potenza solo dallo sguardo, era ricoperto dal sangue di chissà chi e dalla polvere sollevata nella contesa.
E il suo sguardo… non l’aveva mai visto prima.
Non riusciva a capire che sentimento fosse.
Se era un sentimento quello che intravedeva nello sguardo perso nel vuoto del moro.



Il ragazzo alzò la testa dal proprio ginocchio, osservando il profilo dei monti che gli si profilava davanti illuminato appena dal crepuscolo. Con gesto fluido ma estremamente lento afferrò l’elsa della katana e si alzò in piedi, perfettamente ritto nella sua postura temprata da mille e più esercizi; la divelse con un unico colpo e la infilò nel fodero.
Non aveva casa ormai, ma doveva comunque andarsene da quel posto.
Una presa debole gli afferrò il polso: non la riconobbe e d’istinto si fermò, voltandosi a guardare chi fosse.

Una ragazza dai capelli rosa e dal viso graffiato in più punti da schegge impazzite lo stava guardando negli occhi.
«Sakura…?»
Non vedeva la solita scintilla da ragazzina venerante d’amore in quello sguardo, quella stessa scintilla che aveva imparato a riconoscere – e ad ignorare – in quell’anno trascorso con i suoi compagni di squadra a Konoha, svolgendo missioni di vario genere.
Lo sguardo della Sakura attuale era lo sguardo di una donna fortificata dalle difficoltà, dagli stenti e dalle sofferenze della guerra, subita e combattuta in prima persona. Segnata dal tradimento e dalla volontà di proseguire testardamente nella propria missione per poter riottenere ciò che le era stato strappato.
Era uno sguardo stanco. Depresso. Arrabbiato.
Uno sguardo maturo.
Lo stesso sguardo che Sasuke Uchiha aveva avuto dagli otto anni in su.
«Stai cercando di fuggire di nuovo?»
«Anche se fosse?»
«Non te lo permetterò. Non ora che sei così vicino».
«Non farti illusioni. Ero qui solo per ottenere la mia vendetta, non per tornare a Konoha».
«Tornare a casa».
«A Konoha» ripeté testardamente quello.
Quanto alto era diventato in quei tre anni? Sakura era costretta ad alzare la testa per incontrare i suoi occhi neri, e riusciva a percepire sulla sua pelle lo sguardo di Sasuke rivolto verso il basso.
Verso il basso, come chi disprezza qualcosa o qualcuno.
«Ora hai avuto la tua vendetta. Orochimaru è morto. Perché… perché non tornare? Tutti rivogliono il clan Uchiha».
«Rivogliono il clan?» lo sguardo di Sasuke non mutò, inespressivo come sempre, ma una punta di sarcasmo sembrò intaccare il tono grave del giovane. «Date quel nome a qualcun altro, se ci tenete così tanto. Non rivogliono me, rivogliono un simbolo. Che se lo prendano».
«Smettila di dire così! Eri o non eri il ninja più promettente dell’accademia?»
«È passato tempo, sono successe molte cose».
«Naruto ed io ti abbiamo inseguito per tre anni…»
«Non ve l’ho chiesto io…»
«Baka!»
Sasuke sbatté le palpebre una volta, lievemente sorpreso: era la prima volta che Sakura lo “offendeva”, anche solo con un “baka”. Non c’erano lacrime nei suoi occhi, solo voglia di prenderlo a schiaffi.
Quando era cambiata così tanto?
«Non stai mai a sentire nessuno; non hai ascoltato Kakashi-sensei, né me, né Naruto. Hai voluto ottenere la tua vendetta, e l’hai ottenuta. Ora torna da noi!»
Sasuke spostò lo sguardo un attimo, perdendosi ad osservare il campo vicino a loro: non c’era nessuno vagamente capace di intendere e volere, o erano morti o erano svenuti. Che disastro, migliaia di vite spezzate in quel modo.
«No.»
«Perché no? Non vuoi? Cosa c’è a Konoha che ti fa così orrore?»
«Non posso».
Sakura si fermò, colpita.
«Se è per via del tradimento… credo che Tsunade-sama riuscirà a trovare un compromesso con gli anziani e il resto del villaggio. Nelle condizioni in cui versiamo ninja di valore come te sono senza dubbio indispensabili, e se ti dimostrerai pentito o almeno consapevole di quello che hai fatto…»
«Non sono pentito».
«Ma perché non puoi?»
Lo sguardo che Sakura ricevette la fece tremare.
Odio lampeggiò nei due pozzi scuri che l’ammaliavano così tanto.
«Lasciami.»
«Ma…»
«Sakura. Lasciami. Andare.»
La ragazza mollò la presa che negli ultimi minuti era diventata sempre più convulsa e febbrile. Sasuke alzò il braccio e sganciò il manicotto di protezione nero; sotto di esso la pelle era rossa per la stretta vigorosa della giovane.
«Non posso.» ripeté semplicemente.
Questa volta Sakura non ribatté, attendendo che proseguisse.
«C’eri, quella volta. Eri presente anche tu. Ho giurato, Sakura. Io sono un vendicatore, e per ottenere la mia vendetta darei il mio corpo al diavolo.»
Era successo all’esame chunin, Sakura ricordava bene quei momenti: era terrorizzata dalle macchie nere e rosse che erano comparse sulla pelle candida del ragazzo, ma quelle parole… l’avevano semplicemente fatta morire.
«Per la vendetta… venderei la mia anima al diavolo.»
«Ma ora è tutto finito, non hai dato il tuo corpo a Orochimaru…»
«Non capisci?»
Quasi una nota implorante. Quasi disperazione.
Quasi desiderio di essere salvato, un’ultima volta.

«Io ho già venduto la mia anima al diavolo.»
«Cosa… cosa vuoi dire?»
«Non posso tornare indietro, Sakura. Ho fatto troppo… troppo. Non c’è perdono né redenzione per le persone come me.»
La ragazza iniziava a capire, e le lacrime iniziarono a vincere la barriera della rabbia; si affacciarono alle finestre verdi, attesero qualche istante, e si gettarono nella breve corsa sulle guance, lasciando dietro di sé un rapido solco salato.
«Smettila di cercare di trattenermi.»
«Sasuke-kun…»
«Non ho bisogno della pietà di nessuno, né dei sentimenti positivi o negativi altrui… non ne ho bisogno. Sono autosufficiente.»
«E il resto della tua promessa?»
Un’affermazione pungente.
Sasuke ricordava bene il suo giuramento… ed era ben conscio di quello che stava facendo.
Sakura proseguì: «Riportare il clan agli antichi fasti… non t’interessa più riportare in vita la tua famiglia? Preferisci lasciarti morire?»
Semplicemente lo sguardo del ninja rimase impassibile. Forse appena attraversato dal rimorso, ma quasi impercettibilmente.
Era vero, la sua idea iniziale era quella di uccidere Itachi e ricreare il clan di cui era l’ultimo superstite. Però la prima parte della promessa aveva annullato la seconda: andando da Orochimaru sapeva benissimo che avrebbe segnato la condanna del clan Uchiha… però la vendetta aveva vinto, e basta.
Riportare il clan agli antichi fasti…
“Non a Konoha”.
«Allora, Sasuke-kun? Cos’hai intenzione di fare?»
Il ragazzo non rispose. Riagganciò il manicotto che aveva aperto per far prendere aria al polso triturato dalla presa della giovane kunoichi e riabbassò la manica della tunica senza dire una parola. Poi, senza neppure volgerle un ultimo sguardo, si voltò per incamminarsi verso il nulla.
«Sasuke-kun!»
Si risvegliò da quello che sembrava un brutto incubo solo quando Sasuke ormai l’aveva distanziata di una decina di metri. Lo raggiunse correndo e tentò di afferrarlo nuovamente per il braccio, ma quello schivò la presa, precedendola.

Si girò rapido prendendole a sua volta il polso e senza toccarla in nessun altro modo le sfiorò appena le labbra con un bacio; un soffio, un secondo, impossibile anche quasi da chiamare contatto.
Nulla di più; il massimo che potesse permettersi in quelle condizioni e col suo carattere.
«Grazie» sussurrò appena da quella distanza ravvicinata. A quella parola la ragazza percepì il respiro di lui sulla pelle sensibile del collo.
Il secondo “grazie” che diceva negli ultimi otto anni.
Il secondo “grazie” che diceva a Sakura in tre anni.
Senza guardarla ancora, Sasuke si girò di nuovo e si diresse verso un futuro d’esilio, da latitante, nascosto chissà dove.
Sakura si portò le dita alle labbra, tremando lievemente. “Grazie” di cosa… ancora?
Cos’era quel gesto?
Cadde in ginocchio senza una lacrima né un verso.
Eppure in quei secondi durante i quali aveva tenuto il polso di Sasuke le era quasi sembrato di non sentire il battito cardiaco.
Il cuore batteva…? Era così debole da sembrare quasi un vecchio che ha già visto tutto dalla vita e ora si trascinava stanco verso una fine – una qualsiasi, poco importava.
Un cuore freddo che batte solo per inerzia, senza desideri né speranze.


Le labbra però erano calde.




“Ormai non ho più un’anima… ho venduto i miei sentimenti al diavolo.”





N.d.A.: Sono in pieno periodo one-shot. Mi vengono così… Però mi piace scriverle!
Questa in particolare l’ho scritta di getto nel giro di poco più di tre ore (correzione esclusa); di solito ho la tendenza a bloccarmi a metà o a 3/4 senza scrivere il finale XD Che inconcludente che sono.
Mi ha ispirato questa frase detta dallo stesso Sasuke (citata di nuovo nella copertina del cap. 343) e l’ho rielaborata a modo mio.
La fanfic m’è sfuggita di mano verso la fine (sarà stata l’ora tarda…), mica era prevista quella reazione di Sasu al limite dell’OoC O___O
E devo dire che il gioco finale (piuttosto complesso da seguire, me ne rendo conto... per capirlo forse bisogna leggere la fic un paio di volte) mi piace, soprattutto il contrasto cuore freddo-labbra calde *.*

Per quanto riguarda il “non a Konoha”… sono dell’idea che se Sakura, terminata tutta la storia della vendetta su Itachi ecc ecc, invece di chiedere a Sasuke di tornare a Konoha avesse riproposto di andare con lui, almeno in questa situazione lui avrebbe accettato. Ma sono idee di scrittrice…

Ringrazio caldamente tutti coloro che hanno commentato la mia precedente fanfic “Polvere”, quindi:
-Lupus: non sai quanto piacere mi ha fatto leggere il tuo commento! ** Sono veramente felice che ti sia piaciuta la fanfic, come l’ho impostata e come l’ho scritta. L’idea del compleanno mi è venuta così, un giorno. Grazie mille, non so cos’altro dire **
-RuKia: Piangere? Oddio! XD beh è una mia specialità… è nel mio stile, diciamo, scrivere per spingere alle lacrime i lettori. Sono un po’ sadica…?
-_Eleuthera_: grazie per i complimenti sullo stile. Sono contenta che a qualcuno piaccia (la mia prof non è della stessa idea u.u)! ^_^
-yaya86: anche se scrivo cose tristi, dopotutto ho un animo con una punta di romanticismo ^_- Spero di tornare presto con MdF…

…e tutti coloro che leggeranno e commenteranno questa! Alla prossima, per ora attendo commenti su questa fic, mi raccomando... sono stimoli per migliorarmi sempre di più! *____*

   
 
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