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Autore: Barbara    03/04/2007    5 recensioni
"Certe cose sono ovvie, ma solo per chi non abita in un mondo rimbambito dalla pace. Questi se ne accorgeranno solo sul finire della festa"
In un mondo, celeste, due solitudini si possono incontrare, le storie di chi non aveva nulla da perdere. Per tutti c'è un bivio, che delinea quale strade prendere. Ognuno può cambiare in ogni momento la ruota del destino, che continua a girare. Arriva il momento di uscire dalle prigioni, reali e non, e di decidere da sè il proprio destino.
(ambientata nel gaiden, personaggi principali Goujin e Homura)
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kanzeon Bosatsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ritratto dell’autarchico da giovane (1/3)

 

Gocciola gocciola gocciola… lenta scorre via…

cade una di queste infinite gocce. Cade, e scivola fra i solchi della pietra.

Una, due… segna lo scorrere di questo eterno tempo che passo qui. Tre, quattro…

Ma da qui, cosa posso fare? La debole fiamma dalle torce crepita, è debole come me, come il mio nome, riesce a malapena a riflettersi su questi braccialetti di condanna, che accarezzano la mia pelle come la lama del sacerdote fa con il collo della sua vittima sacrificale, volta ad assicurare la pace, per compiacere gli dei. Già, anche queste catene li compiacciono. Il sangue che dai miei polsi gocciola per terra, che ossida il ferro e che fa scorrere via la vita, non è tanto dissimile da quello di un capre espiatorio.

Ho freddo, è umido qui. Stretto in un angolo, con la fronte su queste catene, solo il riflesso dei miei occhi… fa ridere no? Le sento delle flebili risate dall’esterno. La colpa per la quale sei dannato, è la stessa che vedi quando il tuo viso si rifletto nell’acqua, o nel metallo ghiacciato. Ora, il metallo, è bagnato. Lacrime, che non so nemmeno io per cosa verso. Sapevo che si piangeva per qualcosa che si rimpiange. Il problema è che non ricordo cosa voglia dire essere fuori di qui. Non si dovrebbe piangere per qualcosa che non sia ha mai avuto o che non si conosce. Ma senti di dover piangere. Vorrei piangere per qualcuno, ma non so chi sia quel qualcuno. Vorrei tendermi verso di lui, sentire una voce che mi spinge fuori da questo eterno torpore, provare ad alzare gli occhi, provare a tirare forte le catene per aggrapparmi alle spalle, per urlare qualcosa.

Ma non ce la faccio. Non saprei cosa dire. Cosa mai dirò quando mi vedrai? Quando dai confini del mondo verrai?

 

 

Che luce afosa che entra in questa stanza! Un bianco sporco, giallo. Ozioso quasi. Inonda gli scaffali, il tavolo, le scartoffie, le katane, ogni cosa in questa stanza. Eppure riuscirei a non sopportare neppure il bianco ghiaccio. Il candore opprimente della neve. La odio quando cade. Anche se qui, nel mondo celeste, non esiste quel colore. Lo vidi quando il mio futuro si segnò. Forse avevo solo pochi anni, o secoli, in questo mondo di divinità asettiche. Mi portarono sul mondo terrestre, in una zona a nord, dove cadeva una morbida neve, e ne rimasi abbagliato. Non avevo mai visto la neve

Non avevo mai visto la neve. Prendendola fra le mani non percepivo alcuna differenza di calore con la mia pelle. Spaventandomi per quel gelo, cercai la mano di mio padre. Ma non la trovai. Trovai una strada già scelta per me. Dovetti far cadere la neve anche su di me, per una vita militare che mai avrei voluto. E da allora è così, ho dovuto diventare freddo ed impassibile. Al pari degli eretici dagli occhi dorati, io sono poco sopportato. A volte fare scambio con le loro catene, piuttosto che continuare a vivere da solo e con un disprezzo mal celato. Un eretico può morire. Io no. Perché sono una divinità. L’unica persona che andò oltre la divisa e gli occhi, se ne è già andata. E’ stata l’unica che mi abbia potuto slegare e rifare la treccia…. Ma quanti fogli di condanna a morte per insubordinazione devo ancora firmare oggi? E devo anche fare la richiesta per l’uscita di quel demente di Kenren, bastardo, anche se quasi lo invidio, lui può vivere a modo suo.

Ma quanti fogli di condanna a morte per insubordinazione devo ancora firmare oggi? E devo anche fare la richiesta per l’uscita di quel demente di Kenren, bastardo, anche se quasi lo invidio, lui può vivere a modo suo.

 

-Mi scusi generale….-

- Cosa succede?- sempre nei momenti meno opportuni, a tutti fanno paura i miei occhi rossi, tranne quando c’è da comandare.

-Beh… ecco… hanno giù punito Kenren… deve andare lei per il rilascio, stando a quanto ha detto Li Touten- ci mancava pure questa. Quello è ancora più bastardo dell’imperatore e degli altri.

-Riferisca che lo farò in giornata- ci manca solo diventare il leccapiedi di quello.

-Presenterò generale-

Ecco pure questa. Certo che fra il firmare questa catasta di documenti e andare alle prigioni….

 

 

I passi di una sentinella. Percorrono questo maledetto corridoi ogni santo momento, anche di notte… hn… come se si potesse dormire comunque. Qui, c’è una notte continua. Un dormiveglia perenne. Alterno incubi e realtà, ma non so quale sia meglio… Verranno a liberare quello che hanno portato qui ieri… un militare suppongo, devono averlo frustato, anche se non ho sentito alcun urlo. Questi però sono passi diversi, più eleganti e calmi. Questa cecità rende tuttavia gli altri sensi più acuti. Alzo lievemente gli occhi, nascosti fra i capelli.

Una divisa chiara e dei lunghi capelli bianchi. E’ un bianco opprimente. Gira lo sguardo e mi fissa. Ha gli occhi rossi. Ma chi è? Ha una scintilla di sorpresa quando vede la mia bicromia. Ho un occhi azzurro e l’altro dorato, la mia condanna. Serve altro da dire? Procede avanti. Ma perché è libero. Gli occhi color del sangue non sono più nefasti di quelli dorati?

Parlano… credo che abbia compiuto una insubordinazione…litigano… uno sembra divertita e l’altro piccato…

 

-E comunque, la cosa che mi ha fatto più male, è stato essere colpito dal pugno del principe Nataku-

-Fa pure come vuoi, basta che le tue azioni non coinvolgano me-

 

E i passi procedono nella direzione contraria alla precedente.

Un'altra persona che può uscire di qui. E io vi resto.

 

 

Maledizione a quell’imbecille. Perché deve sempre mettersi nei guai? Già l’altro giorno con qui suoi tre amici… Tempou, il nipote dell’androgino e quel bambino eretico… Sono pericolosi. E ne sono invidioso. Loro sono vivi. Persino il bambino… non è nelle celle. Giù, nelle celle… altri eretici. Altri occhi dorati. Fanno pena e paura. Prima o poi si ribelleranno. Sono più forti degli dei normali.

-Generale…-

-Cosa c’è…- il prossimo lo uccido. Lo giuro (ci ha per caso influenzato qualcuno…?ndB)

-Dovrebbe recarsi dall’imperatore- o mio di ancora! Basta!

-Ora?-

-Hanno detto immediatamente-

-Grazie. Vado subito- 50 frustate o questa rottura? Vada per la seconda…

 

-Generale Goujin Ryo del Mare dell’Ovest, al vostro servizio signore- e mi tocca pure l’inchino…

-Goujin, vista la sua precisione, deve recarsi nelle prigioni, e liberare l’eretico Homura. Portarlo qui, e dopo accompagnarlo nei quartieri dell’est- altra seccatura?!? Basta!

-Ma signore… ci sono degli addestramenti che devo supervisionare…- -Niente storie, di quelli se ne occuperà il generale Tempou.-

-Ma…- -Niente ma. Vai ed esegui.- -Certo signore-

Cosa resta da fare? Niente, inchinarsi ed obbedire.

 

 

Certo, io mi diverto a fare i tour nelle prigioni. Da quanto hanno detto i secondini è in fondo a destra (come il bagno delle donne!ndB). Ma allora è dove c’era quel ragazzo…

Arrivo e mi fermo. Non sembra avermi visto.

-Scusa…- non risponde, sembra stia dormendo.

Qualcuno urla. Ma chi? Rompo il mio dormiveglia e alzo lo sguardo. E’ quello di oggi.

Finalmente alza la testa. –Sei tu Homura?-

Cosa succede? Mi vogliono uccidere? Finalmente una soluzione.

-Puoi rispondere?-

-Si, sono io- biascico. Da quanto non parlavo. –Perché?- il mio tono si va alzando –Hanno finalmente deciso di uccidermi?- prendo un tono superbo.

-No, a quanto sappia- Come può una persona che ha sempre vissuto in prigione desiderare proprio ora la morte? –Sei libero.-

Spalanco gli occhi. -Cosa?-

-Hai sentito bene. Sei libero. Ora ti devo portare dall’Imperatore Celeste, e poi accompagnarti ai quartieri dell’est.-

Cosa? Mi hanno tenuto per anni qui, e ora dispongono della mia vita come vogliono?

-Alzati su. Non ho voglia di perdere tempo- Ci mancava solo questa seccatura. Apro le sbarre, la chiave si incastra nella serratura. E’ quasi arrugginita. Ma da quanto non la aprono? Bastardi

-Cosa succede?- Sta aprendo la serratura, ma ha dei problemi. Non mi ricordo l’ultima volta che l’ho vista aperta.

-Nulla… fatto. Ma da quanto non l’aprivano?-

-Beh… non lo so.- Mi si avvicina. Leva altri catenacci. Ma le catene ai polsi rimangono.

Levo le catene che aveva sopra la testa. Eppure quelle ai polsi non posso levarle. Manca la chiave. -Per quanto riguarda queste… io non posso levartele.-

-Non ti preoccupare- balbetto. E’ incredibile. Sono libero ma queste catene mi perseguiteranno per sempre. Mi porge la mano e lo guardo interrogativo.

-Ce la fai ad alzarti?-

-Non so- afferro la sua mano e faccio forza. Che strano alzarsi di nuovo in piedi. Poi mi colpisce anche la sua mano. E’ fredda come il resto della cella. Eppure chi viene da fuori pensavo avesse del calore. O è questa cella che lo leva. –Grazie-

-Di nulla. Ora dobbiamo muoverci, ce la fai a camminare?-

-Si, penso di si- Pensavo che non ce l’avrei più fatta a camminare. Mi sistemo questo mantello sulle spalle. Ho ancora freddo. Lo guardo bene in viso. Non è come le altre divinità. Ha gli occhi rossi. E la pelle chiarissima, i capelli pure. Sembra solo come… come me.

 

 

Buon giorno a tutte! Dopo quasi un anno di assenza dovuto a troppi casini, tentativo di scappare all’estero per i prossimi due anno, impegni che non ho chiesto, sono riuscita a rimettermi davanti ad una tastiera e scrivere, quasi come regalo di compleanno. Ff abbastanza depressa (come me ultimamente), con due dei miei personaggi preferiti (*_* meravigliosi), in due capitoletti, scritta ispirandomi stilisticamente ad uno spettacolo teatrale, “Notte Araba”, di un autore molto apprezzato in Europa ma sconosciuto da noi, Roland Schimmelpfenning, ma davvero bravo. I vari personaggi più che a dialogare fra loro dialogano con lo spettatore, e questa cosa mi era piaciuta molto, anche se mi rendo conto che, specialmente se non sei bravo, è difficile riproporre una cosa del genere. Che altro dire… finito questo periodaccio spero di riprendere a scrivere La Superba, che giace morta in un angolo ç_ç e dire che avrei anche tante belle ideuzze…. Cmq, spero che riprendere a scrivere mi smuova. Ultimamente ho scritto solo qualcosa extra ff (anche demente) sul mio blog che vi invito a visitare. Per il resto… spero che vi piaccia, e vi esorto a commentare! Bacioni! Barbara

 

P.s.Il titolo, probabilmente non calzante( la ff è nata senza titolo) riprende un bellissimo titolo di un libro di Joyce, Ritratto dell’artista da giovane, che ho deciso di parafrasare. Le possibilità erano varie (ribelle e rivoluzionario in primis), ma alla fine mi è piaciuto riprendere un termine economico-politico, per indicare i personaggi. Autarchico, suona simile ad anarchico, ed indipendente dalle economie esterne. Cade quindi a pennello per molti personaggi.

Poi, se vi capita, vi consiglio di leggere la ff con in sottofondo le note di Angeles, canzone di Elliot Smith, rifatta dai Subsonica, è davvero bella, si adatta perfettamente (e se avete tempo sentite pure Dentro i miei vuoti, è meravigliosa).

  
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