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Autore: Givemelove_x    17/09/2012    1 recensioni
Due nomi, due ragazze che si ritrovano a fare una scelta.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter One
 
 
 
 
 
Sara's point of view
Quel giorno aveva piovuto per tutto il giorno e io ovviamente non avevo portato con me l’ombrello. Sofia quella mattina non me lo aveva nascosto nella borsa, cosa che faceva ogni qual volta che vedeva il cielo londinese scuro e pieno di nuvole. Molte volte l’ombrellino messo dalla mia amica/ coinquilina mi aveva aiutato. Ma quella mattina non c’era nulla nella borsa a parte un pacchetto di TUC e il portafoglio. Cominciai a correre piano cercando di pensare a un luogo dove potessi ripararmi dato che avevo avuto la pessima idea di lasciare l’università prima sfidando così le nuvole grigie che c’erano già quando mi alzai quella mattina quasi controvoglia pensando di dover passare un’altra mattina all’università: mi piaceva quell’università, la gente e tutto il resto ma mi sentivo ancora un pesce fuor d’acqua anche se non ero l’unica studentessa straniera.
-Dannazione!- Replicai trovandomi davanti allo Starbucks che proprio quel giorno aveva scelto di essere chiuso. Non mi restava che aspettare l’autobus come stavano facendo una coppia di ragazzi che invece di essere preoccupati ridevano e facevano finta di bere l’acqua che cadeva dal cielo. Se avessi avuto qualche anno in meno l’avrei fatto anch’io. Sembrava che Londra mi avesse irrigidito, che mi avesse fatto diventare più matura: non era facile allontanarsi dalla propria famiglia a 19 anni, andare in un paese straniero, e frequentare un’università e allo stesso tempo lavorare. No, non era facile ma piano piano avevo iniziato ad abituarmi. E poi non ero sola: Sofia mi aveva seguito e lei sembrava essersi adattata meglio all’ambiente londinese. 
Mi posizionai vicino alla fermata dell’autobus nell’attesa che passasse presto: sentivo i capelli tutti bagnati e la felpa rossa di H&M era zuppa. In giro c’erano poche persone: a parte quella coppietta che in quel momento cominciò a scambiarsi effusioni, c’era una vecchia signora che portava a spasso il cane. Almeno lei aveva l’ombrello. Sbruffai. Avrei dovuto sentire per una volta Sofia. Sicuramente era preoccupata ma non l’avrei chiamata: ero troppo orgogliosa per farlo. Sarei tornata a casa e mi sarei cambiata di nascosto tanto lei a quell’ora era a lavoro dai gemelli. A differenza mia che lavoravo in una libreria, lei faceva la babysitter a due gemelli che le volevano un bene dell’anima.
Stavo ancora aspettando alla fermata e dell’autobus nessuna traccia. Ero quasi tentata di chiedere ai ragazzi se ci fosse qualche sciopero o robe simili. Avrei chiesto alla ragazza ma la coppia non sembrava aspettare il bus infatti non era ferma proprio alla fermata. Qualcosa mi diceva che non sarebbe passato nessun autobus. Sentii il cellulare vibrare nella tasca dei jeans così lo presi coprendo con la felpa lo schermo dalle gocce di pioggia.
-Sofia non ti preoccupare sono viva.- Sentivo Sofia formulare una serie di domande  come “dove sei, come stai” ma le disse a una velocità supersonica non facendomi capire niente. Mentre cercavo di spiegarle che stavo bene, cercavo di allontanarmi dalla strada ogni qual volta passava una macchina intenta a schizzarmi. Come se non fossi abbastanza bagnata. Ero ancora al telefono con Sofia che mi stava facendo la ramanzina, quando una macchina nera abbastanza grande  cominciò ad accostare vicino al marciapiede dove ero io. Cominciai a spaventarmi, non riuscii a spiccicare una parola. Non avrei reagito così se la pioggia forte mi avrebbe permesso di guardare bene di che macchina si trattasse. La macchina accostò del tutto davanti a me. Sapevo già cosa dire e cosa fare: avrei risposto cordialmente e avrei rifiutato qualsiasi cosa mi fosse stata chiesta. Non riuscivo a capire chi ci fosse nella macchina fino a quando il guidatore decise di abbassare il finestrino della macchina. 
-Hi. Do you wanna a lift?-
Riuscii a sentire tra il rumore della pioggia che era diventata più forte e tra le risate della coppia che non sembrava essersi accorta di quella macchina. Non riuscivo a scorgere bene chi avesse formulato la frase ma qualcosa mi diceva che conoscevo già quella voce e quel modo di parlare lentamente…
-Ehmm… Non voglio farti nulla…Ho solo pensato…ecco…Non hai ombrello..-
Il tizio, sì perché era un ragazzo cosa che si capiva dalla voce, abbassò del tutto il finestrino della macchina. Rimasi per un attimo con gli occhi sgranati, giusto per concentrarmi sulla situazione e per mantenere la calma.
-Io sono Harry… Ti stai bagnando..-
Stava continuando a parlare mentre io rimanevo muta cercando di non sbattere le ciglia per paura che quell’immagine potesse svanire. Mi ero trasferita con Sofia a Londra da circa 6 mesi e a parte Sofia che aveva incontrato per caso Tom Parker, io non avevo ancora incontrato nessuno, ma incontrare Harry Styles in quelle condizioni e con lui che ti chiede un passaggio non me lo sarei mai immaginato.
-Grazie…ma…- Stavo per rifiutare come ogni persona sana di mente avrebbe fatto ma subito sentii la vocina di Sofia gridandomi di salire su quella macchina. Così non finii la frase e mi limitai a sorridere.
Trascorsi cinque minuti ero in una Range Rover seduta  vicino ad Harry Styles che in quel momento guidava seriamente, come se mi volesse dimostrare di essere una persona “responsabile”: andava piano e aveva entrambe le mani sul volante e guardava attentamente la strada. Come non avevo fatto ad accorgermi della macchina? Quante volte avevo sussultato nel vedere nelle strade di Londra una macchina del genere e quante volte io e Sofia avevamo pensato di inseguirla ma non si trattò mai di Harry.
-Dove ti porto?-
Sorrisi al ricordo di quando Sofia fu beccata nel spiare all’interno di una Range Rover non accorgendosi che ci fossero delle persone all’interno.
-King's Road , Sloane Square grazie..
Finalmente ero riuscita a dire il mio indirizzo di casa senza vergogna: I primi tre mesi io e Sofia avevamo vissuto in un quartiere quasi affamato della zona  3 di Londra ma grazie all’anziana signora che non era altro che la padrona della libreria dove io lavoravo, ci aveva preso in simpatia lasciandoci un appartamento carino nella zona due dove vivevamo. La cosa ci convienì fin da subito dato che Ellen, la signora della libreria e dell’appartamento, non ci faceva pagare tantissimo per vivere lì.
Harry fece senno di sì con la testa come se avesse capito dove portarmi. Per tutto il resto del tragitto io non spiccicai un parola mi limitavo a rispondere con un “si” o un “no”: la mia pronuncia in inglese non era per niente perfetta e non volevo fare un ulteriore brutta figura dato che ero tesa come non mai. Quando mai mi sarebbe capitata una cosa del genere? Quante volte avevo immaginato il mio incontro con Harry? Quante volte avevo sognato i suoi movimenti, cosa dirgli? E ora mi ritrovavo in macchina con lui muta e ferma come una statua. Harry si accorse fin da subito le mie origini italiane infatti quando glielo confermai, spalancò gli angoli della bocca facendo intravedere le sue fossette che uscivano ogni volta che sorrideva e cominciò a formulare le solite frasi internazionali che si conoscono in italiano come “Ciao bella, come stai, grazie”. Ora capivo perché mi aveva fatto impazzire fin da quando avevo visto la sua foto sullo schermo del pc. Era come me lo ero sempre immaginato: forse a forza di stalkerarlo avevo capito la sua personalità. Durante quel breve tragitto non dissi di essere una sua fan o sicuramente avrebbe cambiato atteggiamento dato che la maggior parte delle fan erano ossessive e folli. Io lo ero ma non così tanto. La zona di Clapham non era così lontano e in meno di dieci minuti ci ritrovammo sotto il portone di casa. Non aveva ancora smesso di piovere e quello che volevo in quel momento era di buttarmi sotto un getto d’acqua calda e togliermi quei vestiti bagnati che erano diventati umidi quando Harry alzò il riscaldamento interno della macchina. Aveva fermato la macchina e aspettava che io dicessi qualcosa o che semplicemente aprissi lo sportello della macchina e sparissi dalla sua vista. Finalmente ebbi la scusa di poterlo osservare meglio. Indossava un semplice camicia di jeans che aveva abbottonato fino all’ultimo bottone con sotto un pantalone nero. Era perfetto come sempre. I capelli erano come al solito disordinati e gli ricadevano sulla fronte.
-Vuoi salire? Cosi ti offro una tazza di caffè caldo- “Dato che tu adori il caffè” Sapevo tutto di lui o meglio, pensavo di sapere tutto. Non so perché gli chiesi di salire: forse per non sprecare l’opportunità o semplicemente perché era un modo educato per ringraziarlo dato che mi aveva riportato a casa non facendomi bagnare sotto la pioggia. Sinceramente sperai che rifiutasse dopotutto, glielo avevo chiesto solo per cortesia.
-Ehmm si grazie- Aveva accettato. E ora? Sperai solo che la casa fosse in ordine e che a casa non ci fosse Sofia o le sarebbe venuto un infarto nel vedermi ritornare con Harry e si sarebbe capito che eravamo sue fan.
Aprii velocemente la porta di casa mentre Harry mi raggiugeva.  Meno male era tutto apposto: il soggiorno che io e Sofia usavamo anche come sala da pranzo era pulito e non c’erano più le tracce dei biscotti che avevo lasciato sul tavolo quella mattina. Quando Sofia sarebbe tornata a casa l’avrei abbracciata.
-Accomodati pure. Io vado a preparare il caffè- Gli dissi indicando il divano rosso che io e Sofia avevamo posizionato davanti alla tv. Quel divano era il frutto di migliaia di straordinari sia da parte mia che di Sofia che era rimasta molte volte a casa dei gemelli persino la notte. Harry non se lo fece ripetere due volte e mentre squadrava l’appartamento, si sedette sul divano, concentrando la sua attenzione sulla fila di dvd che erano vicino alla tv. Io intanto entrai in cucina sperando che ci fosse ancora il caffè italiano che io consumavo a quantità sproporzionate. Io e Sofia bevevamo solo quello dato che per quest’ultima il caffè inglese era “acqua colorata”. Tirai un sospiro di sollievo quando trovai il barattolo del caffè: era pieno.
Dopo aver fatto il caffè e dopo aver aver dato la tazza ad Harry, il telefono di quest’ultimo squillò: aveva la classica suoneria dell’iphone, quella stardard. Lui con l’altra mano lo prese dalla tasca a rispose. Doveva essere qualcuno di importante dato che rispose in maniera cortese e senza ridere come quando si usa rispondere quando si è al telefono con  amici. La telefonata fu breve dato che lui si limitava a dire “yes, ok, yes” e quando riattaccò mi guardò con un’espressione dispiaciuta e mi disse che doveva andare a lavoro. Che qualcuno del suo management l’avesse chiamato? Comunque lui sembrava dispiaciuto e dopo aver bevuto velocemente il caffè che era bollente, si alzò dal divano e si diresse verso la porta
-Mi ha fatto piacere conoscerti… Ah non so il tuo nome…-
Mi disse mentre si sgranchiva le gambe e mentre ricontrollava l’ora sul telefono.
-Io sono Sara…Anche a me ha fatto piacere-
-Beh allora ci vediamo…Sara- Anche lui sembrava un tipo di poche parole dato che parlava a monosillabi
-Si ci vediamo, tanto sai dove abito!- Ora facevo anche la spiritosa? Riuscii però a strappargli un altro sorriso e uscì dall’appartamento. Mi ci volle mezz’ora per rendermi conto cosa mi fosse successo, mezz’ora per far tornare Sofia e per farmi scoppiare a piangere. Quando le raccontai tutto anche lei scoppiò a piangere vedendomi in lacrime e andò a controllare la tazza da cui aveva bevuto Harry:
-Potremo venderla su EBay, ci facciamo milioni- Ora cercava di scherzare per farmi smettere di piangere
-Cooosa? No, quella tazza rimane nella mia stanza e guai a chi la tocca!- Lo dissi quasi con un tono isterico dato che avevo ancora la voce smorzata dalle lacrime
-Ah comunque Emily ci ha invitate in un locale questa sera. Mi devi aiutare non so cosa mettermi! Prima guardavo le vetrine e avevo pensato di mettermi quella maglietta che abbiamo comprato insieme-
-Cosa? Io non esco di casa! Dopo quello che mi è successo non ce la faccio e poi fuori il tempo fa schifo.-
Non appena sentì ciò, Sofia lasciò perdere la tazza e si posizionò davanti a me mantenendomi per le spalle
-Sara, Emily ci ha invitate al Mahiki-
 

Sofia's point of view:
Sebbene fosse Marzo  quel giorno si prospettava uggioso come sempre, quella mattina ero maledettamente in ritardo, cosa mai successa prima, e dimenticai di mettere l’ombrello nella borsa della mia coinquilina nonché migliore amica che stava andando all’università; uscii correndo di casa con ancora il sapore di caffè in bocca.
Ormai erano più di sei mesi che mi ero trasferita a Londra con Sara, avevamo unito tutti i nostri risparmi per poterci trasferire e un po’ con quei soldi e un po’ con l’aiuto dei nostri genitori riuscimmo ad affittare un appartamento in zona 3; subito dopo il nostro trasferimento iniziammo entrambe con l’università e Sara trovò anche un lavoro in libreria.
Avevo impiegato un po’ di tempo ad ambientarmi, avevo solo bisogno di allargare il circolo delle mie conoscenze, nella segreteria dell’università avevo trovato un avviso che invitava qualsiasi studente che volesse lavorare a chiamare quel numero scritto in bacheca, avevo subito chiamato e avevo scoperto che dovevo fare la baby-sitter a due gemelli di 8 anni; adoravo i bambini e accettai subito quel lavoro.
Dopo aver iniziato il lavoro non mi restò più di tempo  libero per me, a volte lavoravo anche la notte per poter avere più soldi e per poter cambiare casa; mi capitava spesso di arrivare tardi ai corsi e un giorno stavo correndo attraverso i corridoi per raggiungere l’aula per seguire i corsi, andavo talmente veloce ce andai a sbatter contro una ragazza, Emily con cui avevo stretto amicizia.
Mi capitava spesso di uscire con lei quando Sara lavorava e io avevo un po’ di tempo libero, un giorno eravamo allo Starbucks e mi chiese se fosse un problema che una sua amica ci raggiungesse e dopo un quarto d’ora nel locale entrò Kelsey accompagnata da Tom Parker e mi prese un infarto; dopo quell’evento avevo scoperto che Emily era una compagna di scuola di Kelsey ed era rimasta in buoni rapporti con lei.
Verso Natale la padrona della libreria in cui lavorava Sara ci aveva preso i simpatia e ci aveva proposto di trasferirci in un suo appartamento in Sloane Square e siccome ci conveniva accettammo la proposta e senza alcun aiuto cambiammo per la seconda casa nel giro di pochi mesi.
Quel giorno stavo badando a James e Edward, i due gemelli a cui facevo da baby-sitter, li stavo aiutando a studiare Francese per il lunedì successivo quando iniziò a tuonare e dopo il secondo tuono i gemelli scapparono sotto il letto; erano entrambi biondi e i loro capelli tendevano al riccio l’unica differenza che permetteva a tutti di riconoscerli erano i loro occhi, James aveva gli occhi castani mentre Edward aveva gli occhi verdi.
Per farli tranquillizzare scesi in cucina e preparai loro una tazza di thè accompagnata dai famosi biscotti oreo che tanto adoravano; mentre aspettavo che l’acqua andasse in ebollizione presi il telefono e chiamai la mia amica per sapere in che condizioni era.
Mi stava dicendo che era alla fermata degli autobus ma temeva ci fosse qualche sciopero e stava tornando a casa a piedi quando attraverso il telefono sentii una macchina fermarsi.
-Io sono Harry… Ti stai bagnando..-
Conoscevo quella voce, l’avevo sempre sentita attraverso delle cuffie o attraverso un pc; si era fermato per dare un passaggio a Sara e lei stava rifiutando –Muoviti a salire in quell’auto!!!!- gridai sperando che mi avesse sentito e dopo che la sentii accettare il passaggio mi chiuse il telefono.
Dopo aver portato il thè in stanza dei ragazzi e dopo essere tornati a studiare arrivò un messaggio sul mio telefono, “Stasera danno una festa al Mahiki, Kelsey mi ha detto di invitarti e di portare anche Sara, ci vediamo lì per le 10- Emily”.
Era il secondo infarto che rischiavo nel giro di un’ora, avevo sentito la voce di Harry Styles attraverso il telefono ed ero stata invitata al Mahiki, che sapevo era un luogo frequentato da Jay McGuiness.
Tornai a casa pensando a quello che potevo indossare, ma una volta entrata in casa e dopo aver ascoltato Sara che mi stava dicendo che Harry Styles era stato a casa nostra per bere un caffè e che dopo era dovuto andare via, poco dopo la mia amica scoppiò a piangere per la felicità e per farla smettere iniziai a scherzare come al mio solito -Potremo venderla su EBay, ci facciamo milioni- dissi riguardo alla tazza e Sara quasi mi trucidò con lo sguardo, dopo averla vista ridere di nuovo la informai della festa che ci aspettava quella sera, ma non voleva uscire e dava la colpa al brutto tempo.
-Sara, Emily ci ha invitate al Mahiki-
  
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