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Fuori il mattino stava facendo capolino illuminando la notte e annunciando una giornata decisamente migliore dopo i violenti acquazzoni che avevano flagellato il luogo. Dalla finestra dell’ufficio si vedeva il palazzo del quattrocento che dominava il paese e che era causa della notte insonne.
Il dottor Sessano, il magistrato che era accorso subito appena avuta la notizia, tossì quasi per svegliare l’interrogato mentre il capitano Marelli, che stava in piedi davanti al termosifone per scaldarsi, sbadigliava rumorosamente. I due erano ambedue giovani e altrettanto inesperti: il magistrato al primo incarico ricevuto aveva vissuto anni di teoria; Il capitano, dopo una vita passata plotoni dentro le scuole di addestramento dei carabinieri, aveva ricevuto un comando di compagnia Carabinieri.
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Forse era l’unico presente al palazzo che non avesse un movente per uccidere la contessa.
<<…mi ha augurato buonanotte, si è chiusa dall’interno e … non ho dormito…poi ho sentito quel tonfo e…>>
<<…ha chiamato il maresciallo Innocenti. Non ha pensato che potesse stare male? Che avesse bisogno urgente di lei? >> il maresciallo capì dalle domande del magistrato che probabilmente il dottore sospettava anche del signor Fregoli.
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<<È stato un ordine…>> sottolineò il maresciallo, stanco di sentire quella storia.
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Per il maresciallo Innocenti, che aveva risolto decine di casi di omicidio nella sua carriera, sembrava fosse passato un centinaio di anni. Si sentiva arrugginito.
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Il magistrato si sgonfiò mettendosi le mani sui pochi capelli:
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<<…non comparve con una nuova moglie: Lisa Peyrot, ballerina in un locale di dubbia moralità a Torino. Tanto aristocratica, visto i comportamenti rozzi che aveva, non lo è mai stata... possiamo dire che ha conquistato il conte con altre armi…>> il capitano aveva voluto intervenire sentendosi escluso dall’indagine e il maresciallo ne approfittò per focalizzare la vittima: una bella quarantenne con un viso d’angelo anche se, dopo la prematura morte del conte, tutti avevano capito che fosse un diavolo.
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Già, il maresciallo era al tavolo della contessa e, anche se lui se ne era andato via prima dei fatti, aveva assistito a tutta la scena che poteva nascondere il movente dell’omicidio.
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Lisa, a capo tavola, sorrise nel vedere la reazione di tutti quanti. Poi, con gesti molto teatrali, riprese a mangiare il brodo facendo ancor più rumore di quello che di solito faceva dimostrando ancora di più che, pur essendo passato un anno, non aveva imparato a comportarsi in modo consono ai nobili.
Il comandante della locale stazione Carabinieri fu il primo a riprendersi e guardò gli altri.
Don Pietro, davanti a lui, aveva aggrottato la fronte e stava fissando la padrona di casa come per cercare di capire se quello che avesse detto fosse vero. Parroco da molti lustri aveva raggiunto l’età di settanta anni facendo in modo ottimale il suo lavoro ma, a quanto pare, non aveva nemmeno pensato all’ipotesi ventilata da Lisa. Il Sindaco Carlo Bottami, un ex sindacalista che difendeva il ceto medio in ogni cena con i nobili accendendo infinite discussioni, era attonito. Dopotutto era diventato primo cittadino da poco e pensare che sotto la sua dirigenza il paese rischiasse di perdere l’azienda del Conte era stata una brutta sorpresa.
I familiari invece erano rimasti affacciati sul tavolo a guardare Lisa che, soddisfatta, si gustava il suo brodo e la sua vittoria personale.
Il Conte aveva lasciato un figlio avuto con il primo matrimonio: Cesare, un uomo di trenta anni senza carattere e molto volubile. Aveva vissuto sotto l’ala protettrice del padre che lo aveva anche reso molto debole e insicuro sicuramente non idoneo a guidare l’azienda.
Giovanni, nipote del defunto Conte che, alla morte dei genitori, fu ospitato nel lussuoso palazzo, pur essendo coetaneo di Cesare era totalmente diverso: sembrava lo stereotipo dell’universitario ribelle contro la classe privilegiata. Eppure, suo malgrado, ne faceva parte e ne sfruttava i tanti benefici grazie ai quali poteva vivere tranquillo senza cercarsi lavoro. Viveva recluso nella sua serra con i suoi studi di botanica dal quale cercava la chiave per curare i mali delle persone.
Infine i cugini nobili di Caserana, il paese vicino. Filippo, parente di primo grado con Emanuele, e Teresa Massel che si atteggiavano come gli ultimi rampolli della nobiltà del posto anche perché la donna vantava un marchesato. Filippo lavorava nell’azienda del cugino mentre Teresa, una donna che passava inosservata anche perché non curava particolarmente la sua persona, faceva la brava donna di casa vantandosi con le amiche della sua condizione nobile omettendo il fatto che il lusso che mostravano era solo una facciata di cartone che presto sarebbe crollata.
Ora, mentre la pioggia sembrava cercasse di entrare furiosamente nella sala del palazzo del Conte, Lisa, facendo credere di festeggiare il suo compleanno, stava facendo i conti.
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Teresa era al centro dei pettegolezzi salottieri tra le risate ironiche di vecchie zitelle o donne separate che, per probabile invidia, si auguravano per lei una fine simile.
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Teresa sbigottì e per un attimo la sua mediocrità cedette il posto ad un espressione molto buffa. Pur avendo i capelli curati e un leggero trucco sul viso non poteva nascondere la sua bruttezza. Il maresciallo sapeva che Filippo e Teresa erano sposi per convenienza delle famiglie e che le voci in paese, che li volevano separati in casa, probabilmente avevano un fondo di verità.
Il figliastro Cesare sembrava l’unico a non aver subito contraccolpi dalle notizie che si stavano susseguendo anche se giocherellava nervosamente con una scatola di chewingum. Guardava di fronte a lui scambiando lo sguardo con il cugino Giovanni che alternava lo sguardo fissando Lisa che si trovava nella parte opposta alla sua. Cesare e Giovanni erano due ragazzi uguali ma il loro carattere era totalmente diverso. Il Conte era amareggiato nel sapere che il nipote non voleva seguire l’azienda di famiglia ma prendere una strada nuova, tutta sua, legata alla botanica e allo studio di nuove piante agli angoli estremi del mondo.
Il maresciallo sapeva che i due cugini erano molto uniti nella passione della movida notturna dove spendevano i soldi che il conte dava loro per farli vivere tra agi e comodità.
<> Filippo era sbottato nervosamente in piedi e si stava avvicinando minaccioso contro la padrona di casa che, per nulla intimorita, continuava a sorseggiare il consommè.
Il maresciallo Innocenti scattò in piedi mettendosi tra i due contendenti ma Lisa, mettendogli una mano sul braccio, lo tranquillizzò:
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L’imbarazzo calò il sipario e l’uomo, colpito nell’orgoglio, tornò tristemente su i suoi passi rifiutando il conforto della moglie che cercava di accarezzarlo.
Giovanni, lisciandosi i suoi lunghi capelli corvini, inchiodò per un attimo lo sguardo sulla zia.
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Lei aspettò volutamente qualche secondo prima di rispondere:
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La cena proseguì malinconicamente facendo naufragare i tentativi di rompere quel clima da parte delle tre autorità i quali, alla fine, optarono per trascinare i discorsi su storie che rammentavano ogni anno.
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La padrona di casa tagliò decisa la fetta di carne davanti a lei e, con uno dei suoi gesti non nobiliare, giocherellò con le posate:
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<< Poteranno l’albero dai rami secchi… e mi daranno tanti soldi…>>
I parenti presenti deglutirono senza ribattere ma concentrandosi sul piatto davanti a loro come tanti scolaretti ripresi dalla maestra.
Si alzò, decisa, e si diresse verso un mobiletto antico da dove, dopo aver aperto un’anta chiusa a chiave, prese un blocchetto di assegni. Scrisse qualcosa e , dopo aver leccato le dita, sfogliò il primo assegno e lo strappò dal libretto. Fece la solita cosa con il secondo. Coprì la distanza del tavolo apparecchiato a passi marziali e porse l’assegno al parroco e al sindaco congedandoli.
I due, leggendo la cifra, non replicarono ma, salutando i presenti, se ne andarono via.
Il maresciallo, che aspettava di essere liberato, fu pregato di assistere a quanto la donna avrebbe detto.
Lisa lanciò in un angolo le preziose scarpe con i tacchi che la abbassarono di pochi centimetri lasciandola a piedi nudi. Un altro gesto poco regale che le dette un sollievo evidente.
Un uomo di mezza età, trasandato e misterioso, comparve improvvisamente in sala e, dopo aver salutato i presenti, si sedette.
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Innocenti capì che gli altri conoscevano bene l’uomo notando Filippo che lo fulminò con lo sguardo: probabilmente non aveva una bella opinione di lui. Gli altri accennarono un timido saluto anche se Teresa lo fece in modo frettoloso e timido.
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Lisa, come un gatto che gioca con la vittima, si gustava quel momento.
Porse i fogli ai suoi parenti che, una volta presi, si sedettero su le poltrone e i divani sparsi nello studio.
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<<È la vostra liquidazione!>> sentenziò Lisa alzandosi in piedi e mettendosi davanti alla scrivania per dominare i presenti seduti.
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Lisa spezzò con le mani un pezzo di dolce e se lo mise in bocca.
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Teresa pianse sommessamente guardando con odio il marito.
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L’uomo chiamato in causa abbassò la testa dalla vergogna e la zia affondò il colpo spiegandolo al maresciallo che guardava stranito:
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Si girò di nuovo verso il nipote con lo sguardo da dura:
<< Ora arrangiati… anzi, ti faccio un ultimo regalo…>> si diresse verso la scrivania e da un cassetto ne estrasse delle banconote. Si leccò le dita per prenderne alcune e le buttò ai piedi del nipote.
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Cesare, capendo che stava giungendo il suo turno, prese un'altra gomma da masticare che raggiunse quella che aveva in bocca. La matrigna lo affrontò mettendosi davanti a lui:
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Cesare sembrò replicare ma probabilmente fu intimorito dalla presenza della matrigna a tal punto che masticò velocemente guardandosi i piedi.
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Si bloccò un attimo e prese dalle mani di Cesare la scatola delle gomme da masticare, ne prese una e se la girò tra le mani:
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Lasciando i cani bastonati uscì trionfante dallo studio seguita dal maresciallo in evidente disagio e dall’investigatore che lanciò un’occhiata ai presenti prima di uscire.
Con passi frettolosi Lisa raggiunse la sua camera da letto e, arrivata davanti alla porta, pregò i due di entrare insieme a lei.
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Lisa si sedette davanti allo specchio cominciando a struccarsi noncurante della presenza dei due e masticando rumorosamente tra una parola e l’altra:
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Fregoli spuntò dal bagno della camera:
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Il maresciallo sentì distintamente tre mandate a chiave effettuate dalla signora e vide l’investigatore privato provare ad aprire la porta assicurandosi che fosse chiusa.
I due si salutarono e l’uomo addetto alla vigilanza raggiuse una scomoda poltrona sistemata davanti alla porta di Lisa.
Il maresciallo, accompagnato dal domestico, superò lo studio dove i parenti stavano discutendo animatamente e optò per non interromperli guadagnando l’uscita pensando che, appena tornato in caserma, avrebbe dovuto avvertire delle novità i suoi superiori.
Giunto presso la propria abitazione non aveva fatto in tempo a levarsi completamente la divisa dopo aver salutato la famiglia che il cellulare squillò facendolo allarmare: dopotutto in quel posto così tranquillo era raro che ricevesse telefonate la sera tardi.
L’investigatore Fregoli lo aveva chiamato perché aveva sentito un rumore sospetto all’interno della camera da letto della contessa che non rispondeva alle sue richieste di aprire.
Per la paura di sfondare la porta e causare qualche danno aveva chiamato il sottufficiale che, suo malgrado, si era ricomposto e aveva raggiunto l’edificio del conte.
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I due si guardarono incerti sul da farsi finché il maresciallo prese l’iniziativa di bussare più forte.
Non ricevendo risposte si girò verso il signor Fregoli:
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Il maresciallo Innocenti decise di prendere l’iniziativa e, con un calcio ben assestato all’altezza della maniglia, sfondò la porta che, con un leggero scricchiolio dovuto alla rottura del legno, si aprì mostrando l’interno.
Lo spettacolo che si presentò non gli piacque per nulla: La contessa Lisa era sdraiata per terra, morta, in una posizione innaturale che non rovinava la sua bellezza. Gli occhi increduli fissavano il nulla e la mano protesa verso la porta faceva capire il suo ultimo gesto.
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Il capitano Marelli guardò gli atti sfogliandoli velocemente finché prese ciò che stava probabilmente cercando:
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Il magistrato fece una faccia contrariata: probabilmente sperava in questa ipotesi.
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Cominciò a sciorinare leggendo sul monitor:
<<…Le dosi tossiche sono individualmente molto variabili…I sintomi dell'avvelenamento insorgono per lo più molto rapidamente, e sono caratterizzati da un senso di aridità, di secchezza e di stringimento nella bocca e nelle fauci…>>
<<…e abbiamo capito perché non ha urlato…>> commentò secco il magistrato.
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Il magistrato si alzò dal posto e si avvicinò al computer:
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Gli altri due aspettarono la spiegazione:
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Il capitano ebbe un’illuminazione e, eccitato come un bambino che vede Babbo Natale, si parò davanti al magistrato che lo guardò sorpreso:
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Il comandante della stazione ci pensò su e poi, guardando sorpreso il suo superiore, sussurrò:
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<< Lui l’ha data alla zia poco prima che questa se ne andasse in camera e lì giunta…è morta. Probabilmente era dentro il liquido del confetto gommoso!>>
Il magistrato, convinto dalla spiegazione del capitano, scattò in piedi e, seguito dall’ufficiale gongolante per aver scoperto tutto, si diresse a grandi passi verso la porta dell’ufficio per irrompere nella sala d’aspetto dove tutti i sospettati erano in attesa controllati da due carabinieri.
Il magistrato si piantò davanti a Cesare che stava giocherellando con il suo astuccio di gomme da masticare.
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L’accusato strabuzzò gli occhi e balbettò qualcosa.
Il capitano stava parlando con qualcuno al telefono:
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Tutti gli sguardi si posarono su Cesare.
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La voce imperiosa veniva dal corridoio e il maresciallo spuntò nella sala d’aspetto.
Il capitano lo schermì mentre il dottor Sessano fece spallucce.
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Avuta l’attenzione il maresciallo Innocenti espose la sua ipotesi:
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Tutti i presenti guardarono il maresciallo attendendo la sua spiegazione che non tardò:
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Si mise al centro della stanza dove tutti i presenti lo potevano guardare e mostrò il suo dito indice:
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Il signor Fregoli annuì:
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Il maresciallo capo Innocenti Marco sorrise al uomo che era intervenuto:
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Teresa Massel abbassò la testa sommessa:
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Filippo guardò la moglie che rimase con la testa china. Cercò spiegazioni intorno a sé ma trovò sguardi assenti. Il maresciallo Innocenti continuò a parlare:
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Si alzò e guardò negli occhi il marito: una luce di odio e rancore illuminarono lo sguardo con cui inchiodò l’uomo:
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Il magistrato fece segno ai carabinieri di portarla in cella.
Il capitano Marelli e il dottore Sessano si avvicinarono al comandante della stazione carabinieri per complimentarsi:
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Sorrise tornando nel suo ufficio: doveva scrivere la parola fine sui verbali dell’indagine.