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Autore: Verdonica    17/09/2012    1 recensioni
Mi è stato chiesto perchè volevo concludere un'esperienza della mia vita, perchè volevo lasciare.
Cosa per me fosse questa conclusione, insomma.
E io sono più brava a scrivere che a parlare, quindi ho messo nero su bianco.
E' un racconto metaforico, non posseggo una barca e non sono una lupa di mare. Solo mi sono immaginata la conclusione come una partenza, un ricominciare.
Gli uomini di mare, fermi al porto, non si trasformavano in uomini di terra. Amavano attraccare, scendere e vivere con altre persone. Amavano tornare a capire come girava il mondo, ad avere rapporti che non fossero solo nella loro testa. Amavano semplicemente fermarsi e avere il tempo di confrontarsi.
Però poi ripartivano sempre.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’era una barca attraccata ad un porto. Non era un porto particolarmente grande o importante, faceva la sua bella figura: tenuto bene aveva sempre qualche barchetta a riposo, ma non era mai un luogo affollato. Si stava bene in quel porto, c’era pace.

Le persone ci passavano per caso, per quel porto, e ne rimaneva affascinate. Magari poi ci ritornavano invogliati dal desiderio di rimanere da soli a riflettere con il mare. C’era chi anche non ci tornava più, tenendo dentro di sé quel momento come un’esperienza di cui fare tesoro.
C’era chi invece vi era affezionato e ci capitava quasi tutti i giorni: per trovare conforto, per un abitudine di cui non riusciva a fare a meno o perché ne aveva bisogno.
Poi c’era chi vi capitava perché era stato indirizzato: ne aveva sentito parlare e allora voleva vedere con i suoi occhi, provare sulla sua pelle.

Gli uomini di terra erano tutti uguali, le motivazioni per cui giungevano al porto erano sempre le stesse, a rotazione.

Gli uomini di mare, invece, erano tutt’altro. Loro erano le loro barche. Le barche erano la loro casa.
Gli uomini di mare non capitavano nel porto, loro vi erano diretti. Vivevano sulle loro barche, in mezzo al nulla, in pace, soli. E cercavano di mantenere quella condizione il più possibile. Poi però, inevitabilmente, avevano bisogno di recarsi ad un porto. Per fare rifornimento, per riprendere i contatti con il mondo, per staccare.

Gli uomini di mare, fermi al porto, non si trasformavano in uomini di terra. Amavano attraccare, scendere e vivere con altre persone. Amavano tornare a capire come girava il mondo, ad avere rapporti che non fossero solo nella loro testa. Amavano semplicemente fermarsi e avere il tempo di confrontarsi.
Però poi ripartivano sempre.
Amavano arrivare ad un porto, al porto, tuttavia lo lasciavano sempre. Poteva essere accogliente, tranquillo e disporre di tutto ciò di cui avessero bisogno, ma in ogni caso ripartivano.

Come quell’uomo, che si stava appropinquando all’unica barca attraccata al piccolo porto. Con sé aveva poche cose, il minimo indispensabile, e camminava sulla banchina senza guardarsi indietro.
Sapeva che il suo futuro era solo quello che lo aspettava di fronte a sé. E lo avrebbe affrontato, senz'altro, con la sua barca.
Forse stava accelerando la partenza, forse si sarebbe potuto fermare ancora un po’, magari poi si sarebbe detto una volta giunto al largo – beh, alla fine non c’era tutto questa fretta –, ma in quel momento pensava solo al mare, alle onde, all’orizzonte.

Voleva ripartire, da solo.
Voleva ripartire, e ricominciare.
Voleva ripartire, a tornare si faceva sempre in fretta.
  
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