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Autore: Always Sil    17/09/2012    8 recensioni
[Spoiler : Il canto della rivolta]
«Chi sa dirmi cosa sono gli Hunger Games? »
La domanda esce senza esitazioni dalla bocca dell’insegnante.
Subito alcune mani si alzano, pronte a rispondere.
Io mi limito a non guardare l’insegnante, mentre cerco di rendermi invisibile.
Purtroppo per me, non passo inosservata.
Sia per il mio aspetto, sia per il mio cognome.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Smile.

[Si dice che un sorriso non costa nulla.
Non è vero. A volte costa moltissimo,
specie se non si riesce a trovare alcun motivo per farlo.
Ma una cosa è certa: è l'unica cosa che per quanto cara possa costare,
il ricavato che se ne otterrà, sarà sempre superiore al suo costo.]


«Chi sa dirmi cosa sono gli Hunger Games? »
La domanda esce senza esitazioni dalla bocca dell’insegnante.
Subito alcune mani si alzano, pronte a rispondere.
Io mi limito a non guardare l’insegnante, mentre cerco di rendermi invisibile.
Purtroppo per me, non passo inosservata.
Sia per il mio aspetto, sia per il mio cognome.
Sotto il nuovo governo, hanno deciso di insegnare la storia di Panem a scuola, e gran parte della storia è incentrata sugli Hunger Games ,ma per fortuna, i giochi li studiano solo i ragazzi del penultimo e ultimo anno di studi.
Io essendo al penultimo anno devo per forza studiarli.
L’insegnante inizia a parlare.
«Gli Hunger Games erano dei giochi istituiti dal precedente governo di Panem come punizione ai distretti per essersi ribellati e dato vita ai giorni bui »
scuoto la testa e sbuffo.
No, non sono questi gli Hunger Games.
Questa è la tipica risposta di una persona che non sa niente, o almeno, che non vive con questa realtà ogni giorno.
I miei gesti non passano inosservati all’insegnante che smette di parlare e concentra l’attenzione su di me.
«Mellark, vuoi rispondere tu? » domanda.
"Stronza" penso, mentre prendo un grosso respiro.
Non voglio rispondere a questa domanda, è un argomento molto delicato, questo.
A casa è tabù e in giro non se ne parla ormai più.
Ho lo sguardo fisso il muro dell’aula che all’improvviso trovo molto interessante.
«Sono giochi crudeli che ti distruggono l’anima, » la mia voce è piatta, distante.
«Annientano la vita di coloro che partecipano, ti rendono un assassino e vivi con i rimorsi » la mia mente vaga, lontana nei ricordi.
Le urla dia madre che, di notte, sento attraverso camera mia.
I pianti di mio padre quando una volta, dopo un flashback molto violento, ha spinto con troppa forza mia madre causandole una piccola commozione cerebrale.
Gli occhi cupi di mio padre, il tremito di mia madre quando ogni tanto trasmettono alla televisione degli spot sui giochi o sulla guerra.
«Ti condannano a vivere una vita vuota, che neanche l’amore o le cose più belle della vita  possono cambiare la cruda realtà»
Ogni tanto, quando do un bacio sulla guancia a mia madre, un abbraccio a mio padre, i loro occhi si illuminano.
Dimenticando, anche se per poco tempo,  il loro passato.
Ci ripetono sempre che io e mio fratello siamo la loro gioia più grande.
Siamo la loro rinascita.
«Gli Hunger Games sono questo, paura, morte, rimorsi, incubi.
Non uccidi e muori, uccidi e vivi».
le ultime parole le sussurro appena « da assassino »
Chiudo gli occhi, e solo ora mi rendo conto che una lacrima è sfuggita al mio controllo.
lascio che la mia ultima frase resti sospesa in aria, mentre tutti ripensano alle mie parole.
In questo caso sono come papà, sono brava con le parole.
Anche con gli occhi chiusi posso immaginare i volti dei miei compagni che mi guardano con compassione.
«Questa non è la definizione degli Hunger Games, è solo il suo pensiero personale » mi contraddice l’insegnante.
Non voglio ascoltare nient’altro, perciò mi alzo, raccolgo le mie cose e mi dirigo verso la porta, quando la voce dell’insegnante mi blocca.
«Melanie Annie Mellark, la lezione non è finita, torni al suo posto o chiamerò i suoi genitori » dice
«Non ce n’è bisogno, sto andando da loro, dai vincitori di due edizioni degli Hunger Games. » rispondo glaciale.
Chissà perché quando puntualizzo che i miei genitori sono sopravvissuti a ben due edizioni, tutti trattengono il fiato.
È questo che fa’ paura, perché loro, i miei compagni, tutte le persone estranee,  mi giudicano come la figlia di due assassini.
Io,  giudico me stessa e mio fratello come i  figli di due persone con un ottimo istinto di sopravvivenza, il che è diverso.
«Signorina Mellark, non mi faccia prendere provvedimenti, si sieda, subito! » tuona ancora l’insegnante.
Non c’è un tempo preciso per perdere le staffe.
Chi ha pazienza resiste di più e qui, al contrario di prima, ho preso la poca pazienza da mia madre, infatti mi scaldo subito ed inizio ad urlare contro l’insegnante.
«Lei non sa niente! Non sa cosa vuol dire vedere gli occhi dei propri genitori incupirsi mentre a tavola fanno partire uno spot sui giochi, lei non sente le urla di mia madre di notte, quando gli incubi la perseguitano, non è a casa con me e mio fratello mentre mio padre a causa dei flashback deve allontanarsi da noi perché può farci del male.
Non sente sussurrare nel sonno delle frasi del tipo “ non sono riuscita a salvarti, Rue” oppure “Prim è colpa mia” e vedere mia madre piangere ogni volta che vede delle primule. 
Non sa cosa vuol dire vedere il proprio padre piangere, colui che credi come un roccia, sgretolarsi come  quando per sbaglio mio fratello prese il libro della memoria.
Lei non ha visto mia madre tentare il suicidio perché vive con i rimorsi, quindi stia zitta e non venga da me a chiedere cosa sono gli Hunger Games.»
ho perso il controllo e me ne accorgo troppo tardi.
Tutti mi fissano a bocca aperta, perché io, la mite e calma Melanie Annie Mellark che non ho mai urlato contro nessuno, ho dato in escandescenza.
Il mio corpo freme per la rabbia, e senza aggiungere altro esco dalla classe sbattendo forte la porta.
Per fortuna non c’è nessuno all’entrata della scuola, così posso uscire indisturbata.
Esco e mi dirigo verso il prato.
So per certo che la scuola chiamerà a casa e se i miei hanno bisogno sanno dove trovarmi.
Mi sedio all’ombra di un grosso albero.
Poggio la schiena al tronco e chiudo gli occhi.
Lascio  alcune lacrime libere di compiere il loro tragitto.
Non so quanto tempo passa, ma all’improvviso sento dei fruscii vicino a me.
Sento una mano calda e delicata che cattura le lacrime.
Apro gli occhi di scatto e mi ritrovo a fissare il viso preoccupato di mio padre, mentre mia madre si siede accanto a me.
Non dico niente, abbasso lo sguardo.
«La scuola ci ha chiamato e spiegato tutto, non credo che abbiano tralasciato dei dettagli » dice mia madre.
Non riesco a decifrare la nota che prende la sua voce.
Ma di certo li ho delusi, lo so.
«Mi dispiace » mormoro «vi ho delusi » continuo.
Silenzio.
è quello che c’è adesso, un silenzio pesante.
Mia madre all’improvviso mi abbraccia forte, sento la sua testa nell’incavo del mio collo e poco dopo sento l’inconfondibile profumo di tempera e pane di mio padre che si mischia a quello di muschio e vaniglia di mia madre.
«No tesoro, noi siamo fieri di te.
Ma la prossima volta che rischi di scardinare una porta, beh, preparati a scontare una punizione»
la voce calda di mio padre, il suo sguardo divertito mi fanno scoppiare in una risata.
«L’ho sbattuta così forte? Wow » dico in preda alle risate.
I miei genitori si lasciano contagiare da me e si uniscono alla mia risata, fino a quando una voce ci interrompe
«Non state ridendo di me, vero? » mio fratello ci ha raggiunti, gli occhi gli brillano e ora posso capire il perché.
È molto raro sentire ridere mia madre, ha una bella risata.
Alex si siede vicino a me e mi sussurra all’orecchio
«Se per sentire ridere mamma devi scappare da scuola, allora fallo più spesso, d’accordo?» 

Sil's Croner.
Allora, cosa ve ne pare??
Insomma, è leggibile,no?
Vorrei dire un grazie immenso ad
Elisita che mi ha spinto a 
pubblicare,
Thanks Sweetness :)

   
 
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