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Autore: GirlOnFire    18/09/2012    1 recensioni
In un ipotetico futuro dove Quinn e Puck superano un anno lontani fisicamente ma non con il cuore, dove dopo alcuni problemi riescono a vivere la vita assieme che avevano sempre sognato.
Genere: Fluff, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray | Coppie: Puck/Quinn
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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You're just a small bump unborn
in 4 months you're brought to life,
but now you're a scan of my unmade plan.

 
Una sala d’aspetto era tutto quello che vedeva ormai da un’ora Noah. Una sala d’aspetto semi vuota,  con quelle luci al neon fastidiose per gli occhi, che davano quel colorito spento alla pelle, quel pallore d’ospedale con quella sua puzza di medicinali e ferro sterile. Una sala dove aspettare Quinn, ancora una volta.
O forse era la prima volta, dopotutto, quando era nata Beth lui era là, in sala parto, con lei a cercare di calmarla mentre lei gli ricordava che era stato proprio lui a farla arrivare fin lì, la persona che stava mandando a quel paese, cosa che le dava forza per mettere al mondo la loro bambina, quella che ormai non potevano più avere indietro legalmente. Eppure l’avevano seguita dopo che Shelby era tornata a New York, c’erano ai suoi compleanni, c’erano per il giorno del Ringraziamento, per Natale, per il primo giorno di scuola e per la fine delle elementari. C’erano sempre e non gli avevano mai fatto mancare nulla, anzi, lei li riconosceva come genitori, ma chiamava anche Shelby mamma. Li riconosceva e li amava, ma non viveva con loro.
Loro due però, Quinn e Noah, dopo il primo anno dopo il liceo, a Yale lei e in California lui, si erano accorti che sentivano la mancanza di qualcosa. Avevano provato a vedere altre persone, a comprarsi oggetti per soddisfare qualsiasi loro mancanza – dal cellulare, ai libri, ai film, persino agli oggetti inutili come i fermacarte lei e i profumi per auto lui – ma nulla e nessuno aveva sortito l’effetto desiderato come quando si sentivano al telefono.
L’idea l’aveva fata Rachel a Quinn e Finn a Puck: ‘prova a chiamare uno ad uno i ragazzi del Glee, magari è Santana che ti manca, o Sam, o Mercedes, forse… forse Puck’, la riconosceva quella voce esitante, era la Rachel che si era preparata quel discorso forse da giorni e che sapeva fin da subito dove andare a parare senza mostrare subito le sue carte; ‘chiama Quinn, per diamine! Chiama quella ragazza e parla con lei.’ Per una volta Finn era stato più furbo di Puck e l’aveva indirizzato bene. Così si cercarono, a vicenda, assiduamente, prima qualche messaggio, poi breve chiamate, poi l’appuntamento al telefono del giovedì sera, poi del giovedì e martedì, poi nel weekend, poi tutta la settimana, poi si rividero.
Capodanno passato in casa Schuester fu per loro una benedizione. 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1 e si esprime un desiderio, è così che va no?
Il countdown che accompagna la fine di un anno e l’inizio del nuovo dovrebbe essere magico, dovrebbe essere ricordato all’infinito, eppure quell’anno per Quinn e Puck non lo fu. Brindarono assieme, si ripromisero di farsi vivi l’uno con l’altra, come sempre, ma qualcosa era andato storto.
Quinn aspettò invano una chiamata del suo amore del liceo che non arrivò. Puck aspettò invano che la sua aspirante avvocato lo cercasse.
Cos’era andato storto? Ah sì, non c’era stato il bacio, c’erano stati Finn e Sam, persino Artie e gli altri ragazzi a trascinarlo con Schuester in salotto a bere e fargli raccontare delle sue conquiste californiane – che c’erano state, parecchie anche, ma con cui era solo sesso. Il problema era che nessuno poteva fargli dimenticare l’unica bionda che avesse mai amato.
C’erano state Santana e Brittany con un progetto in mente che aveva tirato Quinn fuori in balcone, c’era stata Rachel che l’aveva riportata dentro e l’aveva abbracciata dandole dei biglietti per rivedersi di lì a due mesi, proprio come aveva fatto lei con la mora alla fine del liceo.
C’erano stati tutti ad abbracciarsi e fare il brindisi,c’era stata un’occhiata tra Quinn e Noah, ma nessun bacio. Tutte le aspettative crollate e con loro anche tutte le promesse che si erano creati mentalmente.
E di nuovo, fu Rachel a spingere Quinn a cercare Noah quando la portava dalla madre per rivedere Beth, fu proprio in quella casa che la bionda chiamò il ragazzo con la cresta, per sentire la figlia, fu lì che capirono che il loro amore, quello dei primi tempi, quello che provavano l’uno per l’altra nei mesi di gravidanza, quello vero e puro, era ancora lì, negli occhi di quella bimba, dietro il suo sorriso, dentro i loro cuori.
Fu allora che fecero dei progetti, che lei il corso di Legge di Yale per quello della Columbia, a New York dove lui avrebbe provato a sfondare come musicista. Fu nella Grande Mela che iniziarono a dividere un appartamento, fu quella città che rinnovò il loro amore.
Il capodanno dopo lo ripassarono di nuovo con tutti a casa Schuester con Will ed Emma e la loro piccola Katie, perché avevano deciso che quella – come il passare le altre feste – sarebbe stata una tradizione. Bé, quel capodanno, e gli altri a seguire, Quinn e Noah si baciarono sempre un po’ dopo la mezzanotte, senza perdere il contatto visivo, senza maledire più gli amici che li volevano tutti per sé per quelle poche sere l’anno.  Solo durante l’ultimo capodanno passato, allo scoccare dell’ anno, 2018, a due anni dalla laurea di lei e quattro dall’entrata nel mondo della musica di lui, riuscirono finalmente a baciarsi e quella notte sembrarono amarsi più delle altre mentre intrecciavano le gambe sotto le coperte, mentre lei si riempiva di lui. Fu in quel momento che avvenne tutto, tutto ciò che portò Noah in quella sala d’aspetto cinque mesi dopo.
Nessuno dei due si aspettava una cosa del genere, lei avrebbe voluto aspettare, magari diventare una socia del suo studio legale, lui invece aveva solo paura dei riflettori e delle sue fans – si sa che le ragazzine  impazzite possono essere davvero molto crudeli con le parole – eppure, lei riuscì a tenersi il lavoro e ottenere la maternità che avrebbe preso appena sarebbe stato il momento e lui aveva avuto tutto il supporto per sé e per Quinn e per quella nuova vita.
Adesso era in sala d’aspetto perché era arrivato tardi, dopo un’intervista, e non voleva entrare durante la visita, poteva però sentire il battuto del cuore di suo figlio – sì, perché Noah sperava fosse un maschio – anche da lì, a pochi metri da quella porta dove poco dopo uscì lei, raggiante come sempre, anche  se stanca.
 

Closed to be soon opened wide,
a small bump
in 4 months you will open your eyes.

 
Si salutarono con un bacio, si salutarono come sempre con lui che le accarezzava la guancia e lei che seguiva quella premura silenziosa.
“E un maschietto.”
Esordì poi lei mentre vedeva il sorriso di lui allargarsi a dismisura, mentre veniva sollevata da terra anche se pesava il triplo forse dall’ultima volta che lui l’aveva fatta volteggiare, quando gli aveva detto di aspettare un bambino. Quel bambino che col tempo avrebbe apprezzato il potere della cresta, marchio di fabbrica di Noah Puckerman, che avrebbe magari avuto gli occhi di lei, persino il sorriso della sua Quinn e forse anche una voglia sotto il piede. No, magari la voglia no, avrebbe evitato che la bionda avesse fatto nascere il loro figlio con una voglia.
La baciò, la sua ragazza del liceo, l’amore di una vita che sembrava non avere più significato senza di lei, l’amore ritrovato. La baciò e la prese poi per mano mentre uscivano dall’ospedale e tornavano a casa.
 

You can lie with me,
with your tiny feet.
When you're half asleep,
I will leave you be.

 
Eppure quattro mesi passavano in fretta, più di quanto entrambi potessero immaginare. Quattro mesi in cui qualcosa si era in criccato nella loro storia. Lui troppo preso da una scadenza per un nuovo disco, lei stressata per un caso particolarmente difficile e di mezzo proprio le voglie, gli ormoni impazziti, la rabbia di lui, le grida di lei. Finché non se ne andò, Puck fece il borsone e le disse addio. Quinn gli urlò dietro però.
“Noah Puckerman non puoi lasciarmi, non di nuovo, non perché non riusciamo a gestire tutto. Non puoi perchè non sei entrato nella mia vita aprendo la porta del mio cuore per poi andartene dalla finestra, sgattaiolando come fai sempre. Stavolta non puoi!”
“Infatti me ne vado direttamente dalla porta.”
E quella porta se la sbatté dietro e non la riaprì per i quattro mesi successivi dove nella parte del suo letto dormì Rachel ad asciugare le lacrime dell’amica, nei quattro mesi in cui lui aveva fatto uscire il nuovo disco ‘Queen’ – che suonava come Quinn – e lei aveva sbrogliato il caso più intricato degli ultimi dieci anni diventando socia nel suo studio legale. Quattro mesi dove si parlavano a malapena e quando lo facevano, chiamata dopo chiamata, risorgeva dalle loro stesse ceneri con quell’amore di sempre, quattro mesi per decidere di riaprire quella porta che lei aveva chiuso con un’altra serratura per paura che un altro potesse rubare a lui la chiave ed entrare nella loro casa, nella vita di lei che avrebbe voluto condividere con lui.
Quattro mesi in cui lui si era immaginato con quel bambino che gli stringeva con tutta la manina il suo mignolo, che dormiva tra di loro, nel lettone. Ad immaginarsi lei che gli cantava le ninna nanne  e lui che si addormentava prima del bambino ma che poi si alzava la notte per dargli da mangiare.
Quattro mesi che terminarono con una chiamata della Berry.
“Tuo figlio sta nascendo, Noah, fa presto.”

Cos you are my one, and only.
You can wrap your fingers round my thumb
and hold me tight.

 
Forse sarebbe stato meglio che fosse uno dei suoi amici a chiamarlo, uno che gli dicesse ‘Puckerman, muovi quel culo e portalo all’ospedale perché Quinn sta facendo uscire un’anguria che tu chiamerai figlio tra poche ore!’. Forse sarebbe stato meglio che lui fosse tornato prima a casa, che rivedesse ogni ecografia che lei aveva avuto la cura di spedirgli dopo ogni chiamata, anche quando non parlavano al telefono e stavano solo muti, lui a sentire i pianti di lei e lei a sentire gli ‘ssh’ di lui per rassicurarla, i piccoli baci che le mandava dalla cornetta. Forse, forse, forse. Forse non c’era tempo per i forse, né per i se, né per i ma, forse era davvero tempo di portare il culo all’ospedale e basta.
E Noah lo portò davvero il suo culo all’ospedale, la cercò finché non la trovò in pieno travaglio e si preparò per entrare in sala parto mentre i suoi amici facevano il tifo per loro, per quella coppia che nonostante tutto riusciva sempre a farcela contro tutto e tutti.
Quinn diede alla luce Nash Puckerman dopo un lungo travaglio e Noah lo presentò alla sua famiglia piena zeppa di zii e zie: i ragazzi del Glee.
Tornò poi in camera dalla sua donna, stremata, priva di forze se non per prendere in braccio il frutto del loro amore, se non per riuscire a sentire lui sussurrarle quanto la amasse un’ultima volta prima di addormentarsi e sapere che adesso non era più tutto un sogno la vita che aveva sempre desiderato accanto a lui.

 

✰✰✰✰✰

GirlOnFire’s Notes.

 
 

Oh my Quick.
Avevo in mente questa one shot da un po’ di tempo – da quando mi ero fissata con Small Bump di Ed Sheeran – ma non avevo mai il tempo di elaborarla come si deve, alla fine ce l’ho fatta però. E’ anche venuta meglio di come l’avevo abbozzata e stranamente sono soddisfatta. A voi è piaciuta? Fatemi sapere!

Alla prossima.

 

 

 

   
 
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