You're just a small bump unborn
in 4 months you're brought to life,
but now you're a scan of my unmade plan.
Una sala
d’aspetto era tutto quello che vedeva ormai da
un’ora Noah. Una sala d’aspetto
semi vuota, con
quelle luci al neon
fastidiose per gli occhi, che davano quel colorito spento alla pelle,
quel
pallore d’ospedale con quella sua puzza di medicinali e ferro
sterile. Una sala
dove aspettare Quinn, ancora una volta.
O forse era
la prima volta, dopotutto, quando era nata Beth lui era là,
in sala parto, con
lei a cercare di calmarla mentre lei gli ricordava che era stato
proprio lui a
farla arrivare fin lì, la persona che stava mandando a quel
paese, cosa che le
dava forza per mettere al mondo la loro bambina, quella che ormai non
potevano
più avere indietro legalmente. Eppure l’avevano
seguita dopo che Shelby era
tornata a New York, c’erano ai suoi compleanni,
c’erano per il giorno del
Ringraziamento, per Natale, per il primo giorno di scuola e per la fine
delle
elementari. C’erano sempre e non gli avevano mai fatto
mancare nulla, anzi, lei
li riconosceva come genitori, ma chiamava anche Shelby mamma. Li
riconosceva e
li amava, ma non viveva con loro.
Loro due
però, Quinn e Noah, dopo il primo anno dopo il liceo, a Yale
lei e in
California lui, si erano accorti che sentivano la mancanza di qualcosa.
Avevano
provato a vedere altre persone, a comprarsi oggetti per soddisfare
qualsiasi
loro mancanza – dal cellulare, ai libri, ai film, persino
agli oggetti inutili
come i fermacarte lei e i profumi per auto lui – ma nulla e
nessuno aveva
sortito l’effetto desiderato come quando si sentivano al
telefono.
L’idea
l’aveva fata Rachel a Quinn e Finn a Puck: ‘prova a
chiamare uno ad uno i
ragazzi del Glee, magari è Santana che ti manca, o Sam, o
Mercedes, forse…
forse Puck’, la riconosceva quella voce esitante, era la
Rachel che si era
preparata quel discorso forse da giorni e che sapeva fin da subito dove
andare
a parare senza mostrare subito le sue carte; ‘chiama Quinn,
per diamine! Chiama
quella ragazza e parla con lei.’ Per una volta Finn era stato
più furbo di Puck
e l’aveva indirizzato bene. Così si cercarono, a
vicenda, assiduamente, prima
qualche messaggio, poi breve chiamate, poi l’appuntamento al
telefono del
giovedì sera, poi del giovedì e
martedì, poi nel weekend, poi tutta la
settimana, poi si rividero.
Capodanno
passato in casa Schuester fu per loro una benedizione. 10, 9, 8, 7, 6,
5, 4, 3,
2, 1 e si esprime un desiderio, è così che va no?
Il countdown
che accompagna la fine di un anno e l’inizio del nuovo
dovrebbe essere magico,
dovrebbe essere ricordato all’infinito, eppure
quell’anno per Quinn e Puck non
lo fu. Brindarono assieme, si ripromisero di farsi vivi l’uno
con l’altra, come
sempre, ma qualcosa era andato storto.
Quinn
aspettò invano una chiamata del suo amore del liceo che non
arrivò. Puck
aspettò invano che la sua aspirante avvocato lo cercasse.
Cos’era
andato storto? Ah sì, non c’era stato il bacio,
c’erano stati Finn e Sam,
persino Artie e gli altri ragazzi a trascinarlo con Schuester in
salotto a bere
e fargli raccontare delle sue conquiste californiane – che
c’erano state,
parecchie anche, ma con cui era solo sesso. Il problema era che nessuno
poteva
fargli dimenticare l’unica bionda che avesse mai amato.
C’erano
state Santana e Brittany con un progetto in mente che aveva tirato
Quinn fuori
in balcone, c’era stata Rachel che l’aveva
riportata dentro e l’aveva
abbracciata dandole dei biglietti per rivedersi di lì a due
mesi, proprio come
aveva fatto lei con la mora alla fine del liceo.
C’erano
stati tutti ad abbracciarsi e fare il brindisi,c’era stata
un’occhiata tra
Quinn e Noah, ma nessun bacio. Tutte le aspettative crollate e con loro
anche
tutte le promesse che si erano creati mentalmente.
E di nuovo,
fu Rachel a spingere Quinn a cercare Noah quando la portava dalla madre
per
rivedere Beth, fu proprio in quella casa che la bionda
chiamò il ragazzo con la
cresta, per sentire la figlia, fu lì che capirono che il
loro amore, quello dei
primi tempi, quello che provavano l’uno per l’altra
nei mesi di gravidanza,
quello vero e puro, era ancora lì, negli occhi di quella
bimba, dietro il suo
sorriso, dentro i loro cuori.
Fu allora che fecero dei
progetti, che lei il
corso di Legge di Yale per quello della Columbia, a New York dove lui
avrebbe
provato a sfondare come musicista. Fu nella Grande Mela che iniziarono
a
dividere un appartamento, fu quella città che
rinnovò il loro amore.
Il capodanno
dopo lo ripassarono di nuovo con tutti a casa Schuester con Will ed
Emma e la
loro piccola Katie, perché avevano deciso che quella
– come il passare le altre
feste – sarebbe stata una tradizione. Bé, quel
capodanno, e gli altri a seguire,
Quinn e Noah si baciarono sempre un po’ dopo la mezzanotte,
senza perdere il
contatto visivo, senza maledire più gli amici che li
volevano tutti per sé per
quelle poche sere l’anno.
Solo durante
l’ultimo capodanno passato, allo scoccare dell’
anno, 2018, a due anni dalla
laurea di lei e quattro dall’entrata nel mondo della musica
di lui, riuscirono
finalmente a baciarsi e quella notte sembrarono amarsi più
delle altre mentre
intrecciavano le gambe sotto le coperte, mentre lei si riempiva di lui.
Fu in
quel momento che avvenne tutto, tutto ciò che
portò Noah in quella sala
d’aspetto cinque mesi dopo.
Nessuno dei
due si aspettava una cosa del genere, lei avrebbe voluto aspettare,
magari
diventare una socia del suo studio legale, lui invece aveva solo paura
dei
riflettori e delle sue fans – si sa che le ragazzine impazzite possono essere
davvero molto
crudeli con le parole – eppure, lei riuscì a
tenersi il lavoro e ottenere la
maternità che avrebbe preso appena sarebbe stato il momento
e lui aveva avuto
tutto il supporto per sé e per Quinn e per quella nuova vita.
Adesso era
in sala d’aspetto perché era arrivato tardi, dopo
un’intervista, e non voleva
entrare durante la visita, poteva però sentire il battuto
del cuore di suo
figlio – sì, perché Noah sperava fosse
un maschio – anche da lì, a pochi metri
da quella porta dove poco dopo uscì lei, raggiante come
sempre, anche se
stanca.
Closed to be soon opened wide,
a small bump
in 4 months you will open your eyes.
Si
salutarono con un bacio, si salutarono come sempre con lui che le
accarezzava
la guancia e lei che seguiva quella premura silenziosa.
“E un
maschietto.”
Esordì poi
lei mentre vedeva il sorriso di lui allargarsi a dismisura, mentre
veniva
sollevata da terra anche se pesava il triplo forse
dall’ultima volta che lui
l’aveva fatta volteggiare, quando gli aveva detto di
aspettare un bambino. Quel
bambino che col tempo avrebbe apprezzato il potere della cresta,
marchio di
fabbrica di Noah Puckerman, che avrebbe magari avuto gli occhi di lei,
persino
il sorriso della sua Quinn e forse
anche una voglia sotto il piede. No, magari la voglia no, avrebbe
evitato che
la bionda avesse fatto nascere il loro figlio con una voglia.
La baciò, la
sua ragazza del liceo, l’amore di una vita che sembrava non
avere più
significato senza di lei, l’amore ritrovato. La
baciò e la prese poi per mano
mentre uscivano dall’ospedale e tornavano a casa.
You can lie with me,
with your tiny feet.
When you're half asleep,
I will leave you be.
Eppure
quattro mesi passavano in fretta, più di quanto entrambi
potessero immaginare. Quattro
mesi in cui qualcosa si era in criccato nella loro storia. Lui troppo
preso da
una scadenza per un nuovo disco, lei stressata per un caso
particolarmente
difficile e di mezzo proprio le voglie, gli ormoni impazziti, la rabbia
di lui,
le grida di lei. Finché non se ne andò, Puck fece
il borsone e le disse addio.
Quinn gli urlò dietro però.
“Noah
Puckerman non puoi lasciarmi, non di nuovo, non perché non
riusciamo a gestire
tutto. Non puoi perchè non sei entrato nella mia vita
aprendo la porta del mio
cuore per poi andartene dalla finestra, sgattaiolando come fai sempre.
Stavolta
non puoi!”
“Infatti me
ne vado direttamente dalla porta.”
E quella
porta se la sbatté dietro e non la riaprì per i
quattro mesi successivi dove
nella parte del suo letto dormì Rachel ad asciugare le
lacrime dell’amica, nei
quattro mesi in cui lui aveva fatto uscire il nuovo disco
‘Queen’ – che suonava come Quinn
– e lei
aveva sbrogliato il caso più intricato degli ultimi dieci
anni diventando socia
nel suo studio legale. Quattro mesi dove si parlavano a malapena e
quando lo
facevano, chiamata dopo chiamata, risorgeva dalle loro stesse ceneri
con
quell’amore di sempre, quattro mesi per decidere di riaprire
quella porta che
lei aveva chiuso con un’altra serratura per paura che un
altro potesse rubare a
lui la chiave ed entrare nella loro casa, nella vita di lei che avrebbe
voluto
condividere con lui.
Quattro mesi
in cui lui si era immaginato con quel bambino che gli stringeva con
tutta la
manina il suo mignolo, che dormiva tra di loro, nel lettone. Ad
immaginarsi lei
che gli cantava le ninna nanne e
lui che
si addormentava prima del bambino ma che poi si alzava la notte per
dargli da
mangiare.
Quattro mesi
che terminarono con una chiamata della Berry.
“Tuo figlio
sta nascendo, Noah, fa presto.”
Cos you are my one, and only.
You can wrap your fingers round my thumb
and hold me tight.
Forse
sarebbe stato meglio che fosse uno dei suoi amici a chiamarlo, uno che
gli
dicesse ‘Puckerman, muovi quel culo e portalo
all’ospedale perché Quinn sta
facendo uscire un’anguria che tu chiamerai figlio tra poche
ore!’. Forse
sarebbe stato meglio che lui fosse tornato prima a casa, che rivedesse
ogni
ecografia che lei aveva avuto la cura di spedirgli dopo ogni chiamata,
anche
quando non parlavano al telefono e stavano solo muti, lui a sentire i
pianti di
lei e lei a sentire gli ‘ssh’ di lui per
rassicurarla, i piccoli baci che le
mandava dalla cornetta. Forse, forse,
forse. Forse non c’era tempo per i forse, né per i se, né per i ma,
forse era davvero tempo di portare il
culo all’ospedale e basta.
E Noah lo
portò davvero il suo culo all’ospedale, la
cercò finché non la trovò in pieno
travaglio e si preparò per entrare in sala parto mentre i
suoi amici facevano
il tifo per loro, per quella coppia che nonostante tutto riusciva
sempre a
farcela contro tutto e tutti.
Quinn diede alla luce Nash Puckerman dopo un lungo travaglio e Noah lo
presentò
alla sua famiglia piena zeppa di zii e zie: i ragazzi del Glee.
Tornò poi in
camera dalla sua donna, stremata, priva di forze se non per prendere in
braccio
il frutto del loro amore, se non per riuscire a sentire lui sussurrarle
quanto
la amasse un’ultima volta prima di addormentarsi e sapere che
adesso non era
più tutto un sogno la vita che aveva sempre desiderato
accanto a lui.
✰✰✰✰✰
GirlOnFire’s
Notes.
Oh
my Quick. ♥
Avevo in mente questa one shot da un po’ di tempo –
da quando mi ero fissata
con Small Bump di Ed Sheeran
– ma non
avevo mai il tempo di elaborarla come si deve, alla fine ce
l’ho fatta però. E’
anche venuta meglio di come l’avevo abbozzata e stranamente
sono soddisfatta. A
voi è piaciuta? Fatemi sapere!
Alla
prossima. ♥