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Autore: MrsTambourine5    18/09/2012    0 recensioni
Un uomo e la sua ricerca verso la pace..attraverso una vita meschina e incapace di farsi vivere.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.Dicono che avere un sogno significa avere delle certezze sufficienti per vivere, avere un qualcosa su cui appigliarsi, sia quando si piange che quando si ha successo. Una sorta di giustificazione a tutto, anche contro senso, anche per colmare quella sconfitta conseguente solo ai tuoi errori di distrazione inspiegabile e non spiegabile dalla passione verso il tuo sogno.
Vai sul balconcino, quello che si affaccia sulla campagna che prendi dalla porta-finestra del salone, e tenti diverse volte di accenderti una sigaretta. C’è troppo vento, il gas è poco e la fiamma fatica ad uscire, non sai perché ma ti sembrano tutti segnali metaforici.  Insisti sempre di più, ormai è diventata una questione di principio: tu contro il vento, per mezzo dell’accendino quasi scarico. Alla fine riesci nell’intento e sorridi compiaciuto con la bocca chiusa dalla sigaretta appena eccitata. Non sai bene perché ti sei seduto su quella sedia umida dal vapore di diversi giorni di settembre, ma senti che, ora, è necessario che tu stia lì, a consumare e corrodere la penultima del pacchetto, chissà, magari ti fumerai anche l’ultima, ma non hai intenzioni di fare progetti da qui ai prossimi dieci o venti minuti, figurati se hai intenzione di avere un sogno. Che c’entra?Avere un sogno significa ben altro, ti dici. No, invece è la stessa cosa, ti controbatti. Puoi avere un sogno dopo che l’hai vissuto nella realtà, e così tutto è straordinariamente più semplice. Non ha senso quello che dici, non si chiamerebbe sogno altrimenti!Ma perché credi ancora a quella morale qualunquista che non fa altro che spargere delusione e falsità alle nuove e vecchie generazioni!?E perché tu non la smetti di accontentarti di tutto e cerchi di vivere nella speranza, come tutti gli altri?E’ questo lo sbaglio, è la speranza che fa confondere!Tu vivi nel pessimismo ... e tu in una condizione di pre-adolescenza dove tutto è pensabile. IO almeno VIVO. No, tu vivi nella speranza di un qualcosa che non c’è ora e che non sei sicuro che ci sarà. Come tutti gli investimenti, anche la speranza vuole il suo tempo. Ecco, vedi? Io non ho tempo da sprecare. Eh, già, giusto!Tu hai tempo per mandarti a fanculo, ecco! Che cosa hai detto?!
Non puoi continuare così, a litigare con te stesso, a buttarti giù dopo aver sentito la dimostrazione dell’esistenza della tua parte ottimista. Non ti fa sentire meglio l’ottimismo, anzi, ti fa ancora più rattristare, perché sai che per raggiungere i suoi obiettivi si deve lottare e sperare, per questo che da qualche tempo a questa parte ti sei dato al pessimismo. E’ più comodo, più accogliente, più estremo più facile da spiegare.  L’ottimismo non sai neanche che cos’è in precisione. Ne hai sentito parlare, forse nella tua testa, forse in qualche testa di passaggio nella tua vita. O forse sai perfettamente di che si tratta? Questa confusione ti uccide più del pessimismo e, credi, possa essere questo il tuo male, non una visione del mondo catastrofica.
La sera scende allo stesso modo di un aurora qualsiasi, tanto da farti pensare che, in fondo, il giorno racchiude in sé stesso più ripetizioni che incredulità, come una lettura di un qualsiasi spartito. La differenza sta proprio nel fatto che tu non suoni e quindi non potrai mai conoscere il suono provocato da quelle ripetizioni regolari e matematiche, fatte per mettere a disagio qualunque non-musicista, ma puoi solo osservare il foglio mezzo bianco macchiato di nero per sistemarlo nell’archivio di tuo padre, con un’espressione annoiata, simile a quella della vita quotidiana.
Senti il respiro delle tue scarpe mentre ti alzi. Una lunga inspirazione che contorce il tessuto interno, destinato a rilasciarsi nei prossimi secondi a venire. Piano. In modo che tu riesca nella maniera più acuta possibile a percepire ogni ordinamento di ogni fibra del tessuto, per sentirti parte superiore di un qualcosa di esistente. Ma è una scarpa. Una scarpa di pelle marroncina tendente al bordeaux. Se qualcuno ti avrebbe chiesto delle informazioni su quelle scarpe, o anche avrebbe avuto la cortesia di elogiartele, tu avresti sicuramente fatto in modo che questi riesca a vedere quella macchia ormai più nera che verde, posizionata sulla punta destra. Era erba di campagna. Non una “semplice erba di campagna”, ma  “L’Erba di Quella Campagna”. Gli avresti poi raccontato quella storia, come mai avevi fatto con qualcuno , perché  non te ne importava niente più delle conseguenze, perché non te ne importava niente più di essere l’unico a saperlo, sebbene sia qualcosa di personale e di molto forte. Non te ne importava. E così facendo dimostravi che non ti importava niente nemmeno di te stesso. Bravo.
Ma le possibilità di incontrare quel coraggioso qualcuno disposto a elogiarti quelle scarpe così brutte e di cattivo gusto si scoprono ogni giorno più vane, tenendo lo spazio all’eventualità di riciclarle naturalmente, per farne, magari, una bella maglietta tinta unita.
 
Hai sonno. Un gran sonno. Un indescrivibile e appassionato sonno. Così tanto sonno che ti vien voglia di addormentarti lì, sul tuo balcone umido di sere piovose , con in mano la tua terza sigaretta (intanto hai avuto la possibilità di contarle bene e attentamente) fumata per tre quarti.
Ci pensi un po’. Pensi cioè alla possibilità di cadere nelle braccia di Morfeo proprio in quel luogo, proprio con quella meschinità di serie di eventi da sfigato. Vai a letto, o meglio vieni trasportato dentro il tuo letto per mezzo di una forza intrinseca al tuo corpo che non trova origine sennonché nella tua mania di sopravvivenza ossessiva, ben slegata dalla voglia di vivere. Potrebbe definirsi voglia di quella vita in cui non vivi. E dopo aver trascinato con la forza del solo inconscio le tue ben amate scarpe di pelle marrò, cadi in  una dormita tra le più forti e intense della tua vita. La finestra è aperta. Gli ultimi battiti inquietanti di un vento stanco. Gli ultimi clacson feriali di gente assonnata e stanca come te. Gli ultimi impulsi di luce che riesci a percepire dal lampione di fronte casa. L’ultimo di una schiera di quotidiani e familiari pensieri su una stessa lei. L’ultimo pensiero su di te. L’ultimo sulla giornata di merda appena passata. Un bacio ancora emozionante proveniente dalla mai finita schiera di pensieri su di lei. L’ultimo scossone causato da una caduta in bici nella fase rem. I suoi capelli rossi.
Dormi bene. 
  
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