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Autore: Little Nanny    18/09/2012    4 recensioni
“Non sarebbero mai potute esistere al mondo persone più diverse di loro, più inconciliabili o semplicemente più innamorate.”
Ninfadora e Remus.
Un amore impossibile. Freddo come la neve, caldo come un sorriso.
Questa storia ha partecipato al contest "Di obblighi e libertà" indetto da Eloise_Hawkins sul forum di EFP classificandosi terza e vincendo, inoltre, il Premio Miglior Utilizzo del Prompt.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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WARM ME UP

 

 

 

 

 

 

San Mungo 25 dicembre 1995

 

 

 

 

 

«Noi aspettiamo fuori, Molly» disse Tonks. «È meglio che Arthur non veda troppa gente in una volta... Prima la famiglia».(*)

Fu un attimo e la porta si richiuse dietro le spalle della donna dai disordinati capelli rossi e dal viso malamente invecchiato più nelle ultime ore che negli ultimi anni.

Tonks restò fuori fissando la porta dietro la quale erano scomparsi poco prima la famiglia Weasley al gran completo ed i due membri occasionali, Hermione ed Harry.

Osservò la porta in silenzio per qualche istante ancora, come a volersi imprimere bene a mente le parole riportate nella targhetta di bronzo invecchiato che recitavano: “Reparto Dai 'Pernicioso' Lle-wellyn: morsi gravi.”.

Malocchio Moody, che ben poco era dedito al dolce far nulla, iniziò a camminare avanti e indietro per la corsia del San Mungo con il suo passo non troppo leggiadro a causa del bastone che anticipava i suoi stessi passi e riempiva l’innaturale silenzio dell’ospedale di tonfi profondi dovuti all’andatura claudicante.

Ninfadora Tonks, invece, appoggiò le spalle al muro in cerca di sostegno lasciandosi andare ad un sospiro stanco mentre lo sguardo si perdeva su ciò che la finestra di fronte mostrava.

La neve cadeva lenta quella fredda mattina di Natale, imbiancando le strade e i tetti degli edifici, provocando in lei un sorriso involontario. Aveva sempre amato l’estate, il sole e quei colori forti che parevano trasmettere calore anche solo alla loro vista, eppure ogni regola aveva sempre la sua eccezione.

La neve e il modo buffo con cui i piccoli fiocchi argentei si lasciavano cadere oscillando appena, erano la sua.

Le ricordavano persino, in un modo del tutto privo di senso, l’uomo che si era impossessato dei suoi pensieri e del suo cuore.

Tonks aveva sempre trovato singolare, seppure eccezionalmente incalzante, il fatto che Remus Lupin fosse un po’ come la neve.

All’apparenza freddo come solo quei fiocchi sanno essere, con l’immancabile flemma e pacatezza che lo contraddistinguevano e che ricordavano quasi la loro andatura prudente durante la discesa.

Eppure persino la neve più fredda era in grado di sciogliersi al sole, così come lo stesso Remus era in grado di lasciarsi andare al calore. Se ne rendeva conto anche lei di come, persino nei giorni che precedevano la luna piena, bastasse un suo piccolo sorriso per far sparire all’istante tutta quella freddezza.

Ricordò esattamente quanto la sera prima, durante la cena, il suo sguardo preoccupato e il suo silenzio l’avessero rapita e distratta al punto da essere inciampata facendo cadere la pila di piatti che sorreggeva tra le mani.

Si sarebbe volentieri nascosta sotto il mantello dell’invisibilità di Harry solo per sottrarsi alla sguardo di rimprovero che Molly le aveva lanciato, ma bastò la mano che Remus le aveva posato sulla spalla a cancellare l’imbarazzo. Lei gli aveva sorriso riconoscente e di nuovo aveva visto quegli occhi sciogliersi come neve al sole.

Al pensiero di quella mano le si strinse il cuore mentre un brivido la percorse da capo a piedi. Lui dovette male interpretare quella fugace scossa di piacere poiché si affrettò a chiudere la finestra semi aperta prima di sistemarsi nuovamente dinanzi a lei.

Tonks lasciò che il suo sguardo vagasse per il pavimento mentre un leggero rossore le colorava le gote di imbarazzo per quel piccolo gesto di accortezza che aveva avuto nei suoi riguardi.

Di tanto in tanto alzava lo sguardo con malcelata curiosità solo per vedere se lui la stesse guardando, ma non era mai riuscita a vedere i suoi occhi che, specchio dei suoi, sembravano invece trovare nelle pareti e nelle persone intorno punti di maggiore interesse.

- Credo che per Molly non ci sia regalo più grande che essere qui – sussurrò appena lei, incespicando di tanto in tanto con qualche parola.

Remus la guardò.

- Cioè… non nel senso che sia bello essere al San Mungo, ma che Arthur stia bene, seppure sia ricoverato. 

Lui sorrise divertito per la sua buffa espressione dispiaciuta e lei lo imitò. Ridere era sempre stata per lei la panacea migliore contro l’imbarazzo o persino contro il senso di disagio che talvolta sembrava coglierla a causa della sua goffaggine.

Dora non era mai stata in tutta la sua vita una ragazza molto sicura di sé, per questo nascondere questa sua mancanza dietro ad un sorriso era per lei di vitale importanza, al contrario di Remus che invece sembrava aver perso insieme alle parole persino la voglia di sorridere.

Fissò di nuovo la targhetta del reparto, “Morsi gravi”.

Tonks non aveva pensato quanto potesse fargli male quel posto, non aveva affatto pensato quali ricordi potessero riaffiorare in lui solo per essere lì, in uno degli infiniti corridoi di quell’ospedale.

Le si strinse il cuore. Era sempre così.

Ogni volta che pensava a quale maledizione lui si portasse dietro le veniva voglia di abbracciarlo. Merlino solo sa quanto quella maledizione la riguardasse da vicino, poiché ogni cosa che affliggeva Remus era un po’ come se colpisse anche lei.

Ormai non sapeva più dire da quanto tempo si fosse innamorata di lui o come fosse potuto accadere, ma sapeva con certezza che ogni sua preoccupazione, ogni suo affanno, era anche il suo.

Così lei in quei momenti gli passava accanto, posava una mano sul suo braccio e sorrideva. Sapeva che nessuna parola sarebbe bastata o sarebbe stata adeguata. D’altra parte non era mai stata molto brava con i discorsi profondi, così preferiva che fosse il suo sorriso a parlare per lei e a dirgli che, alla fine, sarebbe andato tutto bene.

E così fece, ancora una volta, mentre fuori dalle finestra chiusa la neve continuava a cadere placida ed indisturbata al contrario del cuore che dentro al suo petto si agitava incontrollato, scandendo i battiti come fossero rintocchi di un orologio.

Remus la guardò distrattamente ricambiando appena il suo sorriso e lei allentò immediatamente la presa dal suo braccio per paura che lo avesse infastidito.

Era incredibilmente strano il fatto che lui fosse per Tonks l’unico male che un sorriso non sarebbe mai riuscito a guarire e, al tempo stesso, anche l’unico sorriso che nessun male avrebbe mai potuto oscurare.

- Mi chiedevo … – Dora si schiarì la voce cercando di ricacciare dentro l’imbarazzo - … mi chiedevo se ti andasse di fare due passi, mentre aspettiamo, ecco. –

Voleva allontanarlo da quel reparto, voleva proteggerlo o forse, semplicemente, voleva poter stare un po’ da sola con lui, lontano dai continui mormorii di Malocchio e dalle infermiere che correvano da una stanza ad un’altra.

- Dobbiamo pensare ad Harry ora, Dora, e ad Arthur. –

- No – disse delicata - Non ora. Sono al sicuro qui e sono certa che si vorranno fermare ancora un po’. – Sembrava quasi volerlo supplicare, sembrava quasi volerlo accarezzare con la sua sola voce tanto era fragile e sorprendentemente voluttuosa.

- Ninfadora … –

- Non chiamarmi Ninfadora, Remus – odiava il suo nome soprattutto se a pronunciarlo erano quelle labbra. Sembrava quasi che mettessero tra di loro una distanza maggiore, a ricordargli che mai tra loro sarebbe potuto nascere qualcosa.

Si allontanò appena, facendo un passo incerto e le braccia di Remus si mossero come spinte dal suo più profondo desiderio di toccarla, ma si fermarono poco prima di sfiorare le esili spalle della ragazza.

Avrebbe voluto avvicinarsi, abbracciarla, stringerla a sé  senza il timore di ferirla in alcun modo.

E invece era proprio quella paura che ogni volta lo dissuadeva dal comportarsi con lei come avrebbe voluto in realtà fare, semplicemente amandola.

Erano giorni che faticava persino a guardarla. In lui vi era una perenne lotta, combattuta tra l’irrefrenabile voglia di accarezzarla e il malsano desiderio di allontanarla.

Non sarebbero mai potute esistere al mondo persone più diverse di loro, più inconciliabili o semplicemente più innamorate. Eppure proprio per questo si era ripromesso che mai l’avrebbe ferita, e dirle la verità sarebbe stato come condannarla.

Lei così fiduciosa, così piena di vita.

Lei, così goffa, così spontanea, così testarda, così colorata non avrebbe potuto, non avrebbe dovuto, condividere la sua vita con lui, che era invece così fastidiosamente ragionevole e sbagliato.

Non l’avrebbe mai condannata ad una vita di restrizioni con il rischio di poterla ferire in quelle notti in cui non sarebbe stato più lui.

Quelle notti in cui il suo corpo non sarebbe più stato il suo e la sua anima  sarebbe stata privata della sua ragione, condannandolo alla bestialità più assoluta, preda dell’istinto e di una circonferenza pallida che niente aveva a che vedere con la concezione romantica a cui tutti, da sempre, associano la luna.

E non avrebbe neanche condannato se stesso alla paura di poterla ferire, preferendo piuttosto trascinarsi dietro tutta la sofferenza di un desiderio represso, frutto di frasi taciute, di gesti cancellati ancor prima che prendessero forma fuori dalla sua mente, e di sentimenti repressi.

Eppure se lui avesse avuto il coraggio di mostrarsi per ciò che era – innamorato – si sarebbe sorpreso di scoprirsi compreso – amato -.

Avrebbe dovuto immaginare quanto lei tenesse a lui; avrebbe dovuto immaginare quanto poco le importasse ciò che una volta al mese era costretto a diventare, perché l’uomo che lui era non sarebbe mai scomparso e lei lo avrebbe amato perché non c’era in lui qualcosa che non conoscesse – e amasse - già.

Lei lo sapeva.

C’era un posto dentro di lui in cui faceva freddo. Un posto in cui nessuno era entrato mai.

Un posto freddo come la neve e buio come le notti che precedevano la luna piena ricordandogli chi fosse.

C’era un posto dentro di lui fatto di silenzi pieni di paure e domande.

Pieni di sensi di colpa e risentimento.

C’era un posto dentro di lui in cui, senza di lei, faceva troppo freddo.

Tonks era l’unico sole capace di riscaldare quel posto, di penetrare silenziosa come uno spiraglio di luce e sciogliere la neve che si depositava dentro di lui solo con un sorriso, quello che mai sarebbe stata in grado di negargli.

E lei sembrò leggerglielo negli occhi poiché si avvicinò di nuovo e, prendendo una mano tra le sue, parlò ancora.

- Posso farti una domanda? – lui annuì. – Tu … provi qualcosa per me? – la voce incerta, gli occhi che scrutavano il suo viso troppo terrorizzati anche solo al pensiero di riuscire a leggere il suo sguardo, la sua anima.

Avrebbe sopportato tutto purché fosse stata la verità.

Niente compromessi o menzogne a fin di bene. Solo la verità.

Ora che la Guerra magica rischiava di piombare loro addosso non poteva correre il rischio di scomparire senza davvero aver vissuto e amato, senza davvero aver amato lui, interamente, completamente.

Alzò lo sguardo puntandolo fiero negli occhi di Remus e vi lesse dentro qualcosa – desiderio? - che la spinse a fare ciò che mai aveva avuto l’ardire anche solo di pensare.

 Si alzò piano, sulle punte dei piedi, mentre le sue mani si spostavano sulle spalle di Remus per mantenersi meglio in equilibrio.

Si avvicinò al suo viso in quelli che erano stati i secondi più lunghi della sua vita e l’eternità più breve, e posò le labbra sulle sue in una timida e pallida imitazione di un bacio.

Non avrebbe di certo approfondito quel contatto, troppo impaurita da un suo possibile e improvviso rifiuto, troppo spaventata anche solo da quell’audacia che non credeva di possedere. E, seppure le loro labbra si sfiorassero appena, le sembrò di impazzire.

Il tempo aveva perso ogni sua forma e lo spazio non era mai stato così superfluo.

Fu un solo contatto e bastò per bruciarle lo stomaco e rendere le sue gambe instabili.

Bastò per capire che, in fondo, anche lui lo desiderava davvero.

Eppure si allontanò, piano, sperando che non si trattasse di un sogno mentre le mani di Remus la sospingevano delicate lontano da lui.

- Tonks … - deglutì lui a vuoto, come per calmarsi e trovare un po’ di quel coraggio che la dolcezza delle sue labbra aveva annientato. - … No, non insistere oltre. Ti prego –

- E’ tutto ciò che hai da dire? Non insistere oltre? – la sua voce incrinata, così fragile, così flebile, rischiava di spezzare anche lui. - Non c’è davvero altro che vorresti aggiungere? -

Lui restò in silenzio, forse per la prima volta in vita sua a corto di parole per spiegare cosa sentisse dentro.

L’inferno e il paradiso. La ragione e il desiderio.

Semplicemente lui senza lei.

Restò in silenzio cercando di reprimere quella parte di lui che voleva solo chiedere un bacio ancora e riuscì solo a denegare con il capo mentre la vedeva incassare quella che, probabilmente, era stata una delle sue più grandi delusioni, in silenzio.

Lo sguardo di Tonks vagò per la sala in cerca di un particolare che l’aiutasse a respirare e impedisse alle lacrime di scivolare sul suo viso.

Si concentrò sull’infermiera, che parlottava tra sé e sé in cerca dell’aiuto di Merlino; poi fece scivolare il suo sguardo fin sul piccolo bambino seduto poco lontano, troppo impegnato a scartare una cioccorana e ad addentarla con espressione soddisfatta per accorgersi di loro.

Tirò su con il naso cercando di trovare almeno un motivo valido per non scoppiare in lacrime lì, davanti all’intero ospedale, che sembrava continuare ad andare avanti senza rendersi conto di come il suo cuore decelerava bruscamente, quasi come fosse al capolinea della sua corsa, sotto lo sguardo addolorato di Remus.

Si chiese se si fosse immaginata persino il tipico rumore del piatto che si infrange al suolo, mentre il suo cuore si sgretolava pian piano all’interno del petto.

Remus la guardò attentamente.

Non sapeva se avvicinarsi e abbracciarla o, meglio, scappare via a gambe levate, lontano da quella piccola donna che riusciva a confonderlo come mai nessun altro era stato in grado di fare.

Erano poche le persone con le quali Remus si era confidato, si potevano contare a malapena sulle dita di una mano.

C’erano i suoi malandrini, i suoi fratelli, e poi c’era Harry, quel piccolo grande uomo dall’enorme determinazione e dalla malcelata fragilità che gli faceva così tanto ricordare se stesso. Per quanto in cuor suo sapesse di volere Dora, di amarla, non le avrebbe mai permesso di avvicinarsi a quella parte di sé che persino lui detestava con tutte le sue forze.

Dovette sforzarsi di reprimere ogni suo istinto.

Cercò di non guardarla. Vedere come i suoi incisivi avevano preso a giocare con la carne piena del suo labbro inferiore in un gesto di rabbia e riflessione l’avrebbe soltanto ucciso.

Cercò di non toccarla. Quelle sue mani grandi sembravano fatte appositamente per quel suo viso piccolo e delicato, ma anche solo sfiorare quelle guance accese di imbarazzo e umiliazione lo avrebbe portato ad abbandonare ogni suo più disperato tentativo di proteggerla dal dolore, di proteggerla, in realtà, da se stesso.

Cercò di non amarla, per quanto ogni cosa in lei procurasse una fitta non indifferente a quel suo cuore da troppo tempo muto, mentre quel sorriso che, incerto, faceva capolino su quel viso contratto in un’espressione di dolore che non era riuscita a mascherare lo faceva vacillare.

- Perfetto – Tonks si maledisse per quel flebile sussurro intriso di tristezza. Aveva sperato che quei pochi istanti di silenzio le concedessero almeno quella dignità nella voce che le sue lacrime le avevano strappato con inaudita violenza.

- Allora credo davvero che non ci sia altro da aggiungere – si asciugò in fretta le guance umide e si spostò di lato pronta a raggiungere Malocchio. Magari il suo perenne malumore e quella eccessiva smania di controllo l’avrebbero distratta per un po’ e aiutata a recuperare parte di quella gioia che illuminava sempre il suo giovane viso.

Si allontanò senza prestare troppa attenzione alle infermiere che le passavano accanto, troppo occupata com’era a cancellare dalle guance ogni segno di debolezza.

Si ritrovò a passare dinanzi alla vetrata di una porta e gettò uno sguardo distratto al suo riflesso.

I suoi capelli rosa cicca sembravano ora solo un lontano ricordo. Si ravvivò appena una ciocca di un pallido rosa spento sistemandosela malamente dietro l’orecchio destro mentre faticava a riconoscere i suoi stessi occhi, innaturalmente privi di vita.

La figura più alta di Remus le comparve alle spalle in silenzio, facendola sussultare appena per la sorpresa.

- Mi dispiace. Non avrei dovuto risponderti con così poco riguardo alla cortesia – il suo tono pacato e dispiaciuto la fece quasi arrabbiare.

- Sinceramente, Remus – iniziò lei senza voltarsi ancora – non ho mai sentito qualcuno rifiutare una persona in modo così educato – avrebbe voluto esprimersi in maniera ironica e volutamente acida, ma tutto ciò che le venne fuori fu un tono delicato che esprimeva solo dolcezza, mentre l’eco del suo cuore infranto rimbombava ancora nelle sue orecchie.

Le mani di Remus le afferrarono le spalle girandola bruscamente, mentre lei tentava di nascondere i suoi occhi ancora troppo lucidi per poter nascondere ogni menzogna.

- Non puoi innamorarti di me, Dora – finalmente era riuscito ad abbandonare per un po’ quei toni pacati che sfioravano quasi l’indifferenza. Ogni parola sembrava ora più sentita, più viva.

- Oh, beh, grazie tante per avermi avvertito, Remus. – non lo sopportava. Avrebbe ingoiato qualsiasi rifiuto, qualsiasi frase di disprezzo, ma le era impossibile passare oltre queste parole piene di ovvietà e prive di senso. – Non mi importa se tra noi ci sono dieci anni o… –

- Tredici – specificò lui

- …O ancora se sarai altro da te per una sola notte al mese –

- Un licantropo, Dora. – la voce spazientita e gli occhi perduti a fissare quel suo volto incredibilmente dolce.

- So esattamente chi sei, Remus. Ed è per questo che ti amo – Avrebbe potuto interromperla altre mille volte e spiegare cose che le erano già estremamente chiare, se avesse voluto, ma quello che lei provava non sarebbe mai potuto cambiare. Non nell’arco di una vita, almeno.

- Vivere è facile ad occhi chiusi, Remus, ma non sarebbe vivere. Ed io ti amo e non posso fingere il contrario. – fu costretta a distogliere lo sguardo e a puntarlo altrove. Si era ripromessa di non piangere più in sua presenza, per quel giorno almeno. Era stanca di recitare sempre la parte della bambina innamorata. Se aveva l’età per combattere e affrontare il Signore Oscuro, allora aveva anche l’età per affrontare ogni sua paura, persino quella di essere rifiutata dall’unico uomo che avesse mai davvero amato.

- Dora – la voce di Remus, bassa e profonda, la riscosse appena dai suoi pensieri. Le mani ancora appoggiate alle sue esile spalle. Gli occhi fissi nei suoi. Avrebbe passato l’intera sua esistenza, lì, sorretta da quelle mani, sfiorata da quel suo sguardo.

- Sarà… - avrebbe voluto dirle mille cose.

- Lo so. –

- … Ed io non… -

- Non mi importa –

- … E se mai dovessimo… -

- Ci penseremo poi. – qualsiasi cosa lui avesse voluto dire, qualsiasi paura avesse voluto condividere, Tonks era pronta a scacciarla.

- Non importa, se anche tu mi ami. – E lei lo sapeva che in fondo era così, che lui l’amava e l’avrebbe amata proprio allo stesso modo in cui faceva lei. Con la stessa passione, con la stessa devozione. Lo lesse in quello sguardo felice e addolorato al contempo, in quella stretta dolce che l’aveva avvicinata a lui fino a che il suo viso non fu nascosto nella piega del collo. Lo lesse nel battito accelerato del suo cuore, nel tipico rumore sordo che fa un sorriso appena nasce, nelle mani delicate che l’allontanavano leggermente da sé per spiare quegli occhi meravigliosi e leggervi quanto amore ci fosse dentro.

Lo lesse nello sfiorare delicato dei nasi, che si incontrarono e nelle mani che strinsero una ciocca dei suoi capelli nuovamente pieni di vita, e nel dolce incontro delle loro labbra.

E alla fine lo lesse anche nelle sue parole sussurrate, che sapevano di scuse e di una verità celata troppo a lungo.

C’erano state notti di luna piena in cui il suo cuore era freddo come la neve.

C’erano state notti in cui neanche il fuoco era stato in grado di smorzare quel gelo che avvertiva dentro. C’erano state notti che ora poteva dimenticare. Con Dora al suo fianco Remus ebbe finalmente la consapevolezza che ci sarebbe ancora stato un posto freddo dentro di lui, ma che ci sarebbero stati anche giorni in cui il suo sorriso avrebbe riscaldato quel suo cuore tormentato.

Giorni in cui la neve avrebbe ceduto il passo alla primavera e non ci sarebbe più stato quel freddo, per lui, a fargli compagnia, perché quelle notti lei avrebbe sorriso per entrambi.

 

 

 

 

 

 

(*) Harry Potter e l’Ordine della Fenice

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA

Salve^^

Questa one-shot, che si è classificata terza al contest "Di Obblighi e Libertà" indetto da  Eloise_Hawkins sul forum di EFP, è il mio primo esperimento sulla coppia Remus/Ninfadora, quindi non assicuro niente xD

Come avrete capito anche da soli, si inserisce al quinto anno di Harry, durante la visita che la famiglia Weasley fa, scortata dall’ordine, al povero papà Arthur ricoverato al San Mungo il giorno di natale.

Non mi sono concentrata tanto sulla caratterizzazione esteriore dei personaggi – anche se persino la Rowling non ha mai approfondito molto, purtroppo - quanto su quella interiore. Sui loro pensieri, sui loro sentimenti.

Ho lasciato che i due prompt principali, neve e sorriso, divenissero un po’ i personaggi stessi (e spero sinceramente che almeno in parte si sia capito). Ninfadora è il sorriso e il sorriso, a sua volta, è il modo in cui lei affronta la vita, con spensieratezza e gioia. Remus, invece, è la neve e la neve è, come dice lo stesso Ligabue, quella parte nascosta che si porta dietro. La neve è il freddo della sua maledizione. Purtroppo non sono sicura che si sia capito pienamente, ma spero lo stesso che le mie parole non risultino prive di significato.

Ho cercato di essere il più possibile fedele ai personaggi per questo, tra gli avvertimenti, non ho segnalato l’OOC.

Che altro dire , ora, se non ringraziarvi per essere arrivati fin qui??
Quindi, grazie mille, davvero!! :) 

Ros

 

PS: Ecco il giudizio della giudiciA

 

 

Terza classificata
Warm me up, di LittleNanny
Vincitrice del Premio Miglior utilizzo del prompt

Grammatica, ortografia e punteggiatura: 6,8/10

Il tuo punteggio non è basso, ma poteva sicuramente essere migliore. A parte i vari errori di punteggiatura (di cui non faccio una colpa a nessuno perché sono certa di essere io a mettere troppe virgole, anche dove non serve) hai fatto qualche errore di ortografia che di certo si poteva evitare con una lettura più attenta, e qualche errore di concordanza verbale che spero non commetterai più ora che te li ho fatti notare.

 Stile e lessico: 9/10

La neve e il modo buffo con cui i piccoli fiocchi argentei si lasciavano cadere oscillando appena, erano la sua.
Non so cosa volessi scrivere qui, ma questa frase mi è sembrata incompleta. Ti consiglio di ricontrollarla.

ed ad Arthur
Questa frase è un po’ cacofonica. Non la considero come errore perché sarebbe sciocco, ma personalmente avrei scritto “e ad Arthur”.

Fu un attimo e la porta si richiuse dietro le spalle della donna dai disordinati capelli rossi e dal viso malamente invecchiato più nelle ultime ore che negli ultimi anni

Malocchio Moody, che ben poco era dedito al dolce far nulla, iniziò a camminare avanti e indietro per la corsia del San Mungo con il suo passo non troppo leggiadro a causa del bastone che anticipava i suoi stessi passi e riempiva l’innaturale silenzio dell’ospedale di tonfi profondi dovuti all’andatura claudicante 

Riporto queste due frasi perché sono quelle che ho trovato più difficili da leggere. Hai uno stile davvero molto particolare, e un lessico molto ampio, ricco. Il tuo è un modo di scrivere intenso, non saprei trovare altra definizione. Ho amato la tua storia perché sei riuscita a farmi entrare dentro il cuore dei personaggi, e, ti giuro, mi batteva il cuore mentre leggevo. Sei stata in grado di adattare il tuo modo di scrivere alle varie situazioni, accendendo lo stile quando era necessario, e rendendolo più soffice nei momenti opportuni; accelerando e decelerando dove serviva, insomma.
Tuttavia, alcune frasi (come le due che ti ho riportato qui sotto) per quanto comprensibili, sono un po’ contorte, troppo lunghe e ricche di particolari, ed è necessario leggerle più di una volta per comprenderle in pieno.
Questo è il motivo per cui non ti ho assegnato punteggio pieno, oltre al fatto che hai utilizzato un termine (rosa cicca) non propriamente “letterario”, se capisci cosa intendo. Penso che il termine cicca, riferito ai colori, sia più dialettale.

Caratterizzazione dei personaggi: 10/10

Qui non posso che assegnarti punteggio pieno, con tanto di applauso e di ola da parte del pubblico.
Sei stata in grado non solo di rendere Remus e Dora pienamente concordi ai personaggi presentati dalla Rowling, ma anche, e soprattutto (che per me è forse più importante) di presentarli in tutto il loro bel bagaglio di sentimenti. Ti avrei assegnato punteggio pieno anche se li avessi resi terribilmente OOC, perché sei comunque stata in grado di tratteggiare le loro emozioni in ogni sfumatura possibile. Ogni riga parla di loro, del loro modo di vedere, di sentire, di amare. La tua storia è piena di sentimento, e questo sentimento è visibile in ogni parola. Sei stata fantastica, davvero.

 

Utilizzo dei pacchetti: 14,9/15 (Così suddivisi: 5 punti per ogni pacchetto. Pacchetti prompt: 2,5 punti per ogni prompt inserito; Pacchetti oggetti: 1,25 punti per ogni oggetto inserito)

Pacchetti personaggi: Remus e Lupin sono i protagonisti della storia (+5)

Pacchetti prompt: Sei una delle poche che ha capito il significato di prompt, e che ha dato a questi elementi il giusto peso all’interno della storia. La neve e il sorriso sono le fondamenta e insieme le colonne portanti di questa storia. (+5 punti)

Pacchetti oggetti:
- Orologio (+1,20)
- Cioccorana (+1,25)
- Piatto (+1,20)
- Mantello dell’Invisibilità (+1,25)
Se ti stai chiedendo il motivo per cui ti ho tolto 0,05 punti da due oggetti, te lo spiego subito. Gli oggetti dovevano essere inseriti fisicamente, e non in modo figurato, come invece hai fatto tu con orologio e piatto. Probabilmente sono stata io a essermi spiegata male, e comunque li hai inseriti in modo credibile ed efficace, quindi non posso non darti punti per questo. Penso che toglierti 0,05 punti non ti penalizzi più di tanto.

Originalità: 5/5

Ho trovato la tua storia davvero originale. Non avevo mai letto niente del genere, e ti devo davvero fare i miei più sentiti complimenti, perché l’ho amato dall’inizio alla fine, l’ho trovata particolare e mai banale.
Hai deciso di ambientarla durante un momento di cui pochi scrivono; hai caratterizzato divinamente i personaggi; sei stata capace di creare dialoghi non solo credibili, ma intensi, azzeccati, originali. Non sei mai caduta nel banale, non hai mai inserito un elemento che possa far pensare a un clichè. Sei stata davvero bravissima!

 Punti bonus (elementi facoltativi inseriti): 2/2

Non solo hai inserito entrambi gli elementi facoltativi, ma l’hai fatto in modo originale e credibile. Il fatto che la vicenda si svolga al San Mungo non sembra una forzatura, ma è anzi fondamentale ai fini della trama.
La citazione, poi, si ricollega al prompt, ed assume in tal modo importanza e risalto.

 Gradimento personale: 4,9/5

Come penso tu abbia già capito, ho amato la tua storia dalla prima all’ultima riga, per tutti i motivi già sopra esposti. Mi hai fatto emozionare tantissimo: mentre leggevo il mio cuore batteva insieme a quello di Remus, i miei occhi si sono inumiditi come quelli di Dora.
Il titolo è meraviglioso, evocativo e azzeccatissimo, e ho apprezzato molto la tua scelta di lasciarlo in inglese perché così rende molto, molto di più.
L’unico motivo per cui non ti ho assegnato punteggio pieno è una sottigliezza che non ha alcun legame con la storia in sé: secondo quanto scritto dalla Rowling, Remus continua ad allontanare Dora fino al sesto libro. Per amore del Canon, quindi, ho preferito scalare dal punteggio del gradimento personale (dato che in altri campi non avrei potuto farlo) questi 0,1 punto, sperando che tu non ne abbia a male. Rimango comunque dell’opinione che la tua storia sia davvero meravigliosa, e meritevole della sua posizione e del Premio Speciale.

 

   
 
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