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Autore: KillAnyoneForYou    20/09/2012    2 recensioni
Un riflesso collega tutti i personaggi di questa storia.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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L’asfalto davanti ai suoi occhi era bagnato dalla pioggia mattutina, le scarpe lucide erano sporche di fango sulla punta; lei tormentava un fazzolettino tra le sue dita mentre lacrime silenziose solcavano il suo viso.
Ormai era passata più di un’ora dall’appuntamento e lui non si era ancora fatto vivo.
Non che ci avesse realmente sperato, però avrebbe tanto voluto che le sue paranoie mentali, per una volta, non si fossero tramutate in realtà.
L’iPod iniziò la riproduzione di un’altra stupida canzone di un qualche gruppo sconosciuto che le aveva consigliato lui: lei lo spense rabbiosa, si asciugò le lacrime e mise il fazzolettino nella borsa.
Aveva visto almeno cinque autobus passarle davanti ed un milione di macchine, aveva guardato in tutte, ma non aveva trovato il Suo viso in nessuna.
Stavolta sembrava diverso, le aveva scritto una canzone, gliel’aveva cantata via Skype e lei come una ragazzina si era ritrovata ad essere innamorata di un mucchio di pixel.

Ricordava ancora come si erano conosciuti, come avevano iniziato a sentirsi: era stata tutta colpa di una foto.
Era rimasta semplicemente strabiliata, aveva fatto di tutto per rintracciarne l’autore ed alla fine era risalita a lui.
Inizialmente le era venuta in mente una collaborazione per il giornale per il quale lavorava, poi conversazione dopo conversazione, si era passati a darsi del “tu”, a scambiarsi il numero di telefono, a video chattare: come una stupida quindicenne.
Si stava maledicendo in tutte le lingue quando, ad un tratto, riprese a piovere.
Si rifugiò ancora più all’interno della pensilina coperta e si strinse nella giacca.
Le sue dita tremavano e cercavano di scaldarsi a contatto col suo corpo infreddolito e la voglia di piangere si fece sempre più forte.
Le lacrime premevano per uscire, così guardò in alto e cominciò a sbattere furiosamente le ciglia cercando di fermarle, ma loro, quasi per dispetto, le finirono dritte dentro l’occhio truccato con troppo mascara.
La reazione fu ovvia ed immediata, gli occhi le iniziarono a bruciare fortissimo ed inevitabilmente si mise a piangere.
Cercò rabbiosa un altro fazzoletto in borsa e notò le chiavi sul fondo, roteò gli occhi e si mordicchiò il labbro inferiore: non riusciva a ricordare se aveva chiuso la porta di casa.
Cominciò ad elencare mentalmente tutte le azioni svolte al mattino, ma la porta che si chiudeva non figurava tra quelle.
Si mise a camminare nervosamente sotto la pensilina evitando di finire sotto la pioggia scrosciante, cercando di ricordare ogni particolare, ma ogni singolo fotogramma le sembrava offuscato, ovattato, come se avesse fatto tutto sotto l’effetto di qualche droga.
Si rese ben presto conto che quella mattina era stata semplicemente distratta e che probabilmente la porta era ben chiusa ed il suo appartamento era al sicuro.
Le lacrime continuavano ad uscire, un po’ per il mascara un po’ per la consapevolezza di aver vissuto tra le nuvole negli ultimi tre mesi per colpa di una voce, un volto, un’immagine in due dimensioni riprodotta sullo schermo del suo computer.
Aveva mandato a monte una storia d’amore che durava da due anni per un’immagine creata dalla sua fantasia.

I giorni successivi alla rottura furono tremendi: il suo ex ragazzo portò via tutte le cose dal suo appartamento, sempre più triste e depresso, chiedendosi continuamente la ragione di quella rottura dopo due anni passati a vivere sotto lo stesso tetto.
Lei in realtà non lo sapeva, aveva agito d’impulso, per una volta aveva ragionato col cuore e non con il cervello: si era accorta che viveva solo per quegli attimi passati al computer, per quegli sms ricevuti di sfuggita sul cellulare, per quei minuti ad ascoltare le canzoni che lui le dedicava ed aveva capito che la sua storia non la emozionava più allo stesso modo.
L’ultimo giorno del trasloco, notò che il suo ex ragazzo aveva dimenticato il cellulare a casa ed uscì per riportarglielo al suo nuovo domicilio.
Mentre camminava squillò; lei decise di non rispondere, ma alla quarta chiamata ritenne doveroso avvertire il rompiscatole che il suo ex fidanzato non era al momento disponibile: una voce cristallina ed allegra parlò di un sacco di cose alla velocità della luce prima che lei potesse dire”Pronto?”; disse di comprare il pane, il latte e dei pomodori per la cena di quella sera, infine la salutò chiamandola “amore”..
Rimase semplicemente sconvolta, allontanò il cellulare dall’orecchio e, con la bocca spalancata, fissò lo schermo spegnersi.
Schiacciò il tasto”Chiamate Ricevute” e lesse: “Sara”.
Chi era Sara?
Perché chiamava il suo fidanzato “amore”?
I pezzi del puzzle si composero nella sua mente ed ogni pezzo era una fitta al cuore.
Chissà da quanto andava avanti questa storia?
Per abitudine non controllava mai i messaggi del suo ragazzo, né le chiamate, né gli appuntamenti: si fidava e basta.
Ancora immobile in mezzo alla strada, col cellulare in mano, schiacciò il tasto “Messaggi”, ce n’erano più di tremila, andò all’ultimo, che risaliva ad un mese prima: mittente “Sara”.

Ripensando a questa storia fu felice di aver interrotto quel rapporto così meschino e bugiardo.
La pioggia finì, si asciugò le lacrime e non poté fare a meno di pensare che era una povera illusa, speranzosa di trovare l’amore, di trovare un uomo sincero che le desse il cuore come lei sicuramente avrebbe fatto.
Si sedette sulla panchina e decise fermamente che, passati i prossimi dieci minuti, se ne sarebbe andata.


Una macchina nera sportiva le passò davanti alzando un po’ di pioggia da una pozzanghera vicino, lei ridusse gli occhi a due fessure e sbirciò nell’abitacolo attraverso il finestrino alla ricerca del suo lui in 2D…
   
 
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