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Autore: Santo Zeus    20/09/2012    3 recensioni
Dicono che le Sirene siano illusione, falsa felicità, ipocrisia, che ti persuadino con il loro canto e belle parole e che dopo ti uccidano. Ma dicono anche che per ogni Sirena ci sia un Unicorno pronto ad aiutarti. L'Unicorno è bianco, come la neve, e puro, come un bambino, ti dice di essere libero e che lui sorveglierà la tua libertà.
Ma qui, con lui, questo fantomatico Unicorno non c'era.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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C'era una volta, Lui. 
Lui e basta, circondato da Sirene senza nessun unicorno ad aiutarlo. 
 
Dicono che le Sirene siano illusione, falsa felicità, ipocrisia, che ti persuadino con il loro canto e belle parole e che dopo ti uccidano. Ma dicono anche che per ogni Sirena ci sia un Unicorno pronto ad aiutarti. L'Unicorno è bianco, come la neve, e puro, come un bambino, ti dice di essere libero e che lui sorveglierà la tua libertà.
Ma qui, con lui, questo fantomatico Unicorno non c'era. 
 
Lui era il classico ragazzo popolare e felice. 
Ma aveva scelto di perdersi, di scappare da quello che era veramente. Aveva scelto, semplicemente, di essere come tutti gli altri. 
Quella mattina si fermò davanti allo specchio. Rifletteva qualcuno a lui sconosciuto. 
'Chi sei?' aveva chiesto allo specchio. Aveva allungato la sua mano per toccare quella parete fredda e liscia. Possibile fosse diventato così? Il taglio di capelli era fin troppo corto per i suoi gusti, ma agli altri piaceva così. Quei vestiti erano senza personalità, non si riconosceva in essi, ma agli altri piaceva così. Il suo modo di parlare era troppo masticato, pieno di intercalari stupidi, ma agli altri piaceva così. Non amava per niente il calcio, ma conosceva tutte le formazioni delle squadre in ogni partita e tutti i nomi dei giocatori, perché agli altri piaceva così. Non amava la musica troppo elettronica, come quella che si ballava nelle discoteche, ma agli altri piaceva così. Lui amava i gilet, i vestiti colorati, le camicie, la danza classica e sperimentale, i suoni caldi del blues e del jazz. Ma agli altri no. E tra Lui e il pensiero della gente, aveva scelto ciò che pensava la gente. 

Ma lì, in quella stanza, davanti allo specchio, gli veniva da piangere. 
Possibile fosse diventato davvero così? Decise però che era tardi e doveva uscire immediatamente. Se fosse rimasto ancora davanti a quello specchio si sarebbe messo a piangere. E no, non poteva piangere, aveva deciso di intraprendere la strada di quello duro, del leader. 'Ma leader di che? Di chi?' si era domandato più volte. 
Ancora davanti allo specchio aveva sfoggiato il suo sorriso migliore. 'Metti la tua espressione più felice, David. Incomincia un'altra giornata e tu devi recitare la tua parte migliore. In fondo l'hai scelto tu, no?'
 
 
-Lo sai che sei veramente una femminuccia?- 
Avevano scelto la stessa persona di ieri, abbastanza insolito. Era stato David a sceglierla di nuovo. Non era mai successo, di solito ogni giorno si cambiava persona da prendere in giro. Quella volta no, però. Nessuno aveva avuto il coraggio di domandargli il motivo, in fondo era o no il leader
-E tu lo sai che sei veramente poco originale? Mi hai già detto ieri questa frase. Cerca di cambiare.- aveva risposto quello, come nessuno mai si era mai azzardato a parlagli in quel modo.
David, irato, si era avvicinato. Era piuttosto arrabbiato, sì, ma questo non gli impedì di ammirare quei due occhi caramello così coraggiosi e così dolci. Il suo istinto gli diceva di dare una sbirciata anche alle sue labbra, ma si rimproverò, non era già tanto pensare a lui in quel modo?
La campanella intanto era già suonata, ma David non si mosse minimamente. 
-Non parlarmi mai più così se non vuoi fare una brutta fine. Sono buono però, per questa volta lascio passare.- disse infine.
 
 
-Tuo padre mi ha detto che vuoi andare a fare medicina! Sono così felice.- cinguettava sua madre appena gli aveva servito il pranzo. 
-Ma io non voglio fare medicina, vorrei fare psicologia o lingue straniere. Sai, lavorare all'estero magari.-
Quanto gli sarebbe piaciuto scappare da quella realtà che tanto detestava e viaggiare. Ma era inutile dire quelle cose, lo sapeva. Suo padre aveva deciso per lui. Aveva sempre deciso per lui, senza mai chiedergli niente. E questo non sarebbe cambiato certamente adesso.
-Non essere sciocco. Sei intelligente, e medicina è un indirizzo prestigio, fatto apposta per te.- 
-Sì, mamma, forse hai proprio ragione.- rispose allora, sapendo che altro non poteva dire, senza entusiasmo ma con un bel sorriso falso. 
 
-Mamma, io esco.- 
-Con chi vai?-
-Con Luca ed Edoardo a giocare un po' a calcio.- quella era la risposta che sua madre voleva farsi sentire, ormai mentire non era poi così difficile. Le prime volte erano state molto difficili, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine. 
Ricordava ancora la prima volta che mentì, quando si trasformò ufficialmente in quello che gli altri volevano. Quell'episodio non lo avrebbe mai dimenticato perché quello fu il momento in cui tutto cambiò, in cui lui cambiò:
 
Ballava sulle note di I Want To Break Free dei Queen guardando il poster di Mika con una spazzola in mano. Per quell'occasione, il suo 'personale concerto', si era messo un po' di matita nera che gli contornava gli occhi facendo risaltare il loro azzurro cielo. Quanto si sentiva felice in quei momenti. Si sentiva realmente se stesso, lontano da tutto e da tutti. Sua madre gli aveva detto: 'Lo sai che, ogni cosa sarai e che vorrai fare, io e papà ti vorremo sempre bene?' e lui si sentiva felice, davvero.
Stava cantando a sguarciagola in mutande e cravatta verde fosforescente e non aveva neanche sentito suo padre bussare, che era entrato non ricevendo risposta. David lo vide dallo specchio e sorrise, forse era arrivato il momento di dirgli quanto gli sarebbe piaciuto fare canto, ballo e recitazione, e magari chissà, un giorno entrare a far parte di una compagnia prestigiosa. Sua madre aveva detto o no che loro gli avrebbero voluto comunque bene, anche se questo non rientrava perfettamente nei loro piani per lui? Ma quello che vide nello sguardo di suo padre non era stupore, non si era meravigliato della sua bravura nel canto o nel ballo, era piuttosto sconvolto e arrabbiato. Uscì dalla porta sbattendola. David non capiva, che aveva fatto di male? 
Appena si cambiò e uscì dalla stanza, trovò suo padre ancora sconvolto e sua madre con sguardo assente e quasi in lacrime. Ma che cosa aveva fatto? Ballare e cantare era per caso diventato un crimine e lui non lo sapeva?
-Dimmi una cosa, David, sei mica una femminuccia? Che stavi facendo in camera?- 
-Niente papà, stavo solo cantando e ballando. Che c'è di male? Anzi io volevo dirti che vorrei tanto fare teatro e andare a lezione di ballo e canto.- gli disse entusiasta David. 
Non sapeva di aver peggiorato solo la situazione così facendo.
-David, non sei una femminuccia. Tu non andrai mai a fare canto e ballo. - stava alzando la voce -Hai capito?- stava veramente urlando adesso, e David era terribilmente spaventato.
-Mamma ma tu ieri hai detto..- sussurrò con quel poco coraggio che gli rimaneva, ma non finì neanche la frase che sua madre lo interruppe.
-Io non ti ho detto niente, ti ho detto che ti vogliamo bene, è vero, ma quello che vuoi fare e essere è inconcepibile. Farai grandi cose David, ma questo non implica niente di questo genere.- le disse fredda e distaccata sua madre.
-Hai capito? Dimmi David, hai capito?- urlò ancora suo padre che lo guardava dritto negli occhi. Aveva occhi rosso sangue. 
-Ho capito.- disse David in preda alle lacrime e balbettando.
-E non piangere, non sei una femminuccia.- 
-Hai ragione, va bene. Scusami. Vado a giocare a calcio con Luca ed Edoardo.- 
A quel punto suo padre si alzò e lo abbracciò. -Bravo figliolo.- gli mormorò.
 
-Va bene, sono dei bravi ragazzi e i loro genitori sono delle fantastiche persone. Ma non fare tardi!- la voce di sua madre lo riportò alla realtà.
-Va bene, ciao.-
Tante cose erano cambiate, ma certe erano rimaste uguali, infatti, come allora, andò nel parco, nel suo posto segreto a piangere ascoltando Toy Boy di Mika, con l'immancabile Breathe Me di Sia subito dopo. Lo rispecchiavano tanto, forse troppo.
 
Quel giorno però ci sarebbe stata una novità: non sarebbe restato più solo. 
 
-Che ci fai qui?- chiese a quel ragazzo seduto nella sua panchina, la più isolata di tutte.
-Niente, scusa, me ne vado, con me persone come te non parlo.-
Gli bastò incrociare quegli occhi caramello. Non aveva dimenticato quegli occhi.
-Aspetta.- lo fermò per un braccio prima che se ne andasse -Mi dispiace. Per tutto.-
Abbassò lo sguardo per vedere le sue labbra: erano perfette come immaginava.
Sorrise.
Che avesse trovato il suo Unicorno tra tante Sirene? 
Che potesse lui stesso cambiare e diventare un Unicorno e sorvegliare la propria libertà?
Che potesse diventare anche lui felice e ritornare ad essere se stesso?
  
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