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Autore: Krixi19    21/09/2012    19 recensioni
Some people are meant to fall in love with each other, but not meant to be togheter
Fate. Fato, fatalità. Incomprensioni, decisioni, tempistiche sbagliate, eventi che si succedono in una catena di causa ed effetto.
Vite che si sfiorano, si toccano, si allontanano.
Perché a volte innamorarsi reciprocamente non basta.
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[Fred/Hermione priva di what if, accenni di Ron/Hermione]
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[Questa storia si è classificata prima (44.7/45) al contest "Fred, ti presento Hermione" indetto da ElyTheStrange sul forum di EFP]
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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[Questa shot si è classificata prima al contest "Fred, ti presento Hermione" indetto da ElyTheStrange. Troverete il giudizio alla fine della storia.]

 

 

 

 

 

 

Fate

 

 

 

Some people are meant to fall in love with each other,

but not meant to be together

 

 

 

Inizialmente, Hermione non aveva capito cosa le stesse passando per la testa. Era tutto così strano, così confuso. Insomma, Fred era solo il fratello di Ron.

Solo il fratello di Ron.

Era questo che continuava a ripetersi.

Tutte le volte che lui le strizzava l’occhio, tutte le volte che lui le faceva una qualche battuta, tutte le volte che le diceva “Ehi, Granger” con quella sua aria strafottente, lei lo diceva a sé stessa, più e più volte, quasi come un mantra.

Non farci caso, non ha importanza, sta solo scherzando, è solo il fratello di Ron

Ma non era solo il fratello di Ron, non più ormai.

Non poteva più negarlo, non ora, non adesso che si stava sentendo... così.

 

Era nato tutto quell’estate, alla Tana, prima dell’arrivo di Harry, quando si era ritrovata a passare un sacco di tempo con Ron e con i gemelli. Era cominciato lentamente, piano piano, ma i sentimenti l’avevano poi travolta come una marea, prima ancora che avesse modo di accorgersene.

Era stato strano; insomma, lei non aveva mai guardato Fred in quel senso. Eppure era bastato uno sfarfallio allo stomaco, improvviso e inaspettato, a farle cambiare idea. Era bastato quello e aveva cominciato a guardare Fred sotto una luce diversa. Le sembrava più bello, più simpatico, più attraente, più irritante, più divertente, più... un sacco di cose.

Tutto per quel maledetto sfarfallio allo stomaco.

Tutto per quella maledetta partita di Quidditch.

 

«Coraggio, Hermione, gioca con noi!» le aveva detto George, tentando di coinvolgerla.

«No, davvero, George, sto bene così, con i piedi ben piantati per terra» aveva ribattuto lei, il cuore in gola alla sola idea di montare su quell’arnese infernale. Gli uomini non sono nati per volare, altrimenti avrebbero le ali: era questo quello che pensava.

Poi lui, Fred, aveva sghignazzato.

«Con i piedi ben piantati per terra, ci si perde un sacco di divertimento».

Hermione l’aveva guardato, inarcando un sopracciglio.

«Beh, vorrà dire che correrò il rischio. Immagino che sopravvivrò anche senza aver provato l’ebbrezza di giocare a Quidditch».

«Ma non puoi!» aveva esclamato Fred, come se lei avesse detto chissà quale blasfemia.

«Fred, lasciala in pace» era intervenuto Ron, bellamente ignorato dal fratello, che aveva continuato: «Insomma, non si può non aver mai giocato a Quidditch!»

«Beh, sai, preferisco aver salva la vita».

Allora lui era scoppiato a ridere, di nuovo, seguito a ruota dal gemello.

«Aver salva la vita? Non pensi di esagerare?» aveva detto George.

«No, senti quei... quei... cosi sono una trappola infernale!»

«Sono una trappola infernale se non sai usarli» aveva ribattuto Fred, con aria saputa. Poi aveva sospirato. «Va bene, ho capito. Vorrà dire che ti insegnerò a volare».

Hermione l’aveva guardato, stupita, cercando di capire se ci fosse qualcosa sotto.

Ma lui le aveva sorriso, rassicurante.

Era bastato questo a far avvertire ad Hermione una strana sensazione allo stomaco, una sensazione che l’aveva portata a fidarsi e ad accettare, stupendo lui e sé stessa.

Così, avevano passato tutto il pomeriggio insieme, lui che tentava di insegnare a lei e lei che tentava di rimanere in sella a quell’aggeggio.

E ogni volta che Fred le prendeva le mani per sistemarle meglio sull’impugnatura, ogni volta che le cingeva i fianchi per sorreggerla mentre si sollevava di qualche metro, ogni volta che anche solo la sfiorava, Hermione provava quel maledetto sfarfallio allo stomaco.

 

Da quel momento, in presenza di Fred, quella sensazione strana non l’aveva più abbandonata. Bastava un suo sorriso, una sua battuta, un suo sguardo, un suo tocco, e Hermione poteva sentire il suo cuore accelerare vertiginosamente, il respiro bloccarsi in gola, le gote arrossarsi.

Aveva provato a non darci peso, ripetendo tra sé e sé il suo mantra, in continuazione.

“È solo il fratello di Ron, è solo il fratello di Ron

Ma già da un po’ non poteva più negarlo a sé stessa.

Fred le piaceva.

Le piaceva la sua risata, le piaceva questo suo essere sempre allegro, senza un solo pensiero, cosa che gli invidiava, le piaceva il suo modo di porsi con il mondo, le piaceva il fatto che aveva sempre la risposta pronta, le piaceva come era protettivo nei confronti della sua famiglia, le piaceva il suo coraggio, le piaceva lui, totalmente, irrazionalmente lui.

E per un misero, folle, istante aveva cominciato anche a pensare che lui ricambiasse. Insomma, scherzava con lei, le sorrideva, le ammiccava, la stuzzicava... così Hermione si era illusa che ci potesse essere qualcosa anche da parte sua.

Ma non era così e lei l’aveva appena imparato a sue spese.

Lui aveva invitato Angelina, così, di fronte a lei, come se niente fosse, come se la presenza di Hermione non fosse importante, come se lei non fosse importante.

E lei si era sentita così... stupida.

Avrebbe dovuto saperlo che Fred non era interessato a lei in quel senso. Figuriamoci, un tipo come lui interessato ad una come lei! Però... però non aveva potuto fare a meno di illudersi. Stupida, stupida, stupida.

Ora era lì, seduta su quei freddi gradini della torre, a piangere e a pensare. Non aveva voglia di rimanerci, ma non aveva nemmeno voglia di tornare indietro e di affrontare la sala comune. Non dopo quello che aveva fatto.

Non si ricordava nemmeno che cosa aveva detto. Si ricordava solo che si era ritrovata in piedi, il volto paonazzo, Fred che la guardava stupito, e poi era scappata via, di corsa, senza voltarsi.

Una voce la fece sobbalzare, distogliendola dai suoi pensieri.

«Ehi, Granger, si può sapere che ti è preso?»

Fred. Solo lui si rivolgeva a lei in quel modo: “ehi, Granger”, con a strascicata e la g marcata. In quel momento, Hermione si detestò, perché sapeva riconoscere questi dettagli.

«Che vuoi, Weasley?» chiese lei, scontrosa. Si sentiva indifesa, vulnerabile, una cosa che detestava.

Fred inclinò leggermente la testa di lato, scrutandola.

«No, la domanda è: cosa ti succede?» ribatté lui.

«A me?»

«Già, a te. Ultimamente sei strana».

«E a te cosa importa?»

«Beh» cominciò lui, riflettendo. «M’importa e basta».

«Se t’importasse veramente...» iniziò lei, ma poi lasciò cadere la frase, cambiando idea. «Senti, lascia perdere».

Hermione si alzò e fece per allontanarsi, ma Fred la prese per il polso, fermandola.

«Ecco, mi riferisco proprio a questo» disse lui, poi sorrise divertito e aggiunse: «Non ti sarai mica innamorata di me?»

Hermione distolse lo sguardo, imbarazzata, mentre un’espressione di puro stupore si dipinse sul viso di Fred.

«Oh. È così?» chiese lui, la sorpresa udibile nel tono di voce.

Hermione non rispose, limitandosi a sperare che tutto questo fosse un incubo. Un grosso, gigantesco incubo.

«Hermione...» Pareva a disagio.

«Lascia perdere» ripeté Hermione, a denti stretti.

«Io... Mi dispiace».

Hermione non sapeva dire perché, ma quelle due semplici parole la ferirono come una pugnalata, la ferirono ancora più che l’invito rivolto ad un’altra.

«In realtà non volevo innamorarmi di te, è capitato e basta!» esplose lei, le lacrime che scivolavano sulle guance, senza che potesse impedirselo. «Perciò, scusami tanto!» Con uno strattone si liberò dalla presa di Fred e corse via, più velocemente possibile, lasciandolo lì, il braccio a mezz’aria, le dita tese come a volerla afferrare.

 

 

§

 

 

Ripensandoci, si era comportata da vera stupida. Aveva preso una sbandata, una grossa sbandata, per qualcuno che non la ricambiava. Si era illusa, aveva sperato che lui ricambiasse, ma non era stato così, e poi si era scontrata con la realtà dei fatti. E questo l’aveva ferita, nel profondo. Ma la sua reazione era stata probabilmente esagerata.

 

Per mesi si era trascinata da una lezione all’altra, andando avanti solo per inerzia: di giorno studentessa ligia allo studio, seria, con appena l’ombra di un sorriso, di notte ragazza con il cuore spezzato, che versava lacrime. Lei non amava Fred. Era questo che si ripeteva, più e più volte, il viso affondato nel cuscino, tentando di soffocare il dolore. Lei non amava Fred.

Aveva tentato di ignorare quello che stava accadendo, aveva tentato di far finta di niente. Ma la verità era che Fred le mancava. Le mancava scherzare con lui, le mancava ridere con lui, le mancavano persino i suoi stupidi scherzi e le sue prese in giro. Le mancava, ma non poteva fare altrimenti: ogni volta che lo scorgeva, era una fitta al petto, un dolore lancinante, e quindi lo evitava il più possibile. Così, lei e Fred non si erano mai più ritrovati da soli. Le rare volte che erano insieme si comportavano quasi normalmente, ignorandosi a vicenda. Lei non rideva alle sue battute, limitandosi a sorridere appena, lui non la stuzzicava come aveva sempre fatto negli ultimi tempi. Fingendo che non fosse successo niente, fingendo che quella distanza non le facesse male, Hermione sperava che la realtà si sarebbe conformata alla finzione. Gli altri non parevano essersi accorti di nulla, solo loro due erano consapevoli della tensione che aleggiava tra loro. Ma la ignoravano, sperando che sarebbe passata da sola. Solo un paio di volte Fred era sembrato sul punto di dirle qualcosa, ma lei non gli aveva dato modo di farlo, defilandosi in fretta con una scusa. Non avrebbe sopportato sentire di nuovo quelle due parole uscire dalle sua labbra. Perché sapeva che se gli avesse dato la possibilità di parlare, lui le avrebbe ripetuto “Mi dispiace”. No, molto meglio non affrontarlo.

A stupirla era poi stata la reazione di Ron a tutta quella situazione. Certo, lui non sapeva assolutamente nulla di quello che era accaduto tra lei e Fred – nessuno lo sapeva, a parte forse George – ma si era accorto che qualcosa in Hermione non andava. Così, mentre lei soffriva e tentava di rialzarsi piano piano, Ron le era stato accanto. In maniera forse impercettibile dall’esterno, ma non per lei.

Così il tempo era passato, lentamente. Finché un giorno Hermione si era accorta che aveva esaurito le lacrime. Finché un giorno si era accorta che non soffriva più. Ogni volta che era in sua presenza, continuava a sentire una sorta di velata malinconia, ma il peggio era passato. La ferita di Fred si era rimarginata, lasciando una cicatrice che lei faceva di tutto per ignorare, ed era avvenuto anche grazie a Ron, e questo l’aveva segnata. Mentre uno scivolava lentamente via da lei, l’altro si era insinuato nei suoi pensieri.

Lei e Fred erano tornati ad una parvenza di normalità. Erano tornati al prima. Lui aveva ripreso, con cautela, a stuzzicarla, lei aveva ripreso a ridere alle sua battute, era ricomparso l’“Ehi, Granger”, che tempo prima l’aveva tanto colpita, era quasi svanita la sensazione allo stomaco, lasciandosi dietro qualche farfalla, traccia di un amore passato.

 

Sì, si disse, forse era stata esagerata. Perché lei non amava Fred. Se l’era ripetuto, e aveva finito per crederci.

Hermione osservò distrattamente la parete della camera che le avevano assegnato lì, a Grimmauld Place, continuando a lasciar vagare i pensieri.

Per tutto il tempo che ci aveva messo ad arrivare, aveva avuto paura della reazione che avrebbe provato in sua presenza. Ormai credeva che le acque si fossero calmate, e credeva anche di provare qualcosa per Ron, ma era anche vero che non vedeva Fred da troppo. E, questo lo doveva ammettere, lui ancora le mancava. Quando era poi arrivata e l’aveva rivisto, aveva provato una sensazione strana. Sollievo, forse, misto ad una punta di nostalgia. Non sapeva dire esattamente a cosa erano dovuti. Forse era sollevata perché tra di loro le cose erano state naturali, non c’erano stati silenzi imbarazzanti o altro. E forse si era sentita triste proprio perché non aveva provato quello che provava prima. Fred continuava ancora a metterla un po’ in soggezione e qualche farfalla svolazzava cocciuta nel suo stomaco, ma ormai le cose erano... diverse. Tristi, forse, ma diverse.

Alla fine, tra la disinfestazione della casa, da un parte, e i momenti di relax, dall’altra, il tempo che si era ritrovata a passare con lui era davvero tanto. E Hermione si era accorta che riusciva a comportarsi normalmente, anzi, doveva ammettere che stare insieme a lui le veniva naturale, quasi spontaneo: ridevano, scherzavano, lui la stuzzicava e la prendeva in giro, certo, ma si divertivano, e in quella situazione, con la guerra alle porte, era davvero un toccasana.

Da quel punto di vista, Hermione era contenta di essersi lasciata alle spalle la cotta per Fred.

 

 

§

 

 

Da qualche tempo a quella parte, Fred si sentiva vagamente inquieto. Come se ci fosse qualcosa che non andava. Anche se così non era. Insomma! Aveva tutto quello che un ragazzo poteva desiderare: aveva un negozio magnifico di scherzi, gestito con il suo altrettanto magnifico – anche se mai quanto lui – gemello, aveva soldi a sufficienza da togliersi pressoché tutti gli sfizi che voleva, aveva ragazze che gli cadevano letteralmente ai piedi... Aveva tutto. Ma c’era qualcosa, una sensazione di fondo, che lo faceva sentire insoddisfatto. Come se gli mancasse qualcosa. O forse qualcuno.

 

A Fred non piaceva stare a rimuginare sulle cose, di solito le prendeva così, come venivano. Perché complicare le cose, pensando e ripensando agli eventi, cercando una logica, che magari non c’era nemmeno? No, non era da lui.

Quindi, quando Hermione gli si era praticamente dichiarata, Fred non ci aveva dato troppo peso. Era rimasto spiazzato, ovviamente, perché non se l’aspettava proprio. Non credeva di averle mandato un qualche segnale in tal senso, lui nemmeno la guardava in quell’ottica.

Però, chissà perché, dopo quell’episodio, aveva cominciato a vedere Hermione sotto una luce lievemente diversa. Ma non aveva dato peso nemmeno a quello. Non più di tanto almeno.

Tutte le volte però che si erano ritrovati nella stessa stanza, tra di loro era calata un’atmosfera strana. Lei era sempre imbarazzata, tesa e, beh, diversa. E forse anche lui era un po’ diverso in sua presenza. Ma, insomma, sapeva che lei provava qualcosa per lui, quindi non poteva certo comportarsi come prima; no? Non voleva certo illuderla. Quindi aveva evitato di fare battute, stuzzicarla o altro, sebbene questo, aveva dovuto ammetterlo, gli era costato un certo sforzo. Fred però non era stato a rifletterci, per niente, aveva altro a cui pensare. E quindi si era comportato normalmente, senza nemmeno fare più di tanto caso alla situazione. Due volte solo era stato sul punto di dirle qualcosa, avendola vista particolarmente giù, ma poi aveva lasciato perdere. Cos’avrebbe dovuto dirle? “Mi dispiace se ti sei innamorata di me”? Patetico. E non era certo il tipo da prepararsi un discorso. No, meglio lasciare le cose come stavano, si era detto, si sarebbero risolte poi da sole.

Così il tempo era passato, mentre la situazione non si smuoveva, lei stava sulle sue e lui si comportava come se niente fosse, senza stare tanto a pensarci. Finché, un giorno, all’improvviso, lei non era scoppiata a ridere ad una sua battuta. Con quella sua risata cristallina, coinvolgente, contagiosa. Fred si era voltato a guardarla, sorpreso; e l’aveva osservata ridere, il volto lievemente arrossato, le mani premute sul ventre, il busto leggermente piegato in avanti. E aveva capito che le era mancato farla ridere.

E quello aveva cambiato tutto.

Solo che ancora lui non lo aveva compreso.

 

«Fred».

La voce di suo fratello lo distolse dai suoi pensieri.

«Dimmi» rispose lui, ammucchiando distrattamente le pergamene che aveva davanti.

«È da mezz’ora che guardi lo stesso foglio» disse George, non pronunciando la domanda che Fred sapeva sarebbe seguita.

«A niente» rispose lui.

George gli lanciò un’occhiata eloquente. Fred sbuffò in risposta. Non capitava certo di rado che avessero queste conversazioni silenziose: probabilmente George immaginava già cosa stava pensando, o almeno a chi stava pensando. Alla fine, era stato lui quello che ci era arrivato per primo.

 

«E così a Hermione sta passando la cotta per te» aveva detto George, sorridendo, dopo essersi chiuso la porta della loro camera alle spalle.

«Impossibile. Cosa te lo fa pensare?» aveva chiesto Fred, con aria quasi disinteressata, sdraiandosi sul suo letto, che puzzava di muffa e di stantio.

George aveva scrollato le spalle, per poi dire, mentre si sedeva sul letto di fronte: «Adesso ride alle tue battute».

«Per forza: sono mitiche» aveva ribattuto lui, sorridendo divertito. «E poi rideva anche prima».

«Non dopo la sua dichiarazione» aveva insistito George.

Fred era rimasto in silenzio, senza replicare, rigirandosi un Orecchio Oblungo tra le mani.

«Quindi sarebbe il momento che tu ti dessi da fare» aveva continuato lui, guardandolo eloquentemente.

«E perché dovrei? Lei è già cotta di me» aveva risposto Fred, poi aveva sorriso compiaciuto: «E come darle torto?»

George aveva ridacchiato. «Pensa quello che vuoi» aveva aggiunto. «Ma se non ti sbrighi tu, lo farà Ronnie».

Fred era scoppiato a ridere. «Figurati, Ronnie non saprebbe nemmeno da che parte cominciare».

«Questo è vero» aveva risposto George, unendosi alle risate.

Il discorso era poi caduto lì. Ne avevano parlato fin troppo per i loro standard.

 

Quell’estate a Grimmauld Place non aveva fatto altro che consolidare ciò che già stava avvenendo in lui. Ma, come sempre, non ci aveva dato peso e aveva evitato di pensarci.

«A volte non so davvero cosa ti passi per la testa» ammise George, facendolo tornare di nuovo alla realtà.

«Siamo in due» rispose lui, passandosi una mano tra i capelli, già arruffati.

George ridacchiò. «Come siamo sentimentali».

«A volte capita» ribatté Fred, unendosi alle risate del gemello.

«Invece che stare lì a rimuginare su una certa donzella» lo stuzzicò poi George, tornando a contare le scatole ammucchiate sul tavolo, «finisci l’inventario».

Fred sbuffò per la seconda volta.

«Non capisco perché non possiamo far fare queste cose a Verity».

«Infatti le fa anche Verity. Non può fare tutto da sola» rispose George, annotando il numero su un foglio.

«Potremmo assumere qualcun altro» propose Fred, guardando con aria schifata i fogli di fronte a sé. Lui amava il suo negozio, ma il lato burocratico lo annoiava da morire. Anche se, a dir la verità, di solito sbrigava la sua parte senza lamentarsi: anche quello faceva parte dei Tiri Vispi e i Tiri Vispi erano la sua vita. Ma quel giorno era particolarmente insofferente.

«Fred» disse George, posando di nuovo lo sguardo sul suo gemello. «Abbiamo avuto questa identica conversazione mezz’ora fa. Non ti sarà mica venuta la Smemorosi?» aggiunse, punzecchiandolo.

«Tra tutte le battute che potevi fare sulla perdita di memoria, tu scegli la Smemorosi?» ribatté Fred, sorridendo divertito. «Fratellino, perdi colpi».

«Colpa tua che sei strano. Sai che rendi strano anche me» rispose George, per poi fare una smorfia. «Vedi! È la seconda frase stucchevole che mi fai dire!»

Fred scoppiò a ridere. «Non scaricare la colpa su di me».

«E su chi la devo scaricare? Su Hermione che è sempre nei tuoi pensieri?»

Fred fece la stessa smorfia che aveva fatto poco prima il gemello. «Non è nei miei pensieri».

«Sì, certo» tagliò corto George, ridacchiando.

Fred evitò di insistere. Dopotutto, mentire a George era sempre stato inutile.

 

 

§

 

 

A Fred non piaceva stare a rimuginare sulle cose, di solito le prendeva così, come venivano. E ciò che era venuto fuori, era che a lui piaceva Hermione. Probabilmente già da un po’, ma ne aveva avuto la conferma la mattina in cui lei e gli altri erano venuti a trovarli in negozio. Nel momento in cui lei aveva messo piede ai Tiri Vispi, Fred aveva capito. Dalla sensazione che gli aveva dato rivederla, dalla sensazione che gli aveva dato sentirle fargli un complimenti, dalla sensazione che aveva provato sfiorandola, e da mille altre piccole cose. Doveva ammetterlo: questa volta era stato più lento del solito, e, forse, se avesse evitato di negarlo così tanto a sé stesso ci sarebbe arrivato prima, ma alla fine aveva capito. Forse era cominciato tutto dopo la dichiarazione, forse era cominciato tutto da quella risata, forse era merito dell’estate a Grimmauld Place, forse non averla vista per quei mesi l’aveva aiutato a fare chiarezza, forse. Ma tutto questo non aveva importanza, a lui non interessavano i perché e i percome. Aveva capito che Hermione gli era mancata. Aveva capito che Hermione gli piaceva. E non c’era nulla che lui potesse fare per cambiare la realtà delle cose, quindi aveva preso quella rivelazione così, come veniva: l’aveva accettato.

Aveva aspettato l’occasione in cui avrebbe potuto rivederla. Sarebbe andato lui stesso ad Hogsmeade, se non avesse avuto da fare così tanto al Negozio. Pensava che l’avrebbe comunque rivista a Natale. Ma quell’anno lei non lo aveva passato alla Tana, e Fred non sapeva esattamente il perché. Era parecchio restio ad ammetterlo, ma quando aveva saputo che non ci sarebbe stata, era rimasto deluso. Sperava che sarebbe stata l’occasione per sbloccare la situazione. E invece no. Beh, poco male; alla fine, aveva solo rimandato le cose.

 

Ma, adesso, finalmente l’aveva rivista. E tutti i suoi sospetti trovarono definitivamente conferma.

«Hermione, aspetta» disse non appena uscito dall’infermeria, rincorrendola.

Hermione si bloccò a metà corridoio e si voltò, guardandolo sorpresa. Fred si avvicinò a lei e notò che aveva gli occhi arrossati.

«Tutto bene?» gli sfuggì dalla labbra.

Lei annuì. «Sono solo... preoccupata per Ron».

Fred sorrise, rassicurante. «Se la caverà» disse semplicemente.

Hermione annuì di nuovo, ma continuava a sembrare sul punto di scoppiare a piangere. Fred provò una fitta di dispiacere nel vederla in quello stato: con lo sguardo basso, gli occhi umidi, sembrava così... indifesa.

«Hermione» la chiamò lui, ma lei non rispose. Fece un passo verso di lei, riducendo la distanza tra di loro. «Hermione» la chiamò di nuovo, appoggiando una mano sulla sua spalla. Lei sussultò a quel tocco, ma non rispose, continuando a fissarsi le scarpe. Con l’altra mano le prese il mento tra pollice e indice, sollevandole il viso, affinché lo guardasse. «Ron sta benissimo, non devi preoccuparti».

Hermione scosse la testa.

«Non... Non è solo quello».

Fred la guardò perplesso. «E allora cos’è?»

«Tutto» sospirò lei, immediatamente prima che le lacrime sfuggissero alle sue ciglia, solcandole il volto. «Ron, Harry, voi, la guerra, tutto».

Senza rifletterci, senza pensarci, Fred la strinse a sé. Non sapeva perché lo stesse facendo, ma lo stava facendo, e basta. La sentì irrigidirsi un istante, per poi sciogliersi quello immediatamente successivo, lasciandosi andare, mentre i singhiozzi la scuotevano.

Non seppe per quanto stettero lì, nel bel mezzo del corridoio, abbracciati, Hermione che piangeva e Fred che la abbracciava, quasi cullandola.

«Grazie» disse poi lei, all’improvviso, asciugandosi le lacrime con la manica.

«E di cosa?» ribatté lui, sorridendo.

«Perché ti comporti così?» chiese lei all’improvviso, scostandosi da lui, come se si fosse resa conto solo in quel momento della situazione.

«Così come?» chiese Fred, inclinando la testa di lato, scrutandola.

«Così» disse Hermione, facendo un ampio gesto con la mano. «Mi abbracci, mi fai piangere, mi consoli... Così».

«Ci deve essere per forza un motivo?» chiese lui, evitando agilmente la domanda.

Hermione parve studiare il suo sorriso, mettendolo vagamente a disagio. Poi sospirò.

«No».

«Appunto. E poi è così che si fa tra amici, no?» disse lui. Che stupida cosa da dire. Lui non voleva certo essere suo amico.

«Beh, immagino di sì. Ma sai... Tra di noi è sempre così strano».

Fred ignorò come sentire quel noi lo fece sentire, e rispose: «A me non pare strano».

«Sì, invece» insisté Hermione.

Fred scosse la testa, sorridendo. «Tutto il contrario. Insieme saremmo una forza».

Hermione ridacchiò, come se lui non stesse dicendo sul serio, come se lui stesse facendo solo un’altra delle sue battute. «Ma se non si capisce nemmeno cosa siamo. Insomma, siamo mai stati amici, Fred?» chiese, ma non attese la sua risposta. «Sarebbe complicato, tra noi. L’amore dovrebbe essere più semplice».

«Se fosse semplice, nessuno scriverebbe canzoni1» disse lui, guardandola dritto negli occhi, serio come era stato poche volte nella sua vita.

Hermione lo osservò qualche istante, poi un’ombra di consapevolezza parve attraversare il suo sguardo, come se avesse scorto qualcosa negli occhi di Fred.

«Fred, tu... Cosa mi stai dicendo?» mormorò lei, incapace di distogliere lo sguardo dai suoi occhi.

«Secondo te?» ribatté lui, sorridendo sghembo.

«Sei...» Hermione fece una pausa, deglutì, poi riprese: «Sei... Sei... Lo sei?»

Fred ridacchiò. «Che cosa?»

«Beh, insomma. Cioè, da quello che dici...» biascicò lei, prima che la sua voce si affievolisse, come se fosse incapace di dirlo ad alta voce. Continuò a fissarlo, cercando una risposta.

Fred sospirò quasi rassegnato. Poi sorrise. «Beh, in realtà, non volevo innamorarmi di te, sai. È capitato e basta» disse, riprendendo le stesse parole usate da lei tempo addietro.

Hermione continuava a guardarlo. E solo allora Fred colse davvero il suo sguardo. Era stupita. No, era sconvolta.

«Hermione?»

Lei non diceva niente. Era immobile, come una statua, a guardarlo fisso, con quell’espressione sul viso. Cos’era? Tristezza? Dispiacere?

No, non stava succedendo. Non stava succedendo davvero.

Fred fece un passo verso di lei, e le sollevò il viso, proprio come aveva fatto pochi attimi prima. Solo che adesso nei suoi gesti non c’era premura. C’era qualcosa a cui lui non sapeva dare un nome. Paura, forse.

«Hermione».

«Ma, perché... Adesso

Fred la guardò stupito, incapace di articolare una risposta.

Le lacrime ricominciarono a sgorgare dagli occhi di lei. Ma non erano lacrime di gioia.

«Fred, io... Mi dispiace».

Qualcosa dentro Fred parve rompersi. Il braccio che aveva teso verso di lei si abbassò di colpo, penzolandogli al fianco.

No, non stava succedendo.

Hermione si avvicinò di più a lui.

«Fred, mi dispiace, mi dispiace davvero. Io... Io, davvero, non so cosa...» biascicava, senza riuscire ad dare ai pensieri una forma coerente. «Prima forse... Ma ora... Davvero, Fred, mi dispiace».

«Prima? Come sarebbe a dire prima

«Che... È troppo tardi, adesso»

Se pensava che prima si fosse rotto qualcosa nell’udire quel “Mi dispiace” e che niente avrebbe potuto fargli più male, beh, si sbagliava. Adesso era il dolore. Adesso si sentiva in mille pezzi, totalmente incapace di pensare qualsiasi cosa, a parte quel dolore lancinante al petto.

Non sapeva se avesse detto qualcosa o se avesse solo girato i tacchi, diretto all’infermeria, lasciandosela alle spalle.

Doveva andarsene. Doveva andarsene da lì. Subito.

Merlino, quanto era stato stupido. Stupido. Avrebbe dovuto sapere che una ragazza non può rimanere innamorata così a lungo. La sua dichiarazione risaliva a due anni prima, era ovvio che le cose non potevano essere rimaste così. Stupido. Avrebbe dovuto saperlo.

Era stato così stupido che non si era nemmeno posto il problema. No, lui era andando lì, l’aveva rivista dopo mesi che non si incontravano e si era dichiarato. Così, senza pensarci. Non l’aveva nemmeno programmato. Ma perché avrebbe dovuto? Non aveva certo pensato che a lei potesse essere passata.

E lei era una stronza. Si era dichiarata, e mentre lo faceva innamorare di lei, cos’aveva fatto? Se l’era fatta passare. Stronza.

Ma non era colpa di lei. No, era colpa sua. Era stato stupido ad innamorarsi. Stupido a provare qualcosa per lei per tutto quel tempo. Da quando? Dall’estate a Grimmauld Place? O forse da prima? Era decisamente troppo.

«Ehi, Fred, dove ti eri... Tutto bene?»

Senza accorgersene, era arrivato in infermeria, e, a giudicare da come lo stava guardando George, aveva una faccia di merda.

«Andiamo via» rispose lui, stupendosi di come suonasse strana e lontana la sua voce.

George non disse niente, limitandosi ad annuire. Camminarono fianco a fianco, diretti a Hogsmeade.

Si sentiva un completo idiota. Ci aveva messo talmente tanto a capire quello che provava, ci aveva messo talmente tanto a capire di essere innamorato, che lei adesso non lo amava più.

«Vuoi...» disse George, ma Fred lo interruppe.

«No».

Evidentemente, il fato aveva voluto che si innamorassero entrambi, ma non aveva voluto che stessero insieme.

Non avrebbe mai dovuto innamorarsi.

L’amore faceva schifo.

 

 

Some people are meant to fall in love with each other,

but not meant to be together

 

 

 

 


 

 

NdA:

- La citazione iniziale, e quindi quella finale, è tratta da (500) days of summer.

- 1: Veronica Mars, episodio 19 (o forse 20) della seconda stagione.

- la Smemorosi è una malattia magica da me inventata

- il contest prevedeva l'utilizzo di una citazione: "In realtà non volevo innamorarmi di te, è capitato e basta, perciò scusami tanto" (da P.S: I love you)

 

Partiamo dal titolo: “Fate”, ovvero fato; non è inteso nel senso di predestinazione, ma nel senso di fatalità, nel senso di eventi che si succedono in una grossa catena di causa-effetto. Volevo creare una storia in cui appunto parlavo di questo: anche se due persone si innamorano e starebbero bene insieme, questo non significa che necessariamente riusciranno a stare insieme.

Specifico che:

- il primo pezzo è ambientato al quarto anno – anche l’estate del flashback è riferita a quella della Coppa del Mondo; il pov è di Hermione;

- il secondo pezzo è ambientato nell’estate del quinto anno, a Grimmauld Place, anche se gli eventi che vengono narrati partono dal quarto anno (dopo la dichiarazione di Hermione); il pov è di Hermione;

- il terzo pezzo è ambientato dopo la fuga di Fred e George da Hogwarts, quando hanno il negozio già avviato, quindi siamo a cavallo tra la fine del quinto anno e l’estate del sesto; il flashback è ambientato a Grimmauld Place, sempre nell’estate del quinto anno; il pov è di Fred;

- il quarto pezzo è ambientato al sesto anno, a marzo, quando Ron viene avvelenato, e i gemelli si recano ad Hogwarts (ci sono dei riferimenti al momento in cui Hermione, Ron, Harry e i signori Weasley vanno a visitare i Tiri Vispi, sempre nel sesto libro).

- “aveva ragazze che gli cadevano letteralmente ai piedi.”: ovviamente, qui c’è la tendenza ad esagerare di Fred – sebbene sono sicura che un sacco di ragazze gli cadrebbero ai piedi.

- Mi sono dilungata sulla parte con Fred e George più del previsto, ma è la prima volta che ho una scena con loro due soli e mi piaceva troppo scriverla.

- Forse sono caduta un po’ nel cliché delle farfalle allo stomaco, ma la verità è che è voluto. Ricordiamoci che Hermione ha quattordici anni, e beh, a me a quattordici anni è capitato di prendermi una cotta così: nel momento in cui una persona, che magari non vedi da un po’, si comporta in maniera gentile/divertente/affascinante, capita che ti prendano queste beneamate farfalle allo stomaco, che ti fanno cambiare prospettiva.

 

Detto questo, spero vi sia piaciuta.

Vi lascio i giudizi della giudiciA, che ringrazio tantissimo: è stato un onore essere giudiccata da un'autrice come lei, che stimo immensamente; grazie ancora per questo primo posto, che mi lascia ancora stupefatta.


 

Prima classificata FATE- Krixi19



Grammatica: 9.7/10 
Grammatica praticamente immacolata a parte due cosucce piccine: 
- Lei non rideva alle sua battute (questa è sicuramente una svista) 
- Hermione sperava che la realtà si sarebbe conformata alla finzione. Trovo che il termine "conformata" sia un po' pesante, sarebbe meglio "adeguata". 
Per il resto non ho nulla da dire, la storia è grammaticalmente corretta e lo stile è molto scorrevole. Brava! 

Caratterizzazione dei personaggi: 10/10 
Caratterizzazione superlativa, dico sul serio. Fred è Fred. Hermione è Hermione. Fred con il suo modo così "carpe diem" di vivere la vita, con l'assurda convinzione che il mondo graviti attorno a lui e con la sua spontaneità e allegria. Hermione con la sua razionalità a volte pedante, con la sua dolcezza e fragilità. Persino George e Ron, seppur quest'ultimo appena citato, sono proprio come mamma Rowling li ha fatti. Sei stata davvero brava a caratterizzarli. 

Originalità: 10/10 
Non ho mai letto una storia così su questo pairing, solitamente si trovano storie in cui si innamorano, si baciano, si sposano e tutti felici e contenti, ma non la tua storia. Hai corso un rischio negando l'happy ending, ma hai fatto centro. Sei riuscita a scrivere una storia stuggentemente (non esiste sto termine, ma rende l'idea) VERA. Bravissima, anche qui! 

Utilizzo della citazione: 5/5 
Me l'hai inserita addirittura due volte, alla perfezione. Gongolo. 

Gradimento personale: 10/10 
La tua storia mi è piaciuta davvero moltissimo. Forse perché hai gestito l'introspezione così bene da far sentire anche a me le farfalle "cocciute" nello stomaco di Hermione e il cuore spezzato di Fred nel finale. Forse perché anche io da ragazzina ho vissuto la stessa situazione con quello che allora credevo fosse l'amore della mia vita e tu hai descritto nel dettaglio, fase per fase quello che si prova in quelle circostanze. L'amore fa schifo, c'ha ragione il rosso!! 

Totale: 44.7/45 

 


untoldstories5

EDIT: Questa storia ha partecipato come edita al contest "The Untold Stories" indetto da Jaybree (sez. Multifandom), classificandosi quinta (46,40/48).
Ecco il giudizio.

Quinta Classificata: Fate di Krixi19
Totale: 46,40

 

Grammatica e forma: 9,65/10
Stile e lessico: 10/10
Caratterizzazione del personaggio: 10/10
Sviluppo trama e originalità: 9/10
Gradimento personale: 4,75/5
Uso della citazione: 3/3

Fate è una storia abbastanza interessante e, in generale, è chiara l’attenzione con cui è stata composta.
Dal punto di vista formale, ci sono solo due piccole imprecisioni: la prima è una ‘d’ eufonica errata prima in “ad Hermione” (-0,10), mentre l’altra è l’assenza del punto a chiusura delle virgolette alte, ripetuta più volte (-0,25).
Lo stile usato risulta chiaro e semplice, ma curato, il lessico variegato; consentono una lettura scorrevole e interessante.
Il modo in cui viene narrato il graduale innamoramento prima dell’una e poi dell’altro protagonista è impeccabile; la psicologia di entrambi è indagata in maniera attenta, con particolare interesse per la canonicità e credibilità. All’inizio, le farfalline nello stomaco di Hermione potrebbero far storcere il naso ai fan del personaggio, come me, ma non serve neanche leggere le note finali, per capire che a quattordici, persino a Hermione Granger è concesso perdere un po’ il senno dietro l’amore. Fred è convincente in tutto, sia nel suo iniziale disinteresse che nell’innamoramento successivo.
La trama si evolve in maniera chiara e credibile; un bonus va al fatto che la storia rientra in maniera perfetta nella linea temporale dei romanzi, creando una storia nuova, senza modificare di una virgola il Canon; un malus, ma piccolo, piccolo, è dovuto invece all’idea di base dei destini non incrocianti che il titolo e l’epigrafe riassumono così bene: è un’idea piuttosto usata e abusata, e anche se hai saputo dare uno sprint personale, il campo dell’originalità ne risente un po’.

   
 
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