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Autore: pucciosa_96    22/09/2012    1 recensioni
Misaki è una ragazza forte e determinata.
Non si arrende mai e lotta fino alla fine per ottenere quello che vuole.
Cerca di andare avanti nonostante tutto,e cerca di mandare avanti la famiglia,lavorando e studiando sodo,senza mai fermarsi un secondo.
Studia fino a notte fonda,per poi svegliarsi,andare a scuola e lavorare nel Maid Latte e - segretamente - anche in un Night Club.
Non ha mai detto a nessuno del lavoro al Night,un pò per non far preoccupare inutilmente le persone che le vogliono bene,un pò perchè se mai qualcuno dovesse scoprirlo,diventerebbe lo zimbello di tutto il paese,e sua madre e Suzuna ne soffrirebbero.
Anche se lei non è felice, le va bene lo stesso.
Tutto questo viene sconvolto totalmente quando Usui scopre che lavora anche in un Night.
Cercherà di aiutarla in tutti i modi possibili, cercherà di farla uscire dal baratro della depressione e inevitabilmente finiranno col innamorarsi.
Tra alti e moltissimi bassi, finalmente tutto sembrerà andare nel verso giusto, ma sfortunatamente si metteranno in mezzo pure la famiglia di Usui, contrari della relazone dei due.
Cosa succederà a questo punto?
Scopritelo leggendolo (:
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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Love Is Dangerous





Attenzione!
Prima di leggere questo capitolo,
dovete sapere che...

La FF si svolge prima della dichiarazione di Usui e di Misaki, ma nel corso dei capitoli, sarà Spoiler assicurato! Nel senso che se non avete letto il manga fino al capitolo 48, allora è meglio se NON lo leggete, perchè ovviamente prenderò spunto dalle cose successe da quel capitolo (cap. 48 del manga) in poi... Quindi se non volete farvi Spoiler, non leggetela!
Grazie dell'attenzione.
Sara.



NB:
Se volete leggere tutta l'intestazione per saperne di più sulla FF,
visitate questa pagina: Love Is Dangerous - Intestazione


















Prologo

Ero in camera mia con Suzuna a disegnare in un foglio, precedentemente strappato da un quaderno di matematica, un prato fiorito con vari animaletti, case e bambini con facce grandi come meloni e il corpo come grissini – eh sì, all’epoca i nostri disegni assomigliavano per lo più ai dipinti di picasso – quando sentii mia madre urlare per l’ennesima volta a mio padre.
In quei giorni le loro litigate si erano moltiplicate anche per futili motivi; dai vestiti di mio padre sparsi nel salone, ai piatti non lavati, al water sporco, ai calzini buttati qua e la nella casa, a lui che tornava a casa nel ben mezzo della notte ubriaco marcio, ai debiti che mio padre, giorno per giorno, accumulava giocando ai giochi d'azzardo, eccetera eccetera..
Sinceramente non c’è la facevo più, ero stanca. Da quando ero arrivata in questa famiglia, non c’era stato un attimo di pace.
Ah! Non ve l’avevo detto? I miei genitori mi avevano adottato appena tre anni prima.
I miei veri genitori – da quello che mi avevano detto – erano morti quando io avevo 5 mesi, e , una settimana dopo la loro morte, l’assistenza sociale mi mandò subito in Orfanotrofio.
Nei primi anni di vita non ho fatto molte amicizie; ero una bambina taciturna, mi facevo i fatti miei, guardavo ma non parlavo, e soprattutto piangevo e soffrivo in silenzio.
Solo dopo il compimento dei miei 7 anni riuscii ad uscire dal mio guscio, fatto di sofferenze, isolazione e odio verso il genere umano.
Cominciai ad essere più socievole, più forte e più combattiva. Combattiva soprattutto nel difendere le giovani donzelle da quello strano e diverso genere umano, chiamato genere maschile.
Non so il perché di tutto questo accanimento per i maschi, ma credo dipenda dal fatto che ogni giorno vedevo maltrattare – anche con piccoli gesti come punzecchiamenti, prese in giro, eccetera – le piccole,indifese e docili bambine.
Ero, in un certo senso, la paladina della giustizia femminile.
I maschietti mi temevano e stavano molto attenti quando c’ero io nei paraggi, a cosa facevano e a che cosa dicevano.
In quegli anni avevo legato particolarmente con due bambini; Yuuki, una dolcissima bambina con gli occhi neri come la pece, i capelli castani e morbidi e la pelle chiarissima. Sua madre morì appena dopo averla partorita, e suo padre, preso dalla disperazione, abbandonò tutto e tutti, anche la sua piccola Yuuki, e la portò nel primo Ofanotrofio disponibile. Era una bambina molto dolce e tenera, che nonostante tutto, sorrideva e non si lasciava sopraffarre dalla tristezza nei momenti più bui.
Il secondo bambino a cui mi ero legata, si chiamava Ren; Un bambino molto taciturno e serio.
La prima volta che lo vidi ero nella stanza dei giochi dove io e Yuuki giocavamo a Carte,forbici e sasso. Involontariamente il mio sguardo saettò sulla piccola figura che se ne stava seduto in un angolino a guardare un punto imprecisato. Non so cosa mi indusse ad alzarmi e ad avvicinarmi a lui, sotto lo sguardo sorpreso sia di tutti gli sguardi dei bambini presenti nella stanza, sia di quello della mia fedele compagna di giochi e di avventure Yuuki, fatto sta che mi avvicinai cautamente a quello strano bambino e gli chiesi come si chiamava. Lui non accennava né a rispondermi, né a guardarmi. Alla fine non ci vidi più e iniziai ad alterarmi.
“Allora, hai intenzione di parlarmi o no?” Gli chiesi incrociando le braccia spazientita.
Ad un tratto lui alzò di scatto la testa e i nostri occhi si incontrarono; la cosa che mi colpì furono i suoi meravigliosi, quanto misteriosi, occhi grigi. Grigi come il cielo in piena tempesta.
Gli adoravo.
Lui alzò un sopracciglio e finalmente mi rispose:
“Ren.”
Ren…
“Misaki” Gli dissi sorridendoli,soddisfatta di averlo fatto parlare.
Lui sorrise di rimando. Ma un sorriso sinceramente divertito da quella situazione, da quella strana bambina, forte e determinata.
Per la prima volta sorrise dal pìù profondo del cuore,dopo tanti mesi.
Da quel giorno diventarono amici per la pelle.
Misaki presentò il suo nuovo amico a Yuuki, la quale all’inizio non gli era stato simpatico, ma dopo vari tentativi, anche loro diventarono buoni amici.
Noi tre eravamo speciali. Noi tre eravamo inseparabili. Noi tre eravamo i Fantastici tre.
Tutti adoravano e soprattutto invidiavano il nostro rapporto, fatto di fiducia, realtà, e consapevolezza di non riuscire a fare a meno dell’altro.
Con un solo sguardo ci capivamo, se uno di noi stava male ed era triste, noi lo capivamo e facevamo di tutto per farli passare quel momento di tristezza. Se uno di uno aveva voglia di piangere, lo facevamo tutti in un angolo nascosto, abbracciandoci e tenendoci per mano, come se quel semplice contatto, ci infondesse la forza per andare avanti.
Ma ovviamente tutte le cose belle, prima o poi, finiscono.

Ero, come sempre, nella stanza dei giochi a disegnare con i miei due migliori amici, quando venne Dori – la balia più dolce e bella di tutto l’Orfanotrofio. Se c’era qualche problema, lei veniva e ci aiutava nel miglior modo possibile, facendoci ridere a più non posso quando raccontava uno dei suoi famosi racconti che le raccontava sua madre o sua nonna, quando ero molto più giovane. – e con uno sguardo strano, che in quel momento non riuscivo a decifrare, iniziò a parlare.
“Come state bambini?”
“Benissimo!” Rispondemmo in coro, sorridendole.
Lei ci sorrise e rivolse il suo sguardo su di me.
“Misaki, cara, dobbiamo andare nell’ufficio della direttrice. C’è una cosa che dovresti sapere” Mi disse allungandomi la sua mano.
Lì per lì mi sembrava una cosa strana; mai, e dico mai, la direttrice mi aveva chiamato. Deve essere una cosa veramente seria. Pensai afferrando la mano grassottella e piena di rughe di Dori, lanciando degli sguardi ai miei migliori amici e sorridendoli cercando di non farli preoccupare.
Aprì la porta, uscimmo e ci dirigemmo verso un lungo corridoio, fatto di un muro bianco ricoperto totalmente di quadri antichi, statue e strani dipinti raffigurate persone a me sconosciuti.
Finalmente ci vermammo e Dori bussò, nell’attesa di sentire l’ avanti della Direttrice.
“Avanti!” Ci urlò dall’altra parte della stanza.
Dori aprì la porta e la seguii in quella che doveva essere lo studio più grande che avevo mai visto.
La parete era rivestita totalmente di uno strato marrone con dei puntini bianchi, c’erano anche qua moltissimi quadri, raffigurati delle bellissime donne. Al centro della stanza c’era una grande scrivania con sopra un sacco di fogli e documenti di tutti i tipi, e d’avanti c’era seduta sopra ad una enorme sedia, quella che doveva essere la Direttrice.
“Finalmente ho l’onore di parlare con la famosa Misaki!” Disse sorridendomi, avvicinandosi e chinandosi per essere alla mia altezza. “Allora,come va?”
“Bene, grazie..” Risposi un po’ timida
“Mi fa piacere. Sai, ti ho chiamata per dirti una cosa importante mia cara Misaki”
Alzai lo sguardo attenta ad ascoltare quello che diceva.
“Abbiamo ricevuto parecchie richieste di adozione per te, ma ovviamente prima di parlarne direttamente con te volevamo essere sicuri della stabilità e della sicurezza della famiglia in questione. – Ma che cosa sta dicendo? Sta scherzando vero? – Avevamo l’intenzione di farti trasferire in una famiglia per bene e con una situazione economica in grado di farti crescere nel miglior modo possibile. Abbiamo parlato a lungo con questa bellissima coppia – Solo in quel momento mi accorsi di altre due persone; Una ragazza sui ventisette anni e un uomo sulla trentina. – Hanno avuto modo di vederti in altre occasioni, mentre giocavi o mentre studiavi, ed erano assolutamente decisi e sicuri ad adottarti. Ovviamente dobbiamo ricevere anche una tua impressione.”
No aspettate
“Ciao Misaki.. – Incominciò a parlare per prima la donna – io sono Hikari, invece lui è Akito – Disse riferendosi a quell’uomo vicino a lei che mi stava sorridendo – abbiamo un’altra bambina, più piccola di te di due anni e si chiama Suzuna. Avevamo intenziona già da un paio di anni di adottare una bambina, e quando ti ho vista, mi sono subito affezionata a te. Ovviamente,come ha detto anche la Direttrice Izumi, vorremmo sapere cosa ne pensi.” Concluse sorridendomi dolcemente.
Io non riuscivo a proferire parola. Non ci potevo credere. Sarei stata adottata!
Dopo anni e anni che avevo sognata così ardentemente questo momento, mi sentivo…vuota.
Non sapevo il perché. Forse per tutta quella situazione, così strana. O per quello che doveva succedere una volta entrata nelle loro vite. O, più semplicemente, perché così facendo avrei lasciato tutti; le bambine che difendevo dai brutti maschiacci, le persone che avevo conoscito negli anni, la nostra bellissima e dolcissima Balia, ma soprattutto.. i miei migliori amici.
Come avrei fatto senza di loro? Come faranno loro senza di me? Noi ci completiamo, siamo come un’anima sola. Noi siamo una cosa sola. Se uno di noi se ne va, inevitabilmente non saremmo più noi stessi. Non saremmo più i Fantastici tre.
No..non voglio!
Ma.. prima o poi, anche loro troveranno una famiglia che li possa adottare e se ne dovranno andare. E inevitabilmente ed inesorabilmente, ci divideremo.
Quindi … cosa dovrei fare?
“Vorrei essere adottata da voi..perchè mi sembrate delle brave persone..” Non ci potevo credere..l’ho detto davvero.
Abbassai lo sguardo e sentii Hikari sospirare, e ridere felice e contenta abbracciando il suo compagno.
Ormai il dado era tratto, l'uovo era rotto, la frittata rovesciata.
Insomma, non potevo più tirarmi indietro.
Dopo quel famoso incontro, tra firmare documenti, prepararmi e abituarmi alla consapevolezza di non avere più scampo, non avevo neanche più tempo di parlare con i miei amici, i quali molto probabilmente avevano già saputo della grande notizia visto che ormai nell’istituto non si parlava d’altro che della mia imminente adozione.
Volevo diglielo direttamente io stessa, ma ovviamente non ci riuscii; ero una codarda.

Era il giorno della partenza. I miei fututi genitori stavano trasferendo i miei bagagli nella macchina, e io ero appena fuori dal portone dell’Orfanotrofio e non facevo niente. Non provavo nessuna emozione. Guardavo avanti in un punto imprecisato, senza parlare né accennare a muovermi.
Ad un tratto sentìì tirarmi il vestitino rosa, precedentemente coprato da Hikari, – visto che io avevo per lo più vestiti maschili – mi girai e spalancai gli occhi nel trovarmi addosso il corpicino della piccola Yuuki, della ‘mia’ Yuuki.
“Non andare! – Mi ripeteva tra i singhiozzi – Non andare! Non andare! Non andare!!”
Mi sentìì morire.
Chiusi gli occhi e l’abbracciai anche io.
“Ti prego non fare così. Anche io non voglio andarmene ma ormai è tutto fatto. Ormai non posso più tirarmi indietro. E poi forse è meglio così..”
“Ti prego! – Ripetè piangendo più forte. – Non dire così! Ci sarà un’altra soluzione!”
“Yuuki per favore non fare la bambina capricciosa e lasciala andare. Sei un’egoista facendo così!” Aprìì gli occhi di scatto e incrociai quegli occhi grigi. Quegli splendidi occhi grigi.
“Ren…” Sospirai trattenendomi ancora dal non piangere.
Si vedeva che anche lui stava soffrendo, ma non voleva darlo a vedere.
Yuuki si stacco lentamente da me, e , senza sciogliere l’abbraccio, si rivolse a Ren:
"Come puoi dire una cosa del genere? Forse non ti rendi conto che così facendo inevitabilmente non la rivedremo mai più! Hai capito?! Non rivederemo mai più la nostra Misaki!"
E così dicendo si staccò e iniziò a piangere ancora più forte.
Intanto tutti gli altri bambini si erano affacciati dalle finestre delle loro camere per vedere cosa stava succedendo. Uscì anche la Balia visibilmente preoccupata e Hikari e Akito si erano fermati da quello che stavano facendo e ci guardarono tristemente.
Ren strinse i pugni e chiuse gli occhi.
Sospirai e iniziai a parlare:
“Sapete il perché ho accettato subito di essere adottata? Perché so, e sapete anche voi, che prima o poi ci avrebbero adottati uno per uno, dividendoci. Non sopportavo questa idea, ma poi me ne sono fatta una ragione. E’ da immaturi pensare che saremmo stati per sempre insieme, diventeremo grandi e inevitabilmente ci separeremo. Ma ovviamente non ci dimenticheremo, perchè so che la nostra amicizia resterà per sempre impressa nella nostra mentre ma soprattutto nel nostro cuore – Mi avvicinai a loro e presi le loro mani e le intreccia nelle mie – sono sicurissima che questo non è un addio, è un arrivederci.
Vi scriverò e vi chiamerò ogni giorno, e voi dovrete fare lo stesso, mi raccomando. – Sorridemmo – mi mancherete un casino." Dissi abbracciandoli.
"Anche tu ci mancherai" Dissero all'unisono rispondendo all'abbraccio.
"E' ora di andare Misaki" Mi disse Hikari avvicinandosi.
Sciogliemmo lentamente l'abbraccio, li sorrisi un'ultima volta, mi voltai e mi incamminai verso la macchina.
Akito mi aprì la porta, salìì e pian piano partimmo.
Aprìì il finestrino e gridai a voce altissima:
"Ci rivedremo, ne sono certa! Ricordatevi che siamo in Fantastici 3 e che niente e nessuno ci separerà! Vi voglio bene!"
Loro mi corsero dietro piangendo e con il sorriso sulle labbra finchè non c'è la fecero più di correre visto la velocità in cui andavamo.
Mi misi a posto, guardai fuori la finestrino e iniziai a piangere silenziosamente.
Non vi dimenticherò mai.


Mi riscossi dai miei pensieri quando sentii dei passi provenire fuori dalla porta e il volume delle loro voci aumentare man mano che si avvicinavano.
"Cosa pensi di fare,eh?" Disse mia madre entrando nella stanza dopo mio padre, intento a prendere una valigia e metterci dentro tutto quello che trovava di suo.
"Non lo vedi? Me ne vado!"
"Non penserai di lascarmi? Ma soprattutto, di lasciare le tue figlie..."
A quel punto lui si fermò di botto e si girò verso di noi, che eravamo abbracciati, impauriti e con le lacrime agli occhi.
Abbassò lo sguardo colpevole.
"Mi dispiace bambine.." Disse accarezandoci i capelli.
"Sai solo dire "Mi dispiace" eh?" Gridò mia madre in preda alla disperazione.
Lui non parlò ma si limitò a chiudere la cerniera della valigia,prenderla e uscire dalla stanza, guardarci per l'ultima volta tristemente, andare nel piano di sotto seguito dalla mamma, aprire la porta e uscire definitivamente dalle nostre vite.
Appena sentimmo partire la macchina sentii mia madre piangere a dirotto, e con lei anche noi due.
Instintivamente mi alzai, presi per mano Suzuna, andammo nel piano di sotto vicino alla mamma e ci abbracciammo piangendo a dirotto.
Da questo momento in poi mi prenderò io cura di voi, ve lo prometto.




























Nota dell' Autrice:
Ok.. mi dispiace 1 casino per aver interrotto la mia precedente FF ( I'm Misaki Fucking Stoner, Who The Fuck Are You?!) ma non so perchè mi sono bloccata e di conseguenza la mia immaginazione è andata a farsi benedire >_<
Spero solo che col tempo riuscirò cmq a farla andare avanti e magari a finirla.. ma soprattutto a non interrompere anche questa ff!
Ecco...a proposito di questa ff; mi era venuto in mente già da 1 pò di scriverla così, magari descrivendo il triste passato di Misaki(ovviamente tt frutto della mia immaginazione, per chi ha letto il manga fino al cap. 74, lo sa già come è andata veramente.) e quindi bho... vi avverto che la ff sarà molto triste e malinconica!
Eh si!
Prima di lasciarvi volevo dirvi che nn so quando aggiornerò (penso tra 1 o 2 settimane) perchè con la scuola e tt il resto, mi è molto difficile continuare velocemente la ff, e spremere la mia immaginazione per sfornare i capitoli .
Quindi abbiate pazienza e soprattutto continuate a seguirmi e a recensire, mi raccomando! (:
A presto <3
Sara

(ps. scusatemi per eventuali errori grammaticali ^^")












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