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Autore: Felya    23/09/2012    5 recensioni
Ho raggiunto il ponte. L’aria è così gelida che mi stringo nella vestaglia e piccole nuvolette di vapore acqueo si formano davanti a me ad ogni respiro.
E lo vedo.
Appoggiato al parapetto, mi da le spalle e fissa il mare, immobile.

In una notte insolitamente calma, Nami scopre di non essere l'unica a non riuscire a dormire.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Un po' tutti | Coppie: Rufy/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno spiffero gelido mi sveglia e mi sollevo su un gomito. Dev’essere notte inoltrata: non sento né il tintinnio costante dei pesi di Zoro, che si allena fino a tardi, appoggiato al parapetto di tribordo; né tantomeno il dolce profumo che indica che Sanji è già all’opera per la colazione. Nico Robin dorme sulla poltrona di fianco al suo letto, il libro ancora aperto appoggiato sulle ginocchia; “sempre la solita” penso: avrà letto fino a crollare addormentata. Rabbrividendo, mi alzo e mi infilo la vestaglia; l’isola invernale che stiamo per raggiungere ci tiene a mettere in chiaro che sulla Red Line col clima non si scherza. E chi potrebbe capirlo meglio di me, qui?
Copro Nico Robin con una trapunta, anche se dubito seriamente che una donna del genere sia vulnerabile a cose come il raffreddore o il mal di gola.. guardando Robin ho sempre l’impressione che nulla al mondo potrebbe mai scalfirla. Persino mentre piangeva e urlava al mondo che lei, dannazione, voleva VIVERE, trasudava più forza e dignità di tutti quei vigliacchi di Ufficiali messi insieme.
 Esco dalla cabina e mi dirigo verso la sala di navigazione. Non che abbia dubbi sulla rotta: l’ho impostata io stessa e questo implica che, beh, sia perfetta.. ma giusto per dare un’occhiata alle mappe. Mi sono sempre piaciute, sin da quando ero bambina. Se ho qualche dubbio, mi basta guardare una mappa per sapere dove sono, dove sto andando e perché; mi da un senso di fiducia, insomma.
Passando davanti alla camera dei ragazzi, sbircio dentro. In realtà la porta è stranamente aperta e la cosa mi incuriosisce: Usopp è un gran freddoloso e non sopporterebbe l’aria gelida che spira in corridoio! Infatti: eccolo lì, tremante per il freddo e avvolto fino al naso nelle coperte! Sorrido. Al suo fianco, in netto contrasto, Zoro dorme a petto nudo con le spade appoggiate sul cuscino. Temo che possa svegliarsi al minimo rumore, perché neppure mentre dorme sembra rilassarsi, ed ogni muscolo sembra teso e pronto a scattare al primo segnale. Do una rapida occhiata sulla destra e intravedo Sanji e Chopper. Il primo, senza l’immancabile sigaretta in bocca non sembra nemmeno lui; il secondo, così addormentato è, se possibile, ancora più tenero del solito! Rimangono tutti di sasso quando lo vedono combattere: quando si tratta di proteggere i suoi amici, diventa una furia, esattamente come tutti gli altri. In fondo alla stanza intravedo nel buio Franky e Brook. Sembra che dormano anche loro. Mi chiedo che bisogno abbiano un cyborg e uno scheletro di dormire! Beh, Franky forse ha bisogno di..non so.. ricaricare la batterie? Ma Brook? Domani gli chiederò spiegazioni, anche se so che quasi certamente non riceverò risposta alcuna: con tutta probabilità, chiederà del colore delle mie mutandine!
Devo ad ognuna delle persone in questa stanza la mia stessa vita.
È un legame più potente di qualsiasi catena ma, stranamente, non ci mi sento imprigionata. Anzi. Non mi sono mai sentita così libera in tutta la mia esistenza. Forse prima di incontrare loro, prima che Rufy, Zoro, Sanji e Usopp mi liberassero dall’inferno in cui vivevo, non lo sono mai stata. Libera, intendo. Quando il mare ti scorre nelle vene come il tuo stesso sangue, non ti senti libera finchè non salpi l’ancora e il vento gonfia le vele della tua nave, portandoti al largo, lontano da tutto. Da tutti.
Immersa nei miei pensieri supero la camera dei ragazzi, la mano destra che delicatamente accarezza il tatuaggio sul braccio. Il pensiero vola subito a lei, Bellemere. Sarebbe fiera di me, ora? Si, credo che lo sarebbe. Sorrideva sempre quando le parlavo del mio sogno di diventare la più grande cartografa di tutti i mari e, cascasse il mondo, un giorno lo diventerò. Disegnerò la carta nautica di tutti i mari del mondo e lo farò soprattutto per lei.
Ho raggiunto il ponte. L’aria è così gelida che mi stringo nella vestaglia e piccole nuvolette di vapore acqueo si formano davanti a me ad ogni respiro.
E lo vedo.
Appoggiato al parapetto, mi da le spalle e fissa il mare, immobile.
Questi anni di navigazione lo hanno cambiato molto. Fisicamente, intendo. Dentro rimane sempre il solito sognatore coraggioso che ho conosciuto a Orange Town. Ma ora le spalle larghe e muscolose, il fisico asciutto, il portamento sicuro di sé lo fanno apparire più maturo. La prima volta che lo vidi e mi disse che lui sarebbe diventato il Re dei pirati, risi. Ma in realtà mi aveva già conquistata: in cuor mio sapevo che se qualcuno al mondo doveva riuscire ad ottenere quel titolo.. beh, quella persona doveva essere per forza il ragazzo che mi stava davanti. Nessuna arma, nessuna flotta, nessun trucchetto avrebbe mai potuto tenere testa alla determinazione che gli si leggeva negli occhi.
Mi appoggio allo stipite della porta e lo osservo. Sta giocando col cappello di paglia. Il suo prezioso cappello. Il testimone unico e incontrastato della grande avventura del pirata Monkey D. Rufy. Deve averne viste davvero delle belle, quel cappello. A quanto ne so, appartiene a niente di meno che Shanks il Rosso, che dev’essere un tipo tutto particolare. Deve esserlo per forza, per aver ispirato in questo modo uno come Rufy. M piacerebbe conoscerlo, un giorno. Stringergli la mano e dirgli.. beh.. “GRAZIE”. Indirettamente, quest’uomo ha salvato ognuno di noi e ha dato il La a quello che, ci scommetto, diventerà il futuro Re dei pirati. Si, dovrei davvero ringraziarlo. Dovremmo farlo tutti.
Mi chiedo cosa stia pensando ora, il nostro Capitano. È così raro vederlo serio che quasi mi preoccupa. L’istinto mi dice di raggiungerlo e di abbracciarlo, o per lo meno sorridergli, tirargli un pugno e spedirlo a letto; tanto capirebbe comunque che si tratta solo di un modo per dimostrargli il mio affetto. Non c’è mai stato bisogno di molte parole tra di noi. Quando due si salvano la vita a vicenda così tante volte è inevitabile che si crei una sorta di legame, un vincolo. Ma, ancora una volta, il vincolo che ho con Rufy non ha nulla a che vedere con la prigionia di Arlong. Il modo in cui lui mi ha chiamata, “SUA Nakama”, ha spezzato le catene che mi stringevano le caviglie, pur essendo una dichiarazione di appartenenza. Ma l’appartenere a questa ciurma è forse l’atto di più piena libertà che mai mi capiterà nella vita.
Ripensandoci, forse è meglio che non faccia nulla. Credo che un Capitano abbia bisogno di momenti come questi. Non dev’essere facile sentire su di sé il peso di una ciurma intera e, anche se Rufy ci ha dimostrato più volte la sua fiducia nelle nostre capacità, credo che in qualche modo si senta comunque in dovere di proteggerci tutti. Sollevandomi dallo stipite, gli tiro un’ultima occhiata. Forse mi soffermo più di quanto non vorrei, ma non posso fare a meno di notare che il mio cuore si appesantisce solo all’idea di lasciarlo lì da solo. Forse…
No. Non saprei cosa dirgli; e poi forse desidera rimanere da solo coi suoi pensieri. Non è facile, su una nave come questa.
Quindi, mi volto e mi avvio verso la sala, godendomi l’ultimo raggio di Luna prima di entrare nella stanza buia.
-Non andartene.-
E io che pensavo di essere silenziosa come un gatto.
Sorrido tra me. Rufy è sempre più sveglio di quanto uno non si aspetti. Riesce ancora a stupirmi. Perfino me. Perfino dopo tutto questo tempo.
Mi fermo. Forse ci ha ripensato? Forse parlava con se stesso.
-Nami. Resta.-
Certo che resto, Capitano. Non vado proprio da nessuna parte. E tu questo lo sai, perché anche da qui, dandoti le spalle e a metri e metri di distanza, posso sentire che stai sorridendo. 
  
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