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Autore: eloise de winter    24/09/2012    1 recensioni
E mentre cadeva, la bambina spaventapasseri, le palme al cielo e gli occhi ora spalancati, pensava
«Morirò invendicata, ma muoio.»
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gravitatis

 
 
E girava, girava, girava, girava, il mondo girava davanti ai suoi occhi, costantemente e sempre più velocemente.
 
Le braccia aperte sembrava poter prendere il volo, di lì ad un secondo, semplicemente sollevandosi da terra e annullando quella cosa che ci tiene ancorati alla terra con la sua catena di ferro indistruttibile e perpetua.
 
La gravità.
 
Che strana cosa. Ti spinge giù, e poi giù e giù e giù, fino a che non ti schiaccia al suolo, il suo peso sulle spalle e un peso dentro al cuore.
 
Terribile, un terribile peso, troppo perfino per un adulto.
 
Figuriamoci poi per una bambina.
 
Una bambina esile, per giunta, così magra e ossuta, troppo per essere bella.
 
Uno spaventapasseri con le braccia aperte, le palme rivolte verso il cielo e gli occhi chiusi, girando, girando, girando fino a quando veramente volare non sarebbe stato più così impossibile.
 
E lei si sentiva volare, sulle note leggere come i suoi piedini, dolci come la sua vocina, ma scure come lo erano i suoi capelli d’ebano, come ombre.
 
Ma mentre girava il buio non c’era più, se ne andava, spariva e la lasciava in pace per un po’.
 
Poi tornava, certo, ma almeno per un poco era stata libera e leggera, quasi come volasse.
 
E lei voleva volare, lei tornava a volare ogni volta in quella stanzetta  in soffitta, piena di polvere ma anche di luce.
 
Tornava sempre, perché c’era sempre quel periodo in cui le ombre si moltiplicavano, il buio si infittiva e la gravità tornava a schiacciarla. Allora lei scappava in soffitta, e volava sulle note silenziose e leggere nella sua testa.
 
Ma un giorno, mentre vorticava leggera nella stanza polverosa e luminosa dell’ultimo piano, un’ombra più spessa calò e oscurò tutto.
 
Solo per un secondo, badate bene, ma bastò per mille giorni. Era così carica di terrore che la bambina perse l’equilibrio, incespicò e cadde.
 
Il vetro si frantumò, lei cadde, dannata forza di gravità.
 
Solo per un attimo non potevi lasciare in pace quella povera anima bambina senza età?
 
Non potevi risparmiarla dalla tua crudeltà?
 
Ma verrà un giorno in cui, quando una creatura altrettanto innocente e candida volerà, fregandosene di te, e tu la riporterai in fretta e furia a terra, volendola morta, perché offesa più grande e pudore violato  non si era visto, allora lei tornerà, maledicendoti, creatura immonda e crudele!
 
Ti strapperà dal tuo trono aureo e ti frantumerà al suolo, come tu facesti con lei, anima bambina, e un’altra vita innocente sarà salva.
 
E mentre cadeva, la bambina spaventapasseri, le palme al cielo e gli occhi ora spalancati, pensava
 
«Morirò invendicata, ma muoio.»*
 
 
 
 
 

 
*Didone suicida, Eneide, Vigilio.
 
 
   
 
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